Interstellar, per un facepalm cosmico

Il primo che dice “ma è simbolico” si prende una sventagliata di Uzi nel muso.

Sarà una perdita

Molti dei miei conoscenti hanno visto questo film appena uscito. Metà di loro mi ha detto che era una cagata immane. L’altra metà mi ha detto che era bello bellissimo che levati. Il problema è che tra questi ultimi c’erano anche due fans di Vikings.

Poi ho ricevuto un messaggio.

NONANDAREAVEDEREINTERSTELLAR

Guardo il mittente. Il mio personal trainer in malvagità, Sir GreenMold. Oibò, rispondo, adesso sono davvero curiosa!

“Strappati un braccio e picchiatelo sulla testa finché non hai cambiato idea.”

Grazie al savio consiglio ho potuto risparmiare un po’ di eurini (che mi sono prontamente bevuta). Ma poi il momento è arrivato.

E’ bello bellissimo?

Ma nemmeno dopo una bottiglia sana di Famous Grouse!

E’ una cagata immane?

He… well

Ma andiamo con ordine.

Questo film ha un pregio innegabile: è molto bello da vedere. I colori, le scene grandiose, la luce… Se si fosse trattato solo di musica d’organo e immagini, sarebbe stato anche un bel film, una specie di esperienza più che non una storia, un po’ come certi corti Disney.

Poi qualcuno parla, e la poesia si spezza.

La storia

Il mondo è nella stessa fase post-picco pre-apocalisse in cui si situano tanti altri film di fantascienza (film migliori di questo, tipo Soylent Green, per citarne uno a caso). L’entropia sta macinando ogni cosa e tempeste di sabbia flagellano la Terra.

Cooper è un ex-pilota della NASA, sopravvissuto a un traumatico crash. Traumatico crash che non avrà nessun impatto sul suo carattere o interesse nella storia. Abituatevi, un terzo del film è al 100% inutile.

La NASA chiude battenti perché LA CRISI e Cooper si ritrova padrone di una vasta coltivazione di mais (che in un posto perennemente siccitoso e soggetto a tempeste di sabbia mi pare un ottimo investimento). Sua figlia Murphy è imbronciata perché ha un fantasma in camera e un nome di merda. La faccenda del fantasma potrebbe essere interessante, ma nessuno ci fa caso. Cooper carica lei e il secondo figliolo sul pick-up per andare a scuola. Mentre guidano, passa un drone. Cooper gli corre dietro, fottendo metà del raccolto, poi, tramite il potere di TANTO E’ SCI-FI, con un laptop prende il controllo del velivolo e lo fa atterrare usando il mouse-pad come una barra di comando.

Se vi state chiedendo se ciò sia possibile o se questa scena di svariati minuti abbia un qualsivoglia scopo nella storia, la risposta a entrambe le domande è NO.

A cosa serviva questa scena? A niente, ma ve l’ho raccontata perché dovete soffrire con me.

Cooper va alla scuola dei figli, dove gli dicono che suo figlio maggiore non andrà al college perché c’è bisogno di contadini. Vedo che Feudalesimo e Libertà spakka di brutto nel mondo di Nolan.

La Murphy viene sospesa perché non crede che l’allunaggio sia un complotto sionista bolscevico. Mi stanno colando i neuroni dalle orecchie.

Durante l’ennesima tempesta di sabbia, la bimbetta dimentica la finestra aperta, ma, invece di un merdaio senza soluzione, in camera trova il pavimento coperto di righe. Sarà stato il famoso fantasma?

Cooper studia la questione e conclude che la gravità gli ha lasciato un messaggio in codice binario.

La gravità? Oibò, siamo sicuri che non ci sia nessuna altra spiegazione possibile?

Il regista è Nolan, ergo no.

Salta fuori che il posto indicato dalle scie-sabbiche è una base segreta segretissima della NASA. Appena Cooper arriva, la cricca degli allegri scienziati lo accoglie con sorrisi e un martini, perché dopo tutto ha solo cercato di forzare un cantiere di massima sicurezza da cui dipendono le sorti dell’umanità.

Non avendo di meglio da fare, i sapientoni spiegano a Cooper che, proprio quando tutti si stavano rassegnando all’estinzione, qualcuno (un fantomatico they) aveva iniziato a mandare messaggi tramite la gravità, e un wormhole si era aperto a portata di navicella. La NASA viene quindi riaperta in segreto e dei tizi vengono spediti attraverso il buco, verso l’infinito e oltre. Prima che il contatto si perda, si viene a sapere che dall’altra parte c’è un Buco Nero (hooray!) e che intorno a questo buco nero orbitano tre pianeti potenzialmente abitabili.

Io non avrei caro trasferirmi dirimpetto a un Buco Nero, ma si sa, io sono una borghese schizzinosa.

In sunto, gli esseri umani hanno due opzioni:

Piano A: trovare il modo di far decollare la base NASA a botte di technobabble e trasferirci in blocco.

Piano B: Spedite un disgraziato con degli embrioni surgelati e piantare una nuova colonia che perpetri la razza umana.

L’interesse del Piano B sinceramente mi sfugge. Per quanto trovi interessante l’idea di salvare da morte certa delle persone, non vedo proprio l’hype di fecondare apposta degli embrioni e mandare i bastardelli orfani di una razza disadattata a colonizzare altri pianeti. Cioè, boh. Chi ci guadagna?

Peraltro, sarei davvero curiosa di vedere COME una prodezza del genere può essere compiuta. Forse la nave è equipaggiata di centinaia di uteri artificiali.

Trovo anche molto poco credibile che in una situazione come quella descritta in Interstellar, gli yankees dispongano di tutta questa Divina Tecnologia Ex Machina. Ma tant’è.

Il capoccia della missione, Brand, racconta tutto a Cooper, perché boh, senti, facebook non carica più, twitter è morto e lui deve pure sparlare con qualcuno. Au passage, gli chiede anche se per caso non gli andrebbe di salvare il mondo e guidare la nuova navicella.

No, perché, capite, Cooper era il migliore quindic’anni fa, e già che è passato per caso perché non arruolarlo?

Perché in quindic’anni si spera che ci sia stato un minimo progresso nella costruzione di certa roba, no?

No.

Cooper ci pensa, ma la decisione è rapida: il pianeta sta morendo, mancano pochi decenni all’estinzione e ad ogni modo non faranno mai una nuova serie di BlackAdder, quindi a che scopo restare?

Accetta, ed è dramma. Murphy frigna, gli fa notare che il famigerato “fantasma” ha lasciato un altro messaggio: STAY. Ma il film deve andare avanti, e dopo solo un’ora la navicella parte per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima.

Not impressed…

Sulla nave ci sono anche Anne Hataway, Expendable McDead e Blackie McCasualty, più due microonde ultima generazione che fanno battutine. E’ triste da dire, ma queste due versioni per le medie di Data hanno più personalità di tutto il resto del cast.

I nostri infilano nel vermone e sbucano dall’altra parte. Il primo pianeta da esplorare è il pianeta Miller. Siccome ogni ora su Miller corrisponde a sette anni in orbita, decidono di andare giù tutti e lasciare McCasualty da solo a studiare il Buco Nero.

Scendono, il pianeta è coperto da un oceano senza fine. Cooper atterra su una secca dove ci sono i rottami della precedente navicella e nient’altro. Visto che qualcosa ha evidentemente annientato la missione, i nostri cincischiano finché un’onda di ottomila metri non arriva e ammazza Expendable McDead.

Impatto sulla trama? Nessuno.

Cooper e Hataway tornano alla navicella madre. A questo punto McCasualty, rimasto per 23 anni nello spazio, dovrebbe essere morto suicida dopo aver stuprato il robot, mangiato l’imbottitura dei sedili e affrescato la nave con la Storia del Mondo usando il proprio sangue.

Nope.

-Bella raga, ce ne avete messo di tempo! Che fine a fatto coso?

-Coso chi?

-Dai, quel tizio che era partito con voi!
-Ah, sì, così lì, comesichiamita, boh.

Ripartono. Le altre due scelte sono Edmunds, dove sta il drudo della Hataway, e Mann, dove uno scienziato strafigo è atterrato e ha detto che ci si sta d’incanto. Dopo una lunga e inutile discussione, il terzetto si dirige su Mann.

Intanto sulla terra Murphy è diventata una scienziata e lavora con Brand, il capoccia di Cooper. Suo fratello è diventato un redneck senza nessuna buona ragione ed esiste nella trama perché… Boh, per la stessa ragione per cui esiste il drone.

Brand schiatta, ma in punto di more rivela a Murphy che in realtà il piano A non è mai stato realistico, che l’unico piano passabile era il B e che lui ha sempre mentito perché sennò la gente non avrebbe collaborato.

Altro damma inutile. Mio padre mi ha abbandonata? Mio padre sapeva? Mio padre non sapeva? Santi numi, Murphy, ma in tutti questi anni un grullaio l’hai mai visto?

Insomma, Murphy decide che deve esserci una soluzione e che la soluzione deve essere in camera sua, dove tutto è iniziato. E perché no. Quando manca alla fine? ODDIO AIUTO!

Intanto, il pianeta Mann è una palla di ghiaccio e sasso con un’atmosfera irrespirabile.

-Secondo me c’è un inghippo.- fa McCasualty –Io tutto sto “abitabile” mica lo vedo.

-Stai mettendo in dubbio lo scienziato strafigo?

-Sì.

Lo ignorano tanto è negro. Atterrano, scongelano il tizio cervellone. Ma TWIST. Il mondo non è davvero abitabile (Oh My Gulliver!), e lo scienziato ha mandato il messaggio solo per farsi venire a prendere!

Una piccola gif per descrivere il mio stato d’animo a questo punto del film

Senza nessuna logica astringente, il tizio cerca di far fuori Cooper, esplode McCasualty e sfascia la carrozzeria della stazione tentando un attracco idiota stile “abbocca la sistola al rubinetto del giardino”.

Cooper e Hataway si precipitano, tentano una manovra simile ma riescono perché Cooper è il protagonista. Come dice Doug Walker, una scena in cui anche i piloti di Star Wars direbbero “that shit ain’t real”.

Insomma, due pianeti, due morti, resta un pianeta e niente più benzina.Cooper decide di scaricare i robot per alleggerire la nave.

-Che hai fatto!- strilla la Hataway -Mostro!

-Ma sono solo robot…

-Iiiih, mostro!

Ah, è sempre bello vedere un film originale con l’uomo rude e dallo spirito pronto, e la donna preda del proprio lato emotivo e empatico. Ah, no, scusate, non è originale, sono gli stessi decadenti stereotipi che il cinema americano macina dai tempi della propria creazione. Questo film sarà meno stupido di Doomsday machine, ma come caratterizzazione siamo lì.

Cooper decide di sacrificarsi e slingshootare la Hataway al pianeta giusto, mentre lui salta nei buco nero, perché si sa mai, potrebbe anche tornare a casa in quel modo (non chiedete).

Zompa nel buco. Invece di spaghettificarsi, finisce in un posto in cui il tempo è una dimensione spaziale e sono tutti istanti della stanza di Murphy bambina. Perché oh, lui è la presenza dai famosi they (ve li ricordate? Sono quelli che mettono in moto e rendono possibile l’intera storia)! Perché l’amore trascende spazio e tempo, e lui può comunicare con lei grazie a esso!

Wait a second…

Chiamatele fisime da figlia maggiore, ma: e di tuo figlio che mi dici? Perché non appare anche lui?

Si potrebbe dire “lui sceglie lei perché è quella più atta a capire le informazioni ed agire”, ma no, perché lui non sceglie, e l’idea di passarle informazioni gli viene solo dopo che la stanza è comparsa. Ergo, perché il figlio non appare? Non amava anche lui?

Si vede di no. Peraltro il figlio ha meno consistenza dell’aria fritta, ergo perché metterlo nella storia per cominciare?

Annose domande.

Cooper ha l’idea di passare a Murphy un non so cosa di informazioni che le permetteranno di attuare il piano A (credo). Inizia a fare righine. Sulla Terra, Murphy capisce subito che il fantasma della sua infanzia era suo padre dal futuro che comunicava attraverso un paradosso quantico. Chiunque avrebbe tratto le stesse conclusioni, guarda.

Ok, va bene. STOP, FERMATE LE MACCHINE, ASPETTATE UN SECONDO.

Lasciate che riassuma.

Qualcuno, magari una futura civiltà umana più avanzata della nostra, ha creato il wormhole e orchestrato tutta la storia perché Cooper possa passare a Murphy le informazioni necessarie a salvare la razza umana.

Perché? E perché non passare direttamente le informazioni a Brand?

Non lo sapremo mai, ma Cooper piange e Nolan suona l’organo, quindi immagino che anche solo chiederselo rovini la poesia.

Anche tolto ciò, la storia non torna comunque. La partenza di Cooper dovrebbe essere provocata da qualcosa al di fuori del time-loop! Cooper parte perché il Cooper del futuro butta giù i libri e fa le righine per terra. Non ha senso! Il loop non può funzionare in quel modo perché non potrebbe essere avviato!

E se pensate che sia finita, ebbene no.

C’è un montaggio ispirato con Murphy che risolve l’equazione e getta i fogli dalla terrazza in una scene che se fosse stata poco più whimsical mi sarei messa a vomitare arcobaleni.

E dopo ciò il film continua, come un’agonia maligna. Cooper viene ritrovato, arriva alla stazione orbitante dove Murphy sta morendo di vecchiaia, e c’è anche un’ultima scena molto credibile in cui la Hataway (che non è un pilota) è riuscita ad attraccare la nave e inaugurare la colonia.

E solo allora finisce!

Questo film è un pasticcio. Pare che il tema della storia sia l’affetto, ma un buon terzo del tempo è costituito da roba inutile. La lunga caccia al drone attraverso i campi di mais, a che serve?

O anche il fatto che ci siano tre pianeti da esplorare, alla fine cosa portano alla storia? La vicenda poteva procedere in modo identico con un pianeta solo, e io avrei risparmiato un’ora di vita.

Ok, possiamo discutere che il pianeta d’acqua valeva la pena solo per vedere lo tsunami più tsunami del mondo, ma quello di ghiaccio e tutto il siparietto inutile che ne consegue?

Ho una soluzione: si tiene il pianeta dell’acqua. Expendable McDead muore, i nostri tornano alla nave e scoprono che Blackie McCasualty si è suicidato per la solitudine dopo aver finito di studiare il buco nero. Sarebbe stato molto più tragico e la sosta sul pianeta avrebbe avuto un impatto molto maggiore.

E la fine. Ma un grandissimo CHISSENEFREGA? Abbiamo davvero bisogno di sapere che lui viene ripescato, che la figlia ha salvato il mondo, che si rivedono, che a stento si parlano, o che altro? Ve lo immaginate come sarebbe migliore Via col vento se dopo il monologo della scala il film continuasse con Scarlett che si aggiusta il vestito, va a farsi un sandwich, fa le valige, fa il bagno, si serve un cicchetto?

Insomma, proprio no.

 

L’aspetto visivo  
Certi spunti di conflitto  
La recitazione, per buona parte  
La sceneggiatura  
La storia  
Il piano B  
I personaggi inutili  
Le scene inutili  
I monologhi pomposi pseudo-esistenziali (anche detti Nolanologhi)  
Può lasciare righine sulla sabbia, ma scrivere “ciao Murph, sono tuo padre” è troppo complicato  
Mio figlio? Quale figlio?  
Il loop che sia avvia da solo  
Gli “altri” mai spiegati: chi sono, che vogliono, dove sono?  
La fine  

 

Lo script originale, scritto da Jonathan Nolan, è una storia molto più interessante. Ci sono gli alieni, ci sono i cinesi che esplorano lo spazio, c’è un Murphy maschio che trova un modo per risolvere il problema da solo, in vece di passare 35 anni a frignare che Babbo l’ha abbandonato…

Ovviamente la storia di Jonathan era davvero fantascienza, e non poteva essere realizzata così. Si sa che la fantascienza è per ritardati. Bisogna togliere tutti gli elementi fanta e scienza possibile, e lasciare solo l’aspetto INTELLETTUALE e SENSIBILE e MASTURBATORIO.

Interstellar non è un film di fantascienza, è un dramma borghese di un padre e una figlia. E anche come dramma borghese fa pietà.

Insomma, per quanto colori, luci ecc. siano belli da vedere, non vale un biglietto di cinema e non rende sul piccolo schermo. Consigliato solo a chi ha soldi d’avanzo.

MUSICA!

Centenario dell’Affare di Crouy: fango, pallottole e un cortometraggio

Tre giorni fa c’è stato il centenario della battaglia di Crouy, o, per dirla in mangiaranese, l'”Affaire de Crouy”. Fu uno dei tanti disastri della Prima Guerra Mondiale (perché ogni tanto le grandi potenze sentono l’irrefrenabile bisogno di un bel suicidio collettivo).

Questo allegro macello, festeggiato a cavallo del fiume Aisne, ebbe inizio l’8 gennaio, quando, a nord-est di Soisson, i froggies lanciarono un attacco contro i crucchi. Inizio con brio, con un bombardamento che prende il nemico alla sprovvista, seguito dal crescendo, un attacco francese sullo Sperone 132, che domina la città di Soisson.

Le truppe francesi, come potete capire dalla carta, erano posizionate sulla riva sinistra dell’Aisne, una posizione che lo Stato Maggiore riteneva importante per poter rinforzare una difesa che già dall’autunno 1914 si faceva malmenare dalle artiglierie crucche. Faccia al nemico e spalle a un fiume non è, in generale, una buona posizione, e l’Aisne complicava movimenti e rifornimenti, ma questa è la Grande Guerra, e la tattica più popolare era “non ci son cazzi, insistiamo”.

Il primo attacco, nella fredda aria di gennaio, ha successo. Per la squadra francese, agli ordini del generale Berthelot, abbiamo la 55° divisione di fanteria, composta dai reggimenti 204°, 282°, 289° e 231°. In quest’ultimo, combatte il soldato Henri Barbusse, che nel 1916 racconterà la sua gita sull’Aisne ne Le Feu, journal d’une escouade (Il fuoco, diario di una squadra). Partecipano anche due battaglioni di cacciatori, uno dei quali composto da truppe Marocchine.

La carica è una vittoria, i francesi scavalcano con gioia quella che era stata la linea tedesca.

Tirailleurs marocchini

Il nove è il turno delle artiglierie, per i francesi il 47° Reggimento d’Artiglieria. I Crucchi rispondono. La no man’s land si prende una grandine di piombo, cavalli di frisia e altre difese volano in briciole.

Lo slancio francese continua il 10, quando il 35° e 47° reggimento di Fanteria di linea riescono a prendere altre due trincee che si allungano verso est. Una bella vittoria che gasa i froggies: sull’onda dell’entusiasmo, superano gli obbiettivi. Il grosso riesce a fermarsi prima che scatti la tagliola, un centinaio di Cacciatori casca in pieno nelle fauci dei Boches e si fa massacrare.

 

Un cacciatore a piedi

L’11, sotto una pioggia battente, i francesi avanzano ancora nel fango fino al Dent-de-Crouy, dove però incocciano sul duro e devono fermarsi. L’artiglieria tedesca scarica una grandine fitta sulla campagna, il villaggio di Crouy, Pommier, Bucy-le-Long, Missy-surAisne, si disfano come castelli di sabbia. Intanto la pioggia torrenziale ha gonfiato il fiume e trasformato tutto in un pantano di melma “gialla, grassa e appiccicosa”.

La notte dell’11 avviene il disastro: l’Aisne straripa. Quelli sulla riva ovest si trovano a guazzo con una corrente così forte che minaccia di trascinar via tutto, quelli sulla riva est si trovano tagliati fuori. I crucchi sgozzano una capra per Thor, e il 12 all’alba lanciano un contrattacco generale. Sotto il comando del generale von Luchov, scalzano il 44° e 60° Reggimento di fanteria dalla cima dello sperone 132 e scendono su Crouy. E’ solo l’inizio: la marea è girata, i crucchi si riprendono le loro trincee ricacciando indietro i mangiarane. Il Kaiser in persona assiste alle manovre dal suo trespolo in Moulin de Laffaux.

Verso sera, i froggies riescono a riprender piede e bloccare i nemici sulla via che va da Soisson a Laon, ma i rinforzi crucchi arrivano e spingono fino alle artiglierie francesi, molte delle quali sono già state scassate mica poco dal bombardamento tedesco. I froggies si dicono che forse, con dei rinforzi, possono ancora riuscire a farcela, ma a Thor il capretto è piaciuto: la piena dell’Aisne si è portata via i ponti di Soisson e Villeneuve.

Dopo rapida considerazione, i froggies decidono che è meglio ripiegare, ma resta solo un ponte in quel di Soisson, e un altro un chilometro e mezzo più a valle, a Venizel. Due colli di bottiglia. La ritirata dovrà essere lenta e a scaglioni. Decidono di tentare un finto contrattacco per non far capire al nemico che sono di fuga. Come se a questo punto il nemico fosse incline a bersela. I crucchi si sono legati un tovagliolo al collo e si leccano i baffoni a manubrio cantando con forte accento prussiano “Karma, bitches!”.

Mentre quello che resta della fanteria si ritira, il frescamente promosso generale Nivelle riesce a far arrivare delle truppe fresche (14° Divisione di Fanteria) sui pendii tra Crouy e Bucy-le-Long.

Nella notte tra il 12 e il 13, i nuovi arrivati si dirigono quatti quatti verso una malmessa posizione di artiglieria, con l’ordine di tener duro per dar tempo agli altri di ritirarsi. Le trincee tedesche sono a 600 metri appena. Una compagnia del 2° reggimento misto zuavi e cacciatori avanza a tentoni nella notte invernale. Raggiungono della gente.

uno zuavo

Bonsoir!- fa l’ufficiale -Siamo i rinforzi!

Silenzio. Bisbigli dalla trincea. Poi un colpo di tosse, e qualcuno risponde nell’oscurità.

Was?

Oh merde! A l’attaque!

Le legnate cominciano. Alle 6 di mattina, solo una minima parte delle truppe è riuscita a ripiegare a ovest dell’Aisne, e con i crucchi che premono il ponte di Soisson viene fatto saltare. Resta un solo quello del villaggio di Venizel, che ora puntano anche i crucchi. I froggies si asserragliano a Venizel, cercando di ritardare il più possibile l’avanzata tedesca. Quando i nemici s’accostano i francesi reagiscono: “Fetchez la vache!

Vacche lattare fendono l’aria.

Intanto quelli di Bucy-le-Long si stanno prendendo una carica di legnate nei denti. Rinculano, incalzati dai tedeschi. A Venizel, i cannoni giocano al tiro alla vacca e sventagliano il ponte mentre da dietro le linee echeggia il coro “Korri Manciarane, Korri!”.

Il bombardamento continua dopo il tramonto, mentre il fiume trascina via barricate, barche, muri di tera e fantaccini disperati. Alle 22h, nella gelida notte di gennaio, il generale Maunoury ordina la ritirata sulla riva sud.

Finalmente, il 14 i froggies riescono a sistemarsi nella grande ansa a nord-est di Soisson.

In questi sei giorni 11.000 soldati sono dispersi, morti o fuori uso, almeno 5.400 sono stati presi prigionieri.

Sentiti auguri dal Kaiser. P.S. grazie per quei 26 cannoni.

La disfatta di Crouy ebbe un forte eco politico e un considerevole impatto sull’opinione pubblica, anche perché fu considerata come il primo grande fallimento. Diversi generali e ufficiali furono cacciati a pedate, tra cui Berthelot. Il ministero fece di tutto per censurare i giornali e rappezzare quella che era stata una batosta disgraziata.

La versione ufficiale fu “sfortuna”. L’Aisne era straripato, e questo aveva fottuto i francesi, come afferma un comunicato ufficiale dello Stato Maggiore a Parigi, il 13, riportato il 15 gennaio dal giornale The Argus e dal New Zeland Herald. Nell’Otago Daily Times del 15, il Generale von Kluck dichiara:

Who’s your daddy, bitches? THE FUCKING HUN’S YOUR DADDY!”

Già che siamo qui a parlare di cose allegre, vorrei segnalare un film, un corto di 28 minuti, Coward!.

Si tratta di un film irlandese diretto da David Roddham e uscito nel 2012. Roddham ha solo un altro film all’attivo come regista, e di solito lavora come tecnico degli effetti speciali in film boiata (tipo Prince of Persia), ma devo dire che sono stata sorpresa da questo suo lavoro.

La storia è quanto di più semplice: nel 1915 due amici irlandesi, Andrew il maggiore e James il più giovane, partono per la guerra (volontari, par di capire), baldanzosi e pronti a menare un po’ di crucchi.

Nel 1917, sono in una trincea in Belgio, nel fango fino agli occhi, rintronati dalle bombe e dagli stenti. Andrew e James tirano avanti insieme, sostenendosi a vicenda, finché un’offensiva crucca non in investe la loro trincea.

Le scene di vita di guerra sono inframezzate da flash-forward, in cui lo Stato Maggiora sta giudicando un caso di diserzione.

Il soggetto principale del film è lo shell-shock. “Shell-shock” è un termine generico che venne utilizzato per indicare una vastissima gamma di patologie, malanni o strani comportamenti, non imputabili direttamente a una ferita fisica. Col progredire della guerra, casi del genere si moltiplicarono, e furono spesso trattati nel peggiore dei modi possibile.

Anche nell’evenienza in cui il medico prendesse sul serio la situazione, non aveva i mezzi scientifici per fornire un trattamento adeguato. La cura poteva essere peggiore della malattia, con “applicazione di elettricità”, che è l’equivalente neuroligico di prendere a pugni il televisore per vedere se riparte.

E questo se il malato aveva fortuna. Più spesso che no, i sintomi erano presi per codardia, o, peggio, per finzione. Lo stigma era enorme e le cure poche. Un congruo numero di “scemi di guerra” furono fucilati per diserzione e codardia, e solo ora ci rendiamo conto che molti di loro non erano nemmeno in grado di intendere e di volere. Alle famiglie veniva rinfacciata l’onta di aver avuto un prossimo del genere, perché ammazzarlo non era stato chiaramente sufficiente.

La cosa bizzarra e triste è che tutt’ora il soggetto è considerato quasi tabù. Non è che negli ultimi anni che si è cominciato a vedere un genuino sforzo per capire lo stress da combattimento e tutti i guai che ne derivano. A oggi la ricerca è ancora mostruosamente indietro e i veterani sono spesso lasciati a loro stessi. In America, negli ultimi 14 anni, hanno avuto molti più suicidi che caduti al fronte, e questo dà un’idea un’idea di quanta strada c’è ancora da fare.

Tornando al film, io l’ho trovato un buon film, nonostante un paio di cose che non mi hanno molto convinta. La recitazione è ottima, l’atmosfera notevole, e la storia ben raccontata.

La recitazione

 

La regia

 

La fotografia

 

La sceneggiatura

 

L’atmosfera

 

L’ordine del capitano riguardo al Brandy pare eccessivo anche per gli standard della Prima Guerra Mondiale

 

La composizione del plotone di esecuzione, pure, pare tanto anche per gli standard del 1917

 

Il soggetto

 

L’ultima chiacchierata tra James ed Andrew

 

Non è perfetterrimo perfettissimo, ma a me è piaciuto. Ve lo consiglio. Lo trovate QUI.

E ora, MUSICA!

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Bibliografia

http://1418.aisne.com/a-la-une/actualites/article/la-bataille-de-crouy

http://trove.nla.gov.au/ndp/del/article/1490097

http://paperspast.natlib.govt.nz/cgi-bin/paperspast?a=d&d=NZH19150115.2.51

http://paperspast.natlib.govt.nz/cgi-bin/paperspast?a=d&d=ODT19150115.2.34.1

http://chtimiste.com/batailles1418/combats/Crouy.htm

Il gruppo di ricostituzione Eperon 132 ,check’em out, sono bellerrimi.

http://www.imdb.com/title/tt2386998/

La pagina FB del film: https://www.facebook.com/COWARDTHEMOVIE?fref=ts

Per chi voglia approfondire il soggetto shell-shock, consiglio

Elmer Ernest SOUTHARD, Shell-Shock and other Neuropsychiatric Problems Presented in 589 case histories from the war litterature, 1914-1918, general Books, Memphis, 2010 (prima edizione 1919).

Un compendio ponderoso, ma estremamente interessante.

Come non si fa (1): Vikings

Fear the Daibanana!

Il Capodanno è finito. L’ho passato in famiglia, con parenti che ci hanno assolutamente tenuto a vedere il documentario sui cercopitechi urlatori, altresì chiamato “quellammerda con Gigi d’Alessio”. La badante di mia nonna ha anche cercato di portarmi via la bottiglia dopo appena un paio di bicchieri. Non ho nemmeno potuto far esplodere qualcosa, e il disperato tentativo di accendere le girandole al chiuso ha avuto le ali tarpate quando quelle porcherie sono bruciate quietamente per terra senza schizzare per aria.

Niente musica, niente sbronza, niente ustioni. Bah.

La ricaduta positiva è che, con queste premesse, il 2015 si preannuncia ancora più Grumpy del 2014.

Ergo, come meglio festeggiare se non inaugurando una nuova rubrica?

COME NON SI FA, una piccola guida a tutto quello che fa schifo nelle vostre scene preferite (perché guastare la festa è la mia vocazione).

Il primo esempio: la prima battaglia della serie Vikings, che, se avete letto questo articolo ricorderete, non mi ha fatto proprio una bella impressione.

Il contesto

La battaglia è presa dall’Episodio 4 della Prima stagione. Al loro secondo raid, i nostri saccheggiano un posto in Northumbria con una facilità che dire fa schifo è poco. Di ritorno alla spiaggia, però, i nostri trovano i guerrieri di re Aelle ad aspettarli.

And hilarity ensues.

La battaglia

Cominciamo, cosa non funziona con questa scena?

La tenuta dei vichinghi per cominciare (anche quella dei Northumbri, ma quella dei vichinghi fa davvero piangere i gattini). Come detto nell’articolo succitato, i costumi della banda sono decisamente brutti. E per sovrammercato, nessuno di loro pare portare una protezione decente: niente guanti, cuoio o panno imbottito, nulla. Pessima, pessima idea.

Ma limitiamoci agli aspetti tattici della faccenda!

Cominciamo con le forze in campo.

Per la squadra di casa, la Northumbria, abbiamo:

  • 3 cavalieri
  • 10 arcieri
  • 3 file da 10 lanceri
  • 10 con la spada nella prima linea.

53 uomini, o 50 se togliamo gli aristocratici a cavallo.

Per la squadra ospite, Norrenia, abbiamo:

  • 24 scudi
  • 6 lance
  • 2 archi.

Ovvero, compreso Floki sono 27 più un prigioniero.

I Northumbri sono quasi il doppio e meglio armati. Non dovrebbe esserci partita. Ma Ragnar può contare sull’Abilità SonoIlProgagonista e sul potere Pessima Sceneggiatura, quindi siamo tranquilli.

Difatti le trovate Ma Che Cazzo cominciano ancora prima del pestaggio.

  • D’acchito.

Il gruppo Northumbro è schierato in assetto di guerra esattamente davanti l’imbocco del sentiero, tagliando la via alla nave. Questo può voler dire solo due cose: si aspettano che i vichinghi arrivino da quel sentiero e non vogliono lasciarli scappare.

E il primo problema c’è già, grosso come una casa.

I Northumbri hanno 3 vantaggi: il numero, la sorpresa e l’agio di scegliere il terreno. E in una combo spettacolare, non approfittano di nessuno di questi!

I vichinghi stanno avanzando su un sentiero profondamente incassato tra le dune, una posizione estremamente vulnerabile.

Ho una proposta per il comandante Northumbro: mandi due tapiri con le accette ad affondare la nave, poi apposti gli arcieri sul crinale delle dune con gli spadaccini per ricacciare giù a calci qualunque furbone cerchi di arrampicarsi, e quando i nemci rompono in fuga te li carichi e gli fai le chiappe a fettine.

E ho un consiglio per Ragnar: prima di tornare indietro per la stessa strada che hai fatto a venire, manda qualcuno a controllare se la via è libera. Potresti scoprire che è meglio fare un altro giro. Magari dar fuoco a qualcosa come diversivo, e tentare uno sfondamento quando il grosso dei Northumbri accorre da qualche altra parte. Questo, ovviamente, se il comandante Northumbro non è affetto da qualche tenia cerebrale e prova a crearti delle difficoltà…

  • What is it?

E’ la battuta di un vichingo alla vista dello schieramento Northumbro. E’ la majala di to’mae. Che vuoi che sia?

  • Fate con comodo

I Northumbri non attaccano subito, sarebbe scortese, poi rischi di fargli male. Prima trascinano nel mezzo i cadaveri dei due pirla lasciati alla nave, perché chi non vuole un morto su cui inciampare, prima di una carica? Poi lasciano il tempo ai vichinghi di fare le faccine, schierarsi, fare un bel muretto, e solo dopo si risolvono ad attaccare. Che gentili.

  • Colpa della crisi

Gli arcieri tirano una sola salva. Difatti, noterete, non hanno una faretra, hanno delle costosissime spade. Perché le frecce avevano l’IVA troppo alta, immagino. Peraltro gli archi svaniscono subito dopo. No, non li lasciano cadere, spariscono: non sono più utilizzati né sono per terra alla fine della scaramuccia.

Ma forse i 10 arcieri stavano sulle palle del capoccia, visto che hanno una sola freccia in dotazione e subito dopo si ritrovano a caricare in prima linea senza uno scudo.

  • Becchi d’assalto

Avete mai notato che nelle cariche dei film i tizi non tengono mai la linea?

  • Dagni di cornate!

Come detto sopra, i Northumbri sono molto più numerosi dei vichinghi. I vichinghi si sono sapientemente disposti su una singola linea, con nessuno a proteggere i fianchi e le terga. I Northumbri potrebbero tranquillamente girargli intorno e affettargli le chiappe. Tempo necessario: 2 minuti e 46 secondi.

Invece no, come un sol uomo i signori prendono a cornate gli scudi. Punfete, punfete, punfete, nota tattica del Moscone contro il Vetro. Ora, già che sono a scapocciarsi la prima linea così, perché fare il giro sarebbe poco galante, potrebbero sfilettare le zampe dei normanni. Difatti noterete che i nostri non le stanno proteggendo, anzi, tengono lo scudo fisso alla stessa altezza. Ragnar lo tiene addirittura a due mani, perché è tanto ‘omo che non ha nemmeno un’arma per due terzi della battaglia. Scalzargli le rotule dovrebbe essere questione di pochi secondi.

Invece no. Capocciate sugli scudi e via a andare, che i colpi su polpacci e polsi non fanno punto!

  • Quanti vichinghi ci vogliono per…

Tirare 2 frecce?

EDIT: ecco, per la gioia di grandi e piccini!

I vichinghi hanno due arcieri. Sono pochini, ma meglio di niente. Potrebbero tirare a campana sulle zucche dei Northumbri.

Non lo fanno.

Perché uno dei due si decida a tirare, Ragnar e Rollo devono scansarsi, aprire la linea perché questo mentecatto tiri in linea retta nel muso di un nemico. Botta di culo che non colpisce nessuno dei suoi (e la probabilità di incidente in un’azione del genere sono innumerevoli), e che i Northumbri non ne approfittano per spingere e spezzare in due lo schieramento vichingo. Bontà loro.

La seconda volta che gli arcieri si rendono utili, come potete vedere dalla gif (contribuzione del buon Dago), è quando salgono ognuno su uno scudo. Dopodiché due normanni per parte li tirano su, e questi tirano (altro tiro diretto) nel mucchio.

Riassumendo, ci vogliono 6 vichinghi per tirare 2 frecce, e i Northumbri sono così impediti che la prima linea può privarsi di 2 scudi e 4 uomini senza risentirne minimamente.

  • They see me Rollin’

I Northumbri sono seghe tali che Rollo può sfondare tutte le loro 4 linee stile panzer, acchiapparne uno per il cravattino e riportarselo dietro il muro di scudi. Il tutto senza subire nemmeno una gomitata nelle costole o un calcio negli stinchi.

  • Uno alla volta, uno alla volta, uno alla volta per carità (cit., ci sono melomani in sala?)

Dopo la passeggiatina di Rollo, il regista si rende conto che è meglio distogliere l’attenzione dalla tattica, e segue una serie di close-ups di vichinghi machones che con una botta sola azzerano i Punti Vita dei Northumbri, schizzi di sangue e faccine buffe. Dopo aver mostrato un po’ di scenette, i nostri decidono che forse è il caso di riformare la linea.

Ora, chiunque abbia letto un qualsiasi libro, libretto, depliant di storia militare un minimo ben fatto, sa che una volta che la linea è persa, è persa. Puoi recuperare ritirandoti e raggruppando i tuoi in un nuovo schieramento, ma non puoi fare e disfare la linea nel mezzo di una mischia indiavolata.

Questo nel mondo reale. Nel mondo di History Channel (mortacci loro) i Northumbri sono gente molto comprensiva, e lasciano che i nostri amici si risistemino. Che a dargli noia rischi di spettinarli.

 

Bilancio finale:

Perdite Northumbre, 50. Più il prigioniero che, in tutto il casino, non è riuscito a scappare (forse considerava maleducato andarsene senza salutare).

Perdite Vichinghe, 2, più i 2 pirla che avevano lasciato alla nave.

Hooray I guess…

Da un punto di vista puramente narrativo, la battaglia ha 2 grandissimi problemi.

Il primo, i Buoni hanno vinto senza meritarselo. All’inizio la sproporzione di forze è troppo colossale (2 a 1), e nello svolgimento i nemici si mostrano troppo deboli e stupidi per costituire una seria minaccia. Se i Northumbri avessero i neuroni sufficienti a trovarsi il culo con le mani, vincerebbero in un batter d’occhio. Perdono perché manovrano come dei ritardati. Ai Buoni basta star fermi e aspettare che quelli si impalino da soli, o quasi (ho già detto che Ragnar nemmeno ha un’arma in mano?).

Se è chiaro che i buoni vinceranno senza colpo ferire o quasi, la tensione crolla. Non abbiamo paura che Ragnar, o Rollo, o la Lagertha si faccian male. Sappiamo che non se ne faranno. Alla fine non siamo felici per loro, perché non c’è stato nessun investimento sullo scontro.

Il secondo, strettamente legato al primo, la vittoria costa troppo poco. 2 scalzi e gnudi contro 50 militari in armi. Questo ci dice che i Northumbri sono gente del tutto inadeguata, che saranno presenti solo per essere cattivi buffi e per farsi ammazzare da Rollo che è tanto figo.

Per chiunque racconti storie: mettiti nei panni del tuo antagonista. Più l’antagonista è intelligente e capace, più il tuo eroe avrà merito per essere riuscito a sconfiggerlo. Se per far vincere il tuo personaggio devi far commettere errori cretini all’antagonista, vuol dire che il tuo eroe è a sua volta un povero scemo. Perché a qualcuno dovrebbe interessare una gara di lancio della cacca tra due menomati mentali?

Un antgonista ritardato non fa risaltare l’eroe, lo schizza di merda e basta.

Ma Tengy, direte voi, la saga è tanto piaciuta!

Vero. Il punto è: volete raccontare una storia di buona qualità o no? Avete rispetto per i vostri personaggi o non ne avete?

Concludo con una lettura che ho già consigliato, ma che ri-consivlio: Decisive battles of the Western World, del caro Fuller.

E’ tutto per oggi. Vi auguro un 2015 ricco in bottino e saccheggio!

MUSICA! (Da notare che nel video, fatto con un cinquantesimo dei quattrii investiti in Vikings, i costumi sono molto migliori)