Classici militari (1) : il Taigong liu tao

A me piacciono le storie di guerra. Le buone storie di guerra. Quelle in cui l’autore sa di cosa parla e rende giustizia alla più vistosa attività della nostra specie.
Mi piacciono anche i romanzi di avventura, di fantascienza, di fantasia. Quando mi capita per le mani un Abercrombie prima maniera, sono la persona più contenta del mondo.
Quando mi capita per le mani un fantasy italiano o francese, m’incazzo come una iena. Non perché ce l’ho con gli italiani o coi francesi, ma perché spesso i loro scrittori non sanno di cosa parlano quando scrivono. Sono così occupati nel cacciarti giù per il gargarozzo il loro Messaggio da boy scout che si dimenticano che hai comprato il loro cazzo di libro e pretendi una storia.
La Guerra è Brutta! o L’intolleranza è Cattiva!, e intanto quei mentecatti dei loro personaggi attendono fuori dalle mura un esercito numericamente superiore, stirano gli effettivi su ogni metro del confine nemico senza ragione, piantano tende a tiro di cannone (ok, to be fair, questa l’ha scritta un anglosassone!), danno fuoco alla città nemica e poi entrano a saccheggiarla.

[*jingle* ognuna di queste stronzate, salvo quella dei cannoni, è apparsa in un romanzo edito da una casa editrice italiana. Can you catch ‘em all?]

Essendo che la mia missione divina è quella di dispensare compassionevole cultura sulla plebaglia, ho deciso (quale abnegazione da parte mia!) di creare una piccola serie di almeno sette articoli che diano un’infarinatura estremamente generale e basilare di tattica e strategia pre-industriale. Si tratta di una serie di articoli (che non saranno uno di seguito all’altro, dacché sono una fanciulla incostante e volubile) sui sette classici militari cinesi.
Tutti conoscete L’arte della guerra. Ce ne sono altri sei. Lo so, non sono usati come aforismi nei Baci Perugina, ma esistono, giuro! Questi sette manuali hanno costituito la base dello studio militare in Cina, Corea e Giappone per secoli, e sono tutt’ora oggetto di studio (sì, certe cose non cambiano mai, e se pensate che il buon Sun Zi non sia più di attualità, sbagliate).
In altre parole, si trattava del bagaglio minimo indispensabile di un comandante. E pertanto, oggi, dello scrittore che abbia voglia di raccontare la guerra.
Questo articolo e i suoi congeneri saranno essenzialmente diversi da quelli storici. Ovvero: non mi interessa di fare una trattazione esauriente della Cina dell’XI° secolo a.C., né stabilire l’impatto di tale classico sull’élite militare di una data dinastia, né appurare se l’opera in esame è stata scritta o meno dall’autore che la tradizione ci tramanda. Quello che mi interessa in questo ambito è solo e soltanto il contenuto del manuale.

Il primo classico di cui voglio parlarvi è I sei insegnamenti segreti del Taigong (Taigong liu tao). Come detto, vi risparmio la controversia di paternità e datazione. Per la tradizione, è il più antico.
Il Taigong

Il Taigong. No, il costume non è d’epoca. Get off my back!

Tutta la prima parte del testo ruota intorno non tanto alla guerra, quanto alla politica interna: come governare un paese, come scegliere i propri collaboratori, come amministrare il popolo ecc. Difatti il Liu tao è l’unico dei sette testi ad avere un intento dichiaratamente rivoluzionario. I cinesi non hanno in simpatia i ribelli. Nessuno li ha in simpatia. Ma da che mondo e mondo chi vince ha ragione, e l’intento del Taigong è esattamente vincere contro gli Shang, la dinastia allora al potere.
Per vincere occorrono prima di tutto collaboratori adeguati. Come si usa un’esca per attirare un pesce, dice il Taigong al suo primo incontro con re Wen, si possono usare i quattrini per attirare uomini di talento. Re Wen trova la cosa molto ragionevole e i due decidono di mettersi insieme per conquistare il mondo (i cinesi sono un po’ monomaniacali da questo punto di vista, fateci l’abitudine).
Il Taigong pianta subito i primi picchetti. Solo l’uomo disposto a dividere il profitto del potere con tutti gli uomini può governare tutti gli uomini.
Ora, l’idea è che il sovrano debba essere virtuoso, dacché la sua virtù si ripercuoterà come una pioggia benefica su tutta la società. E’ un evegreen del pensiero politico cinese:  gli uomini saranno leali al sovrano che mostrerà umanità e giustizia, e lo Stato prospererà con un sovrano virtuoso perché il Cielo favorisce il Gentiluomo. Agree to disagree, ma io sono una legista senza cuore, si sa…
Ma cosa significa essere un Gentiluomo, specie per un sovrano? L’esempio portato è quello dell’Imperatore Yao. Costui non si compiaceva nel lusso, menava una vita parca in un palazzo disadorno e, cosa più importante, riduceva corvées e tasse il più possibile per non perturbare lo svolgimento dei lavori agricoli. Viveva in un vero regime di austerità, per intendersi.
D’altro canto, ricompensava con buoni salari i funzionari leali e capaci, promuoveva gente che faceva prova di pietà filiale e altre simpatiche virtù, senza tralasciare di aiutare lavoratori e proletari, il tutto assicurandosi che i sudditi rispettassero i buoni dettami morali. Suppongo che nel tempo libero Yao pettinasse coniglietti, ma è ancora il mio lato legista che fa capolino…
In quella che pare la versione ingentilita di Care Bears, il Taigong infila un punto sacrosanto: l’Imperatore di Yao ricompensava il merito e puniva la colpa, a prescindere dal fatto che l’individuo gli andasse a genio o meno.

Ma bando alle generalità, parliamo di roba concreta, tipo gli affari dello Stato!
Una buona amministrazione viene da sé se ami il popolo.
Ma come si fa ad amare il popolo, chiede re Wen, che già ha brutte visioni di se stesso intento a lavare lebbrosi e aiutare vecchine a traversare la via.
“Aiutali e non far loro del male”, dice il Taigong.
“No shit…” commenta il re Wen. Il Taigong fa finta di non averlo sentito e continua:
“Non devi sconfiggerli. Se loro hanno successo, tu hai successo.”
E precisa, bontà sua:
Non fargli perdere il lavoro. Non fargli pagare tasse pesanti. Togli l’IMU (ok, questo non l’ha detto). Riduci le spese d’apparato e torna a coprirti di pelli come l’Imperatore Yao. Re Wen già rimpiange di aver raccattato l’infame vecchiaccio in riva al fiume. Ufficiali corrotti danneggiano il popolo, aggiunge il Taigong inarrestabile. E conclude:
tratta il tuo popolo come tratteresti i tuoi figli.
Il che, nonostante la sequela di zucchero appena passata, è in effetti un buon consiglio. Implementato peraltro da un invito all’empatia: quando imponi punizioni o ricompense, pensa a cosa proveresti se il loro oggetto fossi tu. Ogni volta che rifili una tassa, pensa che stai prendendo a te stesso.

E riguardo al Governo? Che rapporto ci deve essere tra un sovrano e un ministro?
Il Taigong da’ una risposta che tutto sommato mi piace: il sovrano deve solo cercare di avvicinarsi ai subordinati. I subordinati devono solo essere sottomessi. Facile, no?
Re Wen ha un’altra orrida visione in cui prende il té con la moglie dell’amministratore di condominio, e chiede precisazioni.
Il sovrano deve essere composto, degno e quieto, dice il Taigong. Essere vicino ai subordinati non include prendere il té con loro, lo rassicura. E mentre il re tira un sospiro di sollievo, il malefico vecchio riprende: vuota la mente e attendi gli eventi con giustizia, senza cercare la rissa. Parimenti, quando si discutono affari di stato, non devi lasciar fare, ma nemmeno metterti troppo di traverso, o i tuoi ti taglieranno fuori. Un re non è niente senza i suoi subalterni, e la verità è che loro possono farti e disfarti. Per questo tutta l’arte sta nell’averci a che fare senza lasciargli troppo ascendente.
Il re non deve essere leggibile o prevedibile (consiglio che viene dato anche da Sun Zi). Non lasciar capire ai tuoi subalterni cosa bolle in pentola. Perché va bene che sarai tanto virtuoso e loro di certo ti saranno leali, ma solo i fessi si fidano del tutto.
E infine, il Tagong conclude con un’osservazione interessante:
Se vedi con gli occhi di tutti gli uomini, non ci sarà nulla che non potrai vedere. Che vuol dire: sii disponibile ad ascoltare tutti, perché la buona informazione può venire da chiunque e in qualunque forma.
GrumpyUna buona informazione può annidarsi ovunque, perfono negli articli inutili di un blog inutile!

In un’altra conversazione, re Wen convoca il vecchiaccio e suo figlio, il principe Fa (futuro re Wu e futura vittima dell’onnipresente Taigong). In questa sezione viene abbordato un altro tema caro ai cinesi: saper cogliere l’occasione. E’ votato il disastro chi, venuto il tempo di agire, esita.
Per aver fortuna, un re deve essere forte e geniale, tollerante ma anche duro, rispettoso, quieto e dignitoso. Il principe Fa mormora un “e grazie al…”, ma nessuno lo sente.

Ma torniamo all’annosa faccenda dell’avvicinarsi alla gente. Il Taigong dice: ci sono 6 preservanti e 3 tesori!
Le prime 6 sono benevolenza, giustizia, lealtà, buona fede, coraggio e pianificazione. Sono necessarie in un subalterno, e il malefico vecchio prodiga una serie di consigli per conoscere la vera natura di un candidato:
1. rendilo ricco e guarda se commette carognate;
2. dagli un rango e osserva se diventa arrogante;
3. dagli delle responsabilità e guarda se il suo comportamento cambia;
4. impiegalo e indaga se ti nasconde qualcosa;
5. mettilo in pericolo e guarda se si spaventa;
6. dagli da gestire degli affari e guarda se ciò lo perplime.
Se da ricco non commette carognate, è benevolo; se con un rango non è arrogante, è un giusto; se con responsabilità non cambia, è leale; se impiegato non ti nasconde nulla, è in buona fede; se in pericolo non si spaventa, è coraggioso; se gestire gli affari non lo perplime, è un buon pianificatore. Se è queste sei cose, tientelo stretto!
Il Taigong consiglia infatti al re una severa meritocrazia. Eleva l’uomo di valore, sbatti in fondo alla catena alimentare l’uomo da poco (come tutti sappiamo, le donne non sono umane e verranno trattate nel capitolo “cani, gatti e altri animali da compagnia”).
E i 3 tesori?
Sono i 3 tesori di un re: buona agricoltura, buona produzione artigianale, buon commercio. Tieni i contadini con i contadini, gli artigiani con gli artigiani e i mercanti coi mercanti, e tutto andrà bene. Se non permetti commisture, la gente non si metterà ad architettare infamie. Insomma, attento al conflitto di interessi.

Esistono quelli che il Taigong definisce, i 6 ladri. Come riconoscerli?
• Se i tuoi subordinati vivono al di sopra dei loro mezzi, sono ladri.
• Se la gente non lavora ma viaggia e sfoga i propri istinti. Tutti ladri (tipo me).
• Ufficiali che formano gruppi, lobbies, partiti… rubano la virtù del sovrano. Eliminali.
• Se i tuoi cavalieri sono arroganti e intrattengono dubbie relazioni con altri signori… ladri anche loro! Un guerriero ha un solo signore, chi tiene il piede in due staffe va gambizzato.
• Se i tuoi funzionari non rispettano la loro funzione e fanno i paraculi, danneggiano, frustrano e dissuadono i funzionari meritevoli: ladri, tutti loro!
• E infine, quando un clan potente diventa troppo indipendente e comincia a mangiare uomini e risorse attorno a sé.

Il Taigong e il re Wen sono ben piazzati su quest’ultima: loro hanno cominciato la loro ascesa sbranando la dinastia precedente, sanno cosa succede a lasciare una famiglia libera di crescere.

A questi 6 si aggiungono 7 latori di danni:
1. Uomini incapaci di saggezza o pianificazione strategica, ma titolari di ranghi importanti;
2. Uomini con una buona reputazione e nessuna sostanza, tizi abili ma vani;
3. Poser. Uomini che si agghindano e si atteggiano a vecchio saggio senza esserlo;
4. Poser 2.0. Gente che sa farsi notare con idee stravaganti e che sventola uno stile di vita parco e santo, gente che depreca e disprezza la decadenza d’oggigiorno ma che non ha niente di sostanzioso da metter sulla tavola;
5. Adulatori e calunniatori. Gente coraggiosa, pronta a morire, ma devota solo alla propria ambizione e alla propria avarizia;
6. Gente che vive in modo troppo raffinato: danneggiano economia e agricoltura;
7. Maghi e ciarlatani, uomini strani che confondono la brava gente ed elaborano bizzarre strategie (tipo “non si diventa ricchi con le esportazioni ma con le importazioni” *coff*).
La gente deve dare il proprio massimo, gli ufficiali devono essere sinceri, i ministri devono essere leali (anche a costo di dire al sovrano cose che non vuole sentire), i funzionari devono essere equi e puri, il cancelliere deve essere capace di rinforzare l’esercito e assicurare la protezione dello stato.
Più avanti, il Taigong mette in guardia il re. E’ vero che di regola bisogna impiegare e promuovere gli uomini di valore, ma prima di tutto bisogna riconoscerli. Non ci si può, e non ci si deve fidare di fama e apparenze.

Il re ha due strumenti per gestire i suoi uomini: ricompense e punizioni. Ricompensando un uomo degno, incoraggi altri cento a fare come lui. Punendo un uomo indegno, ne dissuadi cento. Ma come amministrarle?
Una ricompensa deve essere credibile, una punizione certa, ovvero, gli uomini devono poter contare su un premio, e devono sapere che il castigo è ineluttabile.

E ora veniamo a quello che più mi interessa:
La via militare!
Tank

Per il Taigong, la cosa più importante è l’unità.
La seconda cosa più importante?
Have a guess!
L’inganno. Fatti vedere per ciò che non sei. L’arte della guerra sta nel non fargli mai capire cosa stai per fare, cosa vuoi, cosa prepari, come stai messo.
E la terza? La terza è conoscere il tuo nemico, capire cosa sta per fare, cosa vuole, cosa prepara, come sta messo.

Ma scendiamo più nello specifico degli insegnamenti segreti marziali!
Abbiamo già sviscerato l’importanza di coltivare la virtù e di procurarsi subalterni di valore. Quanto al nemico, bisogna conoscerlo. Osservare le sue attività esterne e interne, conoscerne i pensieri e il tipo di governo. Osserva il sovrano, così come anche la gente che gli è vicina e quella che gli è lontana.
Frattanto, il tuo paese deve essere in pace e ben ordinato. E come fare? Capendo che la vita degli uomini è fatta di un quotidiano banale: preservare la quiete pubblica è il modo di tener calmo il popolo.
Pacificati e uniti i tuoi, c’è un modo “civile” di attaccarsi ad un avversario?
Secondo il Taigong, ce ne sono dodici (anvedi):
1- Assecondalo. E’ possibile che diventi arrogante e faccia un errore.
2- Avvicinati a quelli che ama, frammenta le sue relazioni. Cerca di minare la lealtà dei suoi ministri e dei suoi funzionari.
3- Di nascosto, comprati i suoi assistenti.
4- Assecondalo nei gusti, offrigli lusso e doni, trattalo con deferenza, mostrati obbediente e riempilo di ragazze.
5- Tratta i suoi ufficiali con generosità e gradualmente comincia a trattarli meglio di lui.
6- Stringi alleanze segrete coi suoi collaboratori preferiti e tienti a distanza da quelli meno apprezzati. Gli uomini di talento finiranno gradualmente sotto influenza straniera.
7- Per avere il suo cuore, coprilo di doni. Per avere i suoi uomini, mostragli che hanno solo da guadagnare con te.
8- Coinvolgilo in un piano che gli porti profitto. Si fiderà di te sempre di più, fino al momento in cui potrai usarlo e manipolarlo.
9- Adulalo.
10- Sii sottomesso e collaborativo, in modo che si fidi e ti lasci conoscere la sua vera situazione.
11- Togligli i mezzi di essere un buon sovrano, togligli la Via. Tutti amano denaro e rango e odiano sfortuna e morte, tutti, in particolare i suoi subordinati. Allettali, pascili, curateli e reclutali per la tua fazione. Una volta il lavoro completato, il nemico sarà incapace di governare, perché le funzioni chiave saranno occupate da gente fedele a te, non a lui.
12- Asseconda i suoi ufficiali dissoluti e corrompilo con una vita di lussi.
(Fottere il nemico può essere più o meno pulito, ma sarà sempre dispendioso).

Il Taigong dà infine degli strani consigli su come attaccare i nemici d’elezione, gli Shang. Visto che l’esercito di Shang è più grande di quello di Chou (il territorio di re Wen), il Taigong consiglia di fare in modo da farlo diventare ancora più vasto, perché il troppo forte finirà per rompersi e il troppo vasto per mostrare deficienze.
E’ un consiglio bizzarro. Ci fu effettivamente una battaglia tra Chou e Shang, e Shang aveva un esercito molto più grande (anche se magari non settecentomila cristi come dice la tradizione), ma perse. Oggi come oggi gli storici ritengono che Chou abbia vinto perché, nonostante il numero inferiore, le sue truppe erano migliori, più determinate e meglio addestrate.
Forse qui si intende: spingere il re di Shang a fare una leva generale. Questo non solo avrebbe danneggiato l’economia agricola del paese, ma avrebbe reso l’esercito difficile da gestire, creato più caos che altro e portato all’annientamento delle forze Shang.

Gli insegnamenti segreti del Drago
La cosa più importante per un generale in campagna, you guess it, è avere assistenti e ufficiali su cui poter contare. In un esercito, un uomo deve essere assegnato nella posizione in cui è più capace. Ciascuno secondo le proprie capacità, come direbbe un certo tizio defunto.
Il Taigong spiega la struttura dello stato maggiore. Ve lo risparmierei, ma tutto sommato ve lo meritate.
(Se sei una persona normale e odi soffrire, puoi saltare).
1 capo della pianificazione: deve fornire consiglio, conoscere i piani segreti e saper reagire alle inevitabili sorprese; cercare di prevenire dette sorprese il più possibile investigando le diverse variabili (clima, terreno, ecc); deve supervisionare la pianificazione della campagna.
5 ufficiali della pianificazione: devono pianificare sicurezza e pericolo, anticipare l’imprevisto ; valutare performances e abilità; assicurarsi che premi e punizioni siano chiari; nominare gli ufficiali; offrire consiglio.
3 astrologi (che c’é? E’ l’undicesimo secolo a.C.!): sono responsabili del calendario; dell’osservazione dei venti e del ch’i; devono predire i giorni fasti, investigare segni, verificare disastri e anomalie, e indovinare il momento in cui bisogna agire o abbandonare. Temo che fossero principalmente lì per prendersi la colpa se la festa andava male.
3 topografi: sono responsabili della disposizione strategica dell’esercito e della topografia (pensa te).
9 strateghi: devono discutere idee divergenti e i vantaggi e i rischi delle diverse operazioni; sono responsabili della scelta delle armi e dell’addestramento degli uomini; devono anche vegliare a che nessuno infranga gli ordini e i regolamenti.
4 ufficiali logistici: guess what? Si occupano di rifornimenti! Dopotutto, come disse Julian Grenfell, la guerra è un grande picnic (o, come disse Napoleone, “un esercito marcia sul proprio stomaco”) . Questi quattro tizi sono responsabili del cibo e dell’acqua, dove trovarli e come trasportarli.
4 ufficiali per Grandezza Fiorita: sounds kind of silly, ma erano importanti. Il loro lavoro era snidare uomini di valore, discutere gli armamenti e attacchi a sorpresa.
3 ufficiali dei Segnali Segreti: si occupavano di strumenti e insegne necessari per dirigere il tuo esercito, come di quelli fasulli per confondere il nemico. In battaglia c’è casino. Il generale che bercia e il fantaccino che esegue sono idiozie da filmone hollywoodiano: quando la festa comincia è tanto se un disgraziato sente i propri denti battere! Per questo un capitano non bercia, un capitano fa battere il tamburo, squillare la tromba o muovere l’insegna.
I 3 di cui sopra sono anche i responsabili di spie, ricognitori e sono loro a fornire documenti falsificati. Salvo certe eccezioni storiche celebri, uno non capita per caso in braccio all’esercito nemico. Esistono gli esploratori, e se non sei un mentecatto li usi.
4 Braccia e Gambe: responsabili di compiti base, manutenzione di argini, terrapieni e altre fortificazioni.
2 ufficiali di Collegamento: sono loro a far le pulci a tutti i tizi di cui sopra. Individuano gli errori, le cose perse o passate tra le maglie dell’organizzazione, e ci mettono una pezza; ricevono gli ospiti di riguardo e in generale se piove un cazzo dal cielo è prima di tutto un loro problema.
3 ufficiali d’Autorità: si occupano del settore “eterodossia e inganno”. Sono quelli col cilindro magico, il trio delle meraviglie!
7 Occhi e Orecchie: sono gli informatori, nonché gli ispettori.
5 Zanne e Artigli: sono quelli che devono mantenere alto il morale, pompare le truppe, spremere il meglio, con le buone o con le cattive.
4 Penne e Ali: sono i responsabili della propaganda. Quelli che forgiano e celebrano la nomea dell’esercito in modo da terrorizzare la gente e indebolire il morale nemico.
8 ufficiali vaganti: sono infiltrati del nemico. Devono spiarlo, ma anche manipolarlo.
2 ufficiali tecnici: anche loro lavorano pe la propaganda, ma invece di pompare il mito del tuo esercito, loro sono specializzati in calunnie e minacce.
3 ufficiali di prescrizione: ufficiali medici.
2 contabili: c’è bisogno che vi dica che cos’è un contabile?

Ma veniamo al grande capo, il generale. The big one. Le chef!
Che tipo deve essere il generale? Per il Taigong, il generale ha 5 talenti indispensabili e 10 eccessi possibili. I talenti sono, pensa un po’, coraggio, saggezza, benevolenza, affidabilità e lealtà (fateci l’abitudine, i cinesi sono fissati con queste virtù).
Quanto alle 10 magagne, ecco cosa dice il malefico vecchio:
essere coraggioso e trattare la morte alla leggera (può essere ucciso), essere impaziente (può essere distrutto dalla persistenza), essere venale (può essere comprato), essere troppo benevolo e quindi incapace di infliggere dolore (può essere sfiancato, esaurito), essere saggio ma timoroso (può essere sfibrato e stancato), essere affidabile ma fidarsi troppo degli altri (può essere ingannato), essere incorruttibile ma non avere affetto per i propri uomini (può essere insultato), essere saggio ma indeciso (può essere sorpreso), essere risoluto ma troppo indipendente (può essere disorientato), essere troppo fifone e delegare le proprie responsabilità agli altri (può essere ingannato).

E come fare per selezionare il generale dei tuoi sogni? Ci sono 15 casi, dice il Taigong, in cui apparenza e sostanza non combaciano. Non ve li elenco, perché il succo è sempre quello: un uomo può apparire in un modo ed essere in un altro (apparire profondo ma non esser sincero, apparire confuso ed essere al contrario leale e di sostanza, ecc.). Non giudicare dalle apparenze, un uomo può apparir buono ed esser cattivo, apparir scemo ed esser solo socially awkward. O magari può apparire debole in abiti civili e lanciato sul campo di battaglia diventa un dragone.
Insomma, come fare a conoscere un uomo? Ci sono 8 cose da fare:
1- interrogali con attenzione;
2- gira il discorso in modo da confonderli e vedi come reagiscono una volta disorientati;
3- discuti di cose su cui ti sei preventivamente informato, in modo da testare la loro sincerità;
4- questionali di nuovo in modo esplicito;
5- assegnali in posti di responsabilità finanziare e guarda come si comportano;
6- mettili alla prova con delle belle figliole e assicurati che siano gay galantuomini;
7- mettili davanti a una difficoltà e osservane il coraggio;
8- ubriacali e guarda come sono da sbronzi.
Come avrete notato, il modo di conoscere un generale è molto simile a quello consigliato da Sun Zi. Il Taigong aggiunge in particolare la parte “sbronzali”, che a me piace un casino. Da notare che anche il candidato deve fidarsi del sovrano per accettare di farsi sbronzare.
Come anche Sun Zi, il Taigong spiega che un generale in missione può e deve, se necessario, ignorare il proprio sovrano per il bene della missione. Una volta che il sovrano ha dato il mandato, deve affidarsi al generale. Una volta che il generale ha accettato il mandato, deve osare sfidare il proprio signore. Un esercito in campagna deve vincere, e pace per gli ordini del governo centrale.

Ma come fa un generale a costituirsi un’aura di rispetto? Facendo vedere che è un giusto, e fa vedere che è giusto mettendo a morte il grande e ricompensando il piccolo. Se uccidere un uomo basta a impressionare un intero esercito, non esitare, stesso vale per premiare un soldato.
Ma punizioni e ricompense non solo i soli strumenti per vincere i tuoi propri soldati. Un generale deve osservare una certa condotta, e in particolare deve far vedere che condivide il dolore della vita del soldato. Niente pelliccia in inverno o ventaglio in estate.
Una volta mio padre mi disse: in un gruppo di militari, il capo deve far capire che è capace o pronto a fare quello che ha appena ordinato ai suoi di fare. Per quanto ne so di gruppi guerrieri, è un’osservazione abbastanza esatta, e il Taigong consiglia qualcosa di molto simile. Non è solo una manovra di propaganda: il generale deve sapere cosa stanno passando i suoi soldati. L’unità è la cosa più importante. Pertanto il generale mangia per ultimo e dorme per ultimo.
Sapere che il generale ha scelto di patire come loro; sapere che il generale sa e capisce cosa stanno passando. Sono due cose che uniscono e boostano il morale di soldati ed ufficiali.

Il Taigong passa poi ai codici di comunicazione che permettono il rapido coordinamento delle tre sezioni dell’esercito (destra, centro e sinistra). Ci sono diversi codici trasmessi via listelli di bambù. A seconda della lunghezza, il messaggio sarà “vittoria”, “gli abbiamo steso il generale”, “ci hanno steso il generale”, “città presa”, “preparatevi a una difesa di stallo”, “spedisci rifornimenti”, ecc.
Data la loro importanza, i messaggi devono restare segreti. Il generale deve trattenere chi li ha portati e uccidere gli eventuali che avessero sbirciato o sentito dire, onde evitare qualsiasi fuga di notizie.
Ma cosa fare se vuoi combinare qualcosa di più complicato e un pezzo di bambù non basta a farti capire? Well, dice il Taigong, usa lettere segrete. Una lettera segreta è una lettera che viene scritta, poi divisa in tre parti, affidata a tre messaggeri che non sanno nulla né del contenuto né del fatto che ci sono tre messaggi.

Infine, si parla di come condurre la guerra. Per il Taigong, il miglior piano del mondo non compenserà mai la capacità di reagire al nemico. Puoi pianificare quello che ti pare, ma sul campo le cose cambieranno, nuovi cazzi pioveranno dal cielo o si apriranno occasioni impreviste. Peggio, il nemico può essere venuto a conoscenza dei tuo piani (ricorda che mentre tu spii lui, lui spia te). Il punto è allora essere in grado di combinare ortodosso ed eterodosso.
Un vero genio della guerra non vince sul campo di battaglia. Per i rischi di cui sopra e per preservare i tuoi e i tuoi futuri sudditi, il genio della guerra dovrebbe essere capace di vincere prima della battaglia. Manipolare la situazione in modo che il nemico non abbia occasione di farti del male.
Se devi mettere l’esercito in campo, allora tieni presente che mantenere il mondo all’oscuro di qualsiasi cosa è la migliore maniera di vincere. Oscurità e silenzio sono le parole d’ordine.
Devi ingannare il tuo nemico, e in contemporanea avere una comprensione profonda dele variabili in gioco (quello che il Taigong chiama il ciclo di yin e yang). Se ci riesci, sarai capace di discernere in quale momento puoi essere vittorioso e in quale no. Come in Sun Zi, si combattono solo battaglie vinte. Una profonda comprensione ti mette peraltro al riparo dalle due cose più pericolose per un esercito: dubbio ed esitazione. Perdi l’attimo e sei cotto.

Seguono una serie ci consigli su come menare la spedizione.
Ad esempio, se il tuo nemico si schiera con ordine, impiega alcuni dei tuoi per simulare confusione tra i ranghi. Se devi nascondere una fuga, passa attraverso zone di erba fitta e vegetazione lussureggiante. Se non vuoi avere a che fare con carri e cavalleria, attaccali in valli scoscese. Un passo o una foresta di montagna sono luoghi in cui pochi possono dar del filo da torcere a molti. Se vuoi nasconderti, zone di pantani potrebbero essere una buona idea. Se vuoi invece una battaglia schietta in cui dispiegare i tuoi, una zona aperta e pianeggiante fa al caso tuo.
Ad ogni modo un blitz è il modo migliore di attaccare: rapido, breve e inatteso. Se invece vuoi fargli una festa a sorpresa, imbosca truppe che non si aspetta e attiralo con truppe ortodosse più lontane. Se il nemico è spaventato, uno può attaccarne dieci, e lo stesso vale quando combatti gente esausta, magari al tramonto, alla fine di una lunga giornata.
Se ti trovi nell’acqua, il Taigong caldamente consiglia balestre ed armi lunghe. Nel caso qualcuno avesse la balzana idea di nuotare in bocca al nemico per prenderlo a pugni.
E nel caso avessimo a che fare con una città fortificata? Avere una buona conoscenza di terreno e movimento su una vasta area, per cominciare (è sgradevole essere presi da dietro mentre si assedia…). E una finta ritirata potrebbe avverarsi utile. Troia suona familiare?
Approfitta del tempo. Forti venti e pioggia sono sgradevoli, ma possono permetterti di assaltare il nemico. E se invece che attaccarti ai suoi soldati vuoi tagliargli le vie di rifornimento, mandargli incontro i tuoi vestiti come i loro potrebbe essere un sistema.
Intanto motiva e unisci le tue truppe. Ci sono 4 leve che puoi usare per manipolare la massa dei tuoi soldati: concedere e togliere; gioia e rabbia. D’altro canto hai degli ufficiali che sono lì apposta, no?
Le alture sono i posti più difendibili. E, parlando di montagne, i loro boschi offrono modo di andare e venire in segreto.
Grumpy2

Insegnamenti segreti della Tigre
Questa sezione si apre con un’enumerazione dei componenti necessari per un esercito in missione. E’ interessante, ma molto relativa al tipo di guerra degli Stati Combattenti, e passerei. Nel caso qualcuno vogli assolutamente la lista bel bucat… degli armamenti necessari del Taigong, non ha ce da chiedere. Vi basti sapere che per disporre l’esercito bisogna essere coscienti del cielo (Schieramento Celeste), della configurazione del terreno (Schieramento Terrestre) e dei diversi effettivi (Schieramento Umano).
Ma cosa fare se il nemico ti taglia avanzata, ritirata e rifornimenti?
Sei nella merda, sottolinea il Taigong. Attacca il prima possibile, reagisci subito. Esita e sei finito. Non concentrare tutti i tuoi su un punto, ma mantieni la divisione classica in tre corpi. Col giusto morale, potrai spezzare l’accerchiamento. Se ci riesci, evita d’impastoiarti in un lungo combattimento.
E metti caso che ciò accade in territorio nemico, magari ina zona montuosa in cui il nemico tiene le vette, è ben rifornito e in ottime condizioni.
Il Taigong è cristallino: scappa. Trova una breccia nel loro schieramento e combatti con tutto l’animo che hai per cavarti di lì.
Muoviti di notte, quando non sei visto.
Ma con un esercito alla cinese, come ottenere silenzio da una massa di coscritti strappati ai campi e presi a calci in culo fino in terra straniera? Quando siete in mille, un “chi spinge?” per uno diventa preso un baccano infernale. Il Taigong ha una risposta per tutto. Mordacchie! Ficca in bocca a ogni disgraziato una mordacchia di legno, e via camminare!
Metti truppe d’élite all’avanguardia, che sgomberino la strada in fretta per far passare il resto. Metti altri buoni guerrieri in imboscata dietro di te, in modo da segare chi cerca di correrti dietro. Schiaffa bagagli e i disgraziati immordacchiati nel centro.
Fatto ciò, avanza con calma, senza farti notare. E se ti notano, well, hai messo l’élite in testa per una ragione no? Sfonda! E se capiti davanti a un nocciolo duro, sfodera tutti i tamburi e segnali che hai, fai come se un esercito tre volte più grande fosse appena sorto dalla terra.
Con molto culo e molto coraggio potresti anche cavartela.
E come fare se sei sotto attacco e ti trovi costretto ad attraversare dell’acqua senza l’equipaggiamento necessario?
Brucia rifornimenti e carri di trasporto. Sarebbero catturati in ogni caso. Ficca nella testa dei soldati che chi combatte vive, il vigliacco muore. Nel capitolo precedente, il Taigong ha accennato a quello che chiama un Fiume Volante, usato via i Galleggianti Celesti. Si tratta di un ponte provvisorio lungo venti piedi che poteva essere gettato in fretta di traverso a un fiume. Frattanto, ordina a quelli in retroguardia di appiccare un enorme falò: servirà come punto di riferimento per orientarsi. Te cerca di scappare dove i loro carri e i loro cavalli non possono seguirti, ricompattati e riordina lo schieramento.

Altro caso, propone re Wu, metti che stai attraversando un fiume in territorio nemico, e, botta di sculo cosmica, un pioggia a monte ti frega, arriva una piena, ti affoga un po’ di gente e ti tronca in due l’esercito. Non hai ponti provvisori, non hai barche, come fai a riunire i tuoi?
“Come sarebbe che non hai ponti?” sbotta il Taigong “Chi ha pianificato l’equipaggiamento?”
Re Wu si stringe nelle spalle.
“No, dico, puta caso-
“Se non hai il Fiume Volante sei un cretino e meriti di affogare. Fine della discussione”.
Il re decide di cambiare domanda.
Poni caso che sei su un terreno che permette sia a te che al nemico di avanzare. Che fare?
Il Taigong consiglia di rinforzare le fortificazioni e le difese ma non farsi avanti. Ciò permette di accumulare rifornimenti e nascondere le tue operazioni. Il nemico non conosce la tua reale situazione e ciò è buono. Quando sei pronto, monta un blitz contro il suo punto debole.
“E se il nemico conosce le nostre intenzioni?”
Manda gruppi d’élite a provocare schermaglie giornaliere, consiglia i Taigong. Stancalo psicologicamente. Usa i soldati meno buoni per sollevar polvere e far casino, fagli credere che siamo più di quanti siamo davvero. Questo danneggerà il loro morale e confonderà i loro ufficiali. Una volta ottenuto il vantaggio morale e psicologico, attaccalo con tutte le forze di cui disponi.
E cosa fare se siamo schierati, di eguale forza e nessuno dei due osa attaccare per primo?
Se il terreno si presta, imbosca dei tuoi sui suoi fianchi. Di nascosto manda i tuoi carri/cavalieri in una posizione da cui possano tagliare l’avanguardia dalla retroguardia, e nel frattempo moltiplica il numero di insegne e tamburi nel tuo campo. Venuto il momento, attacca con tutti gli effettivi allo stesso momento. La molteplicità degli attacchi dovrebbe bastare a disorientare il generale nemico.
Bello. Ma se il terreno o la disposizione del nemico non si prestano a imboscare truppe e piazzare cavalieri? E se il nemico è più furbo di te ed è riuscito a prenderti alla sprovvista, spaventando il tuo generale e mettendo confusione tra i tuoi ufficiali?
Dopo aver controllato i suoi movimenti su un’area più vasta, imbosca truppe più lontane e attacca. Le prenderai, quindi sii pronto alla ritirata e tirati dietro il nemico su una trentina di li. Là, fai dietrofront e attacca, col supporto delle tue truppe imboscate.
Bon. E puta caso invece che sei in territorio nemico, il clima è stato inclemente (troppo caldo o troppo freddo) e una pioggia di dieci giorni ha affossato le tue difese e spappolato argini, terrapieni, e lo zelo e il morale dei tuoi soldati. Che succede se il nemico ti salta addosso di notte e che tu non sei pronto?
Prima di tutto lo zelo dei tuoi NON deve squagliarsi! Incarica un migliaio di soldati, vincolati da giuramento, di costituire una guardia speciale, che oltre a difenderti faccia mostra di organizzazione e zelo. Questo demoralizzerà il nemico (si suppone che anche loro si siano presi dieci giorni di pioggia, no?). Nel caso dovessero attaccarti e poi ritirarsi, evita di farti tirare in un’imboscata!
Buono. Re Wu si spreme le meningi.
Puta caso che sei in territorio nemico e che sia tu che loro avete assunto posizioni difensive. La differenza è che loro sono riusciti a separarti avanguardia e retroguardia e tagliarti i rifornimenti. Non puoi vincere se attacchi e non puoi resistere a lungo se ti difendi.
Il Taigong si schiaffeggia la fronte.
“Se tu avessi preparato bene la spedizione e indagato ammodo sulle loro forze e sul terreno, non sarebbero stati in grado di troncarti in due, pirla.”
Va bene, fa re Wu. Supponiamo che i tuoi stiano attraversando un terreno piatto ed esposto subito dopo pantani o foreste, e che si siano persi un esploratore o un qualche quack del genere. Il nemico attacca, ti sega in due l’esercito e ti serra a tenaglia. Non puoi vincere e non puoi difenderti, e i tuoi sono terrorizzati.
“Non succede se hai un buon sistema di esploratori e se le sezioni del tuo esercito comunicano bene” ribatte il Taigong cocciuto.
Sempre nella rubrica “situazioni probabili”, il re rilancia. Puta caso che hai preso il territorio, ma grosse città fortificate resistono e l’esercito nemico è asserragliato in montagna. Come fare ad assediare le città senza farsi ingroppare dai loro?
Il Taigong sottolinea che non è necessario ammucchiare tutti sotto le mura. Piazza cavalleria e carri in difesa della tua retroguardia e taglia i rifornimenti degli assediati.
Pare una buona idea, ma cosa succede se quelli riescono a coordinare un attacco dai monti con una sortita?
Per evitare questa evenienze, lascia agli assediati una vita di fuga per minare il loro animo. Attacca la città. Se ti va bene, i loro soldati migliori fuggiranno per raggiungere l’esercito sulle montagne, e tu potrai prendere la città. Alle lunghe, finiranno per spomparsi e arrendersi.
Non bruciare e non distruggere. Non uccidere chi si arrende. Mostrati benevolo e ruba la lealtà del loro popolo.
E puta caso, i tuoi stanno attraversando una zona erbosa in una stagione secca. Sono stanchi e ti fermi per lasciarli riposare, ma i ribaldi appiccano fuoco alla prateria e imboscano gente nelle retroguardie per affettarti mentre ti ritiri.
Per prevenire questa evenienza, hai bisogno di vedere i dintorni dall’alto. Una scala o qualcosa del genere, in mancanza di meglio. Se vedi dei fuochi, fai terra bruciata prima che arrivino. Appicca il fuoco dietro di te, e se il nemico arriva ritirati sul terreno annerito per difenderti. Fatti scudo dei carri se necessario.
Il capitolo si chiude su dei consigli su come sapere se una fortezza sta venendo smobilitata o è vuota. La cosa migliore sarebbe, ovviamente, avere una vista dall’alto. Nel caso non fosse possibile, silenzio, assenza di fumo e presenza di uccelli sono segno che il nemico se n’è andato.

Insegnamenti segreti del Leopardo
In questo capitolo continua la saga del Puta Caso, o Metti Che.
Cosa succede se ci si trova col nemico nella stessa foresta?
Il Taigong consiglia di mettere in prima linea gli arcieri e balestrieri, lancieri e alabardieri subito dietro, divisi in squadre di cinque. Immagino che ciò sia perché la presenza di tanti alberi rende poco effettivo il tiro a campana.
Dopo aver consolidato la tua posizione, manda della gente a far pulito: taglia e sgombera in modo da poter manovrare. Puoi farti appoggiare dalla cavalleria se il bosco non è troppo fitto.
E metti che, una volta tanto, è il nemico ad attaccare, invaderti e buttarti fuori dalle tue città fortificate?
Se sono stati così veloci è probabile che le loro bestie siano stanche, le loro riserve esaurite e i loro ranghi in disordine. Raduna i tuoi in una notte senza luna, and kick the shit out of ‘em.
Sì, ma se hanno diviso il loro esercito in modo che alcuni di loro siano riusciti a rifornirsi?
Fingi di volerti preparare a sostenere un assedio. Se si avvicinano, attaccali con la fanteria leggera, perdi e ritirati. Quando si avvicineranno per assediare la città, prendilo a sandwich con i cavalieri che avrai preventivamente sistemato in imboscata.
Parimenti, se in territorio nemico picchi il naso contro un esercito in buon assetto e buona forma, imbosca i tuoi migliori sulla via di ritirata e cerca di tirarteli dietro dopo un breve accrochage.
Metti che siamo incastrati in cima a una montagna?
La posizione elevata può essere un vantaggio. In ogni caso evita di disperderti e schiera i tuoi uomini in modo da poter sorvegliare tutti i versanti e reagire, quale che sia la provenienza dell’attacco.
Tornando in situazioni in cui sei in netto svantaggio in territorio nemico e pressato da un esercito migliore, il Taigong consiglia una ritirata protetta da truppe imboscate, come abbiamo già visto. Nel caso non sia possibile ritirarsi. Comprati la fuga. Oro, giada, qualsiasi cosa. Ci sarà qualcuno comprabile nel loro esercito, no?

Come attaccare i tanti con pochi?
Al tramonto, consiglia il Taigong. Tendendogli un agguato tra l’erba alta e spingendoli su un passaggio stretto. Se non ne hai a disposizione, trova il modo di attirare il generale nemico nel terreno che ti fa gioco. Se vuoi attaccare uno stato più forte di te, assicurati di avere l’appoggio dei suoi vicini.

Insegnamenti segreti del Canide
Come fare per radunare in fretta l’esercito tutto?
Il re dovrebbe aver stabilito prima un calendario e fissato il giorno e l’ora di riunione. Al momento venuto, premia i generali che sono arrivati in tempo e uccidi i ritardatari. Questo servirà d’esempio e spronerà i vari Palla di Lardo a spicciarsi. In quali casi il nemico è facilmente sconfitto?
Ci sono 14 casi in cui il nemico è facilmente sconfitto:
1- quando uomini e bestie non hanno ancora mangiato;
2- quando il clima lo mette in difficoltà;
3- quando non sono riusciti a procurarsi un terreno vantaggioso;
4- quando stanno scappando;
5- quando non sono vigilanti;
6- quando il generale non è presente;
7- quando stanno attraversando lunghe strade;
8- quando le truppe non hanno avuto tregua;
9- quando sono esausti;
10- quando appena iniziato ad assemblarsi;
11- mentre attraversano un fiume;
12- mentre si trovano in terreno difficile, con precipizi and the likes;
13- quando il loro schieramento è disordinato;
14- quando sono spaventati.

E per quanto riguarda i miei, come dovrei selezionare i miei guerrieri?
Il Taigong consiglia di selezionarli in base al loro carattere.
Ci sono uomini coraggiosi che non temono la morte e sono fieri delle loro ferite. Riuniscili in una sola unità, i Guerrieri che sfidano la Lama; raduna anche quelli dall’apparenza straordinaria, gli armadi impressionanti e gli energumeni, e chiamati Valorosi Guerrieri d’Elite; i buoni saltatori e gli uomini forti, capaci di infilarsi nei loro ranghi e tirar giù i le loro insegne, chiamali Guerrieri di Valore e Forza; i buoni camminatori e buoni corridori, insomma, gli Alpini e i Bersaglieri, schiaffali insieme nei Guerrieri Invasori; quelli che per una ragione o un’altra sono caduti in disgrazia e vogliono lavare il loro onore, tiragli su il morale mettendoli nei Guerrieri Votati a Combattere fino alla Morte; quelli che vogliono vendicarsi (coraggio, sappiamo tutti che hai qualche figlio/fratello/genero di generale/ufficiale ammazzato in guerra) mettili nei Guerrieri Irati a Morte (sì, suona stupido); i pezzenti incazzati che sono lì per far fortuna e prendersi la rivincita in faccia al mondo, mettili nei Votati alla Morte; schiavi e altra gente dal passato imbarazzante che cerca un nuovo domani, mettili negli sconsolati Incitati; gli avanzi di galera, Guerrieri Fortunati per esser Impiegati; i buoni soldati, capaci di portar pesi su lunghe distanze saranno i Guerrieri in Attesa di Ordini.

Il paragrafo sulle equivalenze tra i diversi elementi dell’esercito e sui carri da guerra ve lo risparmio, a meno che non ci siano in sala dei fan di Chou che vogliono precisioni. Vi propino invece a grandi linee la struttura dell’esercito, in modo che certuni abbiano una vaga idea di cos’è una catena di comando.
In particolare parlerò della cavalleria: un capo per cinque cavalieri, un capitano per dieci, un comandante per cento, un generale per duecento. Su terreno facile, cinque cavalieri formano una linea, quattro passi tra ciascuno e venti tra loro e la linea dietro, cinquanta passi tra i diversi distaccamenti. Su terreno difficile, dieci passi tra una linea e l’altra, due tra un cavaliere e l’altro, venticinque tra distaccamenti. Trenta cavalieri sono una compagnia, sessanta un reggimento.
E come selezionare i cavalieri?
Il Taigong traccia il profilo del candidato: meno di 40 anni, alto almeno sette piedi e cinque pollici, forte e veloce. Ovviamente devono esser in grado di cavalcare e tirare con l’arco.
Ci sono situazioni in cui la cavalleria può vincere:

  • Quando il nemico è arrivato ma il suo schieramento è ancora disordinato;
  • Quando il nemico è ben schierato ma hai la possibilità di attaccarlo a tenaglia con un blitz;
  • Quando il nemico ha grane coi rifornimenti e i suoi non sono inclini a combattere, e tu puoi attanagliarli;
  • Quando il sole tramonta e il nemico vuole riguadagnare il campo: attaccalo a tenaglia, fila attraverso la sua retroguardia e occupa il campo precludendoglielo;
  • Quando il nemico si è spinto troppo lontano dal suo ultimo appoggio e i suoi convogli di rifornimenti sono vulnerabili;
  • Quando sei su un bel terreno piatto;
  • Quando il nemico sta scappando in rotta;
  • Quando il nemico ha un visibilio di soldati e sta cercando di tornare al campo al tramonto, mangiagli i fianchi e la retroguardia.

Ci sono però nove situazioni in cui i cavalieri rischiano di prendersi una graniolata di mazzate.

  • Quando il nemico li attira in una trappola, facendoli penetrare tra i propri ranghi per poi massacrarli;
  • Quando, trascinati in un inseguimento, si fanno tirare in terreno angusto e imboscare;
  • Quando si ficcano in un Pozzo Celeste (depressioni profonde circondate su quattro lati da montagne);
  • Quando si trovano in una situazione in cui la via per entrare è ardua e quella per uscire lontana;
  • Quando attraversano territori con torrenti, profonde valli, vegetazione fitta;
  • Quando si trovano incastrati tra due corsi d’acqua;
  • Quando si trovano tagliati fuori dai rifornimenti e in una posizione in cui, se avanzano, non potranno tornare indietro;
  • Quando sono su terreni paludosi;
  • Quando si trovano su terreno piatto ma stretto a sinistra da corsi d’acqua e a destra da alture e calanchi.

E questo è tutto signori e signore. Il primo classico cinese, il Liu tao, è liquidato. Preparatevi che ce ne sono altri 6! Frattanto, il regno di Chou vi saluta. Han fatto tante nozze e tante feste e a me che c’ero un mi dettero niente.
Musica!

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Bibliografia:

Ralph D. SAWYER, The seven military classics of ancient China, Basic Books, Boulder, 1993, pag.568

Ralph D. SAWYER, The art of the warrior, Shambala, Londra, 1996, pag.304

Dai Codici a Masakado: evoluzione del sistema militare

Ogni volta che qualcuno dice “guerriero giapponese”, la prima cosa che viene in mente è Miyamoto Musashi, o samurai che si sbudellano, o mentecatti che caricano file di moschettieri. Insomma, si pensa ai tizi del Periodo Edo (1603-1867), o tuttalpiù agli psicopatici del Periodo Sengoku (1477-1603). Gli ultimi in particolare sono gente molto interessante, ma non sono usciti dal nulla. C’era un periodo in cui a comandare erano i nobili, e i guerrieri sedevano in giardino come i cani. C’era un periodo in cui gente capace solo di comporre poesie dava gli ordini.

Come primo articolo, tanto per dissuadere anche il più avventuroso lettore, parlerò dell’evoluzione del sistema militare, dai Codici alle bande armate.

E’ una storia complicata. Bisogna fare un passo indietro per capirla. Un lungo passo indietro.

Indietro, indietro…

Fino al 645.

Era l’anno della Riforma di Taika, anno in cui i giapponesi si trovavano a essere vicini di casa dei Tang. La Corte constatò che se non voleva finire sotto il concone cinese, doveva modernizzare il proprio Stato e il proprio esercito. I capoccia di quest’epoca non erano bravi quanto quelli di Meiji, ma fecero del loro meglio: composero i Codici, testi fondatori del nuovo Stato (l’ultimo, il Codice di Taihō, fu concluso nel 704). Elaborarono una nuova struttura statale burocratizzata (alla cinese) e abolirono l’antico sistema dei clan (uji). Anche i vecchi eserciti privati vennero soppressi: al loro posto si istituì un’armata statale sul concetto del contadino-soldato dei Tang, con servizio militare e corvées imposte a tutti gli uomini dell’Impero.

Gente ottimista, gli Yamato. Ma li si può capire. Bisognava uniformare i sudditi e fare in modo che fosse possibile mobilitare un esercito sterminato in poco tempo. I Tang erano dirimpettai scomodi: nel VII° secolo avevano condotto operazioni non trascurabili sulla penisola coreana. Un esempio tra tutti, nel 663 i simpatici signori dei cavalli presero a pedate i giapponesi e il loro esercito nuovo di pacca nella battaglia del fiume Paekch’on.

Tornando alla Riforma, due erano gli elementi essenziali: i sudditi e le terre arabili. La terra era monopolio della Casa Imperiale (nazionalizzazione dei mezzi di produzione, before it was cool!). Di conseguenza anche i contadini lo divennero, in quanto era lo stato ad assegnare i lotti coltivabili. A qualcuno questo potrebbe ricordare un sistema feudale. Non lo era. L’alta aristocrazia della Corte giapponese è civile. Niente a che fare coi nostri guerrieri Franchi: questi sono burocrati e fieri di esserlo.

Quanto alla riforma militare, il nuovo esercito aveva, in teoria, tre vantaggi principali:

  1. era rapidamente mobilizzabile;
  2. aveva un basso costo di mantenimento rispetto al numero;
  3. indeboliva i vecchi capi-clan e spezzettava l’antica aristocrazia militare (a nessuno piace avere capetti armati sparpagliati per il territorio).

Per non scontentare del tutto questi ultimi, il governo li integrò come ufficiali e come responsabili della leva o dell’addestramento degli uomini. Aspettatevi figure di merda a pioggia, perché questo sistema di milizie cinesi funzionò quanto la riforma Gelmini.

Già imporre il nuovo sistema fu un’impresa. Le prime modifiche furono operate già dall’Imperatore Tenmu (631-689), poi da Jitō, che pretese un censimento preciso della popolazione. Certo, se vuoi un servizio militare sull’insieme della popolazione, il censimento è importante, ma i primi registri vagamente affidabili non daterebbero che del 690 (mezzo secolo dopo l’inizio dei lavori). L’applicazione pari pari del sistema cinese non era possibile, e se ne resero conto.

Il compromesso finale (per modo di dire) venne sancito dal Codice di Taihō, nel 704:

il Governo mantiene un esercito di leva basato su milizie locali, ma incoraggia anche la selezione e l’addestramento di guerrieri d’élite, nella fattispecie gli arcieri pesanti montati (che avranno un successo strepitoso fino almeno all’arrivo del moschetto!).

Tanto per segare meglio le gambe alle antiche élites locali, le vecchie provincie sotto il loro controllo furono abolite o retrocesse a distretti. Ne furono create di nuove, kuni, raggruppate in 8 Circuiti, dō : Tōkaidō, Tōsandō, San’yōdō, San.indō, Nankaidō, Saikaidō, Hokurikudō.

Gli 8 circuiti, da un disegno di Francine Hérail

In parallelo, fu creato un sistema di ranghi di corte. L’aristocrazia provinciale fu relegata ai ranghi “esterni” e si trovò in generale tagliata fuori dalle funzioni più importanti (in sintesi, abbiamo alta nobiltà, media nobiltà, piccola nobiltà, e nobili esterni). A ogni rango corrispondono delle funzioni. La differenza essenziale col modello dei Tang è che se in Cina rango e funzioni erano assegnati via esame, in Giappone la nascita ha continuato a giocare un ruolo preponderante.

Infine, in ogni nuova provincia fu costruito un centro amministrativo provinciale (kokufu). Si tratta di cinte quadrate di 90m di lato in cui si trovano tutti gli uffici, il posto di guardia, e il resto della roba che dovrebbe servire a una gestione sensata del territorio. La provincia è tenuta sotto controllo da 4 funzionari civili, a cui sono sottoposti, come vedremo più avanti, dei funzionari militari (almeno nella teoria).

Organigramma indicativo, i funzionari cambiavano in numero e qualità secondo la taglia delle provincie

L’unico ufficiale fisso avrebbe dovuto essere il magistrato di distretto (gunji), di solito scelto tra gli antichi capi-clan (ovvero notabili con una lunga tradizione sul territorio, perché si sa, la Rivoluzione perdona chi sa guidare il treno). Gli altri quattro funzionari dovevano cambiare e restare in carica 4 anni, ma la cosa non fu molto rispettata e nel X° ormai solo il governatore (kami) e il vicegovernatore (suke) cambiavano. Ma di questo parleremo poi!

Anche la popolazione fu suddivisa in unità amministrative. La taglia era molto variabile a seconda le regioni (più o meno popolate).

Tutto ciò è indispensabile alla vostra felicità, credetece!

La seconda divisione data del 715. Il capo del (come il capo del ko nella prima divisione) era responsabile dei registri contabili e catastali, delle tasse, delle corvées e della buona condotta. Le “terre secche” (le uniche a poter essere, in teoria, “possedute”) non erano contate come terre tassabili/pubbliche: solo le risaie erano considerate tali. Anche questa soluzione non funzionò un granché.

Ma veniamo alla parte divertente: il sistema militare!

Anche quello fu accentrato alla Corte. La guerra privata fu vietata. In teoria, occorreva un Decreto per mobilizzare più di 20 uomini. E dico “in teoria” per una buona ragione. Leggerete un sacco di “in teoria” in questo articolo, perché nulla funzionava come avrebbe dovuto.

In tempo di pace, il Dipartimento degli Affari Militari e i cinque uffici che gli erano sottoposti gestivano i registri (inventari, cavalli, coscritti, fuochi di segnalazione, strade, ecc.) e vegliavano all’equilibrio militare nelle provincie. Il Dipartimento contava anche sui governatori provinciali, che in teoria erano tenuti a rendere un rapporto alla fine di ogni anno.

Eccezion fatta per i nobili o i detentori di certi ranghi medi e bassi, qualsiasi uomo tra i 20 e i 59 anni poteva essere chiamato alle armi. I loro nomi erano segnati nel registro della milizia della loro zona (gundan), registro di cui la copia veniva inviata al Governo. Potevano essere chiamati nei limiti del numero di giorni di servizio stabiliti dai Codici.

In teoria, ognuno di loro doveva servire 1 anno alla Capitale e 3 anni alla Frontiera (Kyushu, o nel Tōhoku, contro gli emishi), e doveva essere equipaggiato e nutrito dal proprio ko. Il servizio comprendeva anche la guardia alla provincia, il che includeva mantenimento dell’ordine pubblico, ronde, addestramenti, manutenzione di armi e infrastrutture. Durante il periodo di Servizio, il Governo aveva la bontà di esentare i coscritti e i loro ko dal resto delle tasse per un periodo di tempo variabile.

Un uomo del gundan in armi, copiato da una ricostituzione del Jidai Matsuri (perché non ho messo la foto direttamente? Perché mi diverto male)

I gundan erano di taglia variabile (tra i 500 e i 1000 uomini), ma badate: non vuol dire che ogni provincia avesse la sua bella milizia pronta e scattante! Il gundan è un’unità amministrativa, non tattica. E ad ogni modo furono sempre un fiasco.

E’ interessante notare che i Codici vietano di mischiare unità di fanti e unità di cavalieri: i loro tai dovevano essere rigorosamente distinti. Come vedremo, la tattica che ebbe successo sul terreno presuppone l’esatto contrario.

Ma parliamo del servizio che più pesava sui sudditi: il servizio alle Frontiere. Quali frontiere?

Quella sud-ovest, per esempio, in Kyushu. Coi Tang a un tiro di sasso, era necessario presidiare la zona, e a far questo c’erano i sakimori, la cui vita infelice era proverbiale. Potevano consolarsi con l’idea che per lo meno non erano stati arruolati nei chinpei. Costoro, creati nella prima metà dell’VIII° secolo, guardavano la frontiera del Tōhoku (in particolare le provincie di Mutsu e Dewa), dove la Corte continuava a spingere, mangiandosi con lacrime sudore e sangue un territorio infestato di emishi.

Gli emishi, gente misteriosa. Erano arcieri a cavallo, e arcieri bravi. Non erano sottomessi nel VII° secolo e non lo sarebbero stati fino al XII° (poi senti i russi che si lamentano dei Ceceni). In uno dei millemila tentativi di schiacciarli, la Corte creò il chinjufu, un governo militare locale. Manco a dirlo, funzionò poco, ma hey, poteva andar peggio! Almeno non ha perso terreno!

Tutto ciò rischia di diventare blandamente interessante, quindi torniamo alla Corte. Vi ricordate uno dei vantaggi del nuovo esercito? QUello di essere velocemente mobilizzabile? Scordatevelo. La capacità della burocrazia di rovinare tutto ciò che tocca è universale.

L’iter per mettere i remi in acqua era folle. In caso di rivolta o problema serio, delle commissioni venivano create per analizzare la situazione. In seguito il Consiglio di Stato decideva. In seguito veniva emesso un editto imperiale. In seguito il Dipartimento degli Affari Militari doveva presentare un preventivo su costi, gente, materiale ecc. richiesti dall’operazione. In seguito il Consiglio di Stato inoltrava alle diverse province la lista della roba/gente da fornire.

Non sembra terribile, dai…  se non c’era nessun intoppo lungo la strada!

Se non capitava nulla del tipo: direzioni vietate (sì, i burocrati certi giorni non potevano svoltare), giorni infausti, messaggeri sgozzati dai numerosi briganti sulla via per la provincia, disaccordi tra alti dignitari, e di sicuro ne sto dimenticando, perché a inventare pasticci i nobili erano campioni.

In teoria un esercito di campagna ufficiale doveva contare 3 gun (unità tra i 3000 e i 12000 uomini), ognuna agli ordini di uno shōgun, quest’ultimo assistito da un numero variabile di ufficiali e facente capo a un unico taishōgun supremo, responsabile della spedizione e detentore delle spade rituali simbolo di autorità. E in tutto ciò nessuno degli alti ufficiali era un militare di professione.

E se ve lo steste chiedendo: no, non funzionava un granché.

Infine, parliamo un po’ del servizio alla Capitale. Qui si trovavano gli unici militari davvero attivi un giorno sull’altro. E anche costoro subirono non pochi rimpasti e riforme, sintetizzati nell’immagine qui sotto.

Dal saggio di Friday, Hired swords

Riassumendo, nel IX° secolo si stabilì il sistema delle Sei Guardie.

  1. Guardie del corpo (destra e sinistra): 300 uomini per sezione, scelti dopo un esame delle loro competenze con l’arco e a cavallo. Nel X° e XI° erano presi per un quarto tra i sudditi, e per tre quarti tra i figli di dignitari tra il sesto e l’ottavo rango (ci capitavano anche rampolli importanti che stavano parcheggiati lì in attesa che si liberasse una funzione all’altezza dei loro natali). Nel X° i loro generali erano ministri, gran consiglieri o secondi consiglieri. In teoria dovevano proteggere l’Imperatore. Nei fatti erano più che altro un corpo da parata, che non fu mai messo davvero alla prova.
  2. Guardie delle Porte (destra e sinistra): 600 effettivi per sezione, impiegati anche nel Bureau di Polizia (kebiishi-chō). Proteggevano le porte della Città e del Palazzo interno, scortavano i dignitari e si occupavano dell’illuminazione del Palazzo. Nel X° si trattava di uomini delle province, nutriti ed equipaggiati a spese di queste ultime e tenuti per un servizio di 3 anni (salvo prolungamento). Gli venne aggiunto un altro corpo, i kadobe, 60 per sezione, presi tra i figli dei dignitari tra il sesto e l’ottavo rango, col compito di sorvegliare le porte esterne del Palazzo.
  3. Guardie dei Gendarmi (destra e sinistra): 200 per sezione, un quinto preso tra i soggetti e il resto tra i funzionari subalterni. Scortano i grandi personaggi insieme alle Guardie del Corpo. Quando la casa di un Principe Ereditario veniva sciolta, i suoi uomini finivano di solito in questa Guardia.

La carriera militare era la sola aperta a tutti i pesci medi e piccoli, tagliati fuori dalla prestigiosa carriera civile. Per i provinciali, a parte il servizio privato presso un personaggio importante, le Guardie potevano essere il solo modo di ritagliarsi una posizione.

Come avrete potuto intuire, tutta la faccenda dei Codici non fu molto performante (ma nemmeno disastrosa, bisogna dire). C’erano diversi quacks. Il servizio militare fu per esempio una pessima idea: dopo un certo numero di fughe, diserzioni e fallimenti, si cominciò a reclutare sempre meno contadini e sempre più notabili locali, che avevano i mezzi di armarsi e addestrarsi.

L’arciere a cavallo è qualcosa che costa. Costa molto in materiale e tempo. Come in Europa, questo fu uno dei fattori che portò al costituirsi di una classe specializzata nel mestiere delle armi. Per citare Friday, cavalry were born, not made. I notabili locali avevano de facto il monopolio del nocciolo duro dell’esercito.

Arciere pesante a cavallo, XI° secolo

Nell’VIII° secolo, bastonati da una serie di carestie, gli aristocratici decisero di mantenere l’apparato di Corte e tagliare sulla difesa (originale, vero?). Tagliarono i giorni di servizio e il numero di coscritti (il gundan fu abbandonato in buona parte del Paese nel 739 e abolito nel 792, salvo in Mutsu, Dewa e Sado), cercarono di limitare pratiche del tipo “straportiamo gente dell’Est attraverso tutto il Paese per fargli sorvegliare Kyushu”. In contropartita, incoraggiarono l’arruolamento tra i cadetti o i figli dei piccoli nobili o dei notabili locali (i cavalry di cui sopra).

D’altro canto, nel corso degli anni i dignitari moltiplicarono le funzioni surnumerarie (che in Europa avevamo la decenza di chiamare per quel che erano, sine cura), facendo esplodere il bilancio. Le tasse, e soprattutto le corvées, erano troppo pesanti. I contadini fuggivano dai campi e si davano al brigantaggio, o finivano miserabili alla Capitale, o si rimettevano sotto la protezione di un privato. Perché nonostante fosse vietato possedere la terra, gli alti dignitari e le grandi istituzioni religiose (e non solo) trovarono il modo di farlo lo stesso: questi latifondi si chiamano shōen, e sono una delle cause principali della debolezza della Corte come istituzione.

Da un punto di vista militare, alla fine dell’VIII° secolo, esclusi brigantaggio e pirateria diffusi e rampanti, l’unica grossa gatta da pelare restava il Nord-Est: le province di Mutsu e Dewa, abitate dai Barbari (emishi). L’occupazione militare aveva pacificato la regione tanto quanto le colonie Israeliane la Palestina, ma al Governo ebbero un’idea geniale: deportazione. Migliaia di emishi furono sparpagliati per l’Impero, specie nella vicina regione del Bandō, che si vede non aveva abbastanza problemi. Forse ciò alleggerì un po’ la pressione sulla frontiera. Di certo diffuse il casino in una regione che già doveva giostrare tra governatori rapaci, locali bellicosi e bande di briganti.

Nel casino crescente, i governatori furono investiti di poteri militari maggiori e, parallelamente, il ruolo dei guerrieri provinciali tornò alla ribalta. I locali armati riemergevano, si organizzavano, si legavano come clienti a funzionari e alti dignitari. Questi guerrieri sono la norma nel X°, ma secondo Farris la loro esistenza è attestata già dall’VIII°.

Ormai politica, terra e esercito sono sulla via della privatizzazione. La frattura coi Codici (che in teoria restano in vigore) è così forte che Kitayama propone di distinguere l’Epoca di Nara come Stato dei Codici, e quella di Heian come Stato della Corte. E’ anche vero, come dice Farris, che ad ogni modo questi nuovi “mercenari” o queste bande private evolvono e si situano nel quadro predisposto dai Codici e l’aristocrazia civile resta comunque al potere (kind of).

Come se non bastasse, la regione della Capitale e il resto delle Province si allontanarono. Dal IX° secolo in poi, non era strano che un governatore non schiodasse il culo dal Kinai, ma spedisse i suoi bravi a fare il lavoro e, soprattutto, a raccattare willy nilly i tributi necessari. Nel IX° il Governo aveva abbandonato quasi completamente le sue responsabilità: la Corte decideva quanto una provincia doveva pagare, ed era totale responsabilità del governatore far saltar fuori i tributi o strizzarli in qualche modo.

La funzione di governatore era una patata bollente, ma anche una grande occasione di arricchirsi. Costoro potevano appropriarsi fino al 10% del tributo completo! Secondo Friday, nel IX° secolo, solo 44 governatori furono considerati come “buoni” (non nel senso che avessero fatto qualcosa di buono, nel senso che non avevano fatto nulla di particolarmente riprovevole). Vuol dire il 3% scarso della categoria. Come vedete, tutto il mondo è pese.

A partire dall’830, disordini, diserzioni e sottomissioni agli shōen divennero sempre più frequenti. Gli shōen di alti dignitari e grandi templi o santuari ne approfittarono senza ritegno. La frontiera tra il Pubblico e il Privato si assottigliò sempre di più, le funzioni diventarono sempre più de facto ereditarie e i grandi cominciarono a mantenere una vasta rete di clientele personali.

La Corte cercò di alleggerire il fardello di tasse cambiando sistema d’imposizione (non più sull’individuo, ma sulla superficie e la produttività), e incoraggiando la messa a cultura di nuovi appezzamenti ereditabili (quelli che davvero profittarono della faccenda furono alti dignitari e grandi istituzioni religiose). Ma il vero abisso coi Codici si spalancò quando lo shōen fu progressivamente esentato da tasse e, infine, dal controllo dei funzionari provinciali. Nello shōen “maturo”, il proprietario (che spesso possiede una funzione alla Corte) detiene tutti i poteri nel perimetro della sua proprietà. Questi appezzamenti erano ingrossati dalla pratica del kishin: piccoli proprietari cedevano i loro terreni ai pesci grossi in cambio di protezione e della conferma dei diritti d’uso su detta terra. Proprietà privata, piaga e flagello delle umane genti…

Ovviamente si tratta di un riassunto estremo. Questi processi non furono né lineari né omogenei nel tempo e lo spazio!
Ma per concludere, tre tipi di individui si contendevano il potere nella provincia nel IX° secolo:

  1. Notabili provinciali;
  2. Governatori e funzionari;
  3. Proprietari di shōen.

Trattandosi si classi stagne tra loro, i loro fini erano diversi, e alleanze trasversali erano possibili.

Un’altra tendenza che troviamo in quest’epoca è quella dei funzionari provinciali che, facendo leva sul prestigio della loro carica o dei loro legami alla Corte, si legavano alla gentry locale. Costoro costruiscono basi e piantano radici sul territorio con poderi privati e matrimoni. Molti di loro continuano a gravitare verso la Corte, in modo da tutelare i propri interessi nell’arena politica. Altri, lasciati fuori da una carriera dignitosa, si “provincializzano” e diventavano notabili locali. La Corte cercò di vietare questa pratica, senza successo.

Il IX° secolo fui anche un secolo notevole per l’alto numero di catastrofi climatiche, carestie ed epidemie (molte delle quali nell’Est e nel Nord-Est). Leggetevi Kitayama e Kawajiri per avere un’idea precisa. Come esempio vi basti sapere che la provincia di Oki contò 3000 morti tra il 865 e l’866. No, non è un indice normale, e non rende l’idea perché non tiene conto di quelli che sono scappati. E non finì lì. Le disgrazie continuarono col X° secolo, anche alla Capitale. Nel 914 ci fu una carestia epocale nelle Province, il tutto in un clima di siccità cronica.

Fame, diserzioni, pirateria e brigantaggio rampanti, notabili poco collaborativi, governatori disonesti, shōen: tutto questo rendeva la levata dei tributi complicata. Pertanto, dal X° secolo, la Corte decise di assegnare a ogni funzione una provincia e mollare al funzionario in questione la patata bollente di andarsi a far la spesa. Parallelamente, i funzionari provinciali erano caldamente incoraggiati a integrare dei militari professionisti nelle loro scorte, le cosiddette “bande di gagliardi” (rōtō). La scorta di un governatori nell’Est poteva contare fino a 50 uomini (senza considerare gli appoggi/clienti che poteva avere/ottenere in loco). Questo nuovo tipo di governatore dai poteri pompati e militarizzato, è chiamato “zuryō”. L’imperatore ritirato e il Reggente/Gran Cancelliere (AKA il capo del clan Fujiwara) potevano raccomandare dei loro clienti per il posto.

Questa nuova versione del governatore non piacque ai magistrati di distretto, il che poneva problema, dato che prelevare i tributi senza la buona volontà di questi ultimi poteva avverarsi un compito ingrato. E non aiutava il fatto che spesso l’interlocutore non fosse nemmeno lo zuryō, ma il suo plenipotenziario (i governatori marcavano visita così spesso che i loro uffici vennero soprannominati Uffici dell’Assenza, rusudokoro).

Per mettere una pezza ai disordini, la Corte andò a tentoni per un po’, sperimentando con nuove funzioni militari. Tipo quella di ōryōshi, preesistente ma rinnovata nel IX°. Si trattava di un uomo nominato dalla Corte, col talento e l’esperienza militare necessari a comandare un esercito, preposto a una provincia particolare e, nel IX°, pescato tra i guerrieri professionisti della nobiltà locale e avente spesso una funzione nel governo provinciale.

Nel decennio del 930 fu creata anche la funzione di tsuibushi, Inviato per Perseguire e Catturare. Era una carica ancora temporanea alla metà del X° e, a differenza dell’ōryōshi, la sua autorità non si estendeva su una sola provincia, bensì su un circuito.

Infine il sistema fu completato nel 941 con la creazione degli tsuitōshi, di solito scelti tra le famiglie militarizzate della Capitale.

Questi tre nuovi funzionari militari venivano nominati per una missione specifica. Completata, la carica di solito decadeva. Erano molto più rapidi ed efficaci di una spedizione ufficiale.

C’era difatti un’ennesima pastoia all’applicazione rapida della giustizia: l’iter di determinazione di una pena. Un crimine minore, castigabile con pene corporali, era affare del magistrato di distretto. Le pene più gravi, punite con lavori forzati, erano competenza del governatore. I crimini ancora più gravi (ribellione, omicidio, furto a mano armata, ecc.), dovevano essere portati davanti al Consiglio di Stato, l’unico in grado ad autorizzare una punizione (o l’impiego di forza per risolvere una situazione).

In caso di ribellione poteva non esserci tempo di una delibera ufficiale del Consiglio, che elaborò quindi dei Decreti di Persecuzione e Cattura, documenti per cui bastava un semplice rapporto e che davano 6 poteri:

  1. Mobilizzare delle truppe;
  2. Esercitare potere su dette truppe (punire disobbedienza e diserzione);
  3. Licenza di usare qualsiasi forza necessaria (ergo licenza di uccidere);
  4. Poter ignorare le immunità di certi gruppi privilegiati;
  5. Potersi rifornire sul territorio;
  6. Poter ricompensare gli uomini aventi preso parte alla spedizione.

Il Decreto era spesso concesso a un ufficiale provinciale o un funzionario detentore di cariche militari come quella di ōryōshi. Come si può intuire dal sesto punto, i combattenti non erano solo leve dello stato, ma anche professionisti legati al capo-spedizione da patti/vincoli personali. In altre parole, il X° secolo vede operare in parallelo l’esercito ufficiale, levato via l’iter prima descritto, e bande private.

Questi gruppi somigliano moltissimo a quelli in azione durante la Guerra de Genpei. Si tratta di arcieri pesanti a cavallo, ognuno accompagnato da uno o due uomini a piedi armati di spade, lance o archi. Nonostante quanto sancito dai Codici, la tattica giapponese mischiò fanti e cavalieri con grande entusiasmo almeno fino alla metà del XV° secolo. Nonostante bande armate esistano per certo dall’VIII° secolo, è nel X° secolo che vediamo finalmente bande private ottenere di fatto la benedizione imperiale. Pur con il mantenimento dei Codici, la Corte legittimò i piccoli eserciti privati e il loro impiego.

In un prossimo articolo (magari più corto) parlerò più in dettaglio della banda del X° secolo, in particolare del modo di combattere dei guerrieri del Bandō. Rallegratevi!

MUSICA!

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Bibliografia

FARRIS William Wayne, Heavenly warriors, Harvard University Press, Cambridge, 1995

FRIDAY Karl, Hired swords, Stanford University press, Stanford, 1992, p.265

HALL John Whitney, Government and Local Power in Japan, 500 to 1700, Center for Japanese Studies Univesity of Michigan, 1999, pag.66-140

HERAIL Francine, La Cour et l’administration du Japon à l’époque de Heian, DROZ, Genève, 2006, pag.798

HERAIL, Francine, Aide-mémoire pour servir à l’étude de l’Histoire du Japon des origine à 1854, luogo e anno di pubblicazione sconosciuti.

HERAIL Francine, Gouverneurs de provinces et guerriers dans Les Histoire qui sont maintenant du passé, Institut des Hautes Etudes Japonaises, Paris, 2004, p.197

KITAYAMA Shigeo, Ōchi seiji shiron, Iwanami shōten, Tōkyō, 1970, p.2-205

KAWAJIRI Akio, Yuregoku kizoku shakai, Shōgakukan, Tōkyō, 2008, p.339

KURE Mitsuo e KRUIT Ghislaine, The samurai recreated in Colour Photographs, The Crowood Press, 2006, p.96

Aprite i portali!

Benvenuti in questo luogo di sconforto.

Io sono Tenger, sono in Master 2 in Lingua e Cultura Giapponese all’INALCO (Parigi), pratico l’Aikido della scuola Iwama e il free fight in una compagnia vichinga dell’VIII° secolo. Se non sono occupata a perder la salute mentale su un testo del 940, o a farmi picchiare selvaggiamente da un cecoslovacco sbronzo in cotta di maglia (a ognuno le proprie perversioni), mi diletto di letteratura e disegno, come ogni signorina illibata di buona famiglia dovrebbe fare. Mi piacciono la vita di campo, fumare la pipa (il primo che ci legge un doppio senso, si lavi il cervello col Cif), le buone storie di guerra, la lotta e la birra scura. E la vodka. E il Famous Grouse. Ma anche l’Armagnac non è da buttare…

Dopo anni felici passati a contare i ragni nel mio dongione, ho deciso di aprire una finestra verso il Resto del Mondo. Potete considerare questo posto come il mio salotto: sarà disordinato e pieno di cose per cui la persona normale prova zero interesse (o un salutare disgusto).

Avendo io una passione malsana per la violenza, troverete un sacco di gente morta ammazzata, armi e storie assortite. In fondo ai miei articoli metterò sempre la bibliografia, potrete giudicare da voi se valga la pena leggermi o meno. Il punto è condividere la mia passione per la storia militare e la narrativa.

Una nota seria: io userò sempre e comunque un linguaggio colloquiale, spesso volgare. Se mai qualcuno è interessato a un articolo “presentabile”, con note e latinorum, non avrà che da contattarmi in privato.

Infine, io ho un modo di esprimermi politicamente scorretto. Qualsiasi battuta razzista, scherzo misogino o cattiveria gratuita sono da attribuire al mio pessimo senso dell’umorismo e non vogliono in NESSUN modo incitare odio/violenza/discriminazione. Chiunque dovesse prendere la cosa sul serio (sia questi un neonazi o un benpensante) sarà defenestrato su soffice letame, perché alla Fortezza siamo vecchi dentro e rispettiamo la tradizione.

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