Sabato
Vento gelido entra nella tenda. Apro gli occhi. Ho la bocca impastata e lo stomaco che si torce. Forse ho bevuto troppo ieri sera, o forse è solo il mal di pancia da pre-spettacolo. Nella tenda Jeff ed Einar ronfano che paiono due segherie a pieno regime. Sono le sette e mezza. Alle nove dobbiamo essere in full gear per la gioia del sindaco e dei cittadini, meglio darsi una mossa.
Striscio fuori, in lontananza echeggiano dei colpi di cannone. Ci sono solo due compagnie con artiglierie da campo e malignità sufficienti a sparare a quest’ora, o i dannati Napoleonici o i dannati Cechi del diciassettesimo.
Yup, erano proprio loro, i dannati Napoleonici e la loro dannata artiglieria
L’anno scorso i Napoleonici avevano ingannato la noia attaccando dal nulla il nostro campo. All’inizio non avevamo nemmeno capito che ce l’avevano con noi, poi gli spari si erano fatti più vicini e frequenti, e infine i fantaccini erano apparsi in linea ordinata tra gli alberi. Dite quello che vi pare dei Napoleonici, ma sanno marciare.
Era con loro che avevamo deciso di ripartire e dar noia ai Cechi, ma i maledetti avevano piazzato le loro tende di là dal torrente e il loro fottuto cannone su uno dei ponti. Io e due compagni avevamo fatto il giro e preso i cannonieri alle spalle. La loro faccia mi rimane ancora nel cuore.
Niente cannone quest’anno! Ma hanno fatto un casino d’Inferno lo stesso
Poi bon, dei Cechi del quindicesimo erano intervenuti, e avevano fatto la pelle a me e ai miei compagni. Uno dei Cosacchi aveva trascinato il mio povero cadavere nella yurta e dopo avermi rivolto un largo sorriso aveva iniziato a snodare la cintura. Per fortuna i cosacchi Capiscono che quando un cadavere dice “no” significa “no”.
Cosacchi, alla fine vincono sempre loro
Alle nove siamo tutti in tiro, armi e armature. Dobbiamo fare una bella sfilata in città, per la gioia dei quindici infelici che per ignote ragioni saranno in piedi alle nove di sabato mattina. Aspettiamo i Romani che sono in ritardo perché, well, sono Romani.
-Ai tempi di Cesare arrivavano in tempo.- grugna uno Spartiata –Anzi, magari un po’ in anticipo.
THIS is Sparta
Io mi stringo nelle spalle o almeno ci provo. Sono fuori allenamento da fare schifo, e l’armatura mi pesa addosso come un asino morto. Un altro Spartiata tocchichia con l’indice le lamelle sulla mia spalla.
-Non ti stanca?
Le loro armi sono di bronzo, ma bronzo sottile, da parata.
-Nemmeno un po’.- mento.
I Romani arrivano al trotto dal fondo del campo. Gli Spartiati raccattano lance e scudi e partono per primi. Il nostro corteo conta Napoleonici, Spartiati, Romani, Vichinghi, Franchi, Tredicesimo secolo, Quindicesimo, Moschettieri di Gustavo Adolfo, Cosacchi, un gruppo settecentesco di fantaccini e cortigiani, truppe del Secondo Impero, un pugno di Coloniali, dei Poilus della Grande Guerra, dei Canadesi della Seconda insieme a un mazzo di soldati Crucchi, Commies e Yankees. Quattro chilometri di passeggiata. Alé!
La città è semideserta, l’attesa per il discorso del sindaco lunga, ma il discorso in sé è breve e indolore. Rompiamo i ranghi davanti a delle scuderie. E’ tempo di salutare vecchi amici, incontrare gente nuova e soprattutto bere il Bicchiere dell’Amicizia, vino bianco nella fattispecie.
Lo scudo prima del battesimo
Sul campo ci troviamo insieme a quelli della Drus. Di solito sono una banda di più di trenta persone. Ce li troviamo sempre vicini di campo, e non ci stiamo simpatici. Niente di personale, ma quando qualcuno ti sbircia dall’alto hai tendenza a volerlo mandare a cagare. Plus, quest’anno uno dei loro è andato a dire a una delle municipalità che avevano fatto un pessimo affare a chiamarci: il telo di una delle nostre tende non era storico!
Il che dimostra la loro ignoranza. Voglio dire, le avete viste le foto. E’ chiarissimo che se la nostra compagnia ha un problema, quello è la mia armatura. La forma delle mie lamelle è chiaramente troppo moderna per la fine dell’ottavo secolo!
Sarà che tutti i peggio della Drus non sono in giro, i pochi presenti sono stranamente domestici a questo giro. Uno vorrebbe quasi invitarli a bere un bicchiere accanto al fuoco…
Ma avete criticato il nostro telo. Not cool, guys, not cool at all.
Io comunque non devo averci a che fare. Nel campo finisco contro il mio jarl, due volte, due volte mi rifà la carrozzeria a colpi di dane axe. Carica come un toro, più alto di me, più veloce. Incasso la testa e alzo lo scudo per non farmi ammaccare l’elmo, ma vale a poco. L’armatura mi pesa, i guanti sono troppo grandi. Il mio super-io, detto Sarge Hartman, si risveglia.
-Abbiamo tralasciato squat e flessioni, eh palladilardo?
I moschettieri di Gustavo Adolfo ci guardano. Jorge è appoggiato al bordo della lizza sogghigna e scuote la testa.
Sì, lo so, in combattimento faccio cagare. Ma chissenefrega. Sono venuta per giocare, e mi sto divertendo un sacco.
Un piccolo misundrstanding sul muro di scudi, subito appianato
Il sole tramonta, l’aria si fa fredda, il campo sprofonda nel buio. Si accendono i fuochi, si stappano le fiasche. Davanti a noi gli Spartiati alimentano i bracieri. Siedono intorno al fuoco coi loro mantelli scarlatti, le fiamme riverberano sulle armature di bronzo. Sono uno spettacolo per gli occhi. Il vento agita i loro stendardi e quelli dei Romani, lì accanto.
Un ufficiale del Secondo Impero viene a trovarci per farci assaggiare una grappa alla salvia.
-L’alcolismo è una vera piaga nell’esercito.- passa la bottiglia a Bjorn, che già ondeggia –Ma non bisogna confonderlo con una piaga ben più seria: l’Insolazione Notturna.
Bjorn tracanna. E’ convinto di reggere benissimo l’alcol. Sbaglia. Sbaglia da morire, ma è inutile dirglielo, tanto ha sempre ragione lui.
-Io stesso sono spesso affetto da questo male.- continua l’ufficiale –Allora ho fondato un’associazione, per la tutela degli Ufficiali Vittime di Insolazione Notturna. Abbiamo metodi infallibili per riconoscere i casi.
-Tipo?
-Oh, tipo domande.
Bjorn si alza ondeggiando.
-Vado dai Cechi.- si allontana zigzagando.
– Ad esempio,- fa l’ufficiale -quattro litri di rosso per quattro euro e cinquanta l’uno.
-E’ una domanda?
-Ovvio.
-E la risposta?
-Cinque minuti.
Yup, uno dei due maneggiava un tronco. Hey, se lo può fare PJ ne Lo Hobbit lo possiamo fare anche noi!
E’ notte quando i Cechi ci riportano Bjorn. In due, uno per parte.
Einar se lo sobbarca, lo trascina nel bosco a vomitare le budella. Meno male che regge bene. Gli srotolo il sacco a pelo in fondo alla tenda. Almeno se si sentirà male potrà spinger fuori la testa e vuotare lo stomaco.
Einar riappare dal folto del bosco, il braccio di Bjorn attorno alla spalla.
-Com’è andata?
-Non lo vuoi sapere.
Einar apre con una mano il lembo della tenda… e Bjorn scatta. Scatta, come una pantera. O come un delfino piuttosto. Si tuffa testa in avanti. Il tonfo che fa contro il trave della soglia fa tremare la tenda. He sì bambini, le tende vichinghe hanno un trave di soglia da ambo i lati. E Bjorn ha appena cercato di sfondarne uno. Faccio il giro, una lanterna in mano, sollevo il lembo di tenda.
E’ steso con le zampe in aria come un coleottero supino. Ha il setto nasale aperto, il sangue gli appozza nelle orbite, sembra che abbia un paio di occhiali.
-Eh merda.- Si sarà rotto il naso?
-S…sto bene…- I suoi occhi ammiccano in pozzanghere cremisi –Avreste dovuto tenermi…
Ma certo, Flipper, la colpa è nostra. Vado a cercare le compresse disinfettanti. Non posso gettare la pietra a Bjorn. Anche io mi sono conciata in quel modo alla sua età. Roba da non riuscire nemmeno a stare seduti. E il mio problema è che prima di finire ameba, le mie inibizioni calano e divento giocherellona. L’ultima volta che mi sono sbronzata per poco non ho mozzato tre dita a una compagna di corso. Per fortuna lei era più ubriaca di me e non se ne ricorda. Ma era così divertente al momento, colpire con la mannaia i due centimetri di spazio tra le sue dita! Anche lei rideva come una pazza. E grazie a Dio che da sbronza ho una buona mira…
Vicini di casa
Copriamo il cadavere con mantelli e pelli. Non dobbiamo perdere di vista il vero responsabile qui: i Cechi! Il nostro compagno deve essere vendicato. Ci armiamo e partiamo in spedizione notturna.
L’anno scorso presidiavano il ponte, ma a quest’ora hanno tutti un bicchiere in mano. E’ il momento migliore per attaccare, perché puoi scommettere la vita su un fatto: la gente si farà massacrare piuttosto che lasciar cadere il boccale per acchiappare un’arma.
Scivoliamo in silenzio tra le tende, attraverso il campo medievale. Le compagnie qui hanno fatto una sola tavolata, pasteggiano alla luce delle lanterne. Dall’altra parte del torrente i russi e gli ucraini cantano insieme. Putin può succhiarlo a tutti e cinquecento i rievocatori presenti.
Corriamo dietro la tenda dei Cechi. Le loro lanterne baluginano, le ombre si ritagliano sulla tela. Ci accostiamo. Ho paura che il tintinnio della maglia di Einar ci faccia scoprire. A un cenno aggiriamo la tenda da destra e da sinistra.
Per Odino, impareranno a guardarsi le spalle, prima o poi! O a tenere i moschetti carichi…
Tiro a segno, per grandi e piccini
Domenica
C’è sole, ma l’aria è fredda e il vento taglia attraverso i vestiti. Almeno accendere il fuoco non è difficile. La bambina di Bothvar mi viene incontro tutta giuliva. La sua tunica bianca è macchiata di sangue. Ieri ha vinto due punti di sutura giocando con un opinel, ma se n’è già scordata. Tende le manine alle prime fiamme. Il cerotto è già incrostato di fango.
Tutti sono un po’ più lenti oggi. Io ho bevuto un po’ troppo e dormito un po’ troppo poco. I Cechi, che hanno dormito due ore e bevuto il doppio di noi, sono freschi come rose e pronti per la loro dimostrazione. Deve essere un qualche superpotere slavo. Anche Bjorn resuscita. Regge come un giapponese astemio, ma recupera benissimo, questo va detto. Io sarei a gallina a covare i postumi, al posto suo. La faccia gonfia e il taglio sul naso sono tutto quello che gli resta di sabato notte.
E’ poco dopo pranzo che iniziamo a sentire gli spari. Nel bosco. Dal numero e dalla frequenza, direi che sono i Napoleonici. Lancio un’occhiata a Bothvar.
-Andiamo?
Both sorride e di botto ha la faccia di un bimbetto di sei anni a cui hai proposto di sgraffignare marmellata. Acchiappiamo elmi e spade. E’ ora di dar fastidio alle star.
Attraversiamo il parco. Gli spari si avvicinano. Vediamo il fumo sotto gli alberi. I Napoleonici non passano mai inosservati, va là che fumicaggine. E poi, in mezzo alla nebbia di zolfo, ecco le loro giubbe blu.
Partiamo alla carica. Alcuni scappano, altri alzano il fucile urlano “Carico!”. Quelli non li puoi toccare perché l’aggeggio infernale scoppia. Ho sparato con quei robi, è sempre emozionante perché non puoi mai sapere se avrai ancora le sopracciglia, dopo.
Fumicaggine! Fumicaggine ovunque!
Vediamo il cannone. Carichiamo ancora, catturiamo il pezzo mentre un tizio agita le braccia urlando “è pericoloso, fatela finita!”. Uno degli ufficiali ci viene incontro. Capisco che è importante dalla taglia dei mustacchi.
-Che diavolo state facendo?
-Uccidendo i tuoi uomini.
-Ah.- si liscia i mustacchi –Va bene, facciamo una cosa: quelli dell’altro gruppo hanno arruolato i cavalieri del quindicesimo e il loro doppio cannone. Se voi combattete con noi, vi diamo da bere alla fine.
E’ presto deciso. Ci appostiamo dietro un boschetto. Uno dei nostri nuovi alleati arriva di corsa dal sentiero, il fucile in braccio.
-Il cannone!- urla –Lo stanno catturando!
Einar rotea la danese.
-Per Odino!
Corriamo incontro al cannone. I nemici lo seguono come uno sciame di mosconi. Hanno il tempo di dire “Ma che cazzo” che metà di loro sono già “morti” e devono ripiegare. Uno di loro ha un cappello alto con penne bianche e un quintale di decorazioni. Gli passo la spada sullo stomaco e sulla noce del collo mentre il soldato che era con lui lo pianta in asso e raggiunge i suoi.
-Va bene.- Tizio Decorato si lascia cadere –Sono morto.
-Bene. Io mi prendo gli stivali.
-No, gli stivali no!
Spari alle mie spalle. Mustacchi ci richiama. Un gruppo ci è girato intorno e sta sparando sulle retrovie.
Vedo uno dei loro emergere dai cespugli, puntare il fucile sui nostri alleati, sparare. Gli corriamo indietro in due. Lo prendo nella schiena con uno sgualembro roverso. Il tipo si volta, il fucile in mano.
–He bien?
-Sei morto.
-No che non sono morto, parbleu.
Francesi zucconi. Attacco di nuovo. Para col fucile. Cerco di strapparglielo con la sinistra, ma mi spinge a terra. E’ più pesante di me, mi abbranca con le braccia e stringe. Potrei spaccargli il naso con una testata, ma rovinerebbe l’atmosfera. Non riesco a liberarmi, ma lui non può mollare. Sbuffo.
-Ti rendi conto che non è una soluzione, vero?
-Intanto sono sempre vivo.
-Ma anche no.- Earel lo finisce con un colpo d’accetta in mezzo alle scapole.
Mi alzo. Ho la mano destra coperta di sangue. Nella colluttazione mi sono esplosa il mignolo e ora ho un taglio dall’ultima falange al centro dell’unghia.
Merda.
Mi succhio il sangue dal taglio. Faccio un raid vichingo contro dei Napoleonici, partecipo a due giorni di accampamento, mi faccio menare dal capo, e la mia ferita qual è?
Mi sono rotta l’unghia del mignolo.
Roba che nemmeno una svenevole eroina vittoriana. Che onta.
-Tutto bene?
Il Napoleonico fa per alzarsi.
-Zitto che che sei morto. Due volte.
-Vai a metterci un tappo.- Earel fa roteare l’accetta –E spicciati o te li finiamo.
La differenza tra i grandi e i piccoli è che quando sei piccolo non ti lasciano giocare con la polvere da sparo.
Tornata al bosco, la battaglia è finita, ma non la guerra.
-Di là dalla strada c’è il ventesimo secolo.- tuona Mustacchio –Chi vuole farsi un po’ di Seconda Guerra Mondiale?
Un urlo di giubilo. Einar agita la danese.
-Viva il Secondo Sbarco in Normandia!
Partiamo. I Napoleonici sono lenti, e ci mettono un sacco a caricare. I miei compagni scalpitano. Da questo lato della strada possiamo vedere l’Union Jack sventolare sulla tenda dei Canadesi.
Attraversiamo. Noi ci troviamo nell’avanguardia, il che non è una buona cosa quando quelli dietro di te sparano. Risaliamo la collina facendo finta che i nostri alleati abbiano un’ottima mira.
Sorridi e aspetta il flash
I Canadesi ci vedono arrivare, si alzano e si spostano, indecisi sul da farsi. I Crucchi non hanno piazzato nessuno alla mitragliatrice, che viene presa all’istante. Mentre i Napoleonici fucilano i Canadesi (troppo perplessi per stramazzare), i Crucchi si rianno, acchiappano pale, mazzuoli, padelle e fucili scarichi, e ci corrono addosso. Uno di loro prova un affondo col fucile. Devio, gli assesto un colpo di piatto sull’elmo.
-Gah.- il tizio ride, indietreggia –Va bene, mi arre- tre Napoleonici gli saltano addosso e lo buttano in terra. I talloni del Crucco picchiano per terra. Rinfodero la spada.
E’ tutto perfettamente storico! Ho chili di letteratura in merito!
-Pensavo non faceste lotta corpo a corpo.
Mustacchio ammira la scena lisciandosi i baffi.
-E’ un nostro socio. Oggi ha scelto l’associazione WWII al posto nostro. Deve pagare.
I miei compagni si sono seduti al tavolo dei Canadesi e stanno bevendo le loro birre. Gli Alleati ci guardano, sembrano indecisi tra l’incazzarsi o ridere. Intanto i prodi soldati dell’Imperatore hanno finito di punire il disertore. Non c’è molto altro da fare da queste parti: le loro compagnie sono fatte soprattutto da infermiere, e non mi sembrano inclini a difendersi a botte di pappagallo. Tempo di cambiare cortile di giochi.
-Gli americani sono dall’altra parte.- indico i cessi, oltre i tetti si vedono i teloni verdi dei camion dell’esercito –Andiamo anche da loro?
-Oramai ci siamo, perché no?
Gli Yankees hanno passato tutto ieri a scorrazzare per le strade con i loro residuati bellici strafighi, devono pagare.
A questo giro sono i Napoleonici a scattare per primi. Attraversano il cortile al grido “Vive l’Empereur!”. Un Neozelandese ci viene incontro col fucile in mano. Poi vede Einar con l’ascia, sgrana gli occhi. Esita un secondo di troppo. Lo acchiappiamo in quattro e lo spingiamo di forza in una garitta di cemento, poi entriamo nel campo. Uno degli ufficiali ci punta contro una rivoltella. Aha, ma noi sappiamo che le loro armi sono neutralizzate per legge, non possono sparare.
Lo Yankee ci spara. I Napoleonici sparano in risposta. Io non ho più timpani e comincia a esserci fumo da queste parti. Tutti ricaricano. E da dietro le tende qualcuno spara di nuovo. Il Neozelandese è resuscitato. Nessuno muore più come si deve, oggigiorno. Passo dietro alla tenda per prenderlo alle spalle, ma nel momento in cui arrivo il ragazzo si volta. Mi vede, urla, mi spara a bruciapelo. E merda, oggi per la seconda volta mi faccio freddare da un redivivo.
Einar mi raggiunge.
-Come va?
-Defunta.
-Resuscita. Uno degli Yankees ci offre un giro in jeep.
Cosa di meglio che una jeep carica di vichinghi?
Il tizio che ci offre la corsa è un omone con una faccia tonda e gioviale. Quando vede Einar scoppia a ridere.
-Dammi un bacio, bellezza!
Lo abbraccia e gli schiaccia un bacione umido sulla celata dell’elmo. Io mi arrampico dietro la jeep con altri due compagni, mi siedo su una pila di uniformi. Chissà quanto vanno veloci questi cosi? Einar salta sul sedile passeggeri, ascia danese in braccio.
-Per Thor!
Lo Yankee ingrana e parte. Usciamo sul cortile mentre l’orchestra anni ’40 suona un Boogie Woogie. Jeff li sta a sentire con una birra in mano. Ci vede.
-Momento!
Salta a bordo con la grazia di un’orca assassina che falcia una foca. La jeep non ha rallentato, anzi, fila diritta nel campo dei Crucchi sulle note pimpanti dell’orchestra. Le infermiere sciamano via come un volo di colombe, noi muliniamo le spade e invochiamo dei e massacro. Un ussaro emerge da un gruppo di canadesi. E’ cotto come un tegolo, sembra si sia bevuto una distilleria intera. Salta a bordo e mi si siede su una gamba.
Lo Yankee accelera, passa sul marciapiede, schizza sulla statale. Le macchine inchiodano, facce si incollano ai finestrini. Punto la spada a prua.
-To Valhalla!
Filiamo sull’asfalto, l’autista sterza giù nel fosso e con un sobbalzo da battere i denti siamo di nuovo nel parco, attraverso il settore medievale.
-Posto!- c’è un putiferio di gente, lo Yankee li evita con una sterzata, fila tra il fabbro e il calligrafo –Fate posto, per Thor!
Punta il bosco.
-Occhio alle facce!
Rami e frasche ci schiaffeggiano. L’ussaro si copre la testa con le mani. La jeep emerge su un sentiero, fila verso coppiette coi cani e mamme col passeggino. La gente si scansa, chi perde tempo a fare foto rischia di farsi arrotare. Mi chiedo cosa racconterebbero al pronto soccorso.
-Una jeep Alleata piena di normanni mi ha messo sotto invocando Odino. C’era anche un ussaro a bordo.
Sterza, di nuovo al campo. I Cechi ci vengono incontro. Uno dei moschettieri salta oltre Einar sul cofano. Lo Yankee gli fa cenno di tenersi forte e accelera ancora.
-Gloria e bottino!
La jeep passa accanto al quindicesimo secolo. I cavalieri sghignazzano. Avrete un doppio cannone, ma noi abbiamo un carro tutto di ferro e nemmeno un bove che lo tira (cit.). L’ussaro si issa tra i sedili.
-Canne.
-Che?
-Canne.
Lo yankee si gira.
-Che hai-
-CANNE!
Lo Yankee sterza a un soffio dal canneto, vedo l’acqua del torrente per un attimo, poi la jeep si tuffa nella chioma di un salice piangente. Emergiamo dalle foglie, una famigliola fugge davanti ai fari. Sterza di nuovo, verso l’Antichità e le nostre tende.
Due ufficiali donne dell’Armata Rossa stanno bevendo davanti al nostro campo. Sono la leggenda del campo, una bionda e una bruna e entrambe due schianti di tre cotte. Lo Yankee rallenta.
-Un passaggio?
Le due saltano sul cofano accanto al moschettiere, i bicchieri di vino ancora in mano. Ripartiamo sgommando. Il vento ci scarica addosso una pioggia di foglie morte mentre muliniamo le spade berciando. Un Napoleonico si aggiusta gli occhiali sul naso vedendoci arrivare.
-C’è ancora posto?
C’è sempre posto.
Quando ero bambina volevo diventare cavaliere. Mi hanno anche detto che uno deve crescere. Sono balle che gli adulti raccontano ai bambini, e non ci si può mai fidare davvero degli adulti.
Quando ero bambina non volevo mai andare a dormire, volevo passare il tempo a giocare alla guerra, leggere favole e inventare storie. Oggi faccio ancora la stessa roba, solo con armi vere, libri più lunghi e storie più articolate.
Peraltro, da bambina potevo al massimo avere del succo di frutta. L’infanzia fa schifo. Let’s grow old together folks!
P.S. Un ringraziamento grande come una casa ai due fotografi, Thierry Guichart e Michel Langrenez!