[Questo post doveva uscire il 9 di agosto. Chiedo scusa per il ritardo, non ho idea di cosa sia andato storto.]
Benvenuti nella terza e penultima puntata dedicata al più famoso dei Classici Militari, l’Arte della Guerra!
Per chi si fosse perso le prime appassionanti puntate, rimando ai miei articoli,
Riprendiamo da dove avevamo lasciato, le Disposizioni militari!
Un soldato Sung. No, non sono sicura che fossero davvero vestiti così. Fichez-moi la paix!
Il primo consigli che il nostro Sun Zi dà è “prima di tutto, renditi inconquistabile”, poi aspetta pazientemente che il nemico scopra un fianco. Ora, “essere inconquistabile dipende da te”, mentre “essere conquistabile” (AKA, scoprire il fianco) dipende dal nemico. Ovvero, se sei davvero bravo puoi rendere te stesso invincibile, ma anche il nemico può fare la stessa cosa.
Chi non può vincere assume un atteggiamento difensivo, chi può vincere attacca.
Questa frase contiene una grande verità, ovvero che c’è una sola cosa che trattiene un popolo dall’attaccarne un altro: non conviene.
Beninteso, questa frase non è da intendersi il modo puramente materiale. Un sacco di guerre inutili sono state combattute, anche guerre che era chiaro dall’inizio non avrebbero portato nessun vantaggio reale. Dovete pensare con la testa di chi quella guerra decide di farla (o non farla). Cosa per quella gente costituisce un vantaggio o meno?
Poco importa quanto stupida, insensata, inconcludente o controproducente sia: la guerra viene fatta perché si crede sinceramente e fermamente che conviene.
Conviene per i soldi, per la terra, per la razza ariana o per avere un posto in paradiso, ma conviene. Se non conviene non si fa.
A riprova: la guerra nucleare non conveniva a nessuno e non l’hanno fatta.
Per chi scrive fantasy: due popoli devono avere delle buone ragioni per essere alleati o nemici, per essere in pace o in guerra. Se uno dei due ha un livello tecnologico ridicolmente arretrato rispetto a quell’altro, sarà un suo subalterno. Se non ha un esercito sarà un suo subalterno. E se non lo è ci deve essere una buona ragione, dire che è così e basta non è sufficiente.
Tornando a noi, chi si limita a un atteggiamento puramente difensivo, pur avendo magari un vantaggio iniziale, non può vincere una guerra. Solo chi è capace di attaccare può preservarsi e ottenere una vittoria definitiva.
Ottenere una grande vittoria militare, celebrata dal popolo, non è il pinnacolo dell’eccellenza. Per Sun Zi dire che chi ottiene una grande vittoria è “eccellente”, equivale a dire che chi vede il sole o la luna ha una vista sopraffina. La vittoria di un uomo eccellente è conquistare chi è facile da conquistare. Chi davvero eccelle nell’Arte della guerra fa in modo di combattere un nemico che ha già perso in partenza.
La vera eccellenza comincia col mettersi in una posizione in cui non puoi essere sconfitto, il tutto senza tagliarti la possibilità di attaccare.
In parole povere, i campioni prima creano le condizioni per vincere, poi combattono una guerra vinta. I mediocri combattono prima e cercano la vittoria poi.
E, come ogni cosa cinese, chi vuole ottenere l’eccellenza deve possedere il Tao.
Ci sono più interpretazioni per cosa diavolo significhi il termine nello specifico: per alcuni si tratta della padronanza dei principi essenziali all’arte militare, per altri della padronanza delle virtù confuciane, che rendono un uomo equilibrato, previdente e amato, nonché virtuoso. Ci tengo a sottolineare l’ultima, dato che i Cinesi avevano un approccio piuttosto pratico e tautologico al Fato: se sei virtuoso, il Cielo ti favorirà e vincerai. Se vinci, vuol dire che il Cielo ti favoriva, ergo sei virtuoso.
Insomma, chi vince ha ragione.
Parlando di metodi militari, ce ne sono cinque:
- misurazione
- stima delle forze (Che tipo di forze? Che materiali?)
- calcolo degli effettivi
- considerazione e paragone delle forze
- vittoria (si prega di non barare e non saltare direttamente a quest’ultima!)
Il terreno dà luogo alla misurazione; la misurazione dà luogo alla stima delle forze; la stima dà luogo al calcolo, che dà luogo alla considerazione e paragone. Fai tutto bene, e avrai la vittoria in tasca. Ma potresti accorgerti che “far tutto bene” è più facile a dirsi che a farsi.
Potere strategico
Come comandare un grande numero di uomini? Non è diverso dal comandarne pochi. Il punto è saper dividere e configurare.
Peraltro, ci sono due metodi che permettono di vincere il nemico: quello Ortodosso e quello Eterodosso. Come si combatte il vuoto col pieno, se ingaggi battaglia con un nemico che usa tattiche ortodosse, devi rispondere con altre eterodosse. Chi è capace di sfruttare tattiche eterodosse, ha risorse inesauribili e la vittoria in pugno.
I componenti di una battaglia possono essere sempre gli stessi, ma i modi di combinarli sono infiniti (un po’ come le regole in narrativa). Parimenti ortodosso ed eterodosso si combinano all’infinito in possibilità illimitate.
Per quanto riguarda la vera battaglia, la mischia…
C’è una strana idea tra numerosi scrittori, supportata da quel maiali di Hollywood, secondo cui la battaglia è di norma un mucchio selvaggio con buoni e cattivi mischiati insieme che menano a destra e a sinistra. L’Eroe sta da solo, in mezzo al nemico, fulgido esempio per gli uomini, rigorosamente senza elmo.
E’ una stronzata.
Ci sono scrittori che non sanno descrivere le battaglie, e poi c’è l’Aliprandi…
Diversi tipi di eserciti combattono in modi diversi. Un esercito come quello di Sun Zi si muoverà in maniera diversa dalle bande guerriere di Yoritomo e Ichi-no-Tani, e in modo ancora diverso dalle troppe dell’Operazione Anaconda.
La battaglia può parere caotica, o lo può diventare, ma la prassi non cambia: quale che sia la forma, lo stile, il tempo, chi mantiene il controllo vince. Perfino in una battaglia a bande come quella di Ichi-no-Tani, i combattenti sapevano chi erano i loro alleati, quali erano gli obbiettivi, da dove dovevano passare, dove ritrovarsi e quando disperdersi.
Questo è ancora più vero quando a muoversi è un vero esercito. Può parere caotico, ma non può esserci disordine. Una mischia hollywoodiana è un cazzo di disastro, una catastrofe tattica che costerà la vita a un numero altissimo di uomini per un risultato risibile. A bloody mess.
Il che in un libro ci può stare benissimo, beninteso. Ma se pensi che quello sia il modo standard di combattere sbagli: quello è il modo standard di prendere un fracco di legnate (e probabilmente perdere la guerra).
Tornando a Sun Zi, il nostro spiega che il caos simulato è fonte di controllo: inganna il nemico fingendo disordine e spingilo a fare ciò che tu vuoi che faccia. Parimenti, fingere paura porta coraggio, fingere debolezza porta forza.
Caos e ordine sono un problema di numeri, coraggio e paura sono un problema di configurazione strategica delle forze, forza e debolezza dipendono da come hai spiegato le tue forze.
Il punto è disporsi in una configurazione tale che il nemico risponderà nella maniera che a te conviene. Offri qualcosa che vale, e cercherà di prenderla. Fagli vedere truppe ben ordinate e coordinate, e aspetterà. Il punto è sempre lo stesso: un comandante deve dirigere i suoi, e deve dirigere i loro. Spingi il nemico ad agire (o non agire) secondo quello che tu vuoi. Non lasciare mai che sia lui a guidare le danze.
La leva della vittoria è la strategia, non gli uomini in quanto tali. Chi vuole vincere deve cercare gli uomini adatti a servire la strategia, non viceversa.
Vuoto e Sostanza
Come spesso nel manuale, Sun Zi comincia con lo specificare le basi per chi fosse così tonno da non conoscerle: chi arriva prima sul terreno di battaglia sceglie come installarsi, può riposare e sarà in vantaggio. Chi arriva dopo avrà corso, sarà stanco e molto probabilmente non avrà molta scelta su dove schiaffarsi.
Come detto prima, se vuoi farli avvicinare, offri qualcosa da desiderare. Se vuoi frenarli, sbandiera qualcosa da temere.
In generale, cerca di sovvertire la condizione del nemico. Se è ben nutrito, affamalo; se è riposato, stancalo; sistemati in modo che debba correre a cercarti, precipitati dove non ti aspetta.
E sempre per la Fiera dell’Ovvio: il modo più semplice di viaggiare è attraverso un territorio non occupato. Se vuoi prendere una posizione di colpo, attacca posizioni non difese. Se vuoi occupare una posizione imprendibile, scegline una che il nemico non attaccherà.
Tutto questo per dire: se sei bravo ad attaccare, non sapranno cosa e come difendere; se sei bravo a difenderti, non sapranno dove attaccarti.
Ad esempio, vuoi ingaggiare un nemico che si trincera dietro spalti troppo tosti?
Costringilo a uscire attaccando qualcosa che deve proteggere.
Al contrario, non hai bisogno di spalti per difenderti, se sei in grado di menomare i suoi movimenti.
Devi essere flessibile e pronto a rispondere all’evenienza. Sapere quali sono le loro condizioni, ma non lasciare che sappiano, ad esempio, quale campo di battaglia hai scelto per il big showdown, così dovranno prepararsi su numerosi fronti e posizioni. Stirali il più possibile.
D’altro canto, puoi ben dirigere, raggruppare e disporre il tuo esercito (senza disperderti e stiracchiarti in mille posizioni) solo se conosci il posto e il giorno in cui conta farti il mazzo.
Peraltro, devi anche avere una chiara idea di cosa vinci e cosa perdi, e per far questo devi sapere bene con chi hai a che fare. Sun Zi consiglia di incoraggiare il nemico, in modo da farlo muovere e poter osservare il suo comportamento, quali sono le sue forze, cosa ha e cosa gli manca.
Tu, per contro, devi evitare il più possibile di assumere una forma discernibile, perché figurati: anche il nemico sta facendo lo stesso gioco, e le sue spie ti stanno studiando alla stessa maniera. Questo ti permetterà di adattarti (“come acqua”) al nemico, evitare suoi “pieni” e colpirlo nei suoi “vuoti”.
Combattimento
Il combattimento è la parte più difficile di una guerra.
Il primo che dice “Ma va’'” finisce nell’angolo in ginocchio sui ceci.
Dicevo, la cosa più difficile in combattimento è volgere lo svantaggio in vantaggio.
Di per sé, il combattimento tra due eserciti è portatore di vantaggi. Il combattimento tra masse, invece, è un casino.
Un esercito ridotto e leggero è più rapido e meglio manovrabile di una massa di coscritti coi bagagli. Ma è anche più vulnerabile.
Sun Zi sconsiglia di lasciarsi impedimenta e armi pesanti dietro per correre avanti: solo una piccola parte dell’esercito (i più forti) riusciranno ad arrivare in condizioni di combattimento, seguiti da una massa sempre più scompaginata di bagagli e gente esausta e demoralizzata. E un esercito che non ha un solido rifornimento è un esercito nei guai.
Il primo passo per vincere una guerra non è caricare a testa bassa prima degli altri, ma conoscere i piani dei tuoi avversari e preparare le alleanze che ti permetteranno di essere in vantaggio. Questo vale in particolare se prevedi una spedizione, poiché dovrai impiegare delle guide locali, ed è bene avere un’idea chiara di da che parte stanno.
Riguardo ai rifornimenti, quando saccheggi un territorio, dividi il ricavato tra le tue truppe. Sempre dividere i profitti! La gente è più disposta a morire per te se può guadagnare dal rischio.
Una cosa che spesso piaga i romanzi e i film, è la totale assenza di una catena di comando e di strumenti di segnalazione. L’eroico generale urla ordini, la soldataglia esegue, gente si scambia commenti da una parte all’altra del campo, e alla fine tutto pare una versione per ritardati della ricreazione delle elementari.
In una battaglia vera c’è casino. Tanto casino. Il fracasso di un mucchio di gente più o meno corazzata, urlante e esagitata è allucinante. Se poi ci sono artiglierie coinvolte è anche peggio.
Come fare allora a dire alla gente quello che deve fare?
Tamburi, gong, trombe, timpani… gente di posti diversi ha inventato strumenti diversi che potessero sovrastare il casino generale con un messaggio chiaro, udibile e comprensibile per lo meno dal sergente di turno. Allo stesso modo, bandiere, gonfaloni, insegne, ecc. Non sono lì per decorazione. In uno scontro si può perdere l’orientamento. Sei finito in un mucchio di nemici, ti hanno suonato come una zampogna, sangue e cervello ti colano dalle orecchie e te la fai talmente addosso che non ti ricordi nemmeno come ti chiami. Ma le insegne si vedono. Il gonfalone della tua squadra si muove, si ritira. Sai che dovete tornare indietro. E l’addestramento sovviene quando il ragionamento falla. Una sequenza di suoni conosciuti, e le tue budella sanno se vuol dire “ritirata”, “carica” o “è l’ora del tè”.
Strumenti e segnali coordinano un esercito. Uomini coordinati sono uomini uniti, e uomini uniti sono uomini che fanno un buon lavoro. Le probabilità di un temerario pazzoide che corre avanti piantando i suoi, o di un disertore che scappa per i campi sono ridotte al minimo se gli uomini sono coordinati e uniti.
Ovviamente in una battaglia notturna userai fuochi per segnalazione. Sun Zi consiglia anche di aumentare il numero di strumenti sonori. Dato che la tua carne da cannone non vede a un palmo dal naso, almeno fatti sentire.
Un altro elemento è fondamentale in un esercito, ed è quello che Sun Zi chiama il ch’i, qualcosa che in questo contesto si avvicina al nostro animus. Secondo lui, il ch’i è di solito ardente al mattino, e progressivamente più indolente lungo alla giornata, per toccare il suo minimo al tramonto. E’ ovvio che l’interesse è attaccare quando il ch’i dei nemici è basso.
Personalmente al mattino ho la testa nel culo e al tramonto potrei abbarcarti tre steri di legna senza sudare, ma sono cinesi, sono mattinieri.
Sun Zi ribadisce una carrellata di consigli: non avvicinarti ad alte montagne, non affrontare gente che ha le colline alle spalle, attento a non farti tirare in una finta ritirata, non attaccare truppe animose e non farti fregare da truppe disordinate messe lì come esca. Non metterti tra i piedi di un esercito che sta tornando a casa, e se ti trovi a dover assediare qualcuno, lasciagli sempre una via di ritirata (la prenderanno, e passeranno dove TU hai deciso di farli passare). Ugualmente, non pressare troppo un invasore esausto.
Quest’ultima pare strana. Suppongo che il rischio sia, pressandolo troppo, di rinfocolare il suo morale e ricompattare i suoi uomini. Lascia malinconia, malcontento e sconforto fare il loro lavoro.
I nove cambiamenti (che a esser fiscali sarebbero dieci)
Ci sono delle cose che un generale deve o non deve fare:
- Non accamparti in luoghi che intrappolano. In genere questo si interpreta per terreni bassi, magari in mezzo ad alture, con acqua, pantani: sono zone che si possono facilmente inondare (magari piove molto, o qualche furbo rompe di proposito un argine), e rendono l’avanzata di uomini e carri penosa
- Riunisciti coi tuoi alleati in un punto centrale, accessibile da diverse direzioni e magari da diverse strade vere e proprie.
- Non restare su terreno isolato.
- Pianifica in anticipo per quanto riguarda il terreno circondato.
- Su terreno fatale dovrai combattere.
- Certe strade non devono essere seguite.
- Certi eserciti non devono essere attaccati.
- Ci sono città che non devono essere assediate.
- Ci sono posizioni per cui non si combatte.
- Ci sono degli ordini del sovrano che devono essere ignorati. Pare ci sia un frammento qui, che aggiunge precisione. Se il sovrano ti ordina di seguire quelle strade, o attaccare quegli eserciti, città o posizioni di cui si è appena parlato… lascialo perdere. Sta col culo sul trono a centinaia di kilometri da dove tu sei. Si fotta.
Che poi tutto riviene a un oculato bilancio di cosa vinci e cosa perdi. Non combattere mai per perdere.
Non fidarti del fatto che non verranno: sii preparato (che è quello che i latini esprimevano con si vis pacem, para bellum).
Il capitolo si chiude con una nota sul generale. Ci sono cinque tratti di carattere che presentano un rischio, per lui e per il suo esercito:
- Chi è determinato a morire può essere ucciso;
- chi è determinato a sopravvivere può essere catturato;
- chi s’incazza facile può essere insultato;
- Chi è ossessionato dalla propria immagine può essere coperto d’infamia;
- chi ama la gente può esser perturbato.
- Questi cinque tratti sono catastrofi in potenza: valuta bene il tuo generale prima di mandarlo in giro con ottocentomila fantaccini.
Meditate sulle savie parole del Maestro. Perché per ora è tutto, alla prossima puntata altre chicche!
E ora, MUSICA!