Ship Breaker

Ho scoperto Bacigalupi con The windup girl, grazie a un articolo del Tapiro (qui per chi fosse interessato). Il romanzo mi garbò assai, e in particolar modo mi garbò l’ambientazione: un futuro non troppo remoto in cui il Cambiamento Climatico ha innalzato gli oceani, sterminato le colture e ridotto l’umanità a grattare il fondo del barile.

E’ un buon libro, ve lo consiglio.

Quello di cui oggi voglio parlare è un altro romanzo di Bacigalupi, Ship Breaker.

La storia si svolge in un universo come quello di The Windup girl (lo stesso?): a Bright Sands Beach, una popolazione assortita campa smontando antiche petroliere e rottami, per recuperarne le materie prime. La spiaggia è un luogo di miseria e crudeltà, in cui ognuno cerca di restare a galla, tra trafficanti di organi, spacciatori, sfruttamento e uragani.

In questo vivaio, Nailer è un ragazzino che recupera filo di rame dalle budella dei relitti. Fa parte di una banda di altri marmocchi, impiegati da un magnaccia perché abbastanza piccoli da infilarsi in condotti e anfratti. Presto Nailer sarà troppo grande per infilarsi nei tubi, ma sempre troppo piccolo per lavorare con le squadre pesanti, e Bright Sands Beach non è posto per disoccupati. Di giorno Nailer striscia nel buio e nei fumi tossici, di sera torna alla sua baracca, dove lo aspetta un padre violento col cervello fritto dalla droga. La sola “famiglia” che Nailer davvero ha è la sua banda, e in particolare Pima, la ragazzina capoccia, e sua madre Sadna, una delle rare brave persone in circolazione.

La routine di fame e fatica cambia di botto quando un grande uragano colpisce la spiaggia: allontanatisi per cercare qualcosa da mettersi sotto i denti, Nailer e Pima trovano un relitto nuovo, un clipper ultramoderno! La nave apparteneva chiaramente a gente molto ricca, e tra cadaveri e macerie c’è un sacco di ricchezza da recuperare. E’ un vero colpo di fortuna, un Lucky Strike che può permettergli di sfuggire alla fame e ai mercanti d’organi!

Nailer e Pima si fanno strada nel relitto e in una stanza, sorpresa: non tutti i passeggieri sono morti! Una ragazzina è ancora viva. Ha anelli d’oro alle dita e un diamante al naso. Si chiama Nita ed è ricca. Può valere un buon riscatto, o può valere una sanguinosa punizione, perché un Lucky Strike non basta a salvarti, devi saperlo sfruttare, devi essere intelligente.

E difatti, prima di subito i nostri si trovano nei guai: gli adulti sono sul posto, guidati dal padre di Nailer. E si sa, quando gli adulti s’impicciano, è sempre un casino.

Sano lavoro all’aria aperta!

Ship Breaker è un romanzo Young Audults, e si vede: il target di riferimento è chiaramente più giovane di quello di The Windup girl. Non ci sono scene di stupro, e certi passaggi sono raccontati invece che mostrati. Non vediamo davvero gli adulti mettere le mani addosso a Pima, ne siamo solo informati.

Non che il libro sia “addolcito”: la società in cui i ragazzi si muovono è crudele, come è realistico supporre che sia. Immagino che Bacigalupi sacrifichi a tratti la tecnica per non calcare la mano. E’ un compromesso che non mi convince molto, ma passa tutto sommato bene.

I personaggi sono ben delineati e credibili nel loro contesto.

Nailer vive nel conflitto. E’ terrorizzato da suo padre, ma gli vuole anche bene e quando il pericolo arriva non può risolversi a lasciarlo morire. E’ cosciente di aver avuto fortuna in un paio di occasioni fondamentali, e non si monta la testa. Sa che le cose sarebbero potute andare diversamente, e che talvolta fai la scelta “morale” solo perché te lo puoi permettere. In questo è ben caratterizzato perché mischia bene tratti infantili con un modo di pensare quasi adulto (la spiaggia è un posto in cui la gente cresce in fretta).

Pima è una brava ragazza, affidabile, coraggiosa e generosa con quelli del suo gruppo. Ma deve sopravvivere, ed è pronta a prendere drastiche decisioni per l’interesse suo o dei suoi. Farebbe di tutto per il bene dalla sua banda, e non esiterebbe a mutilare una ragazzina inerme se questo vuol dire salvezza e sicurezza per loro.

Nita dal canto suo è una ragazzina di buona famiglia, coinvolta in una faida politica che oppone suo padre e suo zio (c’è anche un accenno ecologista! OMG!). E’ intelligente e piena di risorse, ma può essere sprezzante e ignorante per quel che riguarda i disperati della spiaggia. Non è una mocciosetta viziata, ma non ha i mezzi per cavarsela da sola in un ambiente del tutto nuovo.

Nell’insieme, la storia non è proprio originale. La struttura è piuttosto classica, ma l’ambientazione e i personaggi la rendono interessante. Il mondo di Bacigalupi è affascinante e il ritmo è ben gestito, come anche le interazioni tra i personaggi.

Mi piace anche il fatto che, pur essendo un romanzo per ragazzi, non sia buonista. Non per tutti finisce bene, perché nella vita non per tutti finisce bene. Non tutti si redimono. Nailer salva la pelle a suo padre: in un film di Hollywood il signore si sarebbe pentito delle proprie malefatte e avrebbe dato un taglio alla droga.

No. Richard Lopez ha i neuroni tostati e i neuroni tostati si tiene. Non smetterà di essere un pezzo di merda perché ormai fa parte della sua natura. Non lo è sempre stato, a quel che si capisce, ma la cosa non cambia: certe persone girano male e così restano.

Ma tiriamo le somme.

Talvolta il raccontato poteva essere evitato
La trama è a tratti prevedibile e certi colpi di scena un po’ telefonati
L’ambientazione
I personaggi
Le interazioni tra i personaggi
La storia
L’atmosfera
Il finale

 

Ship Breaker è breve e si legge in due o tre giorni. E’ una storia d’avventura divertente con dei buoni personaggi, a cui si perdona volentieri un frequente ricorso al raccontato.

Non sarà il libro dell’anno, ma è di sicuro consigliato!

Qualche brano per avere un’idea.

1

Nailer è stato rispedito nelle budella della nave per raccattare altro rame:

Bapi already didn’t like him. And Sloth was too damn eager to steal his slot. Her words still lingered in his mind: “I’ll get twenty times the scavenge he does.”

A warning. He had competition now.

It didn’t matter that Pima vouched for him. If Nailer failed to pull quota, Bapi would slash out his work tattoos and give Sloth a try. And Pima couldn’t do a damn thing about it. No one was worth keeping if they didn’t make a profit.

Nailer wriggled onward, driven by Sloth’s hungry words. More and more copper came down in his hands. His LED faded to black. He was alone. Nothing but a trail of loosened electrical cable to lead him out. For the first time he feared he might not be able to find his way. The tanker was huge, one of the workhorses of the oil age, almost a floating city in itself. And now he was deep in its guts.

When Jackson Boy died, no one had been able to find him. They’d heard him banging away on the metal, calling out, but no could locate a way into the double hull where he’d trapped himself. A year later, heavy crews cut open a section of iron and the little licebiter’s mummified body had popped out like a pill from a blister pack. Dry like leaves, rattling as it hit the deck. Rat-chewed and desiccated.

Don’t think about it. You’ll just bring his ghost onto the ship.

The duct was tightening, squeezing around his shoulders. Nailer began to imagine himself stuck like a cork in a bottle. Pinned in the darkness, never able to get free. He strained forward and yanked down another length of wire.
Enough. More than enough.

Nailer hacked Bapi’s light crew code into the duct’s metal with his knife, doing it blind, but at least making a stab at saving the territory for later. He tightened himself into a ball. Knees against chin, elbows and spine scraping the duct walls as he turned himself around. Folding tighter, letting out his breath, fighting off images of corks and bottles and Jackson Boy caught in the darkness, dying alone. Tighter. Turning. Listening to the duct creak as he squeezed against metal.

He came free, gasping relief.

In another year, he’d be too big for this work and Sloth would take his niche for sure. He might be small for his age, but eventually everyone got too big for light crew.

Nailer squirmed back down the duct, rolling the wire ahead of him. The loudest sound was his own rasping breath in the filter mask. He paused and reached ahead for the loosened wire, confirming that it was still there, still leading him out to the light.

Don’t panic. You took this wire down yourself. You just need to keep following it

A scuttling noise echoed behind him.

Nailer froze, skin crawling. A rat, probably. But it sounded big. Unbidden, another image intruded. Jackson Boy. Nailer could imagine the dead crew boy’s ghost in the ducts with him, creeping through the darkness. Stalking him. Reaching for his ankles with dry bone fingers.

2

Nailer e il suo gruppo parlano del tradimento di Sloth e di un incidente avvenuto in giornata.

“If you were Lucky Strike, you’d have figured out how to sneak it out, instead of wasting it. Be a big rich man now, owning the beach.”
The others grunted agreement, but Pima had gone still, her black skin a shadow. “No one’s that lucky,” she said bitterly. “Everyone daydreaming about being the next Lucky Strike is what made Sloth go bad.”

“Yeah, well”—Nailer shrugged—“I still feel lucky today.”

Pima made a face. “You weren’t just lucky,” she said. “You were smart. And Lucky Strike, he was smart, too. Half the crews out here find some cache of oil or copper or whatever and none of them figure out what to do with it. Crew boss grabs it in the end, and they get bumped off the wrecks. Shit.” She took another swig from the bottle and wiped her lips on her arm before passing it on to Moon Girl, who drank and coughed. “Luck isn’t what you need out here,” Pima said. “Smarts is what you need.”

“Luck or smarts, I don’t care, long as I’m not dead.”

“Cheers to that. Still, we get all excited about being like Lucky Strike and we lose our heads. We waste all our money throwing dice, trying to get close to Luck, trying to get the big win. We pray to the Rust Saint to help us find something we can keep for ourselves. Hell, even my mom puts good rice on the Scavenge God’s scale for a luck offering, and we just end up like Sloth.”

Pima nodded down the beach to where men from the heavy crews had started their bonfires. Nailshed girls were with them, laughing and teasing them, twining slender arms around the men’s waists, urging them to drink and spend. “Sloth’s down there now. I saw her. Dreaming about a Lucky Strike got her nothing except shame cuts through her crew tattoos, and a whole lot of bad company.”

Nailer studied the men’s bonfires. “You think she’ll come after me?”

“I would,” Pima said. “She’s got nothing to lose now.” She nodded at Nailer’s luck gifts. “You better find a good place to stash all that. She’ll probably try to steal it. Maybe she finds some sugar daddy down there to take her under his wing, but no one else is going to deal with her. Grub shacks won’t take her because the ship breakers won’t buy anything from someone with slashed crew tats. Smelter clans definitely won’t touch an oath breaker. Liar like that, she’s out of options.”

Moon Girl said, “She could sell off a kidney. Maybe tap out a couple pints of blood for the Harvesters. They’re always buying.”

“Sure. She’s got those pretty eyes,” Pearly said. “Harvesters would take those in a second.”

Pima shrugged. “Medical buyers can slice and dice her like a side of pork, but after a while everyone runs out of pieces. Then what?”

“Life Cult,” Nailer suggested. “They’d buy her eggs.”

“Just what we need.” Moon Girl made a face. “Bunch of half-men that look like Sloth.”

“Dog DNA would be a step up for her,” Pearly said. “At least dogs are loyal.”

3

Pima e Nailer trovano Nita

The girl’s eyes snapped open.

“Please,” she whispered.

Pima pressed her lips together, ignoring the words. The girl’s free hand brushed at Pima’s face and Pima swatted it away. Pima leaned on the knife and blood welled up. The girl didn’t flinch. Didn’t pull away, just watched, black eyes begging as the knife cut into her brown skin.

“Please,” she said again.

Nailer’s skin crawled. “Don’t do it, Pima.”

Pima glanced up at him. “You going to get squeamish on me? You think you’re going to save her? Be her white knight like in Mom’s kiddie stories? You’re just a beach rat and she’s a swank. She gets out of here, this ship’s hers and we lose everything.”

“We don’t know that.”

“Don’t be stupid. This is only scavenge if she’s not standing on it saying it’s hers. All that silver we found? All this gold on her fingers? You know this boat’s hers. You know it. Look at the room she’s in.” Pima waved a hand at the wreckage around them. “She’s no servant, that’s for sure. She’s a damn swank. We let her out, we lose everything.”

She looked at the girl. “Sorry, swank. You’re worth more dead than alive.” She glanced at Nailer. “If it makes you feel better, I’ll put her down first.” She moved the knife to the girl’s smooth brown throat.

The girl’s eyes went to him, starving for salvation, but she didn’t speak again. Only stared.

“Don’t cut her,” Nailer said. “We can’t make a Lucky Strike like this… It would be like Sloth was with me.”

“It’s not the same at all. Sloth was crew. She swore blood oath with you. She didn’t have morals. But this swank?” Pima tapped the drowned girl with her knife. “She’s not crew. She’s just a boss girl with a lot of gold.” She made a face. “If we pigstick her, we’re rich. No more crew for life, right?”

The gold glittered on the girl’s fingers. Nailer struggled with his conflicting emotions. It was more wealth than he had ever seen. More wealth than most of the crews collected in years off the ships, and yet it decorated this girl’s fingers as casually as Moon Girl pierced her lip with steel.

Pima pressed her case. “This is once in a lifetime, Nailer. We play it smart, or we’re screwed for life.” She was shaking and a glitter of tears showed in her eyes. “I don’t like it either.” She looked down at the girl. “It’s not personal. It’s just her or us.”

“Maybe she’ll give us a reward for saving her,” he said.

“We both know that’s not the way it works.” Pima looked at him sadly. “That’s for fairy tales and Pearly’s mom’s stories about the rajah who falls in love with his servant girl. We either get rich, or we die on heavy crew—if we’re lucky. Maybe we walk oil scavenge until our legs get sores and your dad beats your head in. What else? The Harvesters? The nailsheds? We can always run red rippers and crystal slide out to the wrecks until Lawson & Carlson string us up. That’s what we get. And swanky here? She goes right back to her rich girl life.”

Pima paused. “Or we get out. With this gold, we get out for good.”

Nailer stared at the girl. A few days ago, he would have cut her. He would have apologized to those desperate eyes, and put the knife in her neck. He would have made it a fast kill so she wouldn’t suffer—he wouldn’t hurt her the way his dad liked to hurt people—but still he would have cut her dead, and then he would have stripped that gold off her waterlogged corpse and walked away. He would have felt sorry, sure, would even have put an offering on the Scavenge God’s scale to help her get on to whatever afterlife she believed in. But she would have been dead and he would have called himself lucky.

Now, though, the dark reek of the oil room filled his mind—the memory of being up to his neck in warm death staring up at Sloth high above him, her little LED paint mark glowing—salvation if only he could convince her, if only he could reach out and touch that part of her that cared for something other than herself, knowing that there was a lever inside her somewhere, and if only he could pull it, she would go for help and he would be saved and everything would be fine.

He’d been so desperate to get Sloth to care.

But he hadn’t been able to find the lever. Or maybe the lever hadn’t been there after all. Some people couldn’t see any farther than themselves. People like Sloth.

People like his dad.

4

Nita e Nailer in viaggio

“Is this it?” Nailer asked. “Is this the Orleans?”

Nita shook her head. “These were just towns outside the city. Support suburbs. They’re everywhere. Stuff like this goes for miles. From when everyone had cars.”

“Everyone?” Nailer tested the theory. It seemed unlikely. How could so many people be so rich? It was as absurd as everyone owning clipper ships. “How could they do that? There’s no roads.”

“They’re there.” She pointed. “Look.”

And indeed, if Nailer scrutinized the jungle carefully, he could make out the boulevards that had been, before trees punctured their medians and encroached. Now, the roads were more like flat fern and moss-choked paths. You had to imagine none of the trees sprouting up in the center, but they were there.

“Where’d they get the petrol?” he asked.

“They got it from everywhere.” Nita laughed. “From the far side of the world. From the bottom of the sea.” She waved at the drowned ruins, and a flash of ocean. “They used to drill out there, too, in the Gulf. Cut up the islands. It’s why the city killers are so bad. There used to be barrier islands, but they cut them up for their gas drilling.”

“Yeah?” Nailer challenged. “How do you know?”

Nita laughed again. “If you went to school, you’d know it, too. Orleans city killers are famous. Every dummy knows about them.” She stopped short. “I mean…”

Nailer wanted to hit her smug face.

Tool laughed, a low rumble of amusement.

Insomma, dategli un’occhio se avete tempo.
Nel frattempo, MUSICA.

Classici Militari: Wu-Tzu

Abbiamo concluso L’arte della guerra, ma i classici militari non sono finiti!

Oggi parliamo del Wu-tzu, che prende il nome dal suo autore. Costui, anche chiamato Wu Ch’i, è finalmente una figura storica di cui si sa qualcosa di concreto, tipo le date: si pensa sia vissuto tra il 440 a.C e 361 a.C. La sua bibliografia è raccontata nel Shih chi, e nonostante sia trattato come uno dei più grandi strateghi di sempre, il quadro non è molto lusinghiero. E infatti a me va a genio.

Era un uomo di gran talento e un confuciano convinto, eppure uccise sua moglie (e tanti saluti alla Benevolenza), ignorò i riti funerari di sua madre per tener fede a un voto (salutate Pietà Filiale, che ci lascia per giammai ritornare) e altre amenità. Wu era anche noto per la disciplina draconiana che imponeva nel suo esercito. Poco vale che lui stesso rispettasse le regole imposte: fu freddato proprio per eccessiva severità. Dato il contesto, non oso immaginare…

Questo è un guerriero Song, molto posteriore al periodo. Perché ve lo faccio vedere? Perché il primo manoscritto del Wu-tzu che abbiamo è di epoca Song, e la loro divisa è molto più facile da trovare rispetto a quella dei guerrieri del IV secolo a.C.!

Come anche gli altri classici, si parla prima di tutto dello Stato e del posto degli affari militari nel quadro generale.

Gli affari militari non sono una festa. Eppure sono necessari. Chi non ha un esercito ben equipaggiato e addestrato, né uno stato maggiore che sappia il fatto suo, si espone a grandi rischi e si rende inerme. Dovesse combattere, anche se i suoi uomini fossero valorosi e determinati, si farebbe macellare. Chi coltiva la Virtù ma tralascia gli affari militari, è votato all’estinzione, con buona pace dei pacifisti (ba-dum tsh!).

Se ti attaccano e non puoi difenderti, non sei Virtuoso. Se uccidono i tuoi e non sei in misura di proteggerli, non sei Benevolente. Sei un bischero.

Ora, ricordo che l’esercito cinese è un esercito di leva. Ergo il primo passo, è ottenere la buona volontà del popolo.

  • Se lo Stato non è in armonia, non potrai mettere in campo i soldati;
  • se l’esercito non è in armonia, non potrai manovrarli in formazione;
  • se le formazioni tra loro non sono in armonia, non potrai avanzare;
  • se manca coesione durante la battaglia, non potrai ottenere una vittoria decisiva.

Ergo, prima di tutto ci vuole armonia e stabilità sociale. Fatto ciò, puoi anche dedicarti a grandi piani (che Wu Ch’i consiglia comunque di confermare via divinazioni, sia mai che le ossa di cervo e il fegato di pecora non siano d’accordo!). Masse e ufficiali combatteranno bene solo se saranno sicuri che il sovrano ha rispetto della loro vita.

La Via della Guerra significa tener presente il passato e non dimenticare i precedenti. Oltre alla memoria, è necessaria Giustizia, o meglio, “legittimità”. Poi ti servono dei piani, per evitare i danni e ottenere profitto. Infine servono limiti per poter stabilire il senso del dovere.

Lo stile di vita dei capi è importante. Se non mostrano virtù e si crogiolano nel lusso, finiranno per cadere.

In definitiva, un sovrano deve governare i suoi secondo la buona forma, dare il buon esempio e coltivare il loro senso di vergogna. Il senso di vergogna è indispensabile, e più ne hanno, più saranno efficaci e obbedienti in guerra. Un uomo con poco senso di vergogna può essere incline a disertare, uno con un forte senso di vergogna si butterà con l’areoplano su un incrociatore americano. Cinico, ma è così che funziona: lo stigma sociale domina il mondo!

Poi, come anche Sun Zi diceva, il problema di una guerra non è vincere una battaglia. E’ appunto, vincere una guerra. Ottenere una cifra enorme di vittorie non è proprio di un Egemone, è segno di qualcuno che finirà per sfiancare i suoi e dilapidare le sue risorse. Quelli che hanno preso il potere con molte battaglie sono, tutto sommato, molto meno numerosi di quelli che dopo molte battaglie hanno finito per spomparsi e perdere.

Chi ha detto Carlo XII di Svezia?

 

Di solito ci sono 5 ragioni del perché si guerreggia: per fama, per profitto, per odio atavico, per via di disordini interni, per fame. Ovviamente a seconda del movente dell’esercito nemico, dovrai usare modi diversi per contrattaccare. Mostra giustizia se l’esercito è mosso da sete di giustizia e fama; se sono mossi dalla fame avranno un esercito che punta tutto sul numero, e in quel caso dovrai usare deferenza; se si muovono per odio, puoi trovare il modo di dissuaderli a parole; usa l’inganno se il loro movente è il profitto; manipola i centri di potere per soggiogare quelli che lasciano un paese in disordine.

 

La struttura gerarchica è fondamentale per l’ordine e deve essere preservata. Pertanto, esiste un certo protocollo per quando gli esponenti di diverse funzioni e classi hanno a che fare tra loro. Questo protocollo è la buona forma, e deve essere rispettata. Riti, direbbe Sorai (parlerò anche di lui un giorno).

Allo stesso tempo la gerarchia non è tutto. Un sovrano ha bisogno di gente di talento. A seconda delle caratteristiche e delle capacità degli individui, il sovrano dovrà assegnarli nelle unità dove possano meglio servire. In particolare, le truppe d’élite dovrebbero essere costituite da cinque unità distinte, che comprendono:

  • chi ha forza e coraggio
  • i temerari fanatici
  • quelli capaci di arrampicarsi e traversare in fretta territori accidentati
  • gli ufficiali che per una ragione o per un’altra hanno perso la loro posizione e vogliono mostrare il loro valore
  • quelli che si sono ritirati davanti al nemico e che vogliono riscattare il loro nome.

Il buon soldato è coraggioso, forte e veloce. Se ne trovi, compattali in un’unità speciale, curali e onorali. Prenditi cura delle loro famiglie, allettali con ricompense e intimidiscili con punizioni.

In quanto sovrano, non aver paura di circondarti di uomini migliori di te. Anzi, attento al contrario: se i tuoi ministri sono meno fighi di te, preoccupati!

In generale, ci sono 8 condizioni del nemico in cui ingaggiar battaglia.

  • Quando fa estremamente freddo e tira vento, quando li hanno tirati in piedi presto e marciano mezzi addormentati, incuranti di tutto;
  • Quando fa estremamente caldo, si sono alzati tardi e avanzano assetati e affamati, focalizzati sul raggiungere un obbiettivo distante;
  • Quando sono in campo da tanto tempo, hanno finito i rifornimenti, il malcontento serpeggia tra i ranghi e nel popolo, e i soldati si lasciano impressionare da auspici nefasti senza che gli ufficiali possano faci niente;
  • Quando hanno finito i rifornimenti, il tempo è nuvoloso e piovoso e non hanno nessun posto in cui rifornirsi;
  • Quando sono pochi e su terreno svantaggioso, con soldati e bestie malati o stanchi, e fuori portata dei rinforzi;
  • Quando la tappa è lontana e sta imbrunendo, uomini e ufficiali sono spaventati, sono stanchi e/o a digiuno, e stanno riposando dopo essersi tolti l’armatura;
  • Quando i generali sono deboli, gli ufficiali irresponsabili, la coesione labile, mancano di back-up e sono spaventati;
  • Quando non sono ancora in formazione o il loro campo non è ancora completo, e sono in terreno difficile, con valli strette.

 

Per contro, ci sono 6 condizioni in cui devi evitare la rissa a tutti i costi:

1- Se il territorio è vasto e la gente del nemico prospera;

2- Se hanno un buon sovrano che fa un ottimo lavoro;

3- Se le ricompense sono credibili, le punizioni giuste, e ambedue eseguite con buon tempismo;

4- Se sono meritocratici;

5- Se hanno un grosso esercito ben equipaggiato (Duh!);

6- Se hanno buone alleanze coi vicini.

In generale, attacca il tuo nemico quando è disorganizzato. La disorganizzazione, che sia ristretta all’esercito o estesa all’intero Stato, è una debolezza fatale.

Sfrutta i loro punti deboli. Se sono stanchi, se hanno fame, se non sono ancora riusciti a insediarsi, se il loro esercito non si è ancora raggruppato dopo una lunga traversata, o è in disordine, se sono in una posizione svantaggiosa, se il loro generale è separato dai soldati, se hanno paura…

Attaccali con le tue truppe d’élite per un primo shock, per poi continuare l’attacco con le tue truppe regolari.

 

Ma parliamo del tuo esercito, come fare a controllarlo? Ci sono dei principi. Fai muovere il tuo esercito attraverso il terreno che gli è più congeniale, riforniscilo in cibo e armi, in modo che le bestie da traino siano ben pasciute, i carri ben tenuti e le armi di buona qualità. Premia chi avanza, punisci chi si ritira.

Per quanto riguarda i soldati, la cosa più importante è il controllo.

Ovviamente, il numero è importante. Ma se i tuoi non credono in punizioni e ricompense e non scattano a ordini e segnali, c’è poco da fare. I tuoi devono rispettare la buona forma quando sono in quiete e incutere timore quando sono in azione. Se hai stabilito il controllo, manterranno l’ordine anche se tagliati gli uni dagli altri. Faranno fronte comune in guerra e in pace. Il controllo dà unione, l’unione è potere. Un esercito sotto controllo è quindi chiamato “esercito di padri e figli” (ovvero, ufficiali e soldati sono come padri e figli).

 

Se il tuo esercito è in marcia, non sfiancare soldati e animali: c’è un tempo per avanzare, per fermarsi, per bere e per mangiare. Se li stanchi, li affami o li asseti, non potranno eseguire prontamente gli ordini e non potrai stabilire il controllo.

 

Come diceva anche Sun Zi, in battaglia, chi combatte determinato a morire vivrà, mentre chi cerca di sopravvivere finirà per farsi ammazzare. Quando vuoi dar battaglia, devi far credere ai tuoi che non ci sia alternativa né via di fuga, “come in una nave che affonda o intrappolati in un edificio in fiamme”. Tranciare attraverso i ranghi nemici deve apparire come l’unica possibilità.

Ciò che uccide un uomo è la sua incapacità, e ciò che lo sconfigge è l’inatteso e o lo sconosciuto. Pertanto è fondamentale che i tuoi soldati siano addestrati e vigili. Inversamente, cerca di prender il nemico di sorpresa. Aspetta riposato lo stanco, aspetta nutrito l’affamato. Schierati e cambia il tuo schieramento prima di attaccare. Disperdi i tuoi e riuniscili. Ingannalo, prendilo alla sprovvista.

E per quanto riguarda gli armamenti, il signor Wu scende nei dettagli.

I soldati bassi, in mancanza di carri armati, sono di solito buoni lanceri e alabardieri, mentre quelli alti, in mancanza di corpo dei bersaglieri, sono di solito buoni arcieri o balestrieri. Prendi qualcuno di forte per portare le insegne e qualcuno di fegato per portare i tamburi.

E quelli deboli? Schiaffali in logistica, potranno rendersi utili lì. Per supervisori and the likes, prendi gente intelligente.

L’organizzazione militare deve essere stabilita in primis nella sfera amministrativa: villaggi e distretti devono già essere organizzati con milizie e squadre, in modo da poter reagire alla svelta e potersi difendere reciprocamente.

 

In caso di avanzata, evita di attraversare le bocche di valli profonde e strette o di passare ai piedi di alte montagne. Peraltro, considera la direzione del vento prima di attaccare. Ne sa qualcosa Taira no Masakado, sorto e abbattuto su un soffio di vento.

Tornando all’esercito, come prendersi cura di carri e cavalleria?

Da notare che con “cavalleria” non si intende un corpo d’azione, quanto tutta quella torma di gente che si sposta a cavallo o impiega cavalli. In altre parole, “cavellerizzi” o “cavallari” più che cavalieri: all’epoca di Wu C’hi la tattica si riposava su fanti e carri.

Un cavallo non è una bestia facile da tenere. A parte buona erba e acqua, necessita controllo, perché non deve mangiare troppo né troppo poco (un cavallo sopporta meglio la fame dell’indigestione). Deve esser tenuto caldo in inverno e fresco in estate, deve essere spazzolato (e bada a pettinargli bene la coda se non vuoi una coppiola nel petto), e soprattutto i suoi zoccoli devono essere curati. In guerra, i cavalli devono essere schermati con protezioni agli occhi e alle orecchie. Inoltre, devono essere addestrati al pari dei soldati.

Non prendi un cavallo da fattoria e lo schiaffi al fronte, anche perché al cavallo puoi insegnare di tutto, ma una volta che ha imparato una cosa, è quella. Insomma, non lo risetti!

Devi fare in modo che cavalli e uomini sviluppino un certo legame gli uni con gli altri. Inoltre, se hai tanti uomini e poche bestie, è meglio sfiancare dei fantaccini facendogli portare roba che stancare gli animali e trovarti senza some al momento del bisogno. Un cavallo vale più di un soldato semplice, in certi tipi di eserciti.

Buono, tutto bello, tutto giusto, ma per quanto riguarda il generale?

Il generale in capo non può essere un militare puro. Bisogna che abbia abilità legate alla sfera civile. Il coraggio è necessario, ma non è sufficiente. Deve esser capace di portare avanti 5 aspetti fondamentali:

  • regolazione (poter controllare una grossa massa di gente),
  • preparazione (esser pronto a ingaggiare il nemico anche se costui non è presente in quel momento),
  • impegno (attaccar battaglia senza preoccuparsi per la propria vita),
  • cautela (non abbassare mai la guardia),
  • semplificazione (non esagerare con limiti ed ordini).

 

I punti vitali in guerra sono 4:

  • morale (ch’i): quando l’intero esercito è ben ordinato in base alle capacità di ognuno e ben schierato;
  • terreno: quando sai piegare la situazione a tuo vantaggio, ad esempio trovarti in una posizione in cui pochi uomini possono tenerne in scacco tanti altri;
  • affari: saper gestire le spie, riuscire a tormentare i tanti coi pochi e minare la solidità e la coesione dello stato maggiore nemico;
  • forza: quando i tuoi mezzi sono adeguati, i tuoi spostamenti veloci, i tuoi animali in salute e i tuoi ufficiali preparati.

 

Un generale deve incutere rispetto nei suoi e timore negli altri, in modo da diminuire il morale nemico e vedere i suoi ordini eseguiti in fretta e con precisione.

Inoltre, i segnali sonori e visivi devono essere ben conosciuti, distinguibili e rispettati. Allo stesso modo lo devono essere punizioni e ricompense.

Devi riuscire a conoscere il generale nemico e sfruttare le sue debolezze. Se è avido, corrompilo, se è indeciso sfiancalo e disorientalo, ecc. Se i loro ufficiali sono ricchi e ben pasciuti e i loro soldati miserabili, puoi dividerli. Se le truppe non si fidano dei loro ufficiali e sono dubbiose, puoi spingerle in rotta. Ecc.

Se non conosci il generale, seleziona degli uomini di fegato dai tuoi ranghi inferiori e costituisci una forza leggera che lo assilli e lo spinga a reagire, in modo da osservare i suoi movimenti. Potresti scoprire che il generale è uno sveglio. Allora evita di affrontarlo. Se caricano a pecorone berciando e correndo, ogni unità per cazzi suoi, il generale è un idiota: approfittane! I nemici possono esser tanti, ma se il boss è un cretino, loro sono nella merda.

E come fare in modo che il caos non si diffonda nella tua truppa? Facile. Uccidi chi disobbedisce.

Funziona, finché qualcuno non ammazza te.

 

Bene, ma poniamo caso che i nostri nemici abbiano lasciato gole e precipizi dietro di loro, che abbiano le montagne sulla loro destra e un fiume sulla sinistra, che le loro fortificazioni siano forti e ben difese, il loro esercito forte e numeroso, che siano dei mostri in tattica e abbiano un sacco di riserve.

In questo caso devi dividere i tuoi, tipo in cinque, e avanzare via strade diverse, in modo da confondere il nemico. Intanto sprona le tue spie: deve esserci un punto debole, devi conoscere i suoi piani!

Tenta prima l’approccio diplomatico. Consiglio: se uccidono i messaggeri, è possibile che non siano inclini a ottemperare alle tue richieste. In quel caso costringili a ingaggiarti in cinque battaglie diverse. Se vinci in una di esse, non inseguire gli sconfitti. E se perdi, battitela il prima possibile in modo da tirarteli dietro. Se ti inseguono, è possibile attirarli in un’imboscata.

 

E puta caso ti siano addosso, sei senza vie di ritirata e i tuoi soldati sono terrorizzati.

Se i tuoi sono più numerosi, dividili e attaccalo su due fronti. Se i tuoi sono pochi, non attaccarlo apertamente, ma tormentalo in continuazione per impedirgli di riposare.

 

E puta caso te lo trovi davanti al naso in una valle stretta, loro sono in tanti e i tuoi sono in pochi.

Intanto non attardarti mai su montagne, pantani e valli. Se poi doveste trovarvi muso a muso, manda avanti arcieri e balestrieri, cerca di tenere il nemico a distanza e prendere prigionieri. Interroga i prigionieri e cerca di conoscere il nemico meglio che puoi, perché è l’unico modo che hai di cavartela.

 

Ma puta caso che siete serrati da alte montagne, incontri il nemico e non osi attaccarlo ma non puoi ritirarti.

In una valle stretta un grande numero non è molto utile. Metti in avanguardia le tue truppe di shock e gli ufficiali migliori. Apposta carri e cavalieri più indietro. Difficilmente il nemico oserà avanzare. Allora metti in riga i tuoi stendardi e ritirati con ordine dalla valle. Appena cavato d’impiccio, accampati. Prendi fiato, mentre carri e cavalieri tormentano il nemico senza posa in modo da dissuadere un attacco e impedirgli di riposare.

 

Perfetto. Ma puta caso ti trovi bloccato in un vasto pantano, affondi e non hai barche né zattere.

Per cominciare, manda delle sentinelle sulle alture più vicine. Poi cerca di conoscere meglio che puoi natura e profondità dell’acqua. Se pone problema a te, pone problema anche al nemico. Se il gaglioffo ti attacca, cerca di sfruttare la palude a tuo vantaggio (tipo attaccandolo quando metà dei suoi sono in traversata).

 

Ora, avete presente quei film in cui la cavalleria catafratta carica sotto la pioggia battente?

Ecco, salvo certi terreni d’eccezione, è una pessima idea. La pioggia rammollisce il terreno. Carri e cavalli affondano, avanzano con difficoltà, specie con centocinquanta chili di tizio armato sulla groppa.

E questo ci porta al penultimo “puta caso” della serie:

se piove per giorni e ti impantani, ser sotto attacco da tutti i lati e il morale è a terra, che fare?

Intanto non dovresti trovarti impantanato con dei carri perché, per cominciare, non si impiegano carri in clima di pioggia e mota. In secondo luogo, cerca di tenerti sulle alture.

 

Come difenderti da gruppi di cavalieri veloci e selvaggi che lanciano raids sui tuoi territori?

Adotta una posizione difensiva. Non farti tirare in una battaglia, ma aspetta la fine della giornata, quando saranno stanchi e carichi di bottino e pronti a ritirarsi. Approfitta del fatto che in ritirata saranno concentrati sul correre, e fagliela pagare.

 

E una nota finale per quando prendi una città: occupa i centri di potere, ma non distruggere alberi o case, non metterla al sacco. Mostra benevolenza alla popolazione in modo da ottenere il loro sostegno. Allo stesso modo, sii magnanimo verso chi si arrende.

 

Infine, è fondamentale individuare e assumere gente di talento, onorarla, senza tralasciare di stimolare chi ancora non ha compiuto nulla di memorabile.

 

In chiusura del libro, Wu nota come un uomo disposto a morire può terrorizzarne mille altri. I russi che davano la caccia al buon Symo Haya potrebbero confermarlo.

Se tu riuscissi a prendere i tuoi cinquantamila soldati e trasformare ognuno di loro in quell’assassino feroce pronto a tutto, allora il nemico avrebbe un grosso problema.

 

Il Wu-Tzu è probabilmente un testo spurio, ma resta uno dei sette pilastri fondamentali degli studi tattici asiatici.

Prossimamente, parleremo di un altro Libro Imperdibile, il Wei Liao-tzu. Nel frattempo, ripassate gli appunti, orientate le catapulte, ferrate i cavalli e MUSICA!

 

Gioia e banalità nella terra del pressappochismo

Tutti conoscono Licia Troisi. “Regina del Fantasy Italiano”, che è una carica simile a Regina della Gilda degli Accattoni in Ankh-Morpork. E’ la realizzazione dell’utopia Orwelliana del romanzo per prolet, in cui non c’è più nessun processo creativo, solo un riaccozzare stocastico di roba già fatta. Le protagoniste tutte identiche (con rare e saltuarie variazioni, tipo il colore dei capelli!), il deuteragonista sempre uguale, le dinamiche tra i due ripetitive e deprimenti… Tutto condito con una documentazione che brilla per la propria assenza. Ma perché parlo di lei oggi? Per molte ragioni:

  • Sono una gran nostalgica e una grande appassionata di trash. E sì, mi rendo conto che le due cose accoppiate abbiano una definizione clinica: necrocoprofagia. That’s me, a ognuno i propri fetish!
  • Per il grande decennale, sta per uscire Le storie perdute, un nuovo romanzo tutto su Nihal!
  • L’Espresso. E’ tutta colpa de L’Espresso (qui e qui).
  • Quattro

Cinzia Leone di L’Espresso mette insieme due delle pagine più surreali che abbia letto negli ultimi giorni. Ho deciso di condividerle, per la gioia degli altri necrocoprofagi (so che mi state leggendo, non fate finta di nulla!). Caveat: ho rispettato la police dell’articolo. La scelta di virgolette, strafalcioni e altre amenità non è mia. Sono innocente!

La spada! La SPADA!

Se il successo è una colpa, Licia Troisi, con i suoi quattro milioni di libri venduti in dieci anni, è una peccatrice incallita.

Se la mi’ nonna avesse le rote sarebbe ‘n tramvai. Sul serio, perché il successo dovrebbe essere un peccato? Mi sono persa un adagio popolare? O è solo un modo molto lame di attaccare la sviolinata?

Doppiamente viziosa perché il successo lo deve a draghi, cavalieri, gnomi, elfi, maghi, menestrelli, tiranni. A profezie, maledizioni, tradimenti e maschere di ferro. A bastioni infuocati e torri battute dal vento.

Oibò. Perché tutto ciò dovrebbe renderla più “viziosa”? Che senso ha? Forse Cinzia vuol dire “non solo ha avuto successo, ma ha avuto successo scrivendo roba inabituale”, ma non credo. Dopotutto, da quando i draghi e i cavalieri sono roba inabituale? Che io sappia sono due archetipi intramontabili della narrativa Europea. Forse vuol dire “non solo ha avuto successo, ma ha avuto successo scrivendo stupidaggini per ritardati mentali”. Ipotizzo io, potrei sbagliare. E vista la cattiva fama che macchia il fantasy in Italia, forse è questo il senso.

Il suo stile è pura narrazione

BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH Maremma ingrifata, che cosa diavolo vuol dire questo? Un romanzo in cui si racconta una storia? Parbleu, signori e signore, un momento di ammirazione attonita mi pare d’obbligo. O forse si celebra il fatto che Licia non ha inframezzato la narrazione con altra roba? Tipo ricette, opuscoli pubblicitari o digressioni sul prezzo delle zucchine?

Il suo genere è il Fantasy, quello che ha portato Tolkien sull’orlo del Nobel e la Rowlings in vetta alle classifiche.

Sorvolo sul fatto che Lord of the Rings è molto più affine all’epica medievale che non al romanzo fantasy, ma sorvolo solo perché… La RowlingS? Ho controllato, lo scrive davvero così! Che sia la gemella segreta della più celebre J. K. Rowling? O forse controllare lo spelling su wikipedia è troppo out per i giornalisti professionisti.

Come si fa a vendere quattro milioni di copie e vivere felici?

Domanda difficile. Non ce n’è una di scorta? Tipo “come si fa a vincere un abbonamento annuale dal birraio ed essere sbronzi?”

«Rimanendo con in piedi per terra» risponde, decisa, la Troisi.

Tradotto: sta robba non ti darà la pensione, sugar. Spara tre o quattro boiate commerciali e scappa col malloppo a trovarti un lavoro serio. Ora, io non ho niente contro la Troisi in quanto persona. Sì, la prendo in giro come autrice e per le bischerate che dice in pubblico, ma non ce l’ho con lei. Sono sicura che è una buona persona e una brava mamma. Però devo dirlo: il fatto che non ci abbia nemmeno provato a fare un lavoro serio come scrittrice mi picchia sul sistema, come dicono i mangiarane. L’etica del lavoro va bene in astrofisica, non con dei romanzi, voglio dire, i romanzi mica sono un vero lavoro… Mi urta che qualcuno che ha chiaramente zero rispetto per la professione di romanziere guadagni anche solo 10 euro. Mi irrita quando il lavoro approssimativo viene premiato e quando la mancanza di etica lavorativa viene sbandierata senza vergogna. Quindi sì, come scrittrice, la Licia mi raspa sui nervi, e non poco. Ma solo come scrittrice.

Per una scrittrice che si lascia travolgere da Regni sottomarini, Terre emerse, e Mondi sotterranei, non perdere la testa è fondamentale.

Vero. Dicci Licia, quanto era alta la Torre-Città in Nihal dalla Terra del Vento? O forse può dircelo la giornalista, che chiaramente conosce molto bene il corpus dell’autrice.

Il peccato richiede molto allenamento.

Ancora? Non è peccato far successo, è peccato lavorare a cazzo! E no, non richiede allenamento! O forse Cinzia sta insinuando che Licia si è allenata, ha lavorato sulla sua tecnica, la sua documentazione e le sue fonti? Nah, suvvia, siamo seri!

Licia comincia a poco più di 20 anni (è nata nel 1980). Mentre studia Astrofisica e medita una tesi sulle galassie nane, in un anno e mezzo scrive mille duecento pagine che le cambieranno la vita.

Scrivere mille e passa pagine non è allenamento di per sé. E’ come mettersi a fare pesi senza avere nessuna idea di come eseguire gli esercizi: ci si rovina il fisico e basta. Esercitarsi male è peggio che non esercitarsi proprio. Peraltro scrivere 1200 pagine di fuffa è una cazzata. Non ci vuole nulla a tirar giù mille pagine di bischerate. Dieci buone, quello è il difficile E lo ammetto, io sono lentissima a scrivere, mi faccio schifo da sola, ma milleduecento pagine in un anno e mezzo? Compresa una prima revisione, perché non credo che Licia abbia spedito alla Mondadori senza nemmeno una prima rudimentaria forma di correzione. Sono circa tre pagine al giorno, scritte, revisionate e corrette, ogni singolo giorno, per un anno e mezzo. Credibile. Poi uno si sorprende se sono milleduecento pagine di bolo.

Le spedisce a una piccola casa editrice, che le offre una pubblicazione a pagamento

How uncommon!

E alla Mondadori, dove Sandrone Dazieri le propone di dividerla in una triologia dal titolo “Cronache del Mondo Emerso”. Il primo volume, nel 2004, è stampato in 16 mila copie ma ne venderà 100 mila.

Sandrone, Sandrone, cosa faremmo senza di te…

In dieci anni, Licia sforna una ventina di libri: i nove delle tre triologie del Mondo Emerso, i sette de “La ragazza drago”, i tre de “I regni di Nashira” e poi “I dannati di Malva” e “Pandora”.   Scrive ogni giorno di draghi, elfi ed eroine dai capelli azzurri, ma nonostante le vendite stellari Licia non si monta la testa.

Da com’è formulata la frase, si direbbe quasi che l’opera della Licia nazionale sia banale e ripetitiva. Quasi.

Si laurea in Astrofisica, inizia il dottorato, si sposa e mette al mondo una bambina. Senza rinunciare alle sue quotidiane trenta vasche a stile libero.

Insomma, i suoi romanzi sono tutti ciofeche perché aveva di meglio da fare.

Scrivere è come nuotare e per emergere dalla massa Licia si tuffa a capofitto. Per respirare c’è tempo.

Scrivere è come nuotare? Oibò, come e in che senso? Licia emerge dalla massa? No, Licia per quello che scrive sparisce nella massa del pessimo fantasy pseudotolkeniano un tanto al chilo! L’unica cosa che tiene a galla Licia e i suoi libri è lo zatterone Mondadori, che può contare sull’artiglieria pesante di distribuzione, pubblicità e recensioni-marchetta (o di articoli pubblicitari, ahem). Mi piace anche l’idea che nell’acqua respirare è qualcosa per cui “c’è tempo”. Ora, io non sono una nuotatrice (ancorché padroneggio con mastria ed eleganza la tecnica “Cane che Affoga” e “Fai il Morto e Aspetta i Guardiacosta”, nonché uno stile di mia personale invenzione, il “Ferro da Stiro”), ma faccio sport regolarmente. E respirare è un attimino fondamentale.

E’ difficile lasciarsi andare? «Mi piacerebbe essere più leggera, ma voglio sempre dare il meglio di me: quando scruto le stelle o quando invento un personaggio.»

Risa isteriche a nastro.

Hai avuto un dottorato, Licia, non sminuire così il tuo lavoro scientifico! Sono sicura che sei una buona astrofisica!

Una peccatrice con troppo metodo insospettisce.

METODO! La Troisi avrebbe un METODO?! Ah già, L’Espresso. Dove scrive anche Lilin, il genio dei mirini ottici. Già già, dimentiavo.

Non frequenta i salotti televisivi. Non ha sponsor potenti. Ma a colpi di triologie la Troisi conquista le classifiche e il cuore di lettori fedelissimi che coltiva attraverso un blog molto seguito.

Sì, no, non rileggete. C’è scritto davvero. “Non ha sponsor potenti”. Mi sto sentendo male dalle risate! Peraltro, bella l’immagine della Troisi che percuote i suoi lettori a botte di triologie.

Il Fantasy è una droga e provoca dipendenza?

Sì, come le patatine al gusto pancetta fritte nel grasso di liposuzione. Hey, non guardatemi così! Sono saporitissime!

«Come le serie Tv. Se sono avvincenti danno assuefazione», sottolinea sorridendo.

Un buon romanzo invoglia a leggere. Licia di buoni romanzi non ne ha ancora scritti, che io sappia, ma la risposta ha senso. E la domanda era stupida, quindi direi complimenti a Licia (e per una volta non sto scherzando).

Mentre la letteratura conta i lettori perduti nel 2013, meno il 20 per cento, i generi letterari, dal rosa al giallo, dal noir all’horror passando per il fantasy, accusano lievi flessioni, difendendosi a colpi di trame avvincenti e serialità.

Questo paragrafo è così fuori del mondo che non so nemmeno da che parte cominciare. La letteratura ha perso un quinto dei lettori, ma i generi letterari tutti hanno accusato solo lievi flessioni. Come dire, Ferdinando II cannoneggia Messina, i civili riportano solo qualche livido. Peraltro Licia ti ha fatto il piacere di ribadire l’ovvio: le storie avvincenti invogliano a leggere. Per tua ammissione i lettori si stanno dileguando a frotte. Eppure, per una combo paradossale, i vari generi (tutti?) si difendono con trame avvincenti. Mi piace questo connubio tra “fuga dei lettori” e “fioritura concomitante di tutti i generi letterari”.

«Negli ultimi anni si è pensato che le trame non fossero indispensabili.»

Per una curiosa coincidenza, al ristorante se oltre al conto porti anche da mangiare, il cliente apprezza. Lo so, è incredibile!

«Ma i lettori le amano e, carta o e-book, quando acquistano scelgono di conseguenza.»

MA DAI?! Ma via, è chiaro che comprano in base alla combinazione dei numeri ISBN. E’ quello che io guardo per prima cosa in un libro: se le prime due cifre non sono pari non se ne parla!

«Il mio libro preferito è “Il nome della Rosa”, di Umberto Eco. Lo avrò letto una dozzina di volte». La Troisi festeggia il suo decennale con “Il ritorno di Nihal” (sempre Mondadori), dove fa rivivere l’eroina ribelle protagonista del suo esordio.

Dicesi “grattare il fondo del barile”.

Ansia decennale? «Torno sul luogo del delitto e alla mia Nihal. Non pensavo che sarei arrivata fin qui».

Il marketing può tutto o quasi.

Forse non lo immaginava, ma ha fatto di tutto per arrivarci, scrivendo migliaia di pagine di un genere ignorato dalla critica ma molto amato dagli adolescenti e non solo.

Ci sono diverse ragioni se la critica ignora il fantasy italiano. Una di queste si chiama Licia Troisi.

«Il 70 per cento del mio pubblico è tra i sedici e i ventisei anni, ma il trenta è di bambini e adulti». Le saghe della Troisi, dove la lotta tra il Bene e il Male è sfumata e complessa, guadagnano un piubblico trasversale e nuovi mercati.

“Sfumata e complessa”? Quanti libri della Troisi ha letto, la signora Leone? In una triologia abbiamo un Tiranno che vuole distruggere il mondo, in un’altra la versione medieval-retard di ISIS! Hum, chi saranno i buoni, il wannabe Hitler o quelli che uccidono gente a caso in nome di Dio? Oh, è così sfumato e complesso, proprio non saprei! Chi avrà ragione, l’esercito di mostri e non morti o quello dei cavalieri galanti in armatura lucente? Cielo, sono così confusa!

Tradotta in 19 paesi, da pochi mesi Licia è sbarcata anche in quello anglosassone che del fantasy detiene il primato.

Et pour cause! Il successo di Licia è così stratosferico che dopo 10 anni la traducono perfino in una lingua semisconosciuta e a bassissima diffusione come l’inglese. Peraltro, non vedo perché un anglosassone dovrebbe filarsi la nostra spazzatura. Ne hanno tanta della loro. E hanno anche libri buoni in Anglosassonia, go figure.

«Il genere è tradizionalmente loro. Ma il mercato anglosassone è chiuso: vendono ma non comprano. E, fantasy a parte, sono pochi gli italiani che sfondano: Saviano, Giordano, Camilleri…»

Sì, e sai perché? Perché gli anglosassoni producono un vasto ventaglio, che va dal fantasy scrausissimo come quelle cagate di Chris Wooding, al “così così ma ancora godibile”  dei primi Harry Potter, a roba decente come Joe Abercrombie, buoni autori come Paolo Bacigalupi e geni assoluti come Terry Pratchett. Hanno l’intero set! Noi che gli offriamo, stupidate con elfi e nani? Ne hanno, molto migliori delle nostre. Un libro a caso di Feist sarà sempre meno scemo e più fantasioso di un sacco di fantasy italiani, e non devono nemmeno tradurseli, guarda un po’ te! Certo, potremmo ovviare al problema producendo storie degne di essere tradotte. E’ solo un’idea, eh…

Pescando dal Pantheon nordico, con il “Signorre degli Anelli”, Tolkien guadagna la candidatura al Nobel.

Mi risulta che il Pantheon d’ispirazione di Tolkien fosse prima di tutto quello celtico, non quello nordico.

Il successo della Rowlings chiude il cerchio.

Tolkien e Rowling, Tolkien e Rowling. Che, perché, ci sono altri autori fantasy famosi? Terry chi? Gaiman? Non era una drag-queen del Mama mia? Che? Martin? Chi cazzo è Martin?

Ah, bei ricordi!

Non solo conoscono solo DUE autori anglosassoni, ma della seconda non sanno  nemmeno scrivere il nome! Questo è un trionfo!

Ma l’”Iliade”, l’”Odissea”, l’”Eineide”, le “Mille e una notte” e persino il “Don Chisciotte”, sono fantasy in piena regola. Dante è puro fantasy.

L’ignoranza è così crassa che si raccatta colla pala, e qui non si tratta nemmeno di sparare cazzate su un genere che si conosce solo per sentito dire, si tratta di rivelare al mondo una totale mancanza di cultura generale. Inizio col botto, con la confusione tra mitologia e fantasy. Non sono la stessa cosa. Poco importa se te credi o meno ad Apollo, un poema epico e un romanzo fantasy non sono la stessa cosa né mai la saranno, e ficcare nello stesso calderone i generi denota un qualunquismo che urta il mio intelletto sopraffino. Una seconda stellina di merito per accozzare insieme, così, Iliade, Eneide, Odissea e Mille e una notte. Le prime due hanno un congruo numero di elementi essenziali in comune. Già l’Odissea è un’opera molto diversa dall’Iliade. Quanto a Le mille e una notte, non hanno proprio un cazzo a che vedere con le tre opere succitate. Un po’ come schiaffare insieme Tex, Hamlet’s mill, il libretto di Così fan tutte e il diario di Anne Frank. Peraltro, sull’Odissea ci sono in effetti elementi di narrativa fantastica. Le Mille e una notte sono fiabe, possiamo discutere anche su quelle. Ma Don Chisciotte?! Che cazzo c’entra? Da qando è un fantasy? Ma controllare il riassunto di wikipedia era troppo lavoro? Dante puro fantasy. Dante puro fantasy. Oh porca maiala in carrozza. Trattato di teologia e cosmologia? Naaah, fantasy! Come no! Mettiamo una cosa in chiaro: puoi leggere l’Iliade o la Commedia come un fantasy (non sarò certo io a puntare il dito contro i masochisti), ma questo non ne fa un fantasy. Io leggo L’Espresso come giornale porno-comico, ma purtroppo questo non basta a renderlo ufficialmente tale. Tutto ciò ovviamente va da sé, ma per rendersene conto si dovrebbe, oh, non so, leggere le opere prima di citarle a caso. Mica in integrale eh, un bignamino sarebbe bastato. Ma mi rendo conto che chiedo la luna: verificare prima di sparare a zero? Voyons… Peraltro (ci tengo a piantare un altro chiodo nelle bara) ci sono un certo numero di autori classici e famosi che hanno scritto opere tranquillamente catalogabili come fantasy ante litteram. Tipo Luciano di Samosata, con la sua spassosissima Storia vera, o Chrétien de Troyes, o l’Ariosto (L’Orlando furioso ha tutto: cavalieri, grifoni, magie e anche la tettona!). Certo, mi rendo conto che siano gente di nicchia per chiunque abbia fatto il liceo dormendo, ma una rapida ricerca su wikipedia potrebbe aiutare!

Un genere infiltrato anche tra le pagine della letteratura contemporanea? «Murakami è un autore fantasy sotto mentite spoglie, Calvino e Buzzati del fantasy hanno molti elementi narrativi. De Sica di “Miracolo a Milano” è un grande regista fantasy. Ma si può dire solo sottovoce».

Mi fa piacere che almeno Licia riesca a citare tre-quattro autori con elementi fantasy senza sbagliarne i nomi (RowlingS?). E’ già qualcosa. Ma preparatevi perché ora c’è il botto.

A lungo patrimonio della destra, il fantasy non è stato adottato da progressisti ed ecologisti. «Colpa dello snobisbo connaturato alla cultura di sinistra che li ha indotti a credere che il fantasy sia robaccia» racconta la Troisi che non fa mistero delle sue idee progressiste «Sono stata ospite a due festival dell’Unità, ma mi hanno scoperto solo nel 2007. Sono in ritardo”. E ad Atreju, kermesse romana della destra? “Mi hanno invitata, ma non sono andata».

PANFETE! Che secondo voi ci facevamo mancare la fellatio politica? La solita decrepita sega “ma Tolkien è di destra o di sinistra?” Queste menate mi fanno sempre sbattere la testa sul tavolo. Come quelle masturbazioni collettive sul MESSAGGIO. La buona narrativa è realistica e verosimile nel suo proprio sistema di riferimento. Ergo ci si può trovare un messaggio, o una morale politica. Spesso due persone diverse ne trarranno due morali diverse perché gente diversa recepisce in modo diverso. Quando Heinlein (autore sci-fi anglosassone, peraltro, nel caso qualche lettore de L’Espresso volesse leggere qualcos’altro che non siano Tolkien e RowlingS), dicevo, quando Heinlein pubblicò Stranger in a strange land, ci fu chi lo accusò di fare propaganda comunista, chi di fare propaganda fascista, chi di fare propaganda anarchica, ecc. Resta una storia che a me non è piaciuta, ma che è coerente, verosimile e credibile nel proprio universo. Alcuni autori hanno un’agenda politica precisa, vedi Orwell o Huxley. Altri no. Resta che una buona storia è una buona storia, e una cagata è una cagata. La sinistra crede che il fantasy in generale sia robaccia? Non sarebbe la sola cosa su cui la sinistra ha idee preconcette e, comunque, Licia non aiuta la situazione. Gli ecolgisti che non hanno approfittato del fantasy è da capottarsi dal ridere! Suppongo che cartoni come Ferngully, serie come Capitan Planet e roba simile non siano mai passate sullo schermo della signora Leone. Se poi intendiamo fantasy come termine più vasto, includento la fantascienza, gli esempi si sprecano! Tipo classici come Soylent green, e Hollywood offre una vastissima scelta, tra cui Avatar per dirne uno conosciutissimo, o quella schifezza pretenziosa di The happening. Oh, non è abbastanza intellettuale? Vogliamo parlare de I demoni, nella raccolta di corti Sogni, di Kurosawa Akira? Peraltro, Bacigalupi ha scritto più di un romanzo su mondi post-picco frutto del Riscaldamento Climatico. Ma dopotutto chi cazzo è Bacigalupi. Sono sicura che i redattori de L’Espresso conosceranno però Cormac McCarthy, autore di The road! Dopotutto ha vinto il Pulitzer…

E’ il genera a scegliere lo scrittore? Al posto dei lunghi capelli azzurri dlle sue fiabesche eroine, Licia sfodera orgogliosa una tonsura da marine. Per formare una famiglia avere un figlio e vendere milioni di copie non è indispensabile tuffarsi nello stereotipo femminile.

Thankyou Captain Obvious!

«Non è scritto da nessuna parte che devi trovare un fidanzato ed essere per forza moglie e madre». Non sarà scritto ma lei lo ha fatto. Una forza in più? «Ne “il ritorno di Nihal” c’è molto della mia nuova vita e la prima volta compare il presepe familiare. Un figlio è un’esperienza totalizzante».

Evviva, Nihal mamma, proprio quello che ci mancava.

Di sicuro, ma intanto la Troisi sta già preparando la prossima uscita. Ad aprile 2015 uscirà il quarto volume della saga “I regno di Nashira”. «Come in “Il ritorno di Nihal”, anche nel prossimo Nashira affronto il tema della perdita. Ma ci sarà anche una spolverata di fantascienza alla Star Trek».

WE ARE DOOMED. DOOMED! A parte la classe dello scrivere due libri a cortissimo giro di boa sullo stesso tema, mi piace l’idea della “spolverata”. Alé, un po’ di Klingon e torpedini, che non guastano mai, così, tanto per gradire!

Solo una spolverata? «Nessuno nell’editoria vuole più pronunciare la parola “fantascienza”, oggi la moda è il “distopic”: utipie apocalittiche ambientate nel futuro prossimo».

Adoro questo passaggio. E’ una candida ammissione. Sì, scrivo solo roba commerciale alla moda per il massimo del grano col minimo dello sforzo, tanto per arrotondare. E’ così pura e sincera, e così chiara: se ancora non ve ne foste accorti, nell’editoria non fotte un cazzo a nessuno delle qualità oggettive dell’opera, solo del trend. Lo sapevamo già, ma ora Licia ci conferma. Peraltro, con l’Episodio VII di Star Wars in direttura d’arrivo, il ban delle astronavi mi pare ancora più cretino, ma dopotutto io non lavoro in editoria.

Le fortune del fantasy sono fotografate in “Infanzia e mondi fantastici” di William Grandi: «I periodi in cui il fantasy ha riscosso grande successo», scrive Grandi, «sono coincisi con gravi crisi a livello mondiale: la fine degli anni Trenta con il fantasma della Seconda Guerra Mondiale che avanzava sull’Europa, la seconda metà degli anni Cinquanta con il periodo più doloroso della Guerra Fredda e, quanto alla nostra epoca, è evidente come il periodo di crisi aperto alla metà degli anni Novanta dai problemi sempre più pressanti causati dalla mancanza di cibo nei paesi del Terzo Mondo, dalla conseguente ondata di immigrazione incontrollata, dallo squilibrio del nostro ecosistema e dalla crisi delle energie, si sono cronicizzati con l’esplosione del terrorismo e la successiva frattura tramondo orientale e mondo occidentale». La fotografia del successo editoriale come teoria dell’assedio.

Oimoi oimoi, eleleu eleleu! Ci mancava solo il pippone socioculturalintellettuale da bar dello sport! Sia chiaro, non ho letto il libro di William Grandi, ma già questo paragrafo ha un problema: lo scontro Oriente/Occidente. Lo so che fa tanto figo, ma se poi ci si prende la briga di andare a vedere cosa succede in Oriente, e in particolar modo in Medio Oriente, il quadro che ne viene è piuttosto un “Oriente VS Oriente, con sputacchi all’Occidente quando si mette nel mezzo”. Ora, non voglio entrare nel merito della geopolitica e della “teoria dell’assedio” (qualunque cosa significhi in questo contesto), ma voglio sottolineare come questa interpretazione sociologica del fantasy, che richiederebbe almeno un articolo intero, viene spiattellata in un paragrafetto verso la fine. Sembra, dico, sembra, che sia lì solo per farci credere che il libro di Licia non sia scemo, ma sociale, e che questo articolo non tratti di stupidate cosmiche ma di importanti argomenti attuali. Non ce la beviamo, mi spiace.

Perfettamente a suo agio tra gnomi, elfi e draghi, la regina del fantasy italiano sente il realismo come un vincolo. «La scrittura realistica mi mette in difficolta, ma nella vita ho i piedi per terra».

Ed ecco la seconda, e ultima, scintilla di sincerità e verità che questo articolo ha in serbo per noi. “Scrivere buona letteratura mi mette in difficoltà”. Lo sappiamo Licia, ce ne siamo accorti. Diciamo che non è che tu ci abbia provto un granché. Ma te ne do atto, la verosimiglianza e la credibilità sono cose difficili. E’ la ragione per cui essere un buono scrittore è un lavoro difficile.

«Quando De Laurentiis mi ha proposto di scrivere sceneggiature, ero incinta, stavo temrinando il dottorato in astrofisica e stavo finendo di scrivere un libro. Fare tre cose bene e aggiungerne una quarta mi sembrava difficile. Ho rinunciato».

Peccato per il film. Avrei visto bene Stoya nel ruono di Nihal e Immanuel Casto nel ruolo di Sennar.

Al peccato del successo la Troisi può anche resistere, ma non a quello del travestimento.

Mettetelo sulla fascetta di un libro a caso e schiaffatelo in Erotismo, venderete un casino.

Vivere altre vite per uno scrittore è un vizio e lei ama travestirsi con i panni dei suoi personaggi preferiti: è una “cosplayer”. «Mi è sempre piacito essere al centro dell’attenzione. Da piccola mi costruivo le armature da sola con il cartone argentato. Per Halloween e per Lucca Comics&Games per “Il ritorno di Nihal”, ho indossato il mo costume medievale con spallacci d’acciaio, giostacuore di cuoio nero, un mantello scuro, il pugnale di lattice e i capelli blu».

Spallacci a caso (perché proteggere il collo, la pancia o il cuore quando puoi proteggere le spalle?), giustacuore, lattice. Sticazzi, più medievale di così! Qualcuno regali a Licia un pugnale vero, per favore, certi mastri Cechi fanno lame che sono la fine del mondo, e per prezzi eccellenti!

Si è mai travestita come uno dei suoi personaggi?

Che domanda è? Te lo ha appena detto!

«Non ho resistito, e una volta ho indossato i panni della mia Nihal».

Ma va’. E io che credevo che l’armatura aleatoria, il pugnale giocattolo e i capelli blu fossero un omaggio ad Eleonora di Castiglia.

Le eroine della Troisi ribaltano i ruoli.

Oh, eroine guerriere in un fantasy, mai viste né sentite dall’epoca delle Dodici Fatiche di Eracle!

«Sono una figlia unica, educata nell’uguaglianza e cresciuta con l’idea che non ci fosse una strada che mi fosse vietata».

Male Licia, impara dalla Meyer, oggi quello che le ragazze vogliono è propaganda sessista e reazionaria.

Le sue saghe sono popolate di razze e meticciato: mezzi uomini, mezzi draghi, mezzi elfi. «Più si entra in contatto con la diversità è (sic.) meglio è. Siamo tutti meticci».

Oh, il messaggio evergreen di pace tra i popoli e multiculturalismo! Come non coglierli in saghe in cui i Buoni sterminano senza remore orde di mostri brutti cattivi e immigrati!

Alla Troisi non mancano le ossessioni. «Sono una creatrice di mondi, controllando minuziosamente lo scenario fantastico che costruisco ho l’illusione del controllo totale sulla realtà».

La Troisi che “controlla minuziosamente” i suoi mondi è la battuta più spassosa dell’anno. Peraltro, fa a cazzotti con quanto detto prima sul realismo che la mette a disagio, ma non stiamo a sottilizzare.

Nessun personaggio si è mai ribellato al controllo? «Sì. E qualche volta li ho lasciati fare. Ma è l’”effetto farfalla”, capita sempre quando non hai definito a sufficienza il personaggio, che finisce per prenderti la mano e ribellarsi all’intreccio. Ultimamente mi capita molto meno».

A volte ho l’impressione che la Troisi non sappia di cosa parla. A volte ne ho la conferma.

Nel circo della narrativa, con spallacci d’acciaio e corazza di pelle, l’astrofisica con i piedi per terra e le vendite stellari governa trama e personaggi come un domatore i suoi leoni.

MA DIO PRETE! Primo: non ha una corazza di cuoio, ha un giustacuore, ovvero una giubba o farsetto. Sembra una differenza trascurabile, finché qualcuno non ti prende a colpi d’accetta! Secondo: Applausi. Cioè, applausi! Il Circo e i leoni ballerini riescono a essere la peggir metafora possibile per indicare il mestiere dello scrittore, e la miglior metafora possibile per indicare il fantasy italiano. Un gran casino, impostura e trucchetti da baraccone, dove creature maltrattate eseguono giochetti già visti per un pubblico sempre più gramo e sempre più rintontito dal chiasso e dai riflettori! Evviva! Questo articolo mi lascia l’amaro in bocca. Ora ho una nuova ossessione: voglio una rivista interamente gestita da Cinzia Leone, Nicolai Lilin e Loredana Lipperini. Non m’importa l’argomento, li voglio tutti insieme e basta! E’ tutto per questo sabato. E parlando di peccati: RESURRECTION BY ERECTION! Per chi volesse approfondire, un recente articolo del Duca, e le vecchie la sempre spassose recensioni di Gamberetta.

Dracula Untold

Oggi è la Festa dei Morti, festa in cui ricordiamo gli antenati e quanto la famiglia si sia degradata nei decenni. Quale maniera migliore di mancar di rispetto festeggiare se non parlando del più famoso non-morto della Narrativa tutta?

Oggi parleremo di Thorolf lo Storpiato.

Ok, no, sto scherzando. La storia di Thorolf ve la racconterò un’altra volta, magari.

Oggi voglio parlarvi di un film

DRACULA UNTOLD

 

Il soggetto del film è il seguente: i Turchi vogliono invadere la terra di Vlad Tepes. Per respingerli, Vlad si Vampirizza.

Il soggetto è l’unica cosa vagamente umana di questo pasticcio senza redenzione. Io non vedo un problema ad inserire elementi fantastici in un fatto storico, e la storia di Vlad Tepes, il sanguinario pazzoide impalatore, si presta a questo genere di idea. Insomma, se la metà di quello che la storiografia gli accolla è vero, potrebbe benissimo essere stato un succhiasangue. Il vampirismo sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi!

Ergo abbiamo un’idea non proprio originale ma fattibile, cosa resta da fare?

Accozzare la peggiore sceneggiatura della stagione. Preparatevi, perché questa roba è brutta. Non vince l’Altieri d’Oro 2014 solo perché 47 rōnin è uscito prima.

La storia comincia con un Narratore (bello che Untold cominci con qualcuno che racconta qualcosa).

Avete presente la sensazione d’imminente disastro che ho descritto nella recensione dei 47 rōnin? Ecco, qui si è assaliti dallo stesso terrore quando così, a crudo e senza anestesia, ci viene sparato nei denti che Vlad Tepes è un ex-giannizzero e Principe di Transilvania e tributario dei Turchi.

Inizio col botto, yeeeeeeeeh…

Sentite questi ululati in lontananza? E’ il buon Draculia che si dimena all’Inferno.

Se pensate che questa tripletta di assurdità sia la cosa più grave del film, sbagliate. Viene di peggio. Di molto peggio. Ma con ordine.

Il personaggio di Dracula è uno dei principali problemi del film, anche perché tutta la storia gira intorno a lui.

Dracula quello vero (oltre che essere molto meno avvenente di Luke Evans) è un personaggio affascinante. E’ stato uno dei più celebri assassini di massa della Storia, un despota crudele e un guerriero sanguinario. Era anche un principe determinato a proteggere il suo Paese e la propria dinastia. Era un combattente astuto, che non temeva di mettere a rischio la propria pellaccia. Era un tiranno, ed era un uomo nato e cresciuto in tempi spietati.

Si tratta di una figura complessa, ma di certo difficile da ritrarre come un Buono Hollywoodiano. Non è impossibile creare una storia in cui lo spettatore si trovi a fare il tifo per lui, ma è complicato. Un personaggio, anche un anti-eroe, per essere “gradevole” deve avere delle qualità con cui lo spettatore possa relazionarsi, e queste devono integrarsi con il suo lato peggiore. Richiede uno studio molto lungo e complesso.

E’ molto difficile. Ci saranno riusciti?

Ma secondo voi…

Per tutto il film lo vediamo giocare col suo bambino, amoreggiare con la moglie, parlare di pace, e poi così, di sfuggita, una comparsa accenna al suo soprannome: l’Impalatore.

Il fatto che abbia ammazzato nel peggior modo possibile “migliaia” di persone viene appena suggerito e non ha nessun impatto sul suo carattere.

“Eh, è uno che impalava gente per conto di un dittatore pazzoide, ma a parte quello è uno apposto, stacce!”

Anche quando Vlad imporchetta l’avanguardia turca (unico fatto storico sopravvissuto in questo macello), accade fuori campo.

Lo vediamo menare in battaglia (e sulle coreografie preferisco non pronunciarmi), ma combattere contro orde nemiche e disporre di feriti e prigionieri sono due cose molto diverse. Nel primo caso la tua vita è in imminente pericolo, nel secondo la loro vita lo è. Dei soldati in battaglia e dei prigionieri inermi non destano la stessa empatia.

Non vediamo Vlad prendere la decisione, non lo vediamo agire, non lo vediamo dare l’ordine tra i singhiozzi dei prigionieri, le preghiere e i rantoli dei feriti. Cosa gli passa per la testa in quel momento? E’ contento? E’ distaccato? E’ stanco?

Checcazzo, l’esecuzione di massa dei prigionieri turchi è LA cosa che tutti conoscono di Vlad Tepes!

Questo film è come un film su Magellano in cui si taglia il passaggio dello Stretto!

Peraltro, è un modo per vincere facile. E’ facile far vedere il Buono che stermina in una sequenza d’azione decine di minions of Hell inferociti. Ma mostrarlo mentre condanna degli uomini in catene? Molto più complicato. E infatti la cosa è solo raccontata. Per lo spettatore è solo una nozione. Un buono story-teller mostrerebbe la scena, metterebbe lo spettatore nella pelle del protagonista. In mezzo alle mosche e alle suppliche, lo spettatore deve vedere il massacro come l’unica, crudele soluzione.

Ora, se allo sceneggiatore di stammerda piace vincere facile, forse non doveva scegliere come protagonista Vlad Tepes l’Impalatore!

Con un film tutto incentrato su un personaggio rappiccicato con lo scotch, potete immaginare che il godimento sia piuttosto basso. Ma il protagonista non è il solo problema.

La storia


Il soggetto, come ho detto, non era male. Peccato che una volta sviluppato si muti in: Vlad sprofonda il proprio Paese e i suoi sudditi nella merda per salvare solo e soltanto il proprio bambino.

La vicenda comincia con Vlad che, alla ricerca di alcuni scout Turchi (…), scova una grotta con un Vampiro. Tenetelo a mente, perché il nostro eroe se ne scorda praticamente subito, ha altre gatte da pelare, tipo festeggiare la Pasqua!

Proprio mentre tutti mangiano e si divertono arriva un generale Turco. Non è stato annunciato né nulla, semplicemente varca la soglia. Così. Suppongo l’Enterprise l’abbia appena teletrasportato.

Il Turco è cattivo, e lo si capisce perché sorride malevolo, ridacchia malevolo e parla in tono mellifuo e malevolo.

Glad to meet you. I’m EVIL.

Il Turco vuole mille ragazzini (incluso il principino! OMG!) per diventare Giannizzeri!

-Ma come!- trilla Vlad –Non facevate più Giannizzeri da anni!

(Il corpo dei Giannizzeri ha continuato a esistere fino alla prima metà del XIX° secolo.)

-E invece sì!- il Kattivo ride mellifuo –Vogliamo mandarli a combattere all’Assedio di Vienna!

Ora, vabé che Maometto II era un ottimista, ma tiobono, l’Assedio di Vienna è del 1529, settant’anni dopo i primi scazzi tra Vlad e gli Ottomani! E’ come se in un film sulle 5 Giornate di Milano gli Austriaci Kattivi rastrellassero ragazzi per spedirli a Verdun!

Insomma, Vlad dice NO!

Non per mantenere il suo Paese indipendente, non per proteggere i suoi giovani sudditi, ma perché non vuole mandare il SUO bambino dai Turchi Kattivi!

No, non sto esagerando. Perfino il ragazzino trova la cosa cretina, ma Vlad e quella piaga egiziaca di sua moglie sono pronti a fottere l’intero principato per il loro pupo. They’re the best.

Maometto II giochetta con delle barchette durante un meeting ufficiale. No, non sto scherzando, hanno davvero filmato una scena del genere.

Per sconfiggere l’esercito nemico, Vlad va dal vampiro a farsi vampirizzare. Il Nosferatu de noartri accetta perché si annoia, e l’accordo è presto trovato.

Cosa significa essere vampiro in questo film?

Invulnerabilità, superforza, poter sentire e controllare tutte le creature della notte, velocità. In più, se Vlad riesce a resistere per tre giorni alla sete di sangue, tornerà umano. Insomma, fai il rodaggio, se i superpoteri ti convengono bene, sennò hai tre giorni per disdire.

E la vera idiozia comincia.

Dracula torna indietro e trova che in un pomeriggio l’avanguardia turca ha attraversato il confine, cinto d’assedio la sua capitale e sta facendo polpette dei sui uomini. Ho sempre amato quando gli eserciti al cinematografo si materializzano a destra e a sinistra in uno schioccar di dita, ma dato che i Turchi in questo film lo fanno per sistema di apparire ex nihilo nei posti più curiosi, ne deduco che sia un superpotere Ottomano. Dracula distribuisce un paio di pacche sulla schiena, esce da solo, disarmato e senza armatura, e a mani nude massacra mille soldati. Quando l’ultimo schiatta, i suoi arrivano. Soccorso di Pisa.

-Niente domande.- fa Dracula.

-Ok.- fanno i suoi.

Raccattano tutti e si spostano in un monastero-fortezza in cima al monte.

Un frate lo vede lanciare un’occhiata per aria ed evitare la luce. E io mi chiedo: perché non procurarsi un parasole? Se con “niente domande” eviti spiegazioni sul miracolo di cui sopra, credo che un ombrello possa passare relativamente inosservato…

Ad goni modo, Vlad evita di uscire alla luce, e il frate conclude all’istante che è stato vampirizzato.

-Il capo è un Vampiro!- Fa il frate.

-Bruciamolo!- Fanno tutti.

Danno fuoco all’edificio, ma una nuvola copre il sole per esigenze di trama. Vlad esce tutto fumante.

-Ma che cazzo!- Fa Vlad.

Convinti da questo inoppugnabile argomento, i suoi posano micce e paletti e tornano in riga senza fiatare.

Questi non sono Valacchi, sono un pollaio di papere. I miracoli più strambi li lasciano indifferenti, un nonnulla basta a scatenare un linciaggio, e due berci sono più che sufficienti a fargli accettare un demone come capo.

Sorge però un altro problema: ridendo e scherzando, i tre giorni passano, e Vlad si trova che il grosso dell’esercito nemico sta arrivano e manca poco all’alba in cui perderà i suoi poteri.

Certo, avrebbe potuto andare incontro al nemico la notte prima e sconfiggerli, ma avrebbe dovuto pensarci, e Vlad non è un drago dell’elucubrazione (ba-dum tssh!)

I nemici avanzano.

(Vai e menali).

Vlad guarda l’esercito in lontananza, senza sapere che fare.

(Vai e menali.)

Vlad continua per diversi minuti a guardare l’esercito in lontananza, senza sapere che fare.

(Maremma impestata, vai e menali!)

Vlad si ricorda che ha potere su tutte le creature della notte (GRAZIE!). E cosa decide di scatenare sugli Ottomani?

Pipistrelli.

Linci, lupi, naaah, sorci volanti!

E’ così stupido! E’ come se qualcuno avesse controllo su tutte le creature del Mare e decidesse di usare i pinguini!

Ma non divaghiamo, mentre Vlad è in giro a menare i turchi, un manipolo di nemici si materializza nel dongione, sempre grazie al potere del Tanto-Chi-Guarda-E’-Fesso. Il manipolo acchiappa il marmocchio e butta la donna di Vlad giù dal dongione. Dracula si precipita su di lei, mentre l’alba sorge e i suoi poteri si indeboliscono.

Lei, che non ha perso una goccia di sangue dopo 600 metri di caduta libera, apre gli occhi e parla.

Ok, siamo sicuri che il non-morto sia lui? Questa qui dovrebbe essere una sottiletta squagliata, cazzo chiacchiera!

Ma no, ci vuole la scena in cui lei gli chiede di morderla, in modo da dannarsi per l’eternità e conservare i poteri per salvare il bambino.

Ci sono mille altri modi in cui la situazione si potrebbe risolvere, senza dannare tuo marito in eterno, ma chissenefrega, la tizia insiste e insiste, e alla fine lui cede.

Stronza.

Vampirizzato in via definitiva, Vlad torna al mastio, dove vampirizza tutti i superstiti.

Li avverte che se eviteranno di bere sangue, tra tre giorni potranno tornare umani, salvarsi l’anima e…

Ah, no, scusate. Non glielo dice.

Vanno al campo Turco e iniziano a massacrare tutti.

Intanto Maometto II ha subito una notevole evoluzione: a inizio film voleva un tributo e delle reclute. Poi solo delle reclute. Ora tutta la faccenda si riassume in “voglio portar via tuo figlio per farti dispetto”.

I due si incontrano nella tenda del sultano, che ha sparpagliato monetine d’argento dappertutto. Come fa a sapere che l’argento indebolisce i vampiri? Boh, avrà sbirciato il copione. Il sultano è tutto contento all’idea di ammazzare Vlad e portar via suo figlio! Aha!

Resta il piccolissimo dettaglio che da “arruoliamo mille tizi” è approdato a “ho perso 10.000 militari di professione per un dodicenne inutile”. Ma non fatelo notare allo sceneggiatore.

Il sultano riempie Vlad di cazzotti, perché… boh, perché le scene d’azione non erano abbastanza cretine, e poi…

Ah, non c’è modo di dirlo senza che suoni stupido.

Poi Vlad si ricarica il mana grazie al potere dell’ammoreh e ammazza Maometto II.

Vlad se ne esce con suo figlio, ma i suoi compagni sono diventati Kattivi!

Perché? Vlad non è diventato cattivo (per gli standard del film almeno…), come mai questi sì?

Perché… perché…

Per ragioni!

Vlad scarica il marmocchio al solito Frate Ex Machina, poi separa le nubi con la forza del pensiero e fa crepare tutti i suoi sotto i raggi del sole.

Perché hanno attaccato 15 minuti prima dell’alba?

Perché giorno e notte in Transilvalacchistan obbediscono alla volontà del regista.

In conclusione: Vlad ha sprofondato un Paese nella guerra, lasciato massacrare i sudditi, decapitato la sua classe dirigente e condannato i pochi superstiti alla dannazione eterna per proteggere il suo marmocchio.

In qualche modo sono riusciti a creare un Vlad ancora più riprovevole di quello vero! Complimenti! Peccato che il film ce lo presenti come un personaggio positivo!

Questo film è un disastro.

Ci sono scene che uno si chiede quale sostanza stupefacente le abbia ispirate.

Nella seconda scena del film, Vlad e i suoi stanno facendo un’escursione da qualche parte (forse). Trovano un elmo Turco in un torrente e ne deducono che degli esploratori sono nei paraggi. Vlad manda via tutti tranne due sacrificabili, e parte alla ricerca di costoro.

Primo: se ti cade l’elmo, lo raccatti. Se per esigenza di trama l’acqua lo trascina a valle, gli corri dietro (come Ferraù, in un’opera molto migliore di questa). Se degli esploratori hanno abbandonato un pezzo, vuol dire che hanno avuto dei problemi.

Secondo: Vlad è tributario dei Turchi e conoscente personale di Maometto II. Per quale ragione un gruppo di esploratori dovrebbe intrufolarsi di nascosto in casa sua?

Annose domande.

Vlad e i due bodycount salgono una montagna, trovano una grotta. L’aiuto-regista gli passa delle torce (giuro, non le avevano salendo!) ed entrano. Il pavimento è coperto di ossa. Vanno avanti. Trovano morti ammazzati in giro.

-Andiamo avanti!- trilla Vlad –Sono sicuro che non succederà niente di OH MIO DIO I MIEI UOMINI SONO MORTI CHI L’AVREBBE MAI DETTO!-

Vlad si salva perché è il protagonista, e un frate gli spiega che nella caverna ci sta un vampiro.

Di nuovo, mille domande:

Primo, il succhiasangue ha appena stecchito dei soldati Turchi, sai che la cosa potrebbe portare guai, che fai? Nulla, ovviamente, fai finta di niente. Eh, senti, Maometto ne ha migliaia di soldati, figurati se si accorge che gliene manca qualcuno!

Secondo, c’è un succhiasangue sulla montagna, che fai? Nulla, ovviamente, domani è Pasqua e se faccio lavorare i miei i sindacati mi rovinano!

Terzo, il succhiasangue in questione è appena stato scoperto, potrebbe ammazzare Vlad al prezzo di una scottatura passeggera, cosa fa? Nulla, deve aver fiutato l’idiozia congenita.

 

In un’altra scena, Maometto II avanza in un campo di battaglia, trova un suo generale ferito.

“Un messaggio dal Principe.- rantola questo.

Allora, e solo allora, Maometto II si accorge che dieci metri più in là, davanti al suo naso, la sua avanguardia al gran completo è a spiedini in mezzo alla pianura! Che ha, cecità selettiva? Può vedere solo un oggetto per volta?

Checcazzo, film! Checcazzo!

 

L’idea di base  
Il personaggio di Dracula
I comprimari
I Turchi che si teletrasportano
Maometto II che gioca con le barchette
La storia
La maledizione con rodaggio
La prima battaglia
“Non fate domande”
“Sto cercando di difendere i vostri figli o forse no”
I pipistrelli
La seconda battaglia
La moglie di Dracula
Le motivazioni dei Cattivi
Maometto II che sacrifica un esercito per noia
Dracula che “soccorre” i suoi compagni e sudditi
Il Vampiro nella grotta
Impalatore? Vabé, dai, è un bravo figliolo lo stesso
IL FINALE

 

Questo film è orrendo. Non ha niente di buono, non è interessante, non è fantasioso, il protagonista è una persona ripugnante che in qualche maniera riesce a essere anche peggio del personaggio storico a cui si ispira (e stiamo parlando di uno dei criminali più famosi della Storia!).

Consigliato solo per gli appassionati di trash.

E anche nel caso, fatevi un piacere: noleggiatevelo o procuratevelo in altri modi, ma non pagate un biglietto di cinema!

E di solito metto un acanzone metal a fine articolo, ma questo film NON MERITA UNA CANZONE METAL!
Here you go.