[ACHTUNG! Questo articolo è strutturato in due parti, una for the LULZ, e una su un film che consiglio. Se non siete in vena di idiozia estemporanea, pigiate Control+F e andate direttamente a Knights of Badassdom. Buon Natale!]
E’ Natale, e siamo tutti più buoni, ma non fatevi ingannare dall’atmosfera. Mentre voi ignari consumate lauti pasti, scartate doni e profferite menzogne del tipo “Oh, zia Ludmilla, CHE PIACERE RIVEDERTI!”, un pericolo infido cinge la nostra società.
Un bisbetico Natale a tutti voi!
Non ve ne siete accorti, o stolti, siete accecati dal consumismo e dalla vita borghese. Ma la minaccia esiste. E’ qui ormai. E’ nelle vostre città, nel vostro quartiere, allunga i suoi tentacoli fin nel cuore della vostra famiglia.
No, non sto parlando del Comunismo.
Molto peggio.
Sto parlando dei GIOCHI DI RUOLO.
Grazie a Thor abbiamo siti seri come Papaboys.org che ci mettono in guardia.
Questo articolo mi fu segnalato qualche settimana fa. Ci ho messo diversi giorni a superare la crisi mistica dovuta alla realizzazione che sì, un sito del genere esiste.
L’espansione della pratica dei giochi di ruolo ha sollevato da più parti perplessità e allarme: l’ambientazione spesso irreale o truculenta, il carattere totalizzante e la lunga durata di questi “giochi ” porterebbe a fenomeni di alienazione e dipendenza fra i praticanti. L’articolo che segue prende dettagliatamente in esame il rischio reale.
Inizio col botto con l’”ambientazione irreale” (Noh, sul serio?!) e “truculenta”. Perché mai prima di questi infami giochi di ruolo i ragazzi hanno fatto giochi truculenti! Prima dei giochi di ruolo non si è mai giocato alla guerra, non si sono mai raccontate storie di paura, non si è mai fatta la lotta tra coetanei.
Divertente anche l’idea che i giochi di ruolo siano gli unici ad essere lunghi e totalizzanti. Evidentemente il signor Montani e il signor Gerra non hanno mai giocato a Monopoly. Ho visto matrimoni decennali finiti in divorzio per una sosta in Parco della Vittoria con albergo.
La diffusione del “giochi dl ruolo” tra gli adolescenti, nell’età della difficile ricerca personale, è estremamente preoccupante e dovrebbe suscitare interrogativi non banali negli adulti. L’impiego di questo materiale riguarda un gran numero di giovani, a diversi livelli di coinvolgimento psichico ed emozionale, con conseguenze sul comportamento che non è semplice valutare.
Perché i “giochi di ruolo” (queste bizzarre pratiche esoteriche) sono roba da adolescenti. Li hanno inventati da poco dopotutto! Infatti la prima edizione di Dungeons&Dragons è appena del 1974. Ops.
Si direbbe che una certa fetta di quegli adulti che dovrebbero porsi “interrogativi non banali” siano, a loro volta, ruolisti. E si direbbe quasi (QUASI) che chi ha scritto questo articolo non sappia di cosa sta parlando. E’ senz’altro un’impressione mia.
Dopotutto, dopo 40 anni tondi di giochi di ruolo, possiamo tutti constatare l’impatto statistico che ha avuto sulla società occidentale! Più precisamente: ha fatto divertire dei gruppi di amici! No, dico rendetevi conto!
Certo non è sensato liquidare il problema sbrigativamente, considerando questa, al pari di altre, la moda legata ad una effimera sottocultura: troppo evidente è la difficoltà degli adolescenti del nostro tempo a pensare un proprio futuro, a riconoscere la propria identità sostanziale, a polarizzare l’esistenza rispetto ai sistemi dei valori, per sottovalutare strumenti “ricreazionali” che proprio con l’identità inducono a giocare.
“Effimera sottocultura”. Effimera dal 1974.
E adolescenti che hanno difficoltà a trovare la propria identità? Oibò, che fenomeno novello! Ai miei tempi nessuno aveva difficoltà a trovare la propria identità o i propri valori. Invece oggigiorno la gente gioca a Pendragon, e prima che i genitori se ne accorgano, paffete, sono diventati tutti omosessuali!
Se invece giocano a D&D diventano tutti elfi, che più o meno siamo lì.
Appunto…
E ancora la diffusione di disordini psicologici e comportamentali che includono la ricerca delle “sensazioni forti”‘, al di fuori di un quotidiano grigio, la incapacità a distinguere tra reale e virtuale, la povertà di percezione e comunicazione delle emozioni suggeriscono la possibile corrispondenza ambigua di questi “giochi alle patologie sociali emergenti.
Ma ci mancherebbe altro! Nessuno prima del 1974 ha mai cercato “sensazioni forti”, soprattutto non tra i ragazzi. E quale sballo più estremo che giocare a dadi?
Non crediate che patologie, angosce e smarrimento abbiano qualcosa a che fare con l’attuale crisi economica e culturale. Col fatto che dal 2008 è ormai è chiaro che il domani sarà più gramo di ieri.
O col fatto che i mezzi di informazione siano impestati da opinionisti che danno il proprio giudizio su argomenti di cui non sanno niente.
L’ambientazione dei giochi include, nella migliore delle ipotesi, il mondo magico, del mistero, pieno di incantesimi, maghi, fate, elfi, guerrieri mitici; tematica classica lo scontro tra il guerriero buono e il potente malvagio: l’adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili e di insormontabili maledizioni, si immedesima in una cornice piena di ultra-poteri e di mitologie che pongono ristretti limiti alla libertà della persona.
Nella migliore delle ipotesi si tratta di un mondo magico! Cioè, rendetevi conto! Un mondo magico! E perché non pagano a questo punto? In tempi più civili li avremmo bruciati tutti.
“L’adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili e insormontabili maledizioni”.
Cose che non esistevano prima dei Giochi di Ruolo. Ho sentito di una recente pièce di teatro, si chiama mi pare Antigone, di un tale Sofocle o qualcosa del genere (non seguo molto i drammaturghi contemporanei). Pare sia ispirata proprio a una partita di Might and Magic, una cosa indecente: destino ineluttabile e insormontabili maledizioni a pioggia!
Certo, per evitare di scrivere cose del genere basterebbe, non so, aver fatto il liceo.
Peraltro, guai ad avere libertà in un gioco. I giochi devono essere tutti ben incasellati e rinchiusi in regole morali e dettami, altrimenti corri il rischio di divertirti e non diventare un frustrato aggressivo!
Nei casi peggiori, e molto frequenti, l’ambiente dei giochi è quello dei mostri, dei vampiri, dell’horror più cruento, dell’occulto e dei riti iniziatici. Si va dagli amuleti stregati all’immedesimarsi nel divorare carogne e al rivivere di cadaveri: un supermercato del sacro, dell’”aldilà” e del sacro-satanico non lontano dal modo di pensare che conduce ad aderire a gruppi o sette di questo settore.
Eh già, uno comincia col giocare a roba horror e finisce a sbudellare vergini. Sempre proprio. E se statisticamente questa affermazione pare stupida, aspettate e vedrete, si avvererà! Come tutte le altre Nostradamate dei clericali. Tipo il Rock Musica del Diavolo, Madonna Fine dell’Occidente e il Metal Invenzione dell’Anticristo.
Il bravo giocatore è quello che sa immedesimarsi meglio nel ruolo prescelto o assegnato
Vale anche per il bravo attore. Infatti dovremmo proibire i teatri, come diceva il savio Tertulliano.
viene molto apprezzato per le soluzioni intelligenti, per le risorse personali che sa tirare fuori per districarsi nei passaggi più difficili del gioco
Che schifo, un gioco che glorifica un ideale di intelligenza e inventiva!
i giochi di ruolo sono per gente “smart”, intelligente, brillante, astuta che guarda dall’alto in basso chi si accontenta degli spaghetti, della fidanzata e della vita reale
Perché chi gioca di ruolo non mangia spaghetti. Inoltre, non esistono ragazze tra i giocatori di ruolo. E nessuno di loro ha un lavoro o una vita al di là del gioco. NESSUNO.
Fatta eccezione per la stragrande maggioranza, ovviamente.
Il fatto più inquietante è che la metodologia di tali giochi presenta forti assonanze e probabilmente una origine comune con modalità utilizzate all’interno di particolari forme di psicoterapia di gruppo: in questo ambito il terapeuta, conducendo il gruppo utilizza l’assunzione di ruoli per i pazienti, al fine di far emergere aspetti interiori inespressi, facilitare l’introspezione, rimuovere inibizioni, suggerire strategie di cura e ottenere effetti catartici.
Questo paragrafo è tragico! “Facciamo che te eri… e che io ero…” è la base di qualsiasi gioco!
Amici cari, vi è mai capitato di giocare con qualcuno? E’ bello, sapete? Anche se si è adulti.
Diviene impensabile che strumenti così delicati, utilizzati da terapeuti abilitati, nei limiti di ben precisi vincoli deontologici, e con competenze specifiche, vengano impiegati in modo aspecifico, dati in pasto, attraverso dettagliatissimi “manuali”, a chiunque li acquisti.
Con questa logica qualunque attore dovrebbe essere uno psicopatico maniaco-depressivo. Ma ancora, forse costoro sono dei grandi fan di Tertulliano.
Il leader naturale di un gruppo dl adolescenti verrà dotato, attraverso il gioco, di approfonditi elementi metodologici per indurre altri nei ruoli previsti dal gioco stesso: il manuale gli suggerisce tutti i fattori necessari, gli atteggiamenti, i comportamenti, il modo di sentire e di pensare: le sue capacità carismatiche verranno ampliate da questa “dotazione” senza che alcun riferimento etico sia garantito: si vede con facilità il rischio dell’ instaurarsi di dipendenze e sudditanze, di prevaricazioni e strumentalizzazioni che esulano dalle normali dinamiche di un gruppo adolescenziale.
Prevaricazione e prepotenze in un gruppo di adolescenti? Solo tra chi gioca di ruolo!
Nella mia esperienza empirica è casomai il contrario, ma che ne so io, sono una ianua diaboli (peraltro con perniciose ascendenze giudaiche e deicide).
La cosa diviene ancor più seria se si considerano i tempi del gioco: non si tratta di incarnare il ruolo di un personaggio fantastico per una o due sere, ma per molti mesi di seguito: occorre immaginare come ci si sente rivestendo il carattere del killer, del vampiro, della vittima, dell’ impiccato o dell’oste menzognero per 12 – 18 mesi.
Chi di voi non gioca da 18 mesi il ruolo dell’Oste Menzognero? E’ uno dei pg più popolari! O della vittima? E’ divertentissimo: comincia la partita, te muori e resti morto per i successivi 18 mesi! Uno sballo assurdo!
E non parliamo dell’impiccato, il pg più creativo di qualsiasi manuale! Quello è anche meglio: il gioco comincia e te non ci sei perché sei morto. Dopo 18 mesi gli amici ti telefono e ti avvertono che hai giocato l’impiccato. Puro delirio!
Il leader del gruppo diviene un “master”, un coordinatore-facilitatore che ha il compito di condurre il gioco: di solito personalità “dominanti”, ad elevata autostima, forte determinazione, spunti di tipo narcisistico-istrionico assumono il ruolo di master; questi soggetti tradiscono una forte aggressività rivolta verso gli altri, ma la capacità di controllare i pari senza prevaricazioni aperte o cruente.
Me lo ha detto zia Ludmilla! Deve essere vero!
I soggetti alla ricerca di identità, piu attratti da prospettive ideali, che trovano disattese nella società reale, con caratteri di fondo non lontani dal pattern depressivo, o con personalità passivo-dipendente, si adattano al ruolo di giocatore e ricevono punto per punto dal manuale le informazioni necessarie alla definizione di sè: come devono essere “fisicamente”, come sentirsi psicologicarnente, quali atteggiamenti assumere: un vero e proprio stato di dipendenza può instaurarsi nei confronti del master: “Tutto dipende dalla bravura del master – ammette un giocatore di diciotto anni – se ci sa fare il gioco diventa straordinario” ; il ritorno ad una realtà senza ruoli predefiniti e senza guida può essere disorientante.
Solo i perdenti si divertono e giocano insieme, i veri vincenti mangiano gli spaghetti. E avrete notato quanta gente convinta di essere un nano, dal 1974 a oggi. Pletore di disadattati che non hanno famiglia o lavoro e che parlano solo in Adûnaico senza nemmeno i rudimenti base di Ovestron. Sono ovunque!
[Il master] Permette di scegliere i personaggi o li assegna a seconda delle caratteristiche dei giocatori: anche in questo caso un ambito ricreazionale di apparente libertà si trasforma in luogo di stigmatizzazione, nell’assegnazione di “etichette” che, della persona, pretendono di esaurire le potenzialità in modo rigido e riduttivo.
Detto da parte di chi sta etichettando tutti i giocatori dal 1974 a oggi come “falliti senza vita sociale, disadattati psico-dipendenti, satanisti in fieri” non è male. Dopo un articolo zeppo di imprecisioni, stereotipi e bischerate per sentito dire, una bella uscita inconsciamente autoironica ci sta a ciccio di sedano.
Il gioco è tutto mentale, non fisico, non agito: le paure o l’impatto con la concretezza, con la vita misurabile, con “l’alterità” degli altri senza mediazioni sono rimandati a un futuro senza definizione; il virtuale fa da ricettacolo per la sensazione di inadeguatezza a relazioni interpersonali “vere”‘, fatte anche di accettazione dei propri limiti e dei problemi degli altri.
“Non agito”. Che? Gioco di Ruolo dal Vivo? Che è?
Le conseguenze di quest’immersione nel virtuale, che si estendono alla vita di tutti i giorni, hanno proporzioni non valutabili. I rapporti sessuali al di fuori della coppia stabile sono liberati da “fastidiosi sensi di colpa” se avvengono in conseguenza dell’assunzione di un ruolo per gioco: la violenza o i comportamenti autodistruttivi non sei tu che li agisci, ma il tuo personaggio che ti è rimasto “appiccicato” addosso, quindi sono resi più giustificabili.
-Porco, mi hai tradita con la mia migliore amica!
-Ma tesoro, stavamo giocando a Sodoma&Tentacles, era volere del Master!
-Oh, allora va bene. Scusami se ho frainteso.
Se da un lato la violenza e l’ambiguità, il sangue e l’onnipotenza sono i fattori determinanti comuni di queste trame, dall’altro una vera e propria esplicitata intenzione all’esplorazione dell’insight, del sè profondo, è oggetto di specifici glochi.
Trame interessanti e personaggi ben sfaccettati?
Amici cari, avete mai letto un romanzo ispirato a una ruolata? Fidatevi, non c’è rischio.
Sul gioco Kult c’è scritto: “Pericoloso: questo gioco conduce ad esplorare aspetti oscuri della tua anima; questo può arrecare disturbo a qualcuno: vietato ai minori di anni 16″ : quale sia la finalità di sintetizzare aspetti profondi di sè all’interno di un gioco non è facile intuire: certo l’aspettativa di un feeling interpersonale non superficiale, nelle dinamiche di gruppo, si va affermando sempre più e la stessa aspettativa è espressa dai consumatori di pastiglie nelle discoteche, i derivati anfetaminici definiti, proprio per il loro ruolo “‘entactogeni”.
Voler un rapporto non superficiale col proprio gruppo di amici? Come impasticcarsi in discoteca. Uguale. Anzi, i giocatori sono soliti impasticcarsi ruolando su piste da ballo con palle stroboscopiche sulle note di Born this way. Di solito la partita finisce quando qualcuno ingolla il dado da 20.
Questo conoscersi fino in fondo ed esprimere agli altri la propria identità sostanziale risponde da un lato ad una esigenza positiva, ma c’è da chiedersi come mai debba essere mediato, nel nostro tempo, dal gioco o dai farmaci: ancora ci si deve interrogare riguardo ai limiti e alle violazioni degli stessi nell’ambito di una strumentale “divulgazione”‘ della propria intimità.
Si comincia coi giochi di ruolo e si finisce col sesso prematrimoniale. Meditate, gente, meditate!
“Ah, certo” – dice il commerciante – “Se poi qualcuno ha difficoltà personali, e interpreta le cose in modo autodistruttivo, non dipende certo dal gioco” : anche in questo caso la società adulta abdica alla responsabilità di tutelare proprio le persone più fragili… Un mondo di gente “‘solida” e sicura che prevede di generare per certo figli stabili e incondizionati: un mondo di “vincitori” che non hanno tempo per i perdenti e i falliti!
Brinda la supercazzola con scappellamento a destra manco fosse antani!
Da ultimo va rilevato che l’impiego di sostanze psicoattive, in particolare le metamfetamine e le incontrollabili nuove generazioni di stimolanti sintetici, si sposa perfettamente con le esigenze dei partecipanti al giochi di ruolo: queste droghe aumentano, durante l’effetto acuto, l’energia, l’intuito e la concentrazione, ma contemporaneamente conferiscono disinibizione associata ad un blando distacco dalla realtà: niente di meglio come veicolo per migliori livelli di immedesimazione nel ruolo fantastico, per affievolire ancor più i confini tra verità e sogno, nella apparente valorizzazione della propria “smartness” (lucidità, intelligenza). E, d’altro canto, proprio le alterazioni biochimiche cerebrali indotte dall’ecstasy e dalle droghe analoghe, con le associate turbe del tono dell’umore e dell’identità, potranno, all’interno di un circolo vizioso, indurre di nuovo alla dipendenza da relazioni interpersonali esclusivamente inquadrate attraverso le regole dei giochi di ruolo.
Perché sempre chi gioca di ruolo si sfa’ di pasticche. Quando compri i dadi, la prima dose di anfetamine è in omaggio, it is known. L’altro giorno volevamo farci una ruolata di Sì, signore oscuro, ma mi ero scordata la pipa da crack, e ho dovuto farmela prestare. Il guaio è che me ne hanno prestata una sfigata e la partita m’è andata malissimo. Un disastro proprio.
Tirando le somme, se giocate di ruolo vi destrutturate il cervello, vi drogate, fate messe nere e perdete la verginità prima dei 35 anni.
Cosa aspettate a cominciare?
Per finire, vorrei consigliare caldamente un film sull’argomento:
Si tratta di una commedia noir americana del 2013, diretta da Joe Lynch e scritta da Kevin Dreyfuss e Matt Wall.
Il giovane Joe, meccanico e musicista di Doom Metal a tempo perso, rompe brutalmente con la fidanzata. Depresso e disperato, si fa trascinare da due amici Eric e Hung (Steve Zahn e il grandissimo Peter Dinklage) a un grande raduno di Gioco di Ruolo dal vivo.
Dopo un primo momento di ritrosia (Joe non gioca da anni ormai, né è in vena al momento) il nostro eroe accetta di restare. Per inserirlo nell’avventura, Eric deve eseguire un rito magico.
Problema: il rito riesce.
Riesce davvero. Un demone viene evocato. Non solo, il demone prende la forma della ragazza di Joe, ritratta su una foto che il nostro metallaro aveva in tasca.
E i giochi cominciano: decine di ruolisti riuniti per una grande battaglia fantasy, una ex-fidanzata antropofaga, un gruppo di stronzi di air-soft determinati a rovinare la festa, e i nostri, soli contro le forze del Male.
Huston, abbiamo un problema
Il soggetto potrà non essere originalissimo, ma la sceneggiatura è divertente e gli attori reggono molto bene i loro ruoli. Dreyfuss e Wall conoscono chiaramente l’ambiente e mettono insieme una commedia deliziosa. Il protagonista Joe e i suoi due amici sono personaggi simpatici a cui è facile affezionarsi. Cela va sans dire, Peter Dinklage è spettacolare e spakka abbelva fino alla fine.
I comprimari sono tutti memorabili e ben tratteggiati, in particolare il Master e Gunter, un maniaco che non esce mai dal personaggio.
C’è gore, ma niente di sconvolgente. Le secchiate di sangue sono abbastanza da essere divertenti, ma non troppe da stuccare.
Il finale riesce in un virtuosismo che francamente non vedevo da anni: la vittoria dell’Ammoreh non è né banale, né trita, né melensa. Il che prova che è possibile scrivere qualcosa in cui trionfa la Forza dell’Amore senza che lo spettatore debba vomitare arcobaleni di zucchero filato. Chapeau.
La casa di Eric è troppo grande e lussuosa per la fascia sociale dei protagonisti | ![]() |
Il soggetto | ![]() |
I protagonisti | ![]() |
I comprimari | ![]() |
Il villain | ![]() |
L’autoironia | ![]() |
La sceneggiatura | ![]() |
Gunter | ![]() |
La fine | ![]() |
Il film è consigliatissimo. Non sarà la commedia del secolo, ma è certamente divertente e ben trovata.
E ora una canzone a tema: Unicorni zombie! MUSICA!