Abbiamo recentemente parlato del Nuovo Ordine Mondiale, quindi mi pare solo coerente tornare a cose serie: il Vecchio Disordine Locale. Oggi continueremo la nostra serie su Taira Masakado, uno dei ribelli più fighi della Storia!
Nella puntata precedente avevamo lasciato Masakado vittorioso di un’epica battaglia combattuta nella grigia alba invernale.
Dopo aver sconfitto il suo principale avversario, lo zio/suocero Yoshikane, Masakado è felice come francese che ha appena inventato un paio di calzoni auto-rimuoventi. La stesso non si può dire di Sadamori, cugino e rivale. Il nostro è un funzionario più che non un guerriero. Non ha nessun gusto per la violenza fine a se stessa, non voleva immischiarsi nella faida familiare per cominciare! Ha cercato di restarne diplomaticamente fuori, finché Yoshikane non l’ha trascinato nel merdaio tirandolo per un orecchio.
Ora, a giochi fatti, Sadamori è infognato. I suoi potenti amici della Capitale non possono aiutarlo, non ha più alleati sul posto, non ha una banda di guerra, non ha reputazione, non ha nulla. Sadamori è cibo per corvi e lo sa.
Una sola cosa lo protegge: l’inverno. La stagione non si presta a caccia e guerra. Sotto la spessa neve dell’inverno orientale, il nostro aspetta in trepidazione, mentre suo cugino Masakado arrota la mannaia.
Due mesi dopo il disastro di Iwai, appena le strade diventano praticabili, Sadamori fa fagotto e parte per la Capitale a rotta di collo. E’ il secondo mese dell’ottavo anno di Jōhei (938).
Solo che… chi ha due pollici e i migliori scout della zona?
Masakado.
Masakado viene avvisato della fuga del cugino in poche ore. In meno ore ancora, raccatta una banda di caccia da decine di cavalieri e parte in tromba a caccia di parenti.
Meno di una settimana di corsa e BINGO! Nord di Shinano, riva del fiume Chikuma, nei pressi del tempio provinciale. Sadamori e i suoi compagni (una dozzina) sono avvistati.
Pausa un istante. Guardate la cartina. In blu sono le provincie aventi ricevuto ordine di collaborare con Masakado per la cattura di Sadamori. In rosso Shimōsa, la provincia di Masakado. In Giallo, Shinano. Masakado si è fatto circa 200Km in una settimana, attraverso pantani, sorgive primaverili, rovesci e, soprattutto, confini provinciali. Il tutto accompagnato da un congruo numero di cavalieri armati fino ai denti e infoiati come facoceri. Nel caso ve lo stesse chiedendo, sì, ciò è illegale perfino per gli standard del 938. Anche perché, come si vede dalla carta, Masakado non ha nessuna autorizzazione di passare. In altre parole, l’atto di Masakado potrebbe essere interpretato come Rivolta Contro lo Stato (muhon), il peggiore dei crimini.
Fino ad ora Masakado ha sempre giocato nei limiti della legalità (legalità molto elastica, c’è da ammettere). E’ la prima volta che sputa apertamente in faccia all’ordine stabilito.
Perché lo fa?
In primis, perché può. Ha vinto contro Mamoru, Kunika, Yoshimasa, Yoshikane. E’ il guerriero più temuto della regione, nessun sergente provinciale sano di mente si sognerebbe di dire o fare qualcosa.
In secundis, perché deve. Sadamori ha tanti amici alla Capitale e la Corte è volubile. Arrivato sano e salvo tra i nobili, Sadamori potrebbe benissimo chiacchierare nelle orecchie giuste e rovesciare la situazione. E’ un rischio che Masakado non è disposto a correre.
Dal canto suo, Sadamori ha una dozzina di compagni e le valige. Non può sperare di scappare dalla banda di Masakado. L’unico vantaggio che ha, a questo punto, è la scelta del terreno.
Spoiler…
-Ok gente.- Sadamori fa sistemare i suoi sul terreno nei pressi del tempio. -Loro sono dieci volte più di noi, ma battaglie sono state vinte in momenti peggiori, no?
-Sì, da tuo cugino Masakado.
-Ovvia, gli è capitato anche di perdere! E poi ricordiamoci: noi siamo più riposati, loro sono più stanchi, e noi siamo più convinti, perché-
La battaglia finisce in un battibaleno. Uno degli omini personali di Masakado si sbuccica un ginocchio, la banda di Sadamori viene sparpagliata tipo stormo di anatre, Sadamori riesce a stento a battersela smollando compagni, bagagli, trousse da doccia, tutto. Il brillante funzionario delle Scuderie di Palazzo si ritrova solo nella gelida primavera orientale, costretto a campare di radici e ragni, a viaggiare tra valli e pantani. Secondo lo Shōmonki, Sadamori è conciato tanto male in questo frangente che considera seriamente l’opzione suicidio. Probabilmente lascia perdere perché il pugnale era nella trousse da doccia, e ammazzarsi a sassate in fronte non è dignitoso.
Quanto a Masakado, per qualche giorno setaccia boschi e cespugli, senza riuscire ad acciuffare suo cugino. Dopo l’ennesimo incontro con una moffetta incazzata, il nostro deve rassegnarsi e lasciar perdere.
Si conclude così la seconda fase del conflitto: i disordini di Jōhei.
Perché “disordini” e non “ribellione”?
Perché, tecnicamente, nessuno si è ancora ribellato. Tolto il colore e le curiosità etnografiche, tutto il casino accaduto dal 935 al 938 è riconducibile a uno scazzo familiare che si è incarognito. Tutti i partecipanti hanno infranto la legge, ma nessuno di loro se l’è presa direttamente con il Governo. Al contrario, da loro punto di vista tutti gli uomini coinvolti in questa festa dello smembramento hanno fatto molta attenzione a non far saltare il grillo alla Corte. Le carovane di tasse non sono state disturbate, gli edifici pubblici non sono stati rasi al suolo. Masakado e i suoi nemici hanno preso molta cura di restare nella buona grazia della Corte.
Questo ha ragioni pratiche e culturali.
Come dicevamo negli articoli precedenti, la Corte è la fonte legittima di potere. Ogni società umana sopravvive grazie al fatto che i suoi membri condividono un a visione di mondo e una percezione di realtà. Noi siamo condizionati a rispettare una divisa, loro erano condizionati a rispettare, entro certi limiti, l’Autorità Centrale. E’ una pulsione radicata nel più profondo del nostro cervello, dacché la scimmia che sonnecchia in noi, sotto tutti gli strati di personalità, cultura e abitudini, sa: senza il branco sei ciccia per le iene.
Fintanto che la fonte di potere costituita continuerà ad essere legittima agli occhi della fetta più grande della popolazione, la ribellione sarà sempre qualcosa che l’individuo considererà con estrema cautela.
E qui si passa alla questione pratica. Fintanto che una certa percentuale del gruppo accetta la legittimità costituita, ribellarsi significa trovarsi solo contro tutti. Il gruppo deve tutelare se stesso, ergo deve eliminare chi minaccia la visione comune su cui tutto il resto è basato.
E’ per questo che, di solito, la rivolta è un’impresa in cui la gente si imbarca quando non vede nessun’altra alternativa. Oppure, quando la fonte di legittimità ha perso di credibilità. Quando l’incantesimo si spezza.
E’ chiaro che Masakado è ancora lontano da entrambi questi casi.
Ma le cose stanno per cambiare,.
Alto aristocratico in abito da tutti i giorni (kariginu)
Mentre Masakado e i suoi sono per calanchi e grottoni a dar la caccia a Sadamori, altro casino si preparava nella provincia di Musashi.
All’origine del chiasso abbiamo il governatore provvisorio, il Principe Okiyo, che una volta tanto ha portato il culo dalla Capitale in provincia per fare il suo cazzo di lavoro. Insieme a lui troviamo il vicegovernatore Minamoto no Tsunemoto. Se a qualcuno costui suona familiare è perché ne ho già parlato. Ma niente spoilers!
Torniamo a noi! Costoro sono due funzionari della Capitale e, come da tradizione, si trovano ai ferri corti con un magistrato di distretto, tale Musashi no Takeshiba.
L’oggetto del contendere? Banale: TASSE.
Takeshiba è un piccolo funzionario su cui ricadono i doveri più pragmatici: organizzare i lavori stagionali, raccattare le leve necessarie per le corvées di stato, assicurarsi che tutti paghino le tasse, ecc. Secondo lo Shōmonki, Takeshiba è un uomo di specchiata reputazione, capace e apprezzato dai compaesani.
Un bravo magistrato è un tesoro raro e prezioso. Allora perché Okiyo e Tsunemoto decidono di piantargli grane?
E’ probabile che il distretto fosse in ritardo con in tributi, non per cattiva volontà ma per un accordo non scritto coi funzionari precedenti (ricordiamo che il Paese – e l’Est in particolare – sta attraversando un periodo di gravi carestie).
Problema: Okiyo è un governatore provvisorio. Non deve essere amico dei funzionari locali, non gliene sbatte niente di farsi amare, tanto di lì a poco sarà di ritorno alla Capitale. E’ peraltro possibile che lui e Tsunemoto non fossero al corrente dell’accordo (o che non gliene fregasse nulla).
Inoltre, i nostri si trovavano in una posizione delicata: per certi versi sono funzionari provvisori e la loro autorità è considerata quasi illegittima. D’altro canto il funzionario vero e proprio arriverà a breve, e il protocollo obbliga Okiyo e Tsunemoto ad organizzare banchetti e riti per l’occasione. C’è quindi bisogno di fondi!
In ogni caso i nostri decidono di insegnare a questi fastidiosi distrettuali chi è il capo: raccattano le truppe di provincia e attaccano la residenza si Takeshiba. Il disgraziato non può affrontare da solo l’esercito provinciale ed è costretto ad abbandonare la base al saccheggio.
La faccenda non piace né alla plebaglia né ai piccoli funzionari di provincia. L’atmosfera è tesa, il malcontento serpeggia.
Quando Masakado torna a casa in Shimōsa, la brutta storia è sulla bocca di tutti.
-Credi che scoppierà un altro casino?- Lancia uno dei suoi fratelli. -Non vorrei che la Corte schiodasse e mandasse un Esercito di Pacificazione.
-Con tutte le grane che ci piovono in testa e la carestia alle porte, ci manca solo un bello scazzo in periodo di semina.- Masakado tamburella le dita sull’elmo. Sospira. Se lo rimette in testa. -Pranzo al sacco gente, partiamo per Musashi.
-Ma che c’entriamo noi? Non abbiamo nessun cugino da uccidere, in Musashi.
-La vita non è fatta solo di cose belle e cugini da uccidere, sai.
-Non abbiamo nemmeno interessi, in Musashi!
-Appunto. Sono il nuovo pezzo grosso della regione e non sono coinvolto nel bisticcio. Sono potente e sono super partes. Sono l’unico che può mettere pace tra questi scimuniti.
-Ma è prudente?
-Qualcuno in questo fottuto Paese dovrà cominciare a ragionare da persona adulta, prima o poi!.- Masakado si allaccia l’elmo sotto il mento. -E poi non preoccuparti, non andiamo a uccidere nessuno. Arriviamo, mettiamo tutti d’accordo, ripartiamo. Pulito e preciso, nessuno si farà male. Cosa può andare storto?
Masakado riprende la strada e va a ricercarsi Takeshiba su per i monti. Il magistrato è il più basso in grado, ma è un notabile locale, la cui famiglia vive nella regione da tempo immemore. E’ popolare e benvoluto, come lo è Masakado. La plebaglia sarà rassicurata dal vedere il Rambo di Shimōsa andare a confortare il povero distrettuale, senza mischiarsi subito coi fottuti nobiloni della Capitale LadronaTM.
I fottuti nobiloni, da parte loro, vengono a sapere dell’arrivo di Masakado e non accolgono la notizia con molta gioia.
Tsunemoto, malfidato come un chihuahua, se la svigna subito per asserragliarsi in un posto un pochino più difendibile della capitale provinciale.
Okiyo, dopo qualche tentennamento, resta agli uffici. E’ un Principe Imperiale, fottuto Inferno, non si farà certo spaventare da un guerriero senza rango!
Masakado arriva alla Capitale provinciale con Takeshiba al seguito. Okiyo sbircia dallo spioncino.
-Vi avverto, uccidere un governatore è reato di tradimento!
-Oilà, vossignoria!- Masakado gli fa un sorriso a trentadue denti. -Che onore incontrarvi!
-Non sono tuo cugino, non puoi uccidermi!
-No no, sembrerà strano, ma non vogliamo far male a nessuno.
–Ma certo!
-Suvvia, suvvia.- Masakado posa una mano sulla spalla di Takeshiba. -Ho un’idea rivoluzionaria per risolvere questa brutta storia.
Okiyo apre di uno spiraglio la porta del governo provinciale. -E sarebbe?
-Potremmo sederci intorno a un tavolo e discuterne da persone adulte.
Sguardi sorpresi tra gli astanti.
-Oibò, non ci avevamo pensato.
Alle spalle di Okiyo, uno scriba alza l’indice. -Non ci sono precedenti! Sarebbe altamente eterodo- Viene silenziato a sediate e trascinato via.
Okiyo lascia entrare i nuovi arrivati negli uffici,. Takeshiba è seguito da un pugno di compagni.
-Dov’è la tua retroguardia?
Takeshiba si stringe nelle spalle. -Dispersi da qualche parte.
-Non sai dove sono?
-Lo saprei se qualcuno non me li avesse dispersi attaccando a cazzo la-
Masakado fa scricchiolare le nocche, Okiyo e Takeshiba abbozzano, si siedono, parlano.
E il miracolo accade. Entrambi presentano il loro punto di vista, le loro necessità, gli obblighi, le difficoltà logistiche. Entrambi capiscono la posizione dell’interlocutore. Con la mediazione di Masakado, la trattativa si sviluppa, equilibrata e costruttiva, finché a fine giornata non viene raggiunto un accordo.
Gli scribi si precipitano ad aggiornare gli annali, la plebaglia ancora non si capacità che nessuno stia bruciando baracche o stuprando pecore, i guerrieri esitano, incerti se sentirsi sollevati o delusi. Tutto pare finito per il meglio, ma senza spargimenti di sangue a gratis la cosa sembra sbagliata.
Per loro fortuna la Legge di Murphy interviene.
Mentre i nostri stanno festeggiando con una solenne bevuta, un galoppino arriva da Takeshiba.
-Capo, abbiamo ritrovato la retroguardia!
-Ottimo!- Okiyo sbatte la mano sul tavolo. -Non è che potete ritrovare anche quell’altro bischero di Tsunemoto? Il figlio di puttana è sparito su per i monti e si sta perdendo questo momento storico!
-Errr…- Il galoppino sposta il peso da un piede all’altro. -Abbiamo trovato anche lui, in effetti… O meglio, la nostra retroguardia lo ha trovato…
Masakado silenzia gli astanti con un gesto. –Cosa è andato storto stavolta?
-La retroguardia… eh. Erano tagliati fuori, non sapevano cosa fare… E c’è il proverbio, no? “Nel dubbio ammazza qualcuno…”
-Oh no.
-Sono andati a uccidere Tsunemoto.
Takeshiba tentenna la testa. -Beh, era la cosa più logica da fare.
-Ci sono riusciti?
-No, Tsunemoto è in fuga verso la Capitale.- Il galoppino esita. -Pare abbia detto qualcosa del genere “Takeshiba ha messo il Principe e l’altro Ammazzasette contro di me!” e ” Lo dirò al Ministro degli Affari Supremi, brutti stronzi!”
Scende il silenzio. Masakado facepalma. Takashiba alza le mani.
-Che volete farci? Sono ragazzi!
Okiyo si schiarisce la gola. -Era troppo pretendere di concluderla ammodo, ‘sta cosa. Vediamo di non buttar via il bimbo con l’acqua sporca, dai…
-Fanculo.- Masakado si alza, acchiappa il fiasco. -Io me ne torno a casa. E voi andatevene tutti a fanculo.
Sembra un a triste conclusione per quella che sarebbe stata un’eccezionale prova di buonsenso da parte di non uno, ma ben TRE capoccia. Tuttavia non tutto finisce in mona.
Per più di un anno la situazione si calma. Okiyo continua a governare Musashi, Takeshiba se ne torna nel suo distretto, Masakado può dedicarsi ai suoi campi e ai suoi cavalli.
La pace sembra tornata nell’Est.
Purtroppo due faccende restano in sospeso. Una si chiama Sadamori, l’altra Tsunemoto.
Entrambi riescono ad arrivare alla Capitale (il primo sui gomiti, il secondo a cavallo). Entrambi cominciano a scrivere pagine su pagine di accuse e a mettono in moto la complessa macchina burocratica.
La quiete nell’Est è fragile ed effimera: quello che era cominciato come uno scazzo tra parenti sta per diventare una ribellione di proporzioni bibliche (fuoco e fiamme che piovono dal cielo, fiumi e oceani che ribollono, quarant’anni di buio, terremoti, vulcani, morti che escono dalle tombe, sacrifici umani, CANI E GATTI CHE VIVONO INSIEME… insomma, ci siamo capiti).
–
Bibliografia
YANASE Kiyoshi, YASHIRO Kazuo, MATSUBAYASHI Yasuaki, SHIDA Itaru, INUI Yoshihira,Shōmonki, Mutsu waki, Hōgen monogatari, Heiji monogatari, Shōgakukan, Tōkyō, 2002, p.7-130
FUJIWARA Tadahira, Teishin kōki (Notes journalières de l’ère Teishin), Iwanami shōten, Tōkyō, 1956
KAWAJIRI Akio, Shōmonki wo yomu (Lire le Shōmonki), Tōkyō, Yoshikawa Kōbunkan, 2009
KAWAJIRI Akio, Taira Masakado no ran (La révolte de Taira Masakado), Tōkyō, Yoshikawa Kōbunkan, 2007
KAWAJIRI Akio, Yuregoku kizoku shakai (Une société aristocratique tremblante), Shōgakukan, Tōkyō, 2008; L’ère des zuryō
KITAYAMA Shigeo, Ōchi seiji shiron (Essai historique sur la politique de la Cour), Iwanami shōten, Tōkyō, 1970
In lingua occidentale
HERAIL Francine, La Cour et l’administration du Japon à l’époque de Heian, Genève, DROZ, 2006
HERAIL Francine, La Cour du Japon à l’époque de Heian, Hacette, Paris, 1995
HERAIL Francine, Gouverneurs de provinces et guerriers dans Les Histoire qui sont maintenant du passé, Institut des Hautes Etudes Japonaises, Paris, 2004
HERAIL, Francine, Aide-mémoire pour servir à l’étude de l’Histoire du Japon des origines à 1854, lieu de publication inconnu, date de publication inconnue
HALL John Whitney , Government and Local Power in Japan, 500 to 1700, Center for Japanese Studies Univesity of Michigan, 1999,
RABINOVITCH Judith N., Shōmonki, The story of Masakado’s Rebellion, Tōkyō, Monumenta Nipponica, Sophia University, 1986
PIGGOT Joan R., YOSHIDA Sanae, Teishin kōki, what did a Heian Regent do?, East Asia Program, Cornell University, Itacha, New York, 2008
FRIDAY Karl, Hired swords, Stanford University press, Stanford, 1992
FRIDAY Karl, The first samurai, John Wiley & Sons, Hoboken, 2008
FRIDAY Karl, Samurai, warfare and the state, Routledge, New York, 2004
FARRIS William Wayne, Heavenly warriors, Harvard University Press, Cambridge
BRYANT Anthony et MCBRIDE Angus, Early samurai, AD200-1500, n.35, Osprey publishing, Oxford, 1991
PIGEOT Jacqueline, Femmes galantes et femmes artistes dans le Japon ancien, Gallimard, 2003, Paris