Bentornati in questo luogo di sconforto e perdizione. Questa sarà l’ultima puntata dedicata all’Opera Stallatica! Con questo post si conclude il resoconto sulle PRINCIPALI CAUSE che fanno di questo libro un concentrato di pattume. Ho tagliato moltissimo, anche tra gli errori più gravi, dacché il bello di questa roba è che deforma lo spazio tempo: se si dovesse fare una lista delle crasse idiozie, ne verrebbe un documento più lungo del libro. Go figure.
P.S. SPOILERS, ma un vi perdete nulla!
In omaggio alla bellissima daikatana (ugh!) di Wulf, la daibanana, grande arma samurai! (si ringraziano Sirio Signorelli e il buon Dago per l’immagine!)
Avevamo lasciato il party protagonista (Wulf e due pupazzi imbalsamati di rincalzo) in fuga, e Dekken sulla strada di casa. Ci sarebbero anche dei fili narrativi legati ad Alessandro Colonna e Nauhaus, ma sono di un’inutilità tale che a leggerla mi son cascate le palle in terra tanto forte da sfondare il pavimento, e ora sono in causa con la gattara del piano di sotto.
Dekken e il suo amichetto Auerbach erano ripartiti insieme dopo aver spedito Caleb a Bad-Hoch. Mentre laggiù si consuma un’orrida scena d’azione, i nostri concludono una tappa e si accampano in mezzo ai rovi. Perché la sottile linea tra grim fantasy e personaggi affetti da ritardo mentale è difficile da azzeccare.
I nostri sono a una barriera che delimita le terre di Dekken. Barriera che è
[…] ambigua. Come tutte le barriere.
Sul serio? Sarò strana io, o sarà una deformazione professionale vichinga, ma a me pare che il solo messaggio più chiaro di una barriera sia un muro di scudi di gente incazzata.
Ai tempi, Licia Troisi fu sbeffeggiata senza quartiere per le misure assurde e la fisica balorda dei suoi libri. Ma stuprare l’ottica e il buonsenso sono, pare, caratteristiche imprescindibili del fantasy nostrano. Difatti, dietro il muretto di cui sopra, dal nulla si materializza un cavaliere con “armatura toracica” (corazza, Altieri, si chiama corazza!) e immancabile picca (sob).
Non solo, subito dopo si manifesta pure un esercito vero e proprio. Nessuno li ha visti o sentiti arrivare, perché è noto che le armature non fanno assolutamente rumore se sciaguattate in sella a un cavallo! O forse sono tutti sordi e con 2 diottrie per occhio.
A poche centinaia di metri da questa barriera dei miracoli, Dekken dà la sua benedizione a un gruppo di miserabili che vuole rifugiarsi nelle sue terre. Mentre io mi chiedo perché uno dovrebbe accamparsi nei rovi sulla soglia di casa invece che, non so, entrare, Dekken lancia la scansione, e dopo un retrolampo in cui litiga coi suoi e insulta i luterani, riveniamo…
Al tramonto! Dekken e i suoi guardano le ombre dei derelitti sparire dietro la barriera. Sì, gli stessi che stavano per attraversarla la mattina e che solo alla sera riescono a scavalcarla. Forse anche loro, come il 98% delle comparse in questo disastro di libro, sono afflitti da un qualche handicap grave. Resta che Dekken e i suoi sono rimasti come belle statuine per un giorno intero.Guardare dei paraplegici coprire i cinquanta metri piani coi denti è davvero così interessante?
Tra l’altro siamo ancora deliziati con l’ennesimo flashback di Dekken, in cui c’è una scena tra suo fratello Karl e la futura sposa Rowena, una roba così noiosa che alla fine mi hanno dovuta rianimare con un defibrillatore.
Vi ricordate quando ho detto che Mikla era un personaggio inutile? Beh, sono stata troppo severa. Certo, è inutile, ma per lo meno sta zitta. Rowena, oltre a essere inutile, è Buona, Bella e Profonda. Il che significa che non fa nulla a parte sotterrarci sotto una marea verbale che varia da “non vuol dire un cazzo” a “chissenefrega”.
«Non pensare al metallo, Rowena. Non pensare al sangue. È soltanto un sogno.»
«Ma continua a tornare da me, quasi ogni notte. Tu sogni, Karl?»
«Tenebre.»
[…]
«I sogni vengono dalle tenebre?» La voce di lei è un sussurro. «Sei sicuro di questo?»
[…]«Non lo sono.»«Allora di che cosa sei sicuro?»
[…]«Di amarti»
«Come puoi amarmi?»
Fate finire questo inutile strazio! Giuro, questa scena romantica se la vede ad armi pari con quella troiata diseducativa di Twilight!
«Contraddizione, pericolo…» Karl serra le labbra. «Eresia.»
«Parola di fuoco.»
«E di metallo.» C’è un’espressione indefinibile sul volto di Kart von Dekken. «Non sei turbata?»
Ad ogni modo, lei lo vuole sposare, perché glielo dicono delle “voci da dentro”. Io chiamerei un esorcista, lui se la pomicia. Karl, guarda che saranno almeno in due lì dentro, non vorrai rischiare il sovraffollamento!
Intanto, tra le frasche, Dekken li spia e si masturba “a sangue”. Sticazzi, dico io.
Saltiamo a Leopold Klein, che spara a sua volta il centottesimo flashback superfluo (sul serio, se togliessimo quelli il libro sarebbe un opuscolo!). Sappiamo anche che Leopold Klein ha una biblioteca di “centinaia di volumi”. Evidentemente nella Germania del 1630 i libri costavano meno di oggi. O forse è solo un modo maldestro per far capire al lettore che Leopold è un uomo di cultura.
Dopo un’indispensabile parentesi sulle ricerche astronomiche del periodo (il sussidiario del nipotino torna utile ancora una volta!), ci viene detto che dei mercenari ubriachi stanno facendo un rogo di libri nella piazza. Il sergente e il galoppino della porta ricompaiono (quelli che volevano aggredire un inviato con lettere ufficiali), fanno irruzione nel laboratorio di Leopold, pestano lui e cercano di stuprare la moglie. Da notare che i mercenari di Altieri sono sempre in armatura, anche quando non sono in servizio e soprattutto quando progettano di scoparsi qualcuno (Excalibur ha fatto scuola).
Quando le cose stanno per mettersi male, Deveraux interviene. Se non ce ne fossimo già accorti, anche lui è uno trp fygo, e dice cose inutili mentre combatte (combatte annoiato, perché tutti sono troppo sfigati rispetto a lui, e perché il suo personaggio non era abbastanza ridicolo e cliché).
Sistemati i due sacrificabili, Deveraux e Leopold trovano che il momento è perfetto per una discussione sulle filosofie orientali. Sì, con i cadaveri in casa, un rogo fuori dell’uscio e un linciaggio in sospeso che può riprendere da un momento all’altro.
Deveraux spiega a Leopold il concetto dei cinque elementi presenti nello Zen (sarebbe meglio definirli “cinque agenti”, ma non siamo fiscali), l’haragei (in questo universo, una specie di potere magico proporzionale alla figaggine) e la ninjitudine di Wulf. Se ve lo stesse chiedendo, sì, queste sono tra le righe più retard del libro.
Leo è convinto che Wulf sia buono perché
«I bambini sentono il pericolo» non cedette Leopold. «I bambini percepiscono il male. La piccola Sarah lo adorava.
Ma certo, i bambini sentono il pericolo, è per quello che pedofili e predatori hanno una vita tanto difficile. Ma forse questa è la spiegazione degli “occhi intelligenti”. I personaggi di Altieri hanno l’età mentale di mocciosi di sei anni. Sì, ci sta.
Leo finisce per cedere e parla a Deveraux della Lutherweg, la via che porta al Monastero del Capibara. Deveraux, grande emissario e osservatore di Richelieu, quello che deve sapere tutto su tutti, non lo conosce. Un professionista, quoi!
Leo lo avverte anche che Wulf gli ha parlato di un tunnel segreto per andarsene dalla città.
«Nessuno sa chi l’ha scavato. Né quando. Forse nessuno sa che esiste.»
Pensa che culo, eh? Meno male che Wulf sa tutto, sempre e comunque. Merito dell’haragei, che ormai può giustificare virtualmente qualsiasi cosa (o forse Wulf ha letto il copione).
Frattanto Pecoraro, il mercenario sopravvissuto di Bad-Hoch, ritorna a Wolfengrad come “uomo demente”. Così demente che ha medicato alla menopeggio il garretto del cavallo e si è liberato dell’armatura per correre più leggero. L’”uomo demente” è l’unico a dar prova di gnegnero in questa festa dell’idiozia.
Parlando di idiozia, tutti si sorprendono che la missione sia finita male.
Undici di loro rappresentavano il vertice dei tagliagole della Turingia.
Wait, prima hai detto che gli undici erano stati scelti a caso tra quelli che avevano stuprato la strega, poi salta fuori che tutti loro, per caso, hanno combattuto a Bad-Hoch, e ora mi dici che erano undici assassini scelti? Qualcuno ha riletto questa chiavica, prima di mandarla alle stampe?
Veniamo anche a sapere che i soldati della “mai sconfitta” falange di Arnehm “non vengono pagati da settimane”. Genius! Perché un uomo come Van der Kaal, il capoccia, che fa il mercenario da sempre, dovrebbe fare una cosa così stupida come non pagare i suoi? Mistero. Scopriamo anche che Bolanos non sa della strage di Bad-Hoch. Come? Bolanos dovrebbe essere moribondo di cancrena? La divina provvidenza ci avrà messo una mano, non l’avete letto il Manzoni?
Parlando di Bad-Hoch… Caleb e Dale decidono di andare a parlare con l’Eretico e dopo aver fabbricato una torcia con un elastico e una caccola, scendono nel chiostro. C’è una torcia accesa accanto alla fontana calda (Bad-Hoch è costruito su una fonte termale, che viene fatta sgorgare in una piscina nel chiostro, perché i fratacchioni si divertivano a organizzare schiuma-party in cortile).
Nessuna traccia del viandante in nero.
Eccetto la torcia di cui ci hai appena parlato. O forse s’è accesa da sola.
Wulf è lì a farsi i fanghi.
Il viandante in nero sedeva a gambe incrociate sull’anello di pietre della sorgente sotterranea. Una figura remota, vagamente sacrale. Ma questo non poteva avere senso. Non per un eretico.
Perché si sa che “eretico” vuol dire precisamente “blasfemo iconoclasta ateo”. Notare poi che Wulf sa rendersi invisibile quando vuole, pur essendo un mozzarellone tedesco seduto ai raggi della luna accanto a una torcia accesa. Poteri dei ninja.
Caleb chiede a Wulf perché fa quello che fa e Wulf, mine de rien, non gli risponde e gli rifila qualche bischerata new age. Wulf è troppo figo, o troppo scemo, per esprimersi.
Poco dopo la partenza del party protgonista, i cattivi arrivano e trovano corpi smembrati impilati davanti all’ingresso.
Parecchi altri dragoni vomitarono.
Mercenari navigati, everybody! Ad ogni modo, per restare logici, la maggior parte di loro scarica le pistole sparando a dei corvi.
Dire che sono deficienti sarebbe un insulto ai deficienti.
Ma che cosa fa intanto Dekken? Cavalca nella sua bella terra, dove si fanno almeno due racolti l’anno (non credo sia umanamente possibile farne di più, con mezzi tradizionali!), in particolare patate. Strano, pensavo che i nobili tedeschi avessero investito nella patata solo nel 1750, ma Dekken è sempre un secolo e mezzo avanti a tutti!
E riparte il flashback su tutta la genealogia Dekken!
Manfred von Dekken salpa al fianco di un visionario, temerario navigatore italiano, Cristoforo Colombo, alla scoperta di un nuovo mondo.
Perché Colombo si sa era partito per scoprire un nuovo mondo. No, non per raggiungere le Indie. Leif Erikson gli era apparso in sogno.
Documenti che dimostrano una verità immane: la sfericità del mondo stesso.
SANS BLAGUE!
Ok, finiamola una volta per tutte: la faccenda dei medievalii che credevano nella Terra piatta è una BUFALA. La faccenda fu regolata nientemeno che nel III secolo avanti Cristo al più tardi.
E se vogliamo dire che ce n’eravamo scordati nel frattempo, sottolineo che: i vichinghi andavano e venivano dalla Virginia e dalla Groenlandia intorno al 1000; in opere underground poco conosciute come la Divina Commedia la Terra è tonda come una palla.
Ora, se vogliamo dire che ancora all’epoca di Colombo (e dopo, se è per questo) anche i più grandi ingegni avessero un’idea molto bizzarra della geografia terrestre e delle cose che vivevano in contrade lontane, siamo d’accordo. Per conferma basta leggersi Piano Carpini o perfino un viaggiatore più smaliziato come Marco Polo.
Ma no, gli istruiti non credevano che la Terra fosse piatta, e i non istruiti nemmeno si ponevano la questione.
Tornando a Dekken e alla sua genealogia, il nostro non ricorda il titolo nobiliare di sua madre.
Una contessa norvegese. O forse una duchessa. Reinhardt neppure lo ricordava
Perché si sa, l’araldica non è per niente il centro d’interesse di nobili rampanti.
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*Jingle*
Abbiamo accennato la puntata scorsa alla fanteria di Gustavo Adolfo, mi pare coretto concludere con la cavalleria.
Cominciamo col dire che gli Svedesi erano per tradizione più navigatori che cavalieri. I loro ronzini erano bestie ticce e robuste, tra i 110 e 140 cm al garrese. Un po’ piccini. Ma i cavalli non erano il solo problema: le armi tecnologiche (pistole, carabine, moschetti) erano di solito comprate all’estero (dacché gli svedesi non cominciarono a farne di decenti che negli anni ’40 del XVII° secolo). Anche le armature, fino agli anni ’20, erano spesso procacciate all’estero.
La cavalleria nativa era organizzata su base regionale, e riunita, nel 1627, in 5 reggimenti. In principio ogni reggimento contava 4 compagnie, che furono portate a 8 nel 1631, ognuna costituita da 125 cavalieri.
Nel 1621, dopo aver messo le mani su Riga e la Livonia, Gustavo riuscì a rimpolpare un po’ le sue file con combattenti qualificati, ma non abbastanza da fare le scarpe ai Polacchi, che come cavalieri spakkavano abbestia. Finalmente, nel 1628 gli svedesi imbarcarono 3 reggimenti interi di archibugieri ai saldi di Cristiano IV di Danimarca.
Fino agli anni ’30 del XVII° secolo, la proporzione cavalieri/fanti dell’esercito svedese era di 1 a 2, ma l’altissima mortalità nella pietaglia cambiò l’equilibrio a 1 a 1 e infine 5 a 4 nel 1636 alla battaglia di Wittstock.
I corazzieri
Costituivano la cavalleria d’élite, protetti da un carapace pesante. Erano armati di due pistole (per caricare a caracollo) e spada.
Quando Gustavo prese le cosa in mano, nel 1620, la Svezia aveva un numero ristretto di corazzieri (riuniti nell’Adelsfana), per lo più nobili che dovevano servire il re come dovere feudale e che di rado venivano impiegati in battaglia.
Le loro armature erano un problema. Pare che ancora alla battaglia di Breitenfeld fosse solo una minoranza, tra cavalieri ed alti ufficiali, a poter sfoggiare un equipaggiamento completo.
D’altro canto Breitenfeld mostrò che a vincere non era più tanto la cavalleria, quanto l’artiglieria e l’impiego della fanteria, e investire in grandi armature per i cavalieri divenne sempre meno interessante. La Fase Svedese (1630-1635) segnerebbe l’inizio del declino delle corazze pesanti.
Corazziere. Le pistole erano infilate davanti all’arcione
Gli archibugieri.
Impiegati in schermaglie di portata relativamente minore, erano armati d’archibugio (o carabina). Erano protetti in modo più leggero e anche loro dotati di pistole. In battaglia il loro ruolo era di solito la difesa dei fianchi dello schieramento di corazzieri.
Nel 1621 Gustavo li riformò e stabilì l’armamento base: corazza, elmo aperto, spada e pistole al posto dell’archibugio. In pratica soppresse gli archibugieri propriamente detti per una cavalleria leggerea bonne à tout faire, da impiegare in diverse situazioni, in supporto alla cavalleria pesante. Non sapendo bene come definirli, questi “archibugieri senza archibugio” venivano spesso chiamati semplicemente “cavalieri” (reiter).
Col maturare della Fase Svedese, i reiter di Gustavo come anche quelli cattolici furono sempre meno protetti.
Arcibugiere con archibugio, da non confondere col moschettiere!
Gli Hackapeliter, i reggimenti finlandesi.
Il nome gli veniva dal simpatico grido di battaglia (traducibile con “hack ‘em down!”): la loro ferocia selvaggia era leggendaria. Nel 1628 erano organizzati in 24 compagnie, gran parte sotto il comando di un Colonnello della Cavalleria Finlandese.
I dragoni.
Si trattava di fanteria montata, l’antenato della fanteria motorizzata. Si spostavano a cavallo ma combattevano di preferenza a piedi (come moschettieri). All’inizio non erano troppo presenti: Gustavo mise insieme il primo vero reggimento alla fine del 1630.
Nonostante fossero pochi (raggiunsero lo zenit nel 1632, con 1200 membri), erano un elemento indispensabile, dato che, alla differenza di quelle piaghe ambulanti dei cavalieri, erano più disponibili a smontare e svolgere incarichi poco “dashing” ma necessari. Erano il grasso del motore dell’esercito. Di solito venivano impiegati come esploratori, nel tenere passaggi pericolosi o in altri compiti ausiliari.
I dragoni erano di solito armati come moschettieri. Avevano moschetti a miccia (per quelli a percussione dovettero aspettare il 1635), di solito più leggeri di quelli della fanteria, tanto che potevano essere usati anche senza trespolo.
I djurskyttar, i cacciatori.
Presi tra forestali e guardiacaccia. Si suppone si occupassero di azioni di disturbo in piccole unità molto rapide. Non abbiamo molte notizie su di loro, as far as I know, se non che erano una piccola minoranza e di solito compaiono in poche decine.
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Torniamo a Wulf e soci, che intanto sono arrivati a Bad-Achen.
«Un mastio?»
«Un monastero.»
E una caramella al soldato Caleb, che non sa distinguere un monastero da un mastio. I nostri bussano.
«Chi postula?»
«Nessuno.»
Wulfgar, va’ a cagare.
Questo è quello che io chiamo un imbecille. Che razza di risposte dà? No, no, NO signor Altieri! Non venga a dirmi che è per far comprendere che la logica di questo personaggio è aliena a quella dei suoi contemporanei, perché la sua “logica” è aliena agli ominidi tutti: non è logica! E’ trolleggio idiota. E’ il ragazzino di dodici anni che si fa la foto gangsta per metterla su facebook. E’ la mocciosetta che si taglia perché fa figo. E’ fottuta stupidità e bisogno d’attenzione!
I giapponesi della stessa epoca hanno una logica molto aliena alla nostra, ma loro una logica ce l’hanno. E, a chiosa, Wulf, il più letale degli shinobi, non solo si fa notare come una ditata nell’occhio, ma è anche così gegno da dire al frate guardiano di essere un eretico.
“Un coglione scemo che si crede un coglione furbo”. Mernau, perché ci hai abbandonati?
Il frate sta, giustamente, per sbatterli fuori, quando l’abate Benno interviene.
“Come osi mandarli via?
“Ma, padre, quest’uomo è armato, insolente e si professa eretico…
“E allora? E’ un Buono!
“Ma signore, costoro sono probabilmente ricercati, magari a ragione, e…
“Fottiti, prete! Vuoi mandare a puttane la trama?
Sì, immagino sia andata più o meno così.
Willy-nilly, li fanno entrare e accomodare in refettorio per la cena.
Francescani, benedettini, trappisti, Mikla non aveva idea a quale ordine monastico
Dale, abbiamo capito che sei un po’ scema, ma per esser trappisti mi sembrano un po’ troppo chiacchieroni! A meno che in questa versione del seicento gli ordini non abbiano giocato a scambiarsi nomi e fondatori (ricordiamo, “i domenicani di Loyola”).
Dale e Caleb sono in fondo alla tavolata, in un refettorio semibuio, e stanno mangiando. Dale, che deve ricordarci di essere una povera impedita, si scopre per errore la testa (rasata a zero, il che la indica come una criminale in fuga).
Gli sguardi tornarono su di lei. Questa volta, tutti gli sguardi.
Come fanno a vederla tutti in una situazione simile? Non chiediamo. Il frate guardiano, tale Gerd, si alza e pretende di sapere perché le hanno rasato il cranio.
Ora, lasciamo perdere la realtà storica: ricordiamo che nell’universo di Altieri è considerato normale che un inquisitore stermini un convento di francescani perché hanno ospitato dei luterani e perché i loro sorci scombinano gli archivi della biblioteca! Altro che criminali in fuga.
Gerd fa prova di buonsenso, ma siccome sta trattando i Buoni con qualcosa di meno dolce che guanti di peluche morbidoso profumato alla lavanda, si attira prima il vaffanculo di Caleb (sempre sputare in faccia a chi ti accoglie e ti nutre!) e poi si fa richiamare dall’abate. Ma Gerd tiene duro. Anche Wulfgar appare, e per una volta la sua semplice presenza non basta a far crollare in terra l’avversario.
Fu l’abate Benno Frenkel ad alzarsi. «Può bastare così.»
L’abate passava Gerd di tutta la testa.
Eh già, perché il più grosso ha ragione. Bullo è bello, ricordatevelo!
La celebrazione della tirannia e della prepotenza vigliacca come cose fighe è così ricorrente in questo libro che ho arrotondato tutti gli spigoli di casa a testate.
Frattanto, Bolanos e falange sono arrivati a Bad-Hoc, dove il frate (l’unico a non sapere chi e perché ha distrutto il monastero) trova, sull’altare, un libro:
Della completa dipartita da questo mondo della Nobile Famiglia Germanica Sonderheim
anno Domini 1611
Fatemi capire, questi sono andati lì apposta per distruggere le prove e lasciano il libro lì, ancora parzialmente leggibile? Vabé, è la “mai sconfitta” falange del Cottolengo, ricordiamocelo.
Mentre Bolanos è lì, arriva Jan van der Kaal.
Comepregochi?
Ricapitoliamo: Bolanos sta a Wolfengrad, a mezza giornata da Bad-Hoch. Van der Kaal ha accompagnato Auberach ai confini delle terre Dekken, a un’altra giornata buona di viaggio (almeno). Al ritorno di Pecoraro a Wolfengrd, un messo viene mandato a Van der Kaal e Bolanos parte illico per Bad-Hoch. Come diavolo fanno ad arrivare praticamente insieme? Forse Van der Kaal ha imparato a manipolare lo spazio-tempo, come Dekken?
Ma torniamo a Leo.
Leopold guida la famiglia e Deveraux attraverso il vento di novembre, verso il cimitero. Un cimitero molto antico.
«Forse è qui da prima, molto prima di Magdeburg.» Lentamente, Leopold s’inoltrò in mezzo ai rovi, tra statue dai lineamenti indefiniti. «Quando il mondo era vuoto.»
“Questo mondo è del tutto spopolato, sai cosa gli ci vorrebbe? Un cazzo di cimitero!”
La stupidità di queste battue mi provoca dolore fisico.
Trovano il mausoleo indicato da Wulf, ma pare non esserci altro che due grossi sarcofagi, niente tunnel. Stanno per uscire quando…
«Vento…»
Heu, Leo, tira un forte vento da almeno tre pagine…
La fiamma era piegata. Come se le ombre e la pietra stessero cercando di risucchiarla.
Nella mia esperienza le bocche delle grotte soffiano aria fuori, e non viceversa, but, hey! This is Magdeburg! E un capitolo dopo l’aria soffia nel verso giusto. Una botta al cerchio e una alla botte, e siamo tutti felici!
Leo e soci scendono nel tunnel, dove trovano…
«Pipistrelli…»
Ogni volta che penso di aver toccato il fondo del retard, questo libro mi sorprende di nuovo. Adesso uno scienziato e un feroce guerriero sono convinti che i pipistrelli siano non so che strana razza di tritacarne volante o qualcosa del genere. Fatto sta che per poco non si cagano addosso. O forse ho male interpretato io. Forse sono atterriti dalla prospettiva di disturbare l’ibernazione del Rinolophus ferrumequinum.
Una dopo l’altra, anche le altre ali tornarono a richiudersi.
Il popolo delle tenebre di Magdeburg non aveva fretta, nessuna fretta.
Leopold? Grande sapiente e scienziato? Lettore di centinaia di libri? Siete in novembre, grazie al cazzo che non hanno fretta! Hai mai visto un pipistrello andare in giro a novembre? In Turingia?
I nostri telano, chiedendosi perché mei i pipistrelli non li abbiano mangiati. Giuro, non ho mai letto niente di così idiota in un romanzo.
Il flagello delle zanzare, il terrore dei moscerini!
Torniamo a Bad-Achen che è meglio, va’.
Dale, che poche ore prima stava morendo di polmonite, non ha più male al petto e ha quasi smesso di tossire. In meno di una serata. Miracoli della Turingia. Abbiamo anche un delizioso siparietto zuccheroso con lei e Caleb che si baciano. E perché no? Dopotutto lei ha subito torture, stupri di gruppo e due tentati omicidi solo due giorni prima.
Caleb esce, e trova Wulf che smartella allegramente in piena notte, magari sotto la finestra della cella di Gerd. Giusto per farsi amare. Eh, ma lui non può aspettare: deve fabbricare un bokken (che viene forgiato a martellate… wait, what?).
Il giorno dopo ripartono alla volte del fiume Lete. Ora, vi ricordate che per tutto il libro Wolf cerca di confondere le proprie tracce e fa percorsi assurdi perdendo un sacco di tempo ad minchiam? Ecco: è stato così furbo che non solo Van der Kaal ha indovinato che vuol passare il fiume, ma ha anche chiappato il guado giusto! Ma fidatevi, era tutto calcolato (stacce).
Il guado è a Lohrbeck, una cittadina di modeste dimensioni senza mura, senza ronda, senza portali d’ingresso, senza soffito, senza cucina, in via de’ matti numero zero. Dopotutto non c’è mica una guerra, nei paraggi.
Mentre Wulf va a intimidire i mercenari di guardia al ponte, Caleb e Dale vanno a fare la spesa (la gita dei bimbi speciali prevede pranzo al sacco). Sul luogo infuria una tormenta che acceca, ma nonostante tutto è giorno di mercato. O forse la neve acceca solo i cattivi che, SPOILER, stanno per arrivare.
Mentre Dale fruga sul banco dei pret-à-porter (no, non sto scherzando), Caleb viene aggredito da quattro dei suoi ex-compagni, giustamente incazzati. E io noto che questi rozzi mercenari riescono a intrufolarsi alle spalle delle loro vittime con molto più successo di Wulf. Forse i ninja dovevano prendere loro come allievi.
Wulf interviene, ma sulla collina appare la Falange di Arnhem. I nostri montano una trappola sul ponte e si preparano allo scontro finale, il più retard del romanzo.
Mettetevi comodi, servitevi una birra, preparate un cuscino per attutire il tonfo dei testicoli. Questo pezzo è GENIALE!
I Cattivi, accecati dalla bufera, caricano a spada tratta. Niente pistole, carabine, balestre, maiala di su’ ma in carrozza. Si fotta la distanza.
Van der Kaal spinse all’indietro la visiera dell’elmo, cercò di distinguere qualcosa al di là del fumo degli incendi
Quali incendi? O sarà la sempiterna cenere che Altieri ama spolverare su qualsiasi scenario? Dopotutto se fa figo in Silent Hill farà figo anche qui!
La situazione è così grumosa che i cattivi riescono a malapena a distinguere Wulf che, ricordiamolo, è un omone vestito di nero in un paesaggio innevato. Una parte di loro carica. E quando ormai sono a dieci yarde (circa nove metri?), vedono la trappola:
Grossa come il braccio di un uomo. All’altezza sbagliata, nel posto sbagliato.
Ancorata a U ai pilastri nord.
Ok, ok, frena un istante.
- Come ha fatto Wulfie a trovare una catena così grossa?
- Come ha fatto a sistemarla “a U tra i pilastri nord” senza una gru?
- Con che razza di tormenta apocalittica fanno il mercato, da quelle parti?
- Quattro.
- Botta di culo che chi costruì il ponte lì lo premunì di pilastri stile ponte di Brooklin, nell’evenienza che un giorno un ninja tedesco volesse sospendere una catena da nave per stecchire dei mercenari cattivi (gli architetti del seicento erano gente previdente).
Ma ora il pezzo forte!
Schatz strappò indietro le redini. Sentì la barra di ferro del morso squarciare, letteralmente squarciare, la bocca del cavallo. Forse Schatz urlò. O forse l’urlo fu solamente dentro la sua testa.
Il tenente Helmut Schatz pestò contro la catena con la stessa forza di un maglio su uno steccato di legno marcio. Entrambe le zampe anteriori del cavallo da guerra si spaccarono come giunchi nella tormenta. L’animale si attorcigliò sulla catena, crollò in avanti. Anche Schatz crollò in avanti. All’urto contro le travi coperte di neve congelata la sua colonna vertebrale si spezzò in tre punti.
E NON FINISCE QUI! L‘intero contingente di cavalleria riesce a ingolfarsi a tutta birra contro la catena e produrre un mucchio di carne macinata!
Corpi. Uomini, animali. Mescolati in un unico condotto di annientamento. I dragoni vennero a schiantarsi contro la catena a ondata. Un groviglio di arti, zampe, corazze, teste, viscere. Tre dragoni volarono oltre il ponte, guitti da incubo contro il cielo torbido. Picchiarono sulle rocce del Lete. Grosse eruzioni rosse si gonfiarono nelle rapide. I corpi vennero portati via dalla corrente tracciando altre scie rosse.
Il resto del gruppo d’assalto formò un covone purpureo a un terzo del ponte delle catene. Un tumulo di articolazioni sradicate, ossa spezzate, carni macellate. Correnti di sangue sciolsero lo strato di neve, filtrarono tra le fessure, grondarono nel fiume.
Mi sanguina il naso. Tutto ciò è troppo idiota per essere vero.
QUESTO E’ GENIO ALL’OPERA!
GENIO!
«Noooooo!» Jan van der Kaal perse bava e muco. «Maledetto! Noooooo!…»
Ossantidei! Ci manca solo Bolanos che si lascia sfuggire un “Gasp!”
In questo gran finale abbiamo il sunto glorioso di questa epica boiata: una base di solida stupidità impastata con nozioni inutili, tecnica fallace e sfondoni storici canditi. Il tutto glassato con gore a sconto semi-scaduto e infine una spolverata di sopraffino surrealismo.
Se Altieri avesse scritto un romanzo comico e autoironico, sarebbe forse stato un capolavoro assoluto. E non sto scherzando. C’è la creatività cialtrona, lo stile coatto, il sangue a secchiate. Come libro comico sarebbe un gioiellino imperdibile (e ripeto, sono serissima).
Ma no. Martelliamoci le balle tutti insieme e preghiamo Loyola, fondatore dei domenicani trappisti.
E ora il giudizio del GRUMPY.
Totale ignoranza della Storia sia Europea che Giapponese | ![]() |
Scene d’azione inverosimili e balorde | ![]() |
Descrizione inverosimile ed errata del funzionamento di armi e armature | ![]() |
Descrizione della razza umana che definire superficiale sarebbe farle un complimento | ![]() |
Comparse dal comportamento ridicolo, finalizzato solo a mandare avanti la trama a pedate o far risaltare la figaggine del protagonista | ![]() |
Comprimari privi di motivazioni o spessore psicologico | ![]() |
Protagonista affetto da ritardo mentale nei passaggi migliori, detestabile Gary Stu nella maggior parte del libro | ![]() |
Deveraux che combatte “annoiato” | ![]() |
Personaggi con “occhi intelligenti” che concorrono al Darwin Awards | ![]() |
Glorificazione di prepotenza, stupidità e tirannia | ![]() |
Totale mancanza di rispetto per uno dei periodi più tragici della nostra Storia | ![]() |
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I dialoghi inutili e dolorosamente stupidi | ![]() |
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Capibara of Doom! | ![]() |
Voglio sapere chi è andato a piantare edera velenosa in Turingia! | ![]() |
I pret-à-porter venduti per strada sotto una bufera di neve | ![]() |
Le coincidenze idiote (tipo una catena da nave presente per caso in un paesello della campagna tedesca) | ![]() |
I flashbacks improponibili | ![]() |
I cattivi mentecatti | ![]() |
I personaggi che fanno la scansione per interi capitoli | ![]() |
Le coincidenze che guarda i casi della vita, non ci crederai mai, ma è andata proprio così, giurin giurello, credicelo | ![]() |
Kolstadt | ![]() |
Il Rinolophus ferrumequinum | ![]() |
Un romanzo sul 1630, e niente Hackapeliter! | ![]() |
Mernau | ![]() |
Ridateci Mernau. Non sarà stato un granché come personaggio, sed in terra caecorum…
Ma ormai è fatta! Festeggiamo! Musica e mazzate!
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Bibliografia (che non si dica che le note storiche me le sono tirate di testa)
BRZEZINSKI Richard, HOOK Richard, The army of Gustavus Adolphus 1, Infantry, Osprey Publishing, Oxford, 2000
Ibidem, The army of Gustavus Adolphus 2, Cavalry, Osprey Publishing, Oxford, 1999
TURNBULL Stephen, REYNOLDS Wayne, Ninja AD 1460-1650, Osprey Publishing, Oxford, 2012
Ibidem, Mongol Warrior 1200-1350, Osprey Publishing, Oxford, 2003
NATORI Masazumi, BORDAS Bernard, MAZUER Axel, Shōninki, Albin Michel, 2009
MUSASHI Miyamoto, Traité des Cinq Rues : Gorin no Shō, Albin Michel, 1983
YAGYUU Munenori, Le sabre de vie : Heihō Kadensho, Budo Editions, 2005