Illustri sconosciuti: Taira no Masakado (3.1) – Il Nuovo Imperatore

Questo blog, come avrete certo notato, è gestito col rigore e la puntualità di un bordello ambulante durante la Guerra dei Trent’Anni. Quindi tra recriminazioni su film e appassionanti diatribe sulla forma dei buchi del naso nelle statue di Bodhisattva, ci sono un paio di serie che stagnano da mesi e mesi.

Una di questa è la disgraziata vicenda di Taira Masakado, che mi accingo a resuscitare dal passato perché prendere a calci i cavalli morti è il passatempo preferito qui alla Fortezza.

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Nella puntata precedente abbiamo parlato di come Masakado, dopo l’ennesimo tradimento da parte della Corte, abbia deciso di cambiare le regole del gioco: intervenendo in favore di un gregario, il nostro ha espugnato la capitale provinciale di Hitachi e preso prigioniero il vicegovernatore e il disgraziato messo imperiale che si trovava nei paraggi.

Ora Masakado ha ufficialmente superato il limite da faida privata a rivolta contro lo Stato.

Un atto del genere di solito comporta una totale perdita di ogni diritto e protezione: una volta che sei stato dichiarato ribelle, chiunque ha il diritto di ucciderti e può aspettarsi una lauta ricompensa in cambio.

Ciò funziona soprattutto se l’autorità della Corte è riconosciuta come legittima e affidabile.

Purtroppo la Corte sta avendo qualche problemino da questo punto di vista, mentre Masakado è all’apice della propria popolarità. Masakado è il prototipo di quello che, in un’ottica feudale, è il buon signore.

E’ un guerriero di fegato che non chiede ad altri cose che non sia disposto a intraprendere in prima persona.

E’ un uomo temperante e ragionevole, che non ama gli spargimenti di sangue fine a se stessi e che non rischia la vita dei propri uomini alla leggera.

E’ un buon tattico, capace di rovesciare situazioni disperate.

E’ un buon patrono, qualcuno pronto a muovere il Mondo per proteggere i propri gregari, qualcuno che non svende i suoi per un vantaggio politico.

Masakado è anche un lontano discendente dell’Imperatore Kanmu e amico personale del principe imperiale Okiyo.

Masakado è riuscito a vincere contro nemici più numerosi e potenti di lui.

Insomma, Masakado riunisce in sé il fascino tradizionale del condottiero di ascendenza nobile con l’aura romantica dell’eroe perseguitato, il buonsenso del buon amministratore con la foga e il genio tattico del prode guerriero.

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Masakado era anche molto liberale nella distribuzione di mazzate sui denti
Utagawa Kunisada (1786-1865)

Per molti notabili dell’Est, Masakado è un colpaccio di marketing come pochi se ne sono visti prima!

Dal canto suo, Masakado sa di non poter davvero far la guerra all’Impero intero. E da parte loro, gli imperiali non possono tollerare di lasciare impunito qualcuno che una bella mattina piglia e rade al suolo un intero complesso provinciale.

Lo scontro è inevitabile.

Masakado opta quindi per una nuova strategia: prendersi il resto del Bandō.

Ci sono varie teorie su quale fosse il vero scopo di Masakado in quest’avventura, ma ci ritorneremo con calma.

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La pianificazione è tutto

E’ il 940, Masakado ha preso Hitachi e ci ha lasciato dei funzionari subalterni con l’ordine di mandare avanti l’ordinaria amministrazione e non fare i furbi.

Meno di un mese dopo i fatti di Hitachi, Masakado marcia verso la capitale provinciale di Shimotsuke. Il suo esercito sta crescendo: capibanda accorrono dai quattro angoli del Bandō, pronti a combattere per il nuovo eroe, erodendo i già traballanti eserciti provinciali.

Il governatore provinciale di Shimotsuke non prova nemmeno a resistere: aspetta Masakado senza tirare in ballo manco un soldato e subito gli consegna i sigilli provinciali, le chiavi dei magazzini, i registri ufficiali e la password per Netflix.

Masakado ringrazia e gli offre una scorta per tronarsene alla Capitale da bravo bambino. Quanto ai gregari del governatore, non restano per vedere se Masakado avrà per loro la stessa cortesia: raccattano le famiglie e fuggono.

Perché la guerra è guerra, e dopo un ribaltone seguono sempre purghe e vendette.

Promemoria

L’autore dello Shōmonki, sempre molto sensibile alla sofferenza della popolazione civile, non racconta di roghi e stupri a questo giro. Si accenna a dei disordini, ma la presa di Shimotsuke pare molto meno cruenta di quella di Hitachi.

Ad ogni modo il nuovo esercito ribelle non ha freni, spinge avanti e un paio di settimane dopo è davanti alla capitale provinciale di Kōzuke, che cade senza combattere esattamente come Shimotsuke.

E’ una guerra lampo senza precedenti. Le istituzioni si sgretolano come castelli di sabbia davanti all’ondata di marea di Masakado e dei suoi.

Questa velocità fulminante non deve però far credere che la rivolta armata faccia l’unanimità dei consensi: Masakado ha tani nemici. Stabilire un solido controllo sul territorio il prima possibile è vitale per impedire ogni possibile contro-insurrezione.

Masakado se ne rende conto, e prima di continuare nella provincia successiva, s’installa negli uffici di Kōzuke e nomina dei funzionari che possano riempire la nicchia ecologica lasciata dagli imperiali.

Molti di quelli al seguito di Masakado erano guerrieri della classe dei magistrati di distretto: piccola aristocrazia locale tagliata fuori da una buona carriera nell’amministrazione. Hanno preso dei grossi rischi per star dietro a Masakado, e Masakado deve dar loro qualcosa in cambio.

E ciò che qualcuno di quella classe vuole è una funzione.

Prestigio, potere e una rendita, una via di fuga da una posizione mediocre e subalterna da cui non c’è scampo. Una funzione è un premio ambito.

Concedendola, Masakado non solo rinforza il proprio controllo sulle regioni, ma rinforza il legame che ha creato coi capi ribelli.

Mentre i nostri sono riuniti a discutere di ciò, una donna si presenta alla capitale provinciale.

E’ una profetessa, ed è venuta a portare un messaggio del Gran Bodhisattva Hachiman.

Profetessa profetizzante

Nello Shōmonki non si dice da quale santuario viene la donna. Se davvero il fatto è accaduto, la signorina doveva essere una aruki-miko, una sacerdotessa itinerante. Si trattava di donne nomadi che si guadagnavano da vivere eseguendo riti, divinazione o, all’occasione, prostituendosi.

Le donne-sciamane sono un pilastro della società giapponese dalla notte dei tempi: come accennato in passato, la prima volta che una fonte storica nomina il regno di Wa, questo è sotto il controllo di una regina-sciamana.

Nel milieu dei guerrieri queste donne erano particolarmente importanti e i loro servigi molto ricercati. Non è difficile capire perché: la via dell’arco e della freccia è una via brutale e crudele, divinazione e preghiera sono un conforto necessario per molti.

Ad ogni modo la nostra ha un messaggio dalla parte di Hachiman-daibosatsu:

Io [chin, 朕, pronome personale che solo l’Imperatore ha diritto di usare, NdTenger] conferisco la dignità imperiale a mio figlio [onshi, 蔭子, “mio figlio”, termine usato solo dai dignitari superiori al quinto rango, NdTenger] Taira Masakado. Il certificato di rango [iki, 位記] è stato redatto dallo spettro Ministro della Sinistra di secondo rango maggiore, Sugawara Ason. Il Bodhisattva Hachiman detiene gli ottantamila eserciti. Conferisco così la dignità imperiale. Subito siano suonati i trentadue brani e che ciò sia rapidamente messo in opera.

C’è tanto da spacchettare in questo brano.

La miko usa a tratti il linguaggio riservato all’altissima aristocrazia e all’Imperatore.

In secondo luogo, lo spirito fa riferimento a un “certificato di rango”. Si tratta qui dei documenti rilasciati agli aristocratici per attestare della loro posizione. Tuttavia questo tipo di documento non si applicava all’Imperatore, che era Pronipote Divino e non certificava proprio niente.

Yanase interpreta questi elementi come un indizio che il fatto non sia davvero avvenuto. Rabinovitch si spinge ancora più avanti suggerendo che si tratti magari di un’aggiunta volutamente satirica.

Un’altra possibilità è che il fatto sia capitato davvero, e che sia stato orchestrato da Masakado o dal suo compare Okiyo.

Pensateci: Masakado è in disperato bisogno di legittimità (come ogni nuovo capo). E’ discendente di Kanmu, ma basterà?

Ed ecco che arriva una profetessa. Una profetessa di provincia che si rivolge a gente di provincia. Magari ha sentito parlare degli alti aristocratici, ha sentito nominare i diplomi di rango, ma non è abbastanza addentro alla cultura di Corte da sapere che non esiste un diploma di rango per l’Imperatore.

C’è però dell’altro: un chiaro riferimento a Sugawara Michizane.

Nel 901 Sugawara Michizane era Ministro della Destra (la terza carica più importante della Corte), in un’epoca in cui solo i Fujiwara facevano grandi carriere. Michizane non era membro della famiglia, ma era un brillante letterato e un amico personale dell’Imperatore Daigo.

La cricca Fujiwara non può però tollerare la sua presenza, e in un complotto infame anche per gli standard dell’epoca, riescono a far esiliare Michizane a Kyūshū, dove morirà un paio d’anni dopo.

Questa storia è così straordinaria che merita un articolo a sé: basti sapere che la macchia di questa lurida congiura non andò mai via e rovinò la vita di molti membri del clan Fujiwara (e non solo). Lo spettro vendicatore di Michizane fu uno dei più pericolosi, crudeli e duraturi fantasmi della Storia Giapponese.

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Michizane scaglia accidenti dalla cima di una collina
Ogata Gekkō (1859-1920)

Il fatto che Michizane, il terribile spettro nemico dell’Impero, compaia in questo brano, potrebbe indicare che si tratta non tanto di un fatto reale, ma di un artificio letterario, un accenno a ciò che il futuro ha in serbo per Masakado e i ribelli della sua risma.

Allo stesso tempo, sapete chi era funzionario in Hitachi durante le prime fasi della faida tra Masakado e i suoi parenti?

Sugawara Kanemochi, il figlio di Michizane.

Il mondo è piccolo alle volte, eh?

La carriera di Kanemochi era stata annientata dalla caduta di suo padre e, invece di diventare membro del Governo Centrale, il nostro era stato spedito a fare il funzionario di mezza tacca nel selvaggio Bandō. Kawajiri nota che Kanemochi arrivò in Hitachi quando ancora aveva la ventina. E’ probabile che, esiliato e senza amici, abbia stretto legami con la famiglia Fujiwara locale (quella di Haruaki, per cui Masakado ha marciato in Hitachi l’undicesimo mese del 940).

Secondo Kawajiri non è da escludere che l’autore dello Shōmonki abbia voluto qui puntare allusivamente il dito a Kanemochi, magari suggerendo che il nobile decaduto era il secondo complice di Masakado (il primo era il principe Okiyo).

Sarebbe un altro elemento a favore della teoria per cui l’episodio della veggente non è che un brano romanzato, frutto del pennello dell’autore.

Firday nota anche che il culto di Hachiman (protettore del lignaggio imperiale) non era ancora diffuso nell’Est ed era più una roba da gente della Capitale. Se davvero la messinscena ha avuto luogo, perché scegliere il nome di una divinità a stento conosciuta dal tuo pubblico?

Le stranezze narrate dallo Shōmonki non si fermano con l’ipotetica profetessa. Stando alla fonte, dopo l’oracolo la banda di Masakado avrebbe creato per lui il titolo di shinnō, “Nuovo Imperatore”.

Fermiamoci qui un momento.

Da quando lo Stato di Yamato comincia a strutturarsi nessuno, e ripeto nessuno, ha mai cercato di soppiantare l’Imperatore.

Mai.

La gente ha congiurato per scegliere il Principe di Sangue, ha deposto sovrani, ha fomentato liti di successione (tra le cause remote della Guerra di Genpei c’è una disputa di questo genere), Imperatori sono stati assassinati, o imprigionati, o presi in ostaggio.

Più tardi, l’istituzione shogunale ha usurpato il potere secolare degli Imperatori (lasciandogli quello spirituale e la legittimità ultima).

Ma nessuno, mai, ha cercato di soppiantare la Casa Imperiale.

Non importa se credi davvero che l’Imperatore sia divino o no, la Casa Imperiale deve restare.

Una delle ragioni di ciò è che essere Imperatore è una grandissima e cosmica rottura di coglioni. Come dio vivente, il sovrano ha una vita strettamente regolata da rituali e cerimonie (che includono, talvolta, starsene seduto digiuno e immobile per 12 ore, o altre robe buffe così).

In secondo luogo tutti avevano più o meno chiaro che, senza una Casa Imperiale come fonte di legittimità condivisa, il Paese sarebbe scoppiato in una guerra civile totale. Era nell’interesse di tutti mantenere un certo grado di ordine.

Diventare ministro o reggente è quindi molto più interessante, in quanto dà accesso al potere effettivo senza tirarsi dietro tutti il fardello religioso e senza distruggere il delicato equilibrio che teneva iniseme la società giapponese.

Se questa storia dello shinnō fosse vera, Masakado sarebbe l’unico esempio di usurpatore imperiale nella lunga storia di rivolte e rivoluzioni che hanno falcidiato il Giappone.

E’ la ragione per cui condivido la posizione della maggioranza degli storici nel dire che, probabilmente, ‘sta storia del Nuovo Imperatore è una bufalata a reazione.

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Un esempio di quanto faccia schifo la vita da Imperatore: Antoku, qui in braccio a sua nonna. Ma di lui parleremo nella serie su Genpei.

E’ possibile che questa storia sia pura e semplice propaganda della Corte. Dopotutto la Corte ha deciso di trattare con quel macellaio di Sumitomo e di combattere contro Masakado, un uomo che fino a poco prima era rimasto nei limiti della legge e aveva dato prova a più riprese di estrema buona volontà.

Come giustificare una scelta del genere se non argomentando che Masakado è in qualche modo peggio di Sumitomo? E visto che sono ribelli tutti e due, cosa c’è di peggio di un ribelle? Un ribelle blasfemo.

E’ anche possibile che si tratti di un caso di projection: Masakado inizia a mangiarsi territorio e ad ammassare eserciti nella regione del Bandō.

Sapete chi l’aveva fatto prima di lui?

L’imperatore Tenmu, quando ancora si chiamava Ōama ed era stato tagliato fuori dall’eredità imperiale. Tenmu fu uno dei più grandi imperatori della Storia. Non è da escludere che la rivolta di Masakado abbia destato reconditi ricordi nella testolona dei nobili della Capitale.

Infine può anche darsi che “nuovo imperatore” fosse un soprannome, un nomignolo affibbiato per scherzo o per adulazione dagli uomini di Masakado. Dopotutto il nostro non sarebbe il primo capo militare autocratico a dotarsi di un nomignolo (Attila, Piccolo Padre, gli esempi abbondano).

E’ un film più storicamente accurato di Vikings

Mentre è in Kōzuke, Masakado prende anche l’occasione di scrivere una lettera al suo ex-patrono, il Ministro degli Affari Supremi Fujiwara Tadahira (anche se alcuni ritengono che il messaggio sia per il figlio di Tadahira, Morouji).

La lettera è riportata per intero nello Shōmonki.

C’è molta discussione sulla veridicità di questo documento, ma, riassumendo l’annosa diatriba, è molto probabile che sia autentico.

Se lo è, si tratta dell’unico documento in cui Masakado ci parla. L’unica traccia sopravvissuta della sua “versione dei fatti”.

Oso rivolgermi a Voi.

Sono ormai molti anni che non posso valermi del Vostro consiglio. Desidero incontrarvi, ho urgenza di parlarvi. Ve ne sarò molto grato se vorrete accordarmi la vostra considerazione.

Anni fa fui convocato a seguito di una lettera di denuncia di Minamoto Mamoru e i suoi [acerrimi nemici di Masakado, sono loro a scatenare la prima ondata di ostilità, NdTenger]. Timoroso di questa convocazione, mi recai tosto alla Capitale, e appena arrivato ricevetti degli ordini e mi dissero:

“Masakado, hai già ricevuto molte benedizioni. Pertanto, abbiamo deciso di lasciarti tornare a casa.”

Sono tornato al mio villaggio natio senza por tempo in mezzo. In seguito, scordati i lontani fatti di guerra, ho tolto la corda al mio arco e ho vissuto in pace.

Tuttavia il vecchio vicegovernatore di Shimōsa, Taira no Yoshikane, mise insieme diverse migliaia di uomini e decise di attaccarmi. Non potendo voltar le spalle e fuggire, mi sono difeso. A causa di Yoshikane moltissime persone furono uccise, ferite o catturate. Ciò è stato riportato in dettaglio dalla lettera inviata all’amministrazione centrale dal governatore di Shimōsa.

La Corte inviò dunque alle diverse provincie l’ordine di perseguire Yoshikane e i suoi, ma finì lì. Nel frattempo arrivò un messaggero che mi comunicò che ero stato convocato di nuovo. Ciò mi riempì di inquietudine, e alla fine non andai alla Capitale. Spiegai in dettaglio la situazione all’inviato imperiale Anaho no Tomoyuki e la cosa morì lì.

Non stavamo ricevendo nessuna nuova dalla Capitale e io ero affranto e inquieto, quando, quest’estate, Taira no Sadamori in persona arrivò in Hitachi portando con sé un ordine imperiale dove venivo convocato. In seguito, i diversi governi provinciali mi mandarono le loro deposizioni ufficiali. Il suddetto Sadamori era sfuggito alla cattura e, senza farsi scovare, era tornato alla Capitale.

Vista la situazione, il Governo avrebbe dovuto arrestarlo e svolgere un’indagine completa sul suo conto. Ma al contrario gli fu concesso un ordine imperiale che gli dava ragione. Ditemi se questi non sono tradimento e menzogne!

Non solo, il Terzo Controllore della Destra, Minamoto no Sukemoto no Ason, mi portò una lettera con ordini e istruzioni in cui era scritto:

“A seguito della lettera di denuncia del precedente vicegovernatore di Musashi, Tsunemoto, è stata decisa una seconda convocazione per poter indagare sulle colpe di Masakado.”

Mentre aspettavo l’arrivo degli inviati imperiali, Tamenori, il figlio del vicegovernatore di Hitachi Fujiwara no Korechika no Ason, abusava senza vergogna della propria autorità e si divertiva a calunniare il prossimo. A seguito delle lamentele di uno dei miei guerrieri, Fujiwara no Haruaki, mi recai in Hitachi per approfondire questa faccenda.

Nel frattempo Tamenori e Sadamori, agendo di concerto e alla testa di più di 3000 guerrieri d’élite, requisirono arbitrariamente le lame e le armi delle armerie, piantarono i mantelletti e mi sfidarono in combattimento.

A quel punto, dopo aver ravvivato il morale dei miei guerrieri e dei miei soldati, ho annientato l’esercito di Tamenori.

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Mi spiace, temo di aver spianato il tuo esercito in meno di niente.

Non so quanta gente sia morta in quel frangente o durante l’occupazione della provincia. Non occorre dirlo: molti sopravvissuti furono catturati e decapitati da me.

Il vicegovernatore Korechika finì per scrivere una confessione dacché, non avendo saputo dare un’educazione a suo figlio, la cosa era degenerata in rivolta armata.

Anche se non era mia intenzione in principio, ho rovesciato la provincia. La punizione non sarebbe stata leggera, ma sarebbe stata la stessa per aver preso una o cento provincie.

Mentre continuavo a interpellare la Corte, ho finito per catturare tutte le provincie del Bandō.

Ho preso la libertà di considerare il mio lignaggio e, alla fine, sono un discendente alla quinta generazione dell’Imperatore Kashihabara [Kanmu, NdTenger]. Se dovessi conquistare metà del Paese, non si direbbe forse che era nel mio destino ?

In tutti i documenti storici ci sono storie di uomini che hanno preso il Mondo grazie alla forza delle armi. Già il Cielo mi ha accordato il dono dell’abilità militare. Considerato ciò, chi dei miei pari potrebbe mai essermi eguale?

E nonostante tutto la Corte, invece di ricompensarmi, continua a mandarmi lettere di rimproveri. Riflettendo sulla mia vita, ciò mi dà molte ragioni di provar vergogna. Bell’onore mi son guadagnato…

Se poteste dedicare un pensiero a questa mia situazione, ne sarei molto felice.

Ormai sono passati decenni da quando, al tempo della mia giovinezza, servii la casa dell’augusto sire il gran Ministro. Tutte queste cose sono successe e non ho pensato che era un periodo in cui eravate Reggente e Ministro del Paese. Mi dispiace, le parole mi mancano.

Anche se può sembrare che mi stia preparando a conquistare il Paese, come potrei mai dimenticare Voi, il mio vecchio patrono. Se voleste tener ciò in considerazione, ne sarei felice. Questo soltanto mi preme davvero tra le mie diecimila preoccupazioni.

Masakado scrisse col più gran rispetto,

Secondo anno dell’era Tengyō, dodicesimo mese, quindicesimo giorno.

La lettera è… interessante.

Nel lungo papello Masakado esprime tutta la propria frustrazione. “Non ho fatto che difendermi, sono venuto alla Capitale, mi avete rimandato a casa ma poi continuate a tenermi questa storia sul collo!”

Passa alla sua versione dei fatti, al profondo senso di tradimento da parte della Corte: “Sapete dove ve le dovete infilare le vostre convocazioni ufficiali?”

Procede con velate minacce, nota che potrebbe, in teoria, mangiarsi un pezzo dell’Impero: “Ho un esercito e un’ascendenza imperiale, e non ho paura di usarli!”

Allo stesso tempo il nostro non manca mai di rispetto a Tadahira, anzi, gli chiede scusa: “tutto ‘sto casino proprio quando sei ministro, mannaggia!”

Masakado non si mostra mai ostile verso il suo ex patrono, anzi. Gli chiede perdono, aiuto e consiglio. Il tutto mentre si mangia le provincie dell’Est una dopo l’altra, manco non l’avesse fatto apposta.

Nel messaggio Masakado dichiara senza mezzi termini di voler parlare con Tadahira e di essere disponibile a seguire il suo consiglio. Questo lascia supporre che lo scopo della lettera fosse sì minacciare l’aristocrazia, ma lasciando intendere che era disposto a trattare.

Scrivere a Tadahira è un palese tentativo, dalla parte di Masakado, di aprire un canale di comunicazione con la Corte.

E qui arriviamo allo scopo finale dell’intera faccenda.

Per alcuni Masakado è semplicemente un capo ribelle che ha deciso di mangiarsi un pezzo d’Impero.

Dissento. Secondo me lo scopo di Masakado quando si è preso all’anima di papparsi l’intero Bandō era quello di diventare una minaccia tale da costringere la Corte a trattare.

Mettetevi nei suoi panni: da anni Masakado ha dovuto fare i conti con attentati alla sua vita e alle sue terre, ha cercato di ragionare, ha cercato di difendersi, ha cercato l’intervento delle autorità competenti, e niente ha mai funzionato.

E’ mia ferma opinione che con la rivolta Masakado volesse prendere di forza ciò che la Corte gli ha negato finora: riconoscimento e protezione. C’è chi per farsi sentire prende in ostaggio il telecomando, Masakado ha preso in ostaggio una regione. Non vuole restare come capo indipendente, vuole che il suo valore e la sua posizione siano riconosciuti.

Questa è ovviamente la mia conclusione: non per forza ho ragione.

Quale che fosse il recondito disegno di Masakado, a Kōzuke il nostro procede a nominare funzionari responsabili per le provincie di Shimotsuke, Kōzuke, Hitachi, Shimōsa, ma anche Awa, Kazusa, Sagami e Izu.

Izu non fa tradizionalmente parte del Bandō, ma un anno prima uno dei fratelli di Masakado aveva fomentato qui una rivolta, che a questo punto viene inglobata nella più grande presa dellì’Est, perché in guerra e in cucina tutto fa brodo.

E Musashi?

Non compare nello Shōmonki a questo punto, ma compare nei decreti sulla rivolta, il che lascia supporre che Masakado l’abbia messa sotto il suo diretto controllo.

Non che il nostro abbia abbandonato la sua dolce Shimōsa, al contrario! Stando allo Shōmonki e al Fusō ryakkki, il nostro decide di costruire una sua “capitale” qui, nella sua prediletta base di Iwai.

Masakado procede poi, secondo lo Shōmonki, a nominare tutti i membri del governo in una replica dell’organigramma della Corte: consiglieri, auditori, Ministri della Sinistra e della Destra, ecc. Per ultimo, nomina un Dottore del Calendario.

Chi è un Dottore del Calendario? E’ il tizio che fa gli oroscopi e che stabilisce quali giorni si può fare cosa.

Questa carica, a Corte, era la carica cardinale. Nessuno faceva niente senza consultare prima un astrologo esperto.

Come fa notare Fukuda, il Dottore del Calendario sarebbe stato il primo funzionario nominato da qualcuno che ha l’intenzione di ricreare una copia della Corte di Heian. Senza di lui non si organizza nulla, e la sua presenza è indispensabile a legittimare gli atti.

Come mai qui è buttato lì alla fine, come a tappare una dimenticanza?

Non si può scusare la cosa con “magari nell’Est non sapevano ‘sta faccenda degli oroscopi”: Okiyo è un principe imperiale e Masakado ha servito alla Capitale da giovane.

E’ possibile che non abbiano trovato nessuno con il giusto curriculum in tempo, o è possibile che si tratti dell’ennesima interpolazione apocrifa volta a dimostrare l’illegittimità simbolica delle decisioni prese in Kōzuke.

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E il resto della campagna militare per prendere il Bandō?

Non c’è nessuna campagna militare.

Mentre Masakado è a Kōzuke, i funzionari delle restanti provincie abbandonano sigilli, registri e mutande sgommate e ritornano alla Capitale con le sottane in mano. A Masakado non resta che finire il tour del ribaltone, installare i nuovi collaboratori e poi tornare in Shimōsa.

Qui il nostro si prepara a resistere alla contro-rivolta, la spedizione armata che di certo gli toccherà combattere.

E’ da notare che, a parte l’occupazione militare e l’insediamento di nuovi funzionari, Masakado non prende altre disposizioni. Non c’è nessuna riforma creativa del sistema di governo, nessun ragionamento approfondito su come l’autorità funzioni o come la si possa manipolare.

Con tutta la morte e la distruzione, con tutta la mirabolante impresa militare, non c’è mai una rimessa in causa dello status quo.

Quella di Masakado è una rivolta, non una rivoluzione.

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La rivolta di Masakado, di Kato Toshiro

Bisognerà aspettare un paio di secoli prima che qualcuno si ponga seriamente il problema di una forma di autorità diversa da quella Imperiale tradizionale. Bisognerà aspettare l’arrivo della power couple del millennio: Minamoto Yoritomo e Hōjō Masako.

Nel suo piccolo, Masakado ha dimostrato quanto labile sia il controllo reale dell’aristocrazia sulla regione che, ricordiamolo, è il cuore pulsante del potere militare giapponese.

Ma che dire del controllo di Masakado? Cosa ci vorrà per scalzare il miglior capobanda dell’Est?

Ci vorrà un bandito e una folata di vento favorevole. Perché come sa chi studia Storia Militare: tutti i piani del mondo non valgono una genuina botta di culo.

MUSICA!


Puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Interludio

Sesta puntata


Bibliografia

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In lingua occidentale

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PIGEOT Jacqueline, Femmes galantes et femmes artistes dans le Japon ancien, Gallimard, 2003, Paris

Welcome to the Great War, quando la divulgazione è fatta bene

Lo scopo di questo blog è sempre stato duplice: la lagna e la divulgazione.

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Da un lato serve a esternare tutto ciò che mi fa salire il nervoso (articoli scritti col culo, film di merda, la lista è lunga!), da un lato serve a raccontare in modo fruibile e (si spera) on troppo sfrangiamaroni fatti storici.

Il problema della Storia è che, pur essendo importantissima da mille punti di vista, può essere un pochettino difficile di accesso. Anche per qualcuno come me che sta buttando gli anni migliori della propria vita lavorando ad una carriera nel campo è impossibile conoscerne ogni aspetto. Ci sono migliaia di studi e saggi e dibattiti esaustivi là fuori, ognuno dei quali aiuta ad approfondire la nostra conoscenza dell’Uomo e delle società, ognuno dei quali ci rende meno vulnerabili alla manipolazione della propaganda (che AMA pescare ad glandus segugi dalla Storia!). Ma non possiamo star dietro a tutto e, nonostante la specializzazione sia fortemente sconsigliata nel mio campo, uno deve bene o male fare una scala delle priorità.

Stesso vale per la gente normale là fuori, che non ha necessariamente il tempo o la forza di sbattersi a leggere tonnellate di pagine sulla nascita del mercato monetario, sull’emancipazione femminile o sulla diffusione del bronzo nel continente eurasiatico.

Pertanto è sempre bello quando qualcuno indovina un metodo fruibile, interessante e corretto di divulgazione, che permetta alla persona lamba di dotarsi di una spolverata di conoscenza senza per forza passare le domeniche in biblioteca.

Pagine come War History Online o The Vintage News svolgono ad esempio un ruolo del genere, presentando articoli molto brevi su argomenti assortiti. Spesso la loro roba può essere poco esaustiva o un pizzico superficiale, ma lo scopo non è trattare a fondo un argomento, è darne una sommaria panoramica e magari incoraggiare il lettore a proseguire le ricerche.

Un altro medium molto importante di diffusione è Youtube. E’ un medium che io amo particolarmente perché lascia la libertà al fruitore di fare altre cose nel frattempo. Quando preparo la cena o quando ho episodi maniacali e mi metto a catalogare matite secondo la lunghezza e la marca, non c’è niente di meglio che una buona lezioncina di Storia in sottofondo!

Molti conosceranno l’ottimo canale di Metatron, i video di Schola gladiatoria, o la roba di Lindybeige (che di solito mi piace molto e poi ogni tanto mi tira fuori delle stronzate da schiaffi in viso, ma bon).

Oggi vorrei parlare dello splendido lavoro fatto da Indiana Neidell, Toni Steller e Florian Wittig.

The Great War, ovvero Indy Neidell e la Storia a piccole dosi

Chi è Indiana Neidell, il principale autore di questa gemma?

Una delle mie cotte platoniche, ma non divaghiamo.

L’omonimo del Professor Jones (altra mia cotta non tanto platonica) è un Hustoniano che ha studiato Storia alla Wasleyan University in Connecticut.

Nella primavera del 2014, con il centenario della Prima Guerra Mondiale che incombeva, Neidell ha incrociato la strada di Spartacus Olsson, un simpatico svedese poliglotta cofondatore e attuale presidente di Mediakraft Network.

Cos’è Mediakraft Network?

Un network (duh!) di canali Youtube (principalmente in lingua tedesca) con base a Monaco. Mediakraft è relativamente giovane, essendo stata fondata nel 2011, ma già dal 2014 può vantare 130 impiegati fissi e un capitale d’investimento di 16 milionazzi.

Neidell e Olsson sono venuti fuori con un’idea figa abbelva da proporre a questi rampanti markettari: un documentario “in real time”!

In altre parole, un documentario a puntate che, invece di riassumere il fenomeno in un unico episodio, ne segue passo passo il divenire.

E così nasce The Great War, una serie di video (in inglese, ma con sottotitoli per i diversamente anglofoni) che coprono, settimana per settimana, gli avvenimenti e l’evoluzione della Grande Guerra.

Spesso mi sentite soppesare i lati positivi e negativi, o cercare il difetto, o lagnarmi delle imperfezioni.

Non qui.

The Great War è una serie bella da strapparsi le mutande dall’entusiasmo e basta.

Un giovane ufficiale dell’Impero Intergalattico appostato in un POA a bordo della HMAS Encounter sorveglia gli Oomani

Ma andiamo con ordine.

In principio il documentario doveva coprire per intero la Guerra ed essere pubblicato online in diverse lingue, tra cui Polacco e Turco. Purtroppo non ebbe un seguito sufficiente per Mediakraft, che lo mollò nell’agosto del 2015.

Ma Indy e Spartacus non si dettero per vinti e, con determinazione da canadesi alla seconda battaglia di Ypres, portarono avanti il canale inglese via crowfunding, merchandising e vendite sponsorizzate su Amazon.

Sono qui per masticare gomme e fare divulgazione. E ho finito le gomme.

Nel 2016, con l’uscita del gioco Battlefield 1 (a cui Neidell ha pure collaborato), la Grande Guerra ritornò alla ribalta e il canale vide un aumento sensibile di iscritti.

Ora come ora, a pochi mesi dalla fine della serie (spoiler, novembre 2018), il canale Youtube conta quasi 900.000 iscritti e pochi giorni fa Neidell e soci hanno potuto filmare in situ al Museo dei Tank di Bournemouth.

Neidell è il principale autore della serie e il narratore. Il nostro offre episodi densi di informazioni, chiari e di facile fruizione, il tutto con rigorosi riferimenti bibliografici per i feticisti come la sottoscritta. Il suo entusiasmo e la sua passione per l’argomento sono palpabibili, e Neidell riesce a giostrare un ottimo ritmo narrativo con una mole enorme di dati e notizie.

Ogni puntata ci tiene al corrente dello sviluppo generale della Guerra, delle battaglie principali, ma prende anche il tempo di guardare il dettaglio, l’esperienza del singolo, con aneddoti , articoli di giornale del periodo, lettere o diari. Con Neidell, lo spettatore impara cos’è successo senza perdere la dimensione umana. In ogni puntata vediamo la Grande Guerra di Nazioni contro Imperi, e la piccola ma gigantesca guerra del soldato contro la mitragliatrice, contro il gas, o contro il freddo e la fame.

Per non sforare il format di puntate brevi (una decina di minuti), il nostro e il suo team hanno anche messo insieme una serie di approfondimenti su tecnologia, tattiche, personalità, arte dalle trincee, propaganda, ecc. Lo spettatore può limitarsi a seguire lo sviluppo della Guerra, approfondire l’aviazione, ascoltare uno speciale sulla poesia nelle trincee, o anche solo seguire il gruppo di allegri divulgatori nelle loro gite in situ. Gli spettatori possono anche inviare domande e dubbi, oltre che partecipare alla crescente comunità online.

Che altro chiedere?

Raccontare Gallipoli: lo stai facendo bene

I video sono arricchiti da mappe, animazioni e filmati d’epoca. Questi ultimi sono in buona parte ripresi dal colossale archivio British Pathé, un database contenente circa 85.000 documenti audiovisivi d’epoca, registrati da Pathé News tra il 1910 e il 1970.

Insomma, i video di Indy sono interessanti da ascoltare e da vedere e offrono un resoconto dettagliato, ragionato e approfondito di una delle guerre più assurde e più devastanti della Storia occidentale

I heard that it started because a bloke called Archie Duke shot an ostrich ‘cause he was hungry (cit.)

Ma non finisce qui!

Neidell e Olsson hanno messo su un altro canale: TimeGhost, dove contano continuare il concetto di “in real time documentary”.

Già sono disponibili i video della serie Between two wars in preparazione del prossimo grande progetto: un documentario in real time sulla Seconda Guerra Mondiale!

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Gente come Indy Neidell e i suoi collaboratori sono i miei personali eroi. Fanno cose utilissime in modo ottimo e fruibile. Darei un braccio per essere in grado di gestire un progetto di quelle dimensioni con altrettanta competenza, energia e dedizione.

The Great War è una serie bellissima e ho piena fiducia nei sequels che ne verranno.

Quindi andatevela a vedere, supportate il progetto, condividete i loro contenuti!

Viviamo in un periodo dove “giornalisti” scrivono puttanate senza fondamento infilandosi una penna nel culo e scorreggiando, in cui politici di rilievo sblaterano propaganda senza il minimo appiglio nel reale, in cui bufalate indegne sono condivise decine di migliaia di volte.

Iniziative come quelle di Neidell e Olsson sono un piccolo antidoto a questo merdaio di post-verità vomitata sui social.

Coltiviamo ciò che di buono ci porta l’internet!

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MUSICA!


 

La pagina Facebook di The Great War

La pagina wiki di The Great War (la serie)

Il negozio di The Great War

La pagina Patreon di The Great War

Il canale Youtube TimeGhost

La pagina Wiki di Indy Neidell

La pagina Imdb di Olsson