Classici Militari: Le Tre Strategie di Huang Shih (2)

Bentornati in questi lidi di fastidio e mestizia, per un nuovo articola sulle Ricette di San Attila. La scorsa volta avevamo parlato della Strategia Superiore di Huang Shih. Oggi affronteremo il resto di questo Classico.

La strategia mediana

Zhang Liang, stratega degli Han Occidentali a cui Huang Shih avrebbe dato il libro

In questa sezione, il nostro cita un testo tradotto come Il potere strategico dell’esercito. Questo testo non ci è arrivato, e non siamo nemmeno sicuri che sia mai davvero esistito. Ad ogni modo, Huang Shih lo usa per dare savi consigli su come gestire un esercito.

Per prima cosa, ripete (come altri Classici) che il potere decisionale dell’armata in campagna risiede solo e soltanto nel generale. E’ lui che decide quando e come avanzare o ritirarsi, se attaccare o aspettare, ecc. La corte deve occuparsi di politica e non di tattica!

In secondo luogo, l’esercito è una grande famiglia che ha posto per tutti: i savi, i coraggiosi, gli avidi e i deficienti. Perché? Perché sono quattro categorie di uomini mossi da emozioni e aspirazioni differenti.

Un uomo savio trae gioia dai risultati che riesce a ottenere, l’uomo coraggioso trae gioia dall’esercitare la propria volontà, l’avido is in for the money e il deficiente non ha nessuna paura di morire. Queste quattro categorie sono governate dalle loro emozioni. Puoi ragionare con gli uomini, ma se sei capace di manipolare le loro emozioni sei capace di far fare loro più o meno qualsiasi cosa.

Sulla stessa onda, devi tener conto che un ufficiale competente non viene arruolato e tenuto con un semplice salario, né con polpose ricompense e basta. Puoi comprare un buon artigiano, ma quando chiedi a un uomo di rischiare la pellaccia per te, non puoi aspettarti che lo faccia solo per i quattrini. Uno uomo da bene non si fa ammazzare per un capo carogna.

Se il sovrano manca di virtù i suoi ministri si ribelleranno, e se manca di awesomeneness finirà per perdere autorità. Questo vale per ogni gradino della scala sociale, con una piccola differenza: se qualcuno tipo un ministro o un alto ufficiale possiede troppa awesomeness, il rischio è che ciò provochi timori, invidia o diffidenza, tutta roba dannosa. Devi tener gente di talento ma, well, non troppo talento.

Alto funzionario Han

Come nell’Arte della Guerra, viene ribadito quanto sia importante per un generale conoscere il nemico. C’è un caveat però: non permettere ai tuoi ufficiali di parlare dei punti di forza dell’avversario a tiro d’orecchio del resto dell’esercito. E questo per ovvie ragioni!

In altre parole, evitate di fare le stesse stronzate dei Taira sulle rive del fiume Fuji.

Sempre parlando di accorgimenti, non mettere gente benevolente a gestire le finanze. Tendono a spendere troppi quattrini (magari dietro scuse frivole come “ma i soldati hanno fame!”) e finiscono sempre per affezionarsi ai ranghi più bassi. E non vuoi amministratori con crisi esistenziali quando devi ordinare a duemila fantaccini terrorizzati di marciare allineati e coperti dritti nelle fauci dei mongoli.

Altro accorgimento importante: prima di ogni cosa, lancia una bella caccia alle streghe. Niente sciamani, medium, indovini e baggianate simili nel tuo esercito! Non devono essercene tra i soldati e soprattutto non devono essercene al servizio dei tuoi ufficiali. Ci manca solo che la gente si faccia venire le paranoie per la luna in Leone o perché qualche Dulcamara ha letto brutte cose nelle frattaglie di montone.

Se fai le cose a modino e riesci a eliminare tutti i tuoi nemici, prendi cura di riunire tutti i ministri che hanno reso ciò possibile e tagliarli fuori dal potere. Devi ricompensarli, ovviamente, seppellendoli di ricchezze, terre e belle manze, ma non lasciarli con le mani in pasta. Ci deve essere ricambio, o rischi che qualcuno si monti la testa.

Allo stesso modo devi congedare l’esercito e scalzare il generale dalla sua posizione. Dagli una carica prestigiosa, dagli terre da amministrare, dagli poppute donzelle o quello che ti pare per farlo contento, ma strappagli il potere delle armi. Se è un buon generale è più che probabile che legami solidi e profondi si siano creati tra lui e i suoi ufficiali giù lungo la gerarchia fino ai soldati, e questa cosa, per quanto utile in guerra, è troppo pericolosa in pace.

Tieni conto che un sovrano che abbia voglia di restare in sella non gioca a carte scoperte e non gioca ad armi pari, non coi suoi nemici, non coi suoi alleati, non con i suoi fedeli assistenti.

La strategia inferiore

Edizione delle Tre strategie

La solidità del tuo controllo sulla popolazione e l’assistenza di uomini savi e competenti è proporzionale al beneficio che la plebaglia e il Paese in generale traggono da te. Un capo poco popolare non può considerarsi davvero stabile. Anche perché uomini competenti potrebbero avere riserve nel servire un capo simile. Chi non ha subordinati capaci non ha una seggiolone solido.

Una volta trovati collaboratori capaci, è importante ottenerne la sottomissione fisica e ideologica. La prima te la assicuri via un sistema appropriato di regole e ricompense, per la seconda Huang Shih consiglia… Musica!

No, non vuol dire che devi ballare il valzer col tuo Ministro dell’Agricoltura.

Al lettore odierno può parere bizzarro veder comparire il termine “musica” in un contesto simile, ma la musica era una componente imprescindibile della formazione del buon Confuciano. Ad ogni modo, l’autore specifica che non parla qui di pifferi e mazurche, ma di un senso di armonia e ordine che deve pervadere e unire ogni aspetto del Paese. Questo equilibrio armonico non deve essere volto a compiacere il capoccia, ma a dare pace e piacere ai sudditi, che sudditi contenti fanno un paese stabile.

I Confuciani sono una banda di dannati hippies!

E’ fondamentale che l’attenzione dei dirigenti sia rivolta verso l’interno. Un capo ambizioso che sguinzaglia armate sterminate alla conquista di territori distanti finirà prima o poi per esaurire le riserve di energia e pazienza dei suoi. La prima preoccupazione di un sovrano deve essere sulla propria base, sulla stabilità, sicurezza e virtù. Questo perché il libro è stato scritto da un Confuciano, e mannaggia all’Inferno se i Confuciani son fissati con ‘sta storia della virtù!

Un capo destinato a sopravvivere deve possedere 5 qualità: aderenza al Tao, virtù, benevolenza, giustizia e decoro (ovvero un comportamento appropriato).

Un capo deve peraltro badare alle ramificazioni che ogni suo atto può avere. In particolare, quando ricompensi un uomo da bene, questo riverbera in modo positivo incoraggiando zelo e attirando buoni collaboratori. Ricompensare un cialtrone, per contro, aliena i buoni soggetti e tira una valanga di conseguenze negative.

La credibilità è tutto. La plebaglia deve credere in te. Quando il sovrano o lo stato perdono legittimità e fiducia, non c’è modo di tenere la barca pari. E’ responsabilità del sovrano evitare che ciò accada, e per prima cosa uno deve evitare il lassismo. Lascia che un uomo disobbedisca, e cento altri si sentiranno in diritto di fare lo stesso. Lascia che un crimine impunito, e cento altri criminali si metteranno all’opera. Come detto nei precedenti Classici, devono esserci punizioni severe, e i sudditi devono credere in essere, devono saperle inevitabili, rapide e cattive.

Occhio a non pestare a caso sulla gente, però. In una situazione di diffuso scontento uno potrebbe aver la tentazione di combattere il fuoco col fuoco. Schiaffare populisti arrabbiati ad amministrare plebaglia arrabbiata. E’ una pessima idea che può solo aggravare la situazione. I tuoi ufficiali devono essere uomini dal comportamento specchiato e la tua amministrazione deve seguire la legge. Uomini capaci da soli non possono combinare niente se il sistema non segue.

Ogni trasgressione deve essere punita alla svelta e senza pietà. Come fanno i gattini. Prendi esempio dai gattini.

Hai bisogno di amministratori incorruttibili e ufficiali giusti, ma gli uni e gli altri non possono essere comprati o costretti nel tuo servizio. Da bravo Confuciano, l’autore sottolinea che solo adottando una condotta appropriata il sovrano può attirare a sé gli uomini di cui ha bisogno per governare. Anche perché uomini davvero degni non s’impelagano in un paese condannato al tracollo, sono mica deficienti…

Le armi sono considerate strumenti infausti in questo Classico, ma si concede talvolta il loro impiego è necessario. Se è il caso, devono essere usate presto, senza esitazione e full force. Temporeggiare è disastroso.

Inoltre, devi stare attento a non lasciare famiglie potenti accaparrarsi posti di potere. Questi gruppi cercheranno di succhiare via l’autorità del sovrano e accaparrarselo. Devono essere tenute sottomesse e sotto stretto controllo. Personalmente ho sempre avuto una predilezione per il sistema degli ostaggi: la gente tende a essere più tranquilla quando hai i loro eredi chiusi in cantina.

Sii quindi molto cauto con i tuoi subordinati, ma non essere geloso di loro: se sono capaci e valenti, spingi avanti la loro carriera (ma considera l’evenienza di chiudere in cantina i suoi bambini…).

Infine, tieni a mente la plebaglia. Piaccia o no, è la base dello Stato. Se danneggi mille plebei per il beneficio di un solo suddito, stai piantando i semi del disastro. Viceversa, se eliminando un solo uomo porti beneficio a mille altri, non dovresti esitare.

Questo è l’ultimo consiglio di Huang Shih e la fine del sesto Classico.

Al prossimo giro attaccheremo l’ultimo: Domande e risposte tra Tang Tai-zong e Li Wei-kung.

MUSICA!

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Bibliografia:

Ralph D. SAWYER, The seven military classics of ancient China, Basic Books, Boulder, 1993, pag.568

Ralph D. SAWYER, The art of the warrior, Shambala, Londra, 1996, pag.304

Classici Militari: Le Tre Strategie di Huang Shih

Continua la nostra serie sui grandi Classici Militari o anche “Strategie di Suor Germana: 101 Ricette per Conquistare il Mondo”.

Zhang Liang rigeve il rotolo da Huang Shih, Ogata Gekko, 1892

Oggi parleremo delle Tre strategie di Huang Shih-kung, un testo detestato dalla scuola confuciana per la sua dubbia paternità storica e perché non sfrangia abbastanza le scatole su quanto il buon esempio del sovrano irradi virtute all’ingiù fino alla plebe.

Le Tre strategie è un testo di difficile attribuzione. Divenne famoso quando fu associato al nome di Zhang Liang, un funzionario che aiutò a rovesciare la dinastia Qin (221-206 a.C.) e a portare al potere la dinastia Han (206 a.C.- 220 d.C.).

Secondo la storia, Zhang Liang stava scappando a gambe levate (dopo aver partecipato all’equivalente cinese di un’Operazione Valchiria) quando incontra un vecchio. Da buon vecchio cinese, il tipo non si presenta ma offre uno pseudonimo, Huang Shih (Roccia Gialla), e rifila al nostro rivoluzionario burocrate un pamphlet sulla guerra, il governo e tutto il resto.

Secondo la tradizione, tale pamphlet sarebbe da attribuire a nientemeno che il Taigong in persona! Prima di schiattare, il celebre pensatore avrebbe lasciato una serie di “ultimi consigli” poi arrangiati in un testo.

Per altri, il signor Sasso Giallo avrebbe scritto il libro di sua mano, infarcendolo di non troppo celata influenza taoista.

Secondo i Confuciani si tratterebbe di una porcheria inventata e inutile. Dove sono le virtù? E i riti? A un certo momento si dice perfino che far la messa agli antenati non basta per un buon governo! Ah!

Infine, Sawyer cita il punto di vista dello storico Hsu Pao-lin, secondo il quale si tratterebbe di un testo del periodo Han. Se l’incidente di Zhang Liang è vero, il libro donatogli da messer Ciottolo Biondo non sarebbe stato le Tre strategie, ma i Sei insegnamenti segreti (Taigong liu tao).

Questo breve Classico ebbe un certo successo in Giappone, Impero dominato da feroci gatti guerrieri (chiunque vi dica il contrario mente). Arte di Daniel Navarro.

Le Tre strategie si apre, sorpresa, con la prima strategia, quella definita “superiore”. Come in altri classici, più che un discorso organico sulla gestione dello stato o l’organizzazione dell’esercito, il testo si presenta come una serie di punti e consigli.

Molti di questi non sono nuovi a chi ha letto i precedenti articoli: se un governante vuole restare tale, deve tenere in pugno il popolo. Ciò significa per un verso fare in modo che il proprio volere penetri attraverso gli strati della società, e per un altro, conoscere detta società. Un governante che non ha l’appoggio del popolo non può dirsi stabile (specie in mancanza di grandi mezzi di controllo come può esserlo uno stato pre-telecomunicazioni).

Oltre al popolo, un sovrano necessita gente capace. Possiamo considerare la gente capace come lo stomaco e il cuore di uno stato, mentre il popolo come i suoi arti. Se tutto è proporzionato e in armonia, la macchina è inarrestabile.

Ovvio, puoi e devi manipolare il popolo affinché ti dia l’appoggio necessario. La manipolazione prende moltissime forme, ma si basa sulle solite due leve primordiali: ciò che la gente teme e ciò che la gente vuole. Nella loro forma più semplice: punizioni e ricompense.

Il governo deve essere capace di conoscere fatti e dettagli dei conflitti che oppongono gruppi o singoli. Per coloro che hanno lamentele da fare, lo stato dovrebbe saper mostrare indulgenza. Per contro, dovrebbe anche prender cura di stroncare chi accumula troppa forza o chi si mostra un po’ troppo volitivo, chi ha troppa iniziativa e arroganza.

Il che non vuol dire stroncare ambizione o avidità, al contrario: coloro che sono ambiziosi o hanno desideri particolari possono essere usati.

Infine, mostra sempre magnanimità verso coloro che si sottomettono senza troppo chiasso. Vuoi incoraggiare altri, in futuro, a far lo stesso, giusto?

Sono sporchi e puzzano, ma senza glebani niente esercito, e senza esercito niente divertimento.

Sempre al soggetto di trattar bene la tua gente, è da notare che la plebaglia è un po’ come uno stagno: più la rimesti e più impantani la situazione. Se il tuo paese è principalmente agricolo, fai attenzione alle stagioni. Se sei contadino non puoi posporre il fieno e non puoi rimandare la semina. C’è un momento per lavorare e se salti l’occasione il raccolto è perso prima di poter dire “ocazzo!”.

Ergo cerca di non spiaccicare di tasse i tuoi glebani e non turbare i loro ritmi più dello stretto indispensabile. Quando fai una guerra o quando richiedi corvées, tieni conto del momento.

Bon, non passare con un cingolato sulla plebaglia è l’inizio, ma per assicurarti davvero il controllo su di essa devi anche saper scegliere gli ufficiali e funzionari capaci di gestirla.

Difatti il popolo è la radice e i funzionari sono il tronco di uno stato.

Uno stato debole o instabile non è in grado di portare a buon fine una guerra. Non solo, uno stato instabile facilmente attira le mire ghiotte di qualche vicino esuberante. Una base solida e un’amministrazione funzionante e leale sono indispensabili per un regno sicuro.

Da un punto di vista tattico, la Strategia Superiore pare essere smaccatamente difensiva: l’autore invita a lasciare l’iniziativa al nemico e limitarsi a reagire dopo averlo osservato. Evita di attaccarlo se riposato e fai leva sulle sue debolezze. Ad esempio, se è forte, puoi cercare di indurlo all’arroganza.

Oh, e il controspionaggio è sempre una buona misura! Più cazzate gli fai pervenire, più è alta la probabilità che se ne beva una.

Ma se l’autore non scende in dettagli tecnici come il buon Sun Zi, ci tiene ad affrontare il tema de cosa fare dopo una battaglia. Diciamo che hai vinto. Quando hai ottenuto qualcosa dalla guerra, sia questo qualcosa bottino o terre o buoni sconto, non tenertelo per te! Non sei niente senza un esercito, e il tuo esercito non resterà saldo se non ha niente da vincere. Quello che ottieni deve essere ripartito di conseguenza tra ufficiali e soldati. In certe situazioni puoi costringere degli uomini a morire per te senza nessuna buona ragione (heilà Zar Nicola Due!), ma è molto più pratico se i tuoi soldati hanno una buona ragione per restare (a parte l’evenienza di essere fucilati per diserzione).

Parlando di esercito, come fare ad accalappiarsi dei buoni ufficiali?

Gli uomini degni verranno a te se avrai rispetto di ciò che è appropriato. Se poi li pagherai bene, saranno perfino disposti a combattere per te. Insomma, per il decoro verranno a te, per la grana o il rango moriranno per te.

Ergo se pianifichi di entrare in guerra, per prima cosa dovresti preoccuparti di offrire benefici e allecconire la tua carne da cannone i tuoi prodi combattenti.

E’ importante scegliere i tuoi ufficiali con cura, e una cura ancora più grande va nella scelta del generale. Le Tre Strategie non scende troppo in dettaglio sulle caratteristiche che fanno un buon generale, ma ribatte un collaudato concetto della storia militare: i soldati obbediranno più volentieri a un ufficiale superiore pronto a eseguire lui stesso gli ordini che dà, pronto a patirne in prima persona le conseguenze. Ergo niente cibo prima dei tuoi soldati, niente mantello pesante se loro hanno freddo, eccetera. Il contrario di quello che è stato fatto nella Prima Guerra Mondiale, per intendersi.

Solo se il generale e gli ufficiali superiori seguono questa condotta l’esercito sarà unito, e va da sé che se un esercito è unito, le probabilità di sopravvivenza degli uomini che ne fanno parte sono notevolmente accresciute.

In particolare, un generale deve essere calmo e posato, deve saper giudicare dispute, accettare critiche, distinguere tra i diversi consigli, conoscere i costumi del paese e degli uomini che comanda, oltre che avere buone capacità tattiche e geografiche.

Se il tapino ha la brutta tendenza di angariare gente che non se lo merita, l’intero morale potrebbe essere compromesso.

Differenze in equipaggiamento e addestramento dovrebbero pure esser prese in conto

Come per lo stato, la base di una buona riuscita militare è l’amministrazione dell’esercito. Gli ordini devono essere chiari, non discussi né revocati, e le punizioni o ricompense rapide e comprensibili.

E’ importante che ci sia chiarezza e armonia, dal generale al fantaccino, dacché il primo detiene il potere strategico, ma è la massa dei secondi che vince o perde una battaglia. Di conseguenza, non puoi permetterti di avere un generale impiastro né una truppa ribelle.

E’ importante che il generale tratti gli uomini come lui stesso vorrebbe essere trattato, e che li conduca di persona. E’ importante che non sia indeciso, che i suoi ufficiali non siano arroganti e che i piani, per quanto complessi, non destino dubbi.

Quindi diciamo che hai attirato buoni ufficiali e motivato i tuoi con promesse di bottino e terre e un buon salario. Diciamo che il tuo generale è un figo e che la tua situazione politica è solida. Sei in misura di menare una campagna militare. Cosa fare ora?

Conoscere il nemico, ovviamente. Che domande. Non avete letto gli altri articoli?

La cosa più importante è determinare lo stato logistico delle tue vittime del sovrano senza virtù che il Cielo ti impone di castigare: granai, armerie, magazzini, punti di forza e debolezza, situazione geografica e difensiva.

In particolare, fai attenzione ai movimenti. Se l’esercito del nemico sta trasportando granaglie invece di rifornirsi a tappe lungo la via, significa che stanno attraversando un periodo di penuria. Più è lunga la linea di rifornimento logistico, più vuoti sono i suoi granai. Per avere conferma basta fidarsi dell’aspetto dei suoi fantaccini: puoi contare le loro costole? Good!

Questa situazione è chiamata “stato vuoto”: la gente è povera, la plebaglia e la classe dirigente non sono unite e lo stato non è in grado di sostenere un serio attacco da fuori.

Osserva anche il loro sovrano. Se è crudele e autoritario, la gente e i funzionari saranno spaventati, i legami di solidarietà tra loro saranno deboli, ognuno sospetterà il proprio vicino o sarà pronto a buttarlo in pasto agli oppressori per salvarsi la pelle. Questo tipo di situazione viene definito “stato perduto”.

Un altro segno di debolezza è dato dall’amministrazione: se gli uomini che fan carriera sono scelti non per le loro capacità burocratiche, ma per la loro capacità di prevaricare o adulare, o per la crosta di ricchezza e bling di cui si ricoprono, la struttura sociale è tarlata.

Un altro segno di declino: se i funzionari formano partiti e la corruzione è rampante, o se le stesse famiglie si accalappiano gli stessi seggioloni in lunghi lignaggi di politicanti di mestiere concentrati solo sul mantenimento della loro posizione (ring a bell?).

I funzionari non sono gli unici figuri che devi osservare: i parenti del sovrano e le famiglie nobili sono pure importanti. Sono potenti e forti? Il sovrano può o non può permettersi di calciorotarli, degradarli, farli fuori?

A seconda della presa che un governante ha sui suoi baroni e sulla propria famiglia, puoi determinare la solidità reale della sua autorità.

Un ultimo fattore da tenere in considerazione è la proporzione popolazione/funzionari. Se i secondi appaiono troppo numerosi rispetto alla prima, probabilmente lo sono. E se lo sono, costituiscono un grave fattore di instabilità. Per un verso il carico sulla plebaglia sarà eccessivo, e per altri versi la concorrenza tra funzionari sarà tanto spietata quanto meschina. In altre parole, costoro saranno probabilmente più impegnati nel farsi le scarpe a vicenda che nell’amministrare con rigore e buonsenso il paese.

Tutto ciò è buono e giusto, e molto di questo segue quasi verbatim i consigli dei precedenti classici. Nella prossima puntata saranno trattate le altre due grandi strategie, quella Mediana e quella Inferiore.

Fino ad allora, spero stiate prendendo nota, e in caso di conquista del mondo non dimenticate i citare Sawyer nei ringraziamenti!

MUSICA!

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Bibliografia:

Ralph D. SAWYER, The seven military classics of ancient China, Basic Books, Boulder, 1993, pag.568

Ralph D. SAWYER, The art of the warrior, Shambala, Londra, 1996, pag.304

Classici Militari: Wei Liao-tzu (2)

Ci tengo a precisare che non sono morta ^_^

Immagino quale immenso dolore vi abbia provocato il silenzio sul blog per ben 3 settimane. Diavolo, temevo che mi restasse qualcuno sulla coscienza! Del tipo, apro l’Ansa e trovo un suicidio bombarolo con “le sue ultime parole sono state: non saprò mai quanti denti in bocca aveva Minamoto no Yoshitsune!”.
Così, in attesa che la mia vita ritorni in carreggiata, ho deciso di deliziare il mio vastissimo pubblico con un articolo della serie più popolare in assoluto: i Classici Militari! O, come li chiamano certi lettori, le ricette di Suor Germana, se Suor Germana fosse consigliere alla Difesa.

E poi dai, la prima puntata del Wei Liao-zu è del 14 febbraio dell’anno scorso, andava terminata prima o poi.

Quindi a voi, la seconda e ultima puntata sul quinto Classico!

Riprendiamo questo calva appassionante lettura con una sezione dedicata a disciplina, punizioni, premi e quant’altro. L’autore comincia facendo notare che la tortura, ampiamente usata, può portare a false confessioni e testimonianze. Anzi, un eccesso di sevizie spinge quasi di certo la persona a confessare le cose più bizzarre.

Questo fatto è confermato anche dal recente rapporto americano sulla tortura (The Senate Intelligence Committee Report on Torture: Committee Study of the Central Intelligence Agency’s Detention and Interrogation Program, lo trovate su Amazon). Se è possibile cavare informazioni a qualcuno con questo metodo, è molto più probabile ottenere dati falsi, dacché la persona soggetta all’interrogatorio tenderà a dire non la verità, ma quello che pensa che il suo aguzzino voglia sentirsi dire.

L’autore mette in guardia anche dal rischio conseguente di una falsa testimonianza: chi è sotto tortura cercherà di deflettere l’attenzione e implicare qualcun altro. Dieci uomini arrestati ne coinvolgeranno cento altri, e se si conta che il numero di prigionieri in un Paese va sull’ordine delle migliaia, ci si rende conto presto dell’effetto valanga che certi metodi possono avere. Io arresto Tizio, che implica Caio, che implica Sempronio, e via di questo passo tra gente arrestata o gente che scappa per paura di essere interrogata, ho scombinato l’equilibrio del villaggio o del quartiere o della famiglia, ecc. Un metodo sbagliato può essere una fonte di pubblico disordine, e il pubblico disordine è la cosa peggiore che possa capitare.

Essere cinese può risultare faticoso. Da sempre.

Ora, se indagini e tortura possono essere mezzi per stabilire la verità, le due leve per influenzare il comportamento dei tuoi sudditi o soldati restano sempre le stesse: punizioni e ricompense. Per implementare queste ultime devi avere prima di tutto una conoscenza ben dettagliata del tuo surplus e, ovviamente, avere avere un surplus. Tutto ciò dovrà essere gestito da ufficiali burocratici, dacché in Cina non si fa niente senza i cazzo di burocrati.

Ma i burocrati non bastano. Questo sistema non può essere attuato da semplici ordini e consegne e rapporti: per realizzarlo occorrono riti. I riti sono ciò che regolano le società, scandiscono la vita degli individui, plasmano la visione del mondo, e sono pertanto il più grande strumento del potere fin dalla notte dei tempi. Questo è vero, sotto forme differenti, per tutte le società, anche quelle che si professano laiche. Un rituale unisce, ordina, gerarchizza, motiva, che piaccia o meno. Insomma, No, no, we can’t live without Gods (cit., e se nessuna la indovina sarò molto triste).

Insomma, i riti sono importantissimi. Ma bastano a dominare i plebei?

No.

Non puoi governare chi ha fame e non puoi governare chi ha freddo (pare naturale, ma ricordate che gli yankees sono diec’anni che provano a controllare l’Afghanistan).

L’autore poi parte in un rant su come lusso, decorazioni e arte in generale siano una forma di decadenza borghese e uno spreco di risorse. E osserva che l’avidità e l’ambizione sono per definizione senza limiti: se un uomo pensa che può avere di più, vorrà sempre di più e “il mare non basterà a calmare la sua sete”. Il che è vero, anche se l’idea di strizzare dal popolo ogni singola goccia di decadente frivolezza è un’antia agghiacciante.

I coniugi Ceausescu, anche loro strenui oppositori della decadenza borghese altrui

La parte tattica del Wei Liao-tzu segue molto da vicino quanto discusso nei precedenti classici: l’arte della guerra è l’arte dell’inganno, non lasciare al nemico l’iniziativa, circondati di uomini sinceri, preoccupati del morale, ecc. Non vale la pena ripeterlo, sono i fondamentali, li trovate anche negli altri 4 Classici precedenti.

Now, parlando di punizioni e ricompense, cosa dovresti fare a un comandante responsabile di mille uomini che si arrende, molla le truppe o abbandona la difesa?

Ma è logico: lo uccidi, stermini la sua famiglia, cancelli il suo nome da ogni registro, sfasci la tomba dei suoi antenati, esponi le sue ossa nel mercato e rendi schiavi i suoi figli! (E gli spari al cane e rubi la sua Bibbia, ri-cit.)

Se il tipo è solo a capo di una centuria, puoi limitarti alla sua esecuzione, lo sterminio della famiglia e l’asservimento dei marmocchi. Notate che l’envergure della punizione è direttamente proporzionale al rango e la mansione.

I marmittoni non sono immuni da punizioni definitive. Poniamo caso che una squadra vada in battaglia. Se catturano o uccidono dei nemici, devono essere ricompensati. Se perdono degli uomini senza compensare con la cattura o morte del nemico (in egual numero almeno), devono essere puniti e, secondo le circostanze, uccisi e le loro famiglie sterminate. I loro istruttori passano pure per la corte marziale, perché dopotutto la colpa è anche loro. Non so se si è capito, ma l’autore ha una grande fede nel potere di controllo esercitabile col terrore.

In breve, la tua gente deve aver più paura di te che del nemico. Un po’ come quando i francesi spararono sui propri disertori durante la battaglia di Ligny.

Ma veniamo ai dettagli pratici: l’organizzazione dell’esercito

L’unità base secondo il Wei Liao-tzu dovrebbe essere la squadra, composta da 5 uomini, ognuno responsabile dei propri compagni. Dieci squadre fanno un plotone e venti una compagnia, sempre secondo il principio della reciproca responsabilità. Se ad esempio qualcuno è a conoscenza di un crimine di un suo compagno ma non lo denuncia, l’intera squadra, plotone o centuria dovrà subire le conseguenze.

Questo modello di responsabilità reciproca e collettiva vale anche per gli ufficiali, a partire dai responsabili della doppia squadra di 10 su su fino ai generali. L’idea è di terrorizzare tutti al punto dallo spezzare ogni altro legame che non sia quello di obbedienza militare. Niente amici, niente fratelli, niente padri e figli o complicità: tutti devono seguire la legge e prestare fedeltà ad essa soltanto.

L’autore si sposta poi sul soggetto dell’organizzazione dell’accampamento e dei diversi Corpi. La preoccupazione principale è di evitare andirivieni non supervisionati e superflui contatti tra le varie unità. Non solo chiunque dovrebbe avere un lasciapassare ufficiale per spostarsi fuori dall’area assegnata alla sua squadra, plotone o compagnia, ma i posti di controllo dovrebbero essere ogni 120 passi lungo le strade del campo! E questo draconiano controllo si estende anche alla bassa manovalanza di cuochi, stallieri e quant’altro, che possono spostarsi sempre e solo in squadre, mai da soli o in coppie. L’autore arriva fino a dire che chi taglia attraverso una strada o calpesta le linee di demarcazione delle varie sezioni dovrebbe essere giustiziato. L’autore del Wei Liao-tzu è un po’ un maniaco della pena di morte.

Questa visione psicotica del campo deriva dal numero che i cinesi mobilitavano quando decidevano di fare la guerra a qualcuno, e dal fatto che buona parte dei soldati era costituita da coscritti analfabeti, spaventati e scontenti.

Per prevenire confusione, l’autore raccomanda di distinguere i diversi Corpi con colori diversi e i diversi reparti con specifici emblemi. Ovviamente, se perdi il tuo emblema sarai ucciso, che ci mancherebbe altro.

E’ ovvio a tutti tranne che ai produttori di Hollywood e ai romanzieri di ciarpame, che un soldato ha pochissime chances di sentire quello che il suo comandante dice. Ergo segnali sonori e visivi, come tamburi, gong o bandiere, sono vitali, e i soldati devono essere addestrati a rispondere ad essi. Questo significa che tamburini e colleghi non sono esenti dalla sete di sangue del sistema: impara a suonare, che alla prima stecca ti muoro!

Ora, per chi avesse avuto la sventura di leggere Best served cold di Abercrombie, vi ricorderete quella tristissima scena in cui i nostri schierano l’esercito in attesa del nemico. E quando questo arriva, al momento previsto e dalle vie previste (una botta di culo cosmica), il capoccia si volta verso la protagonista e chiede:

“Bello, ora che si fa?”

Ecco, parrà strano, ma NON FUNZIONA COSI’. Non schieri i tuoi uomini senza avere un piano, non assembli l’esercito senza avere degli obbiettivi e una strategia. Checché ne pensi l’inimitabile Pietro Aliprandi, un assedio non è lanciato con “bueno, domani partiamo ad attaccare Tizio”.

Come sottolinea l’autore (e francamente, ce n’era bisogno? A legger certi libri, par di sì), piani prima, azione dopo.

Non solo la strategia deve essere chiara e la tattica pianificata: deve esserci unità d’azione. Il generale supremo, investito dall’Imperatore, è uno. Non possono esserci due fonti ultime di autorità o di legittimità nell’esercito. E indovinate cosa succede a chi scavalca il generalissimo e dà un ordine contrastante?

Ovvio, lo muorono.

E’ anche importante tener conto del fatto che un esercito, specie un grande esercito, non si muove come una valanga, tutto unito tutto insieme e tutto verso la stessa destinazione. Tra un Corpo e l’altro possono correre chilometri, giorni di viaggio.

Non voglio perdermi in considerazioni sulla concentrazione di forze, sarebbe fuori tema, ma l’autore sottolinea l’importanza della coordinazione tra le varie parti e il tempismo. Per ottenere ciò, deve esserci una catena di comando capillare e precisa, per assicurare l’arrivo delle istruzioni giù per la gerarchia fino ai cinque tapiri della squadra di base.

Come Sun Zi, l’autore sottolinea che soldati disposti a morire per la vittoria tendono a vincere e di conseguenza a vivere. E, ovviamente, quando pensi di far guerra a qualcuno devi conoscere le tue forze e le tue debolezze, come anche le forze e le debolezze dell’avversario.

Se il territorio del nemico comporta piccole città e vaste terre, occupa le terre. Al contrario, se ha poche terre e grandi città, arrota i denti sulle grandi città.

Nel caso tu abbia ampi spazi poco abitati, concentrati su pochi punti strategici (a meno che tu non sia in Russia, nel cui caso lascia perdere e torna a casa).

In ogni caso, riduci al massimo distruzioni e saccheggio e mostrati magnanimo con la gente e con gli ufficiali che sceglieranno di unirsi a te. In altre parole, “questi non sono nemici, sono contribuenti!”. Again, a meno che non tratti dei russi, allora lascia perdere.

Ricorda che quando vuoi incastrare qualcuno, devi dargli almeno l’illusione di avere qualcosa di vincere o qualche possibilità. In quel modo, invece di pensare a una nuova tattica o combattere con ardore, si troverà a esaurire le sue risorse per tenere posizioni svantaggiose, minando il morale dei propri soldati.

Come altri Classici cinesi, l’autore sottolinea l’importanza della predominanza della sfera civile su quella militare. Gli affari militari non sono che il braccio armato del Buon Governo, e senza buone basi nella sfera civile ogni impresa è votata al disastro. O, per parafrasare l’autore, la sfera civile permette di distinguere pro e contro, la sfera militare serve a mettere in atto le decisioni prese, attaccare o difendere.

E’ importante che l’esercito sia in buon ordine e il generale capace di ispirare un terrore reverenziale, il tutto senza essere brutale o affrettato.

L’autore conclude con una piccola parentesi sulla corte marziale.

Ammazza disertori e ritardatari, e le loro famiglie anche, se sono complici in qualche maniera. E fin qui niente di strano.

A quanto però non basta: i soldati devono essere scapitozzati anche se il loro ufficiale viene fatto fuori, o se il loro ufficiale diserta. Odd. Suppongo sia per incoraggiare i soldati a impacchettare e consegnare un ufficiale traditore. Certo, i soldati possono sfuggire al boia se si sono distinti in servizio e sono passati subito sotto gli ordini di qualcun altro che ha assicurato la cattura e/o dipartita di detto traditore. In quel caso non sono uccisi. Sono solo schiaffati per tre anni di servizio alle frontiere. Fistia, fare il soldato in questo esercito faceva schifo.

Insomma, stringendo, è cosa buona e giusta massacrare anche la metà dei tuoi stessi uomini se è per distillare un’armata più disciplinata, più preparata e più obbediente. Può sembrare stupidamente crudele, ma ricordiamo il contesto: la Cina non ha mai avuto carenza di manodopera e capitale umano.

Infine, ricorda che perdere animo distrugge un esercito, ma piani sbagliati distruggono un Paese.

E si conclude così anche questa puntata dei Classici.

Non sono una lettura emozionante, ma restano la base della tattica e sono un buon capitale per chi vuole raccontare storie di guerra.

That’s all for now!

MUSICA!

Classici Militari: Wei Liao-tzu

La serie sui Classici Militari continua, con un altro gioiellino non troppo celebrato: il manuale del buon Maestro Wei Liao, consigliere e stratega del mitico Qin Shi Huang, sovrano del regno di Qin. Siamo in pieno periodo dei Regni Combattenti (475 a.C.-221 a.C.), il crogiolo pulsante di morte e massacro che ha per sempre segnato la storia della Cina e fonte di ispirazione per millemila opere, saggi, romanzi, pièces teatrali e quant’altro.

Perché ricordate: la Guerra è principio e fine di ogni cosa, che vi piaccia o meno.

Ma torniamo a noi. Il Maestro Wei è un allievo legista. BRAVO!

Purtroppo il signor Wei non fu mai comandante, e il libro in questione è puramente teorico. Tuttavia ebbe un discreto impatto, quindi ve lo propino lo stesso.

Quello che contraddistingue il libro di Wei dal resto dei Classici visti finora è l’enfasi posta sullo sforzo umano nell’esito di una guerra. Vaticini, momenti o stagioni sono importanti, ma alla fine tutto dipende dalle opere umane. Quanto avrai curato le tue fortificazioni, quanto avrai addestrato i tuoi, ecc. Sopra ogni cosa, non fidarti degli auspici. Agisci.

Una buona conoscenza della realtà e buon calcolo sono le cose fondamentali. Cosa ti serve per quale impresa (quale terreno e materiale), quanti uomini sono necessari, e pertanto quanto cibo dovrai impegnare. Alla fine la guerra resta un cruento picnic: la logistica vince.

Per quanto riguarda gli affari militari, è capitale che restino sconosciuti e segreti.

Un Paese deve avere una buona agricoltura per essere prospero. Come spiega Bouthoul nel suo Polémologie (se non lo avete letto fatelo), per fare la guerra è necessario avere, di partenza, un surplus.

Un popolo ben nutrito deve essere mantenuto in ordine affinché tutto funzioni. Un Paese ben nutrito e ben governato è incline a vincere ancora prima di essere entrato in guerra, e ciò è importante, perché se si vince senza combattere la vittoria è del sovrano, altrimenti sarà una vittoria del generale.

Ergo il sovrano non deve in alcun modo dichiarar guerra per un rancore personale, ma solo se, tutto considerato, è già sicuro di poter vincere. Nell’ideale, non si combattono guerre giuste, solo guerre vinte.

Ovviamente dovrai reagire se scoppia del casino, o difenderti se sei attaccato,l ma non ingaggiarti in una lunga campagna se non sei sicuro del suo esito.

Per quanto riguarda il generale, non è sottomesso né al Cielo, né alla Terra, né agli uomini. Deve essere un uomo composto, impossibile da far infuriare, puro d’animo e incorruttibile. Non scegliere qualcuno incline all’emozione, quale che essa sia, perché potrà essere manipolato o fare errori.

Ricorda che in un esercito ordine e disciplina sono i due sine qua non a prescindere: limiti e regole sono le pietre miliari di qualsiasi gerarchia armata. Quando le regole sono chiare, lo saranno anche i castighi. Ordine significa coordinazione e unione, le due ali che ti porteranno la vittoria.

Ora, tieni conto che la vita dei soldati ha un valore. Se uccidi uno dei loro al prezzo di cento dei tuoi, sei un balordo e una calamità per il Paese. Ho come l’impressione che nel ’14-’18 qualcuno se lo fosse scordato.

Sai cos’altro danneggia un esercito? I disertori. Ne avrai di sicuro se il generale dà ordini ma ufficiali e soldati si urlano addosso. Se non c’è armonia e coerenza il tuo esercito farà acqua da tutte le parti. Disertori, spreco di vite e di materiale, sono tutte cose che devi trovare il modo di evitare.

Un ufficiale Qin, ripreso dall’esercito di terracotta

Nessuno vuole morire o saltare in un mucchio di gente incazzata e alabarde. Ma se gli ordini sono chiari e le regole ben inculcate, le truppe saranno manovrabili. E i due strumenti che ti aiutano a imporre ciò sono, guarda un po’, ricompense e punizioni.

Ma come? Stabilendo degli esempi. Con un debole puoi mettere in guardia cento forti. Uccidi un uomo, e altri cento non oseranno disobbedire. Crudele, ma ho già detto che Wei era un legista?

Forgia degli uomini pronti a morire, e vivranno: saranno gli inavvicinabili soldati di un Egemone.

Un comandante deve quindi conoscere divieto, perdono, grazia ed eccessivo rigore.

L’Arte Militare è fondamentale per un Paese che voglia essere indipendente. E per ottenere ciò occorre che la popolazione sia coscrivibile alla svelta. Il piano di leva deve essere già pronto, in modo che alla chiamata ogni tot di gente dia un soldato e che tali soldati siano già pronti all’impiego.

Questa può sembrare una bischerata, ma non lo è, specie in un mondo pre-industriale. Imporre una leva generale è molto difficile, e spesso si è optato per l’elaborazione di una classe di guerrieri specializzati. Spesso, non sempre. Dopotutto la leva obbligatoria è un sistema di controllo e consolidamento del proprio potere, e i cinesi lo sapevano.

In ogni caso ricorda: se il tuo esercito non può vincere, la colpa non è dei soldati.

Devi preparare la tua popolazione in primis: fai in modo che sia chiaro che senza agricoltura non si mangia e senza esercito non si scala la gerarchia. Che la gente si spintoni per i campi o la lancia! Peraltro, se i tuoi ordini sono credibili nel tuo stato, è probabile che anche i tuoi vicini ne tengano conto.

Cerca e impiega la gente di valore. Anche se vengono da terre nemiche. Anzi, privarli dei suoi uomini di talento è cosa buona e giusta.

Ci sono tre modi per vincere una guerra: Tao, imponenza e forza.

Spezzare il ch’i del nemico e incapacitarlo a combattere, è una vittoria via il Tao.

Impiegare un esercito ben regolato e coordinato, ben equipaggiato e addestrato, è una vittoria via l’imponenza.

Massacrarli, prendere i loro territori col sangue e l’acciaio e tornarsene a casa, è una vittoria via Forza.

Un generale combatte via il popolo, che combatte via il ch’i. E’ questo animo che devi preservare, perché chi lo perde sarà sconfitto.

Ci sono cinque cose da discutere prima di ogni azione:

La strategia; chi nominare generale; come quando invadere; come rinforzare le proprie difese; mobilizzazione dei tuoi e future sanzioni per loro.

Discusso ciò, il generale deve poter conquistare i suoi uomini, senza per contro essere conquistabile dal nemico. Deve capire le masse e unirle, dare ordini chiari ed evitare di cambiarli in continuazione. Metti da parte gli errori minori o i dubbi poco importanti, gli ordini devono essere coerenti e sicuri.

Per fare ciò lo Stato deve aver in principio stabilito la buona forma (i riti, come dice Sorai, uniscono e coordinano il popolo) e le virtù fondamentali. Questo non solo favorisce l’unità, ma anche lo sviluppo di fiducia, amore e senso di vergogna. Gli ufficiali sono gli arti dell’esercito, e devono essere disposti a morire per onore, perché solo in quel caso i soldati li seguiranno.

Pasci il tuo popolo, regolalo, dagli un senso della gerarchia ma anche riti che uniscano le diverse comunità. Stesso vale per le unità base del tuo esercito. Devono essere coesi come fratelli. Verso le compagnie e i loro diretti ufficiali, devono nutrire il rispetto e l’affetto che un legista e confuciano nutre per un amico.

Quanto al sovrano, è sua responsabilità che lo Stato sia solido e sicuro. Il che necessita tre cose: agricoltura, fortezze, esercito.

Se non hai abbastanza scorte o equipaggiamento ben tenuto, non partire in guerra. Se salari e ricompense non sono conseguenti, la gente non è motivata. Inoltre una massa di soldati sarà debole senza un corpo d’élite selezionato.

Lo Stato di un Buon Sovrano arricchisce il popolo. Lo stato di un Egemone arricchisce gli ufficiali. Uno stato che a stento sta a galla fa la fortuna solo degli alti ufficiali. E uno stato in via di decadenza è un festino per un pugno di grassatori e basta. Nell’ultimo caso, la rovina e solo questione di tempo. Cheers!

Per puntare al meglio hai bisogno della forza motrice universale di una qualsivoglia società: la buona volontà degli uomini. E la puoi ottenere solo in un modo: ricompense appropriate, pene e premi credibili e affidabili.

Questo è un leader credibile. Prendi esempio.

Nel caso di una campagna, il generale deve dare l’esempio al resto dei soldati. Ergo niente parasole se fa caldo, niente vestiti imbottiti nel freddo, ecc. Come abbiamo già visto, è importante che un capo militare dia l’idea di essere disposto a fare quello che ordina agli altri di fare.

Il dubbio è la radice della debolezza. Il dubbio divide, apre falle, e abbiamo visto come la forza deriva dall’unità. Un generale in campagna non può permettersi di dubitare o esitare. E il legismo del signor Wei rifà capolino: c’è qualcosa che gli uomini temono più di qualsiasi altra. Quella paura massimante deve essere il generale. Se temono il generale, disprezzeranno il nemico, e se temono il nemico disprezzeranno il generale.

Non si tratta solo dei soldati. I comandanti suoi sottoposti devono fidarsi, ma averne timore, e a loro volta ispirare alle masse questi stessi sentimenti.

Un buon generale deve essere quindi amato e temuto.

La guerra ha costi e rischi. Evita, se puoi, di attaccare per primo. Lascia la prima mossa ai nemici. Lasciali muovere, osservali, conoscili. Intanto, assicurati che il tuo esercito sia ben organizzato, in modo che non si aprano falle improvvise alla morte di qualcuno: che ci sia sempre un ufficiale di riferimento.

Quando parti in campagna, taglia le strade del nemico, cerca di dividere il loro esercito, e trai vantaggio dalle loro debolezze.

Per far ciò, cel va sans dire, hai bisogno di un buon sistema di intelligence, che ti tenga anche aggiornato su ogni debolezza, difetto o ritardo del nemico. Un buono stratega non deve lasciarsi sfuggire nessuna occasione.

In caso tu debba difenderti, ricordati sempre di proteggere le mura esterne e gli avamposti di confine. Se il nemico avanza, non lasciare granai indifesi, raccogli le provviste in modo che non possa nutrirsi alle tue spalle.

Per quanto riguarda la difesa delle mura, non si tratta solo di piazzare un piantone ogni tot passi. Per dare un’idea di quanto manpower assorbe una roba del genere, cito qui la ricetta del signor Wei:

per ogni dieci piedi di camminamento, avrai bisogno nel complesso di dieci persone, artigiani e cuochi esclusi.

Non risparmiare su difesa e fortificazioni, perché ti offrono una posizione estremamente vantaggiosa rispetto all’attaccante.

Se i cittadini sanno che i rinforzi arriveranno, avranno il fegato e l’animo di difendere le mura. Se l’aiuto non è così sicuro, sarà sempre possibile prendere a calci i borghesi per difendere la loro città, ma il loro morale sarà sottoterra, e nessuna politica illuminata potrà tirarlo su.

Che le tue truppe d’élite diano l’esempio. Quando il back-up arriva, che quelli dentro facciano una sortita per poter prendere il nemico a tenaglia.

Immagine dimostrativa

Se vuoi incutere timore, non far cambiamenti frequenti. Non interferire con le occupazioni stagionali dei tuoi sudditi. Sii in grado di reagire con prontezza per cogliere le occasioni. Buona parte della tua difesa dipenderà da come riuscirai a manipolare la tua apparenza esterna. Devi essere lungimirante e preparato, e cauto, il che significa non sottovalutare i piccoli numeri. Quanto ai grandi numeri, devi avere la saggezza di manipolarli e controllarli. Infine, hai bisogno del supporto delle masse, e lo puoi ottenere solo delegando ad altri.

Guardati dall’eccesso: è il Sommo Male. Sii sincero: se segui i tuoi desideri finirai per avere una visione distorta. Parimenti, accetta le critiche. Mantieni i piedi per terra e mena una vita parca. Circondati di gente intelligente.

Tutto è molto bello, ma quando gli eserciti marciano e i timpani rullano, come comportarsi?

Durante la campagna, fai in modo che i tuoi uomini seguano le regole ed evitino prepotenze e saccheggi. In questo modo contadini e burocrati passeranno sotto la tua coppa senza darsela a gambe, il che può velocizzare molto il processo di assorbimento di un nuovo territorio.

Il savio Wei fa peraltro un’osservazione molto attuale: un paese con un esercito spropositatamente grande è un paese che punta a proteggere il proprio territorio ma anche a condurre guerre. Uno stato con un esercito discreto è in grado di difendersi. Uno stato con un esercitucolo di quattro gatti sottopagati sarà costretto ad appoggiare i suoi vicini e alleati in qualsiasi idea balzana, perché la sua esistenza nella rete di alleanze è troppo precaria.

Rings any bell? Se la risposta è “no”, forse non viviamo nello stesso continente.

Devi incentivare il tuo esercito. Vale l’investimento.

Ho sempre trovato divertente l’idea “sono pacifista ergo niente esercito”, come se il non avere un esercito decente prevenisse qualcun altro dal fare casino, o come se l’esercito fosse una chissà quale bomba a orologeria di ferocia e brutalità pronta a scatenarsi.

Forse non ho la purezza d’animo per capire, forse sono una brutta persona.

Ad ogni modo, la prima puntata sul Wei Liao-tzu si conclude qui. Questo saggio è relativamente ponderoso, e richiederà un secondo episodio.

Nel frattempo, MUSICA!

Classici Militari: Wu-Tzu

Abbiamo concluso L’arte della guerra, ma i classici militari non sono finiti!

Oggi parliamo del Wu-tzu, che prende il nome dal suo autore. Costui, anche chiamato Wu Ch’i, è finalmente una figura storica di cui si sa qualcosa di concreto, tipo le date: si pensa sia vissuto tra il 440 a.C e 361 a.C. La sua bibliografia è raccontata nel Shih chi, e nonostante sia trattato come uno dei più grandi strateghi di sempre, il quadro non è molto lusinghiero. E infatti a me va a genio.

Era un uomo di gran talento e un confuciano convinto, eppure uccise sua moglie (e tanti saluti alla Benevolenza), ignorò i riti funerari di sua madre per tener fede a un voto (salutate Pietà Filiale, che ci lascia per giammai ritornare) e altre amenità. Wu era anche noto per la disciplina draconiana che imponeva nel suo esercito. Poco vale che lui stesso rispettasse le regole imposte: fu freddato proprio per eccessiva severità. Dato il contesto, non oso immaginare…

Questo è un guerriero Song, molto posteriore al periodo. Perché ve lo faccio vedere? Perché il primo manoscritto del Wu-tzu che abbiamo è di epoca Song, e la loro divisa è molto più facile da trovare rispetto a quella dei guerrieri del IV secolo a.C.!

Come anche gli altri classici, si parla prima di tutto dello Stato e del posto degli affari militari nel quadro generale.

Gli affari militari non sono una festa. Eppure sono necessari. Chi non ha un esercito ben equipaggiato e addestrato, né uno stato maggiore che sappia il fatto suo, si espone a grandi rischi e si rende inerme. Dovesse combattere, anche se i suoi uomini fossero valorosi e determinati, si farebbe macellare. Chi coltiva la Virtù ma tralascia gli affari militari, è votato all’estinzione, con buona pace dei pacifisti (ba-dum tsh!).

Se ti attaccano e non puoi difenderti, non sei Virtuoso. Se uccidono i tuoi e non sei in misura di proteggerli, non sei Benevolente. Sei un bischero.

Ora, ricordo che l’esercito cinese è un esercito di leva. Ergo il primo passo, è ottenere la buona volontà del popolo.

  • Se lo Stato non è in armonia, non potrai mettere in campo i soldati;
  • se l’esercito non è in armonia, non potrai manovrarli in formazione;
  • se le formazioni tra loro non sono in armonia, non potrai avanzare;
  • se manca coesione durante la battaglia, non potrai ottenere una vittoria decisiva.

Ergo, prima di tutto ci vuole armonia e stabilità sociale. Fatto ciò, puoi anche dedicarti a grandi piani (che Wu Ch’i consiglia comunque di confermare via divinazioni, sia mai che le ossa di cervo e il fegato di pecora non siano d’accordo!). Masse e ufficiali combatteranno bene solo se saranno sicuri che il sovrano ha rispetto della loro vita.

La Via della Guerra significa tener presente il passato e non dimenticare i precedenti. Oltre alla memoria, è necessaria Giustizia, o meglio, “legittimità”. Poi ti servono dei piani, per evitare i danni e ottenere profitto. Infine servono limiti per poter stabilire il senso del dovere.

Lo stile di vita dei capi è importante. Se non mostrano virtù e si crogiolano nel lusso, finiranno per cadere.

In definitiva, un sovrano deve governare i suoi secondo la buona forma, dare il buon esempio e coltivare il loro senso di vergogna. Il senso di vergogna è indispensabile, e più ne hanno, più saranno efficaci e obbedienti in guerra. Un uomo con poco senso di vergogna può essere incline a disertare, uno con un forte senso di vergogna si butterà con l’areoplano su un incrociatore americano. Cinico, ma è così che funziona: lo stigma sociale domina il mondo!

Poi, come anche Sun Zi diceva, il problema di una guerra non è vincere una battaglia. E’ appunto, vincere una guerra. Ottenere una cifra enorme di vittorie non è proprio di un Egemone, è segno di qualcuno che finirà per sfiancare i suoi e dilapidare le sue risorse. Quelli che hanno preso il potere con molte battaglie sono, tutto sommato, molto meno numerosi di quelli che dopo molte battaglie hanno finito per spomparsi e perdere.

Chi ha detto Carlo XII di Svezia?

 

Di solito ci sono 5 ragioni del perché si guerreggia: per fama, per profitto, per odio atavico, per via di disordini interni, per fame. Ovviamente a seconda del movente dell’esercito nemico, dovrai usare modi diversi per contrattaccare. Mostra giustizia se l’esercito è mosso da sete di giustizia e fama; se sono mossi dalla fame avranno un esercito che punta tutto sul numero, e in quel caso dovrai usare deferenza; se si muovono per odio, puoi trovare il modo di dissuaderli a parole; usa l’inganno se il loro movente è il profitto; manipola i centri di potere per soggiogare quelli che lasciano un paese in disordine.

 

La struttura gerarchica è fondamentale per l’ordine e deve essere preservata. Pertanto, esiste un certo protocollo per quando gli esponenti di diverse funzioni e classi hanno a che fare tra loro. Questo protocollo è la buona forma, e deve essere rispettata. Riti, direbbe Sorai (parlerò anche di lui un giorno).

Allo stesso tempo la gerarchia non è tutto. Un sovrano ha bisogno di gente di talento. A seconda delle caratteristiche e delle capacità degli individui, il sovrano dovrà assegnarli nelle unità dove possano meglio servire. In particolare, le truppe d’élite dovrebbero essere costituite da cinque unità distinte, che comprendono:

  • chi ha forza e coraggio
  • i temerari fanatici
  • quelli capaci di arrampicarsi e traversare in fretta territori accidentati
  • gli ufficiali che per una ragione o per un’altra hanno perso la loro posizione e vogliono mostrare il loro valore
  • quelli che si sono ritirati davanti al nemico e che vogliono riscattare il loro nome.

Il buon soldato è coraggioso, forte e veloce. Se ne trovi, compattali in un’unità speciale, curali e onorali. Prenditi cura delle loro famiglie, allettali con ricompense e intimidiscili con punizioni.

In quanto sovrano, non aver paura di circondarti di uomini migliori di te. Anzi, attento al contrario: se i tuoi ministri sono meno fighi di te, preoccupati!

In generale, ci sono 8 condizioni del nemico in cui ingaggiar battaglia.

  • Quando fa estremamente freddo e tira vento, quando li hanno tirati in piedi presto e marciano mezzi addormentati, incuranti di tutto;
  • Quando fa estremamente caldo, si sono alzati tardi e avanzano assetati e affamati, focalizzati sul raggiungere un obbiettivo distante;
  • Quando sono in campo da tanto tempo, hanno finito i rifornimenti, il malcontento serpeggia tra i ranghi e nel popolo, e i soldati si lasciano impressionare da auspici nefasti senza che gli ufficiali possano faci niente;
  • Quando hanno finito i rifornimenti, il tempo è nuvoloso e piovoso e non hanno nessun posto in cui rifornirsi;
  • Quando sono pochi e su terreno svantaggioso, con soldati e bestie malati o stanchi, e fuori portata dei rinforzi;
  • Quando la tappa è lontana e sta imbrunendo, uomini e ufficiali sono spaventati, sono stanchi e/o a digiuno, e stanno riposando dopo essersi tolti l’armatura;
  • Quando i generali sono deboli, gli ufficiali irresponsabili, la coesione labile, mancano di back-up e sono spaventati;
  • Quando non sono ancora in formazione o il loro campo non è ancora completo, e sono in terreno difficile, con valli strette.

 

Per contro, ci sono 6 condizioni in cui devi evitare la rissa a tutti i costi:

1- Se il territorio è vasto e la gente del nemico prospera;

2- Se hanno un buon sovrano che fa un ottimo lavoro;

3- Se le ricompense sono credibili, le punizioni giuste, e ambedue eseguite con buon tempismo;

4- Se sono meritocratici;

5- Se hanno un grosso esercito ben equipaggiato (Duh!);

6- Se hanno buone alleanze coi vicini.

In generale, attacca il tuo nemico quando è disorganizzato. La disorganizzazione, che sia ristretta all’esercito o estesa all’intero Stato, è una debolezza fatale.

Sfrutta i loro punti deboli. Se sono stanchi, se hanno fame, se non sono ancora riusciti a insediarsi, se il loro esercito non si è ancora raggruppato dopo una lunga traversata, o è in disordine, se sono in una posizione svantaggiosa, se il loro generale è separato dai soldati, se hanno paura…

Attaccali con le tue truppe d’élite per un primo shock, per poi continuare l’attacco con le tue truppe regolari.

 

Ma parliamo del tuo esercito, come fare a controllarlo? Ci sono dei principi. Fai muovere il tuo esercito attraverso il terreno che gli è più congeniale, riforniscilo in cibo e armi, in modo che le bestie da traino siano ben pasciute, i carri ben tenuti e le armi di buona qualità. Premia chi avanza, punisci chi si ritira.

Per quanto riguarda i soldati, la cosa più importante è il controllo.

Ovviamente, il numero è importante. Ma se i tuoi non credono in punizioni e ricompense e non scattano a ordini e segnali, c’è poco da fare. I tuoi devono rispettare la buona forma quando sono in quiete e incutere timore quando sono in azione. Se hai stabilito il controllo, manterranno l’ordine anche se tagliati gli uni dagli altri. Faranno fronte comune in guerra e in pace. Il controllo dà unione, l’unione è potere. Un esercito sotto controllo è quindi chiamato “esercito di padri e figli” (ovvero, ufficiali e soldati sono come padri e figli).

 

Se il tuo esercito è in marcia, non sfiancare soldati e animali: c’è un tempo per avanzare, per fermarsi, per bere e per mangiare. Se li stanchi, li affami o li asseti, non potranno eseguire prontamente gli ordini e non potrai stabilire il controllo.

 

Come diceva anche Sun Zi, in battaglia, chi combatte determinato a morire vivrà, mentre chi cerca di sopravvivere finirà per farsi ammazzare. Quando vuoi dar battaglia, devi far credere ai tuoi che non ci sia alternativa né via di fuga, “come in una nave che affonda o intrappolati in un edificio in fiamme”. Tranciare attraverso i ranghi nemici deve apparire come l’unica possibilità.

Ciò che uccide un uomo è la sua incapacità, e ciò che lo sconfigge è l’inatteso e o lo sconosciuto. Pertanto è fondamentale che i tuoi soldati siano addestrati e vigili. Inversamente, cerca di prender il nemico di sorpresa. Aspetta riposato lo stanco, aspetta nutrito l’affamato. Schierati e cambia il tuo schieramento prima di attaccare. Disperdi i tuoi e riuniscili. Ingannalo, prendilo alla sprovvista.

E per quanto riguarda gli armamenti, il signor Wu scende nei dettagli.

I soldati bassi, in mancanza di carri armati, sono di solito buoni lanceri e alabardieri, mentre quelli alti, in mancanza di corpo dei bersaglieri, sono di solito buoni arcieri o balestrieri. Prendi qualcuno di forte per portare le insegne e qualcuno di fegato per portare i tamburi.

E quelli deboli? Schiaffali in logistica, potranno rendersi utili lì. Per supervisori and the likes, prendi gente intelligente.

L’organizzazione militare deve essere stabilita in primis nella sfera amministrativa: villaggi e distretti devono già essere organizzati con milizie e squadre, in modo da poter reagire alla svelta e potersi difendere reciprocamente.

 

In caso di avanzata, evita di attraversare le bocche di valli profonde e strette o di passare ai piedi di alte montagne. Peraltro, considera la direzione del vento prima di attaccare. Ne sa qualcosa Taira no Masakado, sorto e abbattuto su un soffio di vento.

Tornando all’esercito, come prendersi cura di carri e cavalleria?

Da notare che con “cavalleria” non si intende un corpo d’azione, quanto tutta quella torma di gente che si sposta a cavallo o impiega cavalli. In altre parole, “cavellerizzi” o “cavallari” più che cavalieri: all’epoca di Wu C’hi la tattica si riposava su fanti e carri.

Un cavallo non è una bestia facile da tenere. A parte buona erba e acqua, necessita controllo, perché non deve mangiare troppo né troppo poco (un cavallo sopporta meglio la fame dell’indigestione). Deve esser tenuto caldo in inverno e fresco in estate, deve essere spazzolato (e bada a pettinargli bene la coda se non vuoi una coppiola nel petto), e soprattutto i suoi zoccoli devono essere curati. In guerra, i cavalli devono essere schermati con protezioni agli occhi e alle orecchie. Inoltre, devono essere addestrati al pari dei soldati.

Non prendi un cavallo da fattoria e lo schiaffi al fronte, anche perché al cavallo puoi insegnare di tutto, ma una volta che ha imparato una cosa, è quella. Insomma, non lo risetti!

Devi fare in modo che cavalli e uomini sviluppino un certo legame gli uni con gli altri. Inoltre, se hai tanti uomini e poche bestie, è meglio sfiancare dei fantaccini facendogli portare roba che stancare gli animali e trovarti senza some al momento del bisogno. Un cavallo vale più di un soldato semplice, in certi tipi di eserciti.

Buono, tutto bello, tutto giusto, ma per quanto riguarda il generale?

Il generale in capo non può essere un militare puro. Bisogna che abbia abilità legate alla sfera civile. Il coraggio è necessario, ma non è sufficiente. Deve esser capace di portare avanti 5 aspetti fondamentali:

  • regolazione (poter controllare una grossa massa di gente),
  • preparazione (esser pronto a ingaggiare il nemico anche se costui non è presente in quel momento),
  • impegno (attaccar battaglia senza preoccuparsi per la propria vita),
  • cautela (non abbassare mai la guardia),
  • semplificazione (non esagerare con limiti ed ordini).

 

I punti vitali in guerra sono 4:

  • morale (ch’i): quando l’intero esercito è ben ordinato in base alle capacità di ognuno e ben schierato;
  • terreno: quando sai piegare la situazione a tuo vantaggio, ad esempio trovarti in una posizione in cui pochi uomini possono tenerne in scacco tanti altri;
  • affari: saper gestire le spie, riuscire a tormentare i tanti coi pochi e minare la solidità e la coesione dello stato maggiore nemico;
  • forza: quando i tuoi mezzi sono adeguati, i tuoi spostamenti veloci, i tuoi animali in salute e i tuoi ufficiali preparati.

 

Un generale deve incutere rispetto nei suoi e timore negli altri, in modo da diminuire il morale nemico e vedere i suoi ordini eseguiti in fretta e con precisione.

Inoltre, i segnali sonori e visivi devono essere ben conosciuti, distinguibili e rispettati. Allo stesso modo lo devono essere punizioni e ricompense.

Devi riuscire a conoscere il generale nemico e sfruttare le sue debolezze. Se è avido, corrompilo, se è indeciso sfiancalo e disorientalo, ecc. Se i loro ufficiali sono ricchi e ben pasciuti e i loro soldati miserabili, puoi dividerli. Se le truppe non si fidano dei loro ufficiali e sono dubbiose, puoi spingerle in rotta. Ecc.

Se non conosci il generale, seleziona degli uomini di fegato dai tuoi ranghi inferiori e costituisci una forza leggera che lo assilli e lo spinga a reagire, in modo da osservare i suoi movimenti. Potresti scoprire che il generale è uno sveglio. Allora evita di affrontarlo. Se caricano a pecorone berciando e correndo, ogni unità per cazzi suoi, il generale è un idiota: approfittane! I nemici possono esser tanti, ma se il boss è un cretino, loro sono nella merda.

E come fare in modo che il caos non si diffonda nella tua truppa? Facile. Uccidi chi disobbedisce.

Funziona, finché qualcuno non ammazza te.

 

Bene, ma poniamo caso che i nostri nemici abbiano lasciato gole e precipizi dietro di loro, che abbiano le montagne sulla loro destra e un fiume sulla sinistra, che le loro fortificazioni siano forti e ben difese, il loro esercito forte e numeroso, che siano dei mostri in tattica e abbiano un sacco di riserve.

In questo caso devi dividere i tuoi, tipo in cinque, e avanzare via strade diverse, in modo da confondere il nemico. Intanto sprona le tue spie: deve esserci un punto debole, devi conoscere i suoi piani!

Tenta prima l’approccio diplomatico. Consiglio: se uccidono i messaggeri, è possibile che non siano inclini a ottemperare alle tue richieste. In quel caso costringili a ingaggiarti in cinque battaglie diverse. Se vinci in una di esse, non inseguire gli sconfitti. E se perdi, battitela il prima possibile in modo da tirarteli dietro. Se ti inseguono, è possibile attirarli in un’imboscata.

 

E puta caso ti siano addosso, sei senza vie di ritirata e i tuoi soldati sono terrorizzati.

Se i tuoi sono più numerosi, dividili e attaccalo su due fronti. Se i tuoi sono pochi, non attaccarlo apertamente, ma tormentalo in continuazione per impedirgli di riposare.

 

E puta caso te lo trovi davanti al naso in una valle stretta, loro sono in tanti e i tuoi sono in pochi.

Intanto non attardarti mai su montagne, pantani e valli. Se poi doveste trovarvi muso a muso, manda avanti arcieri e balestrieri, cerca di tenere il nemico a distanza e prendere prigionieri. Interroga i prigionieri e cerca di conoscere il nemico meglio che puoi, perché è l’unico modo che hai di cavartela.

 

Ma puta caso che siete serrati da alte montagne, incontri il nemico e non osi attaccarlo ma non puoi ritirarti.

In una valle stretta un grande numero non è molto utile. Metti in avanguardia le tue truppe di shock e gli ufficiali migliori. Apposta carri e cavalieri più indietro. Difficilmente il nemico oserà avanzare. Allora metti in riga i tuoi stendardi e ritirati con ordine dalla valle. Appena cavato d’impiccio, accampati. Prendi fiato, mentre carri e cavalieri tormentano il nemico senza posa in modo da dissuadere un attacco e impedirgli di riposare.

 

Perfetto. Ma puta caso ti trovi bloccato in un vasto pantano, affondi e non hai barche né zattere.

Per cominciare, manda delle sentinelle sulle alture più vicine. Poi cerca di conoscere meglio che puoi natura e profondità dell’acqua. Se pone problema a te, pone problema anche al nemico. Se il gaglioffo ti attacca, cerca di sfruttare la palude a tuo vantaggio (tipo attaccandolo quando metà dei suoi sono in traversata).

 

Ora, avete presente quei film in cui la cavalleria catafratta carica sotto la pioggia battente?

Ecco, salvo certi terreni d’eccezione, è una pessima idea. La pioggia rammollisce il terreno. Carri e cavalli affondano, avanzano con difficoltà, specie con centocinquanta chili di tizio armato sulla groppa.

E questo ci porta al penultimo “puta caso” della serie:

se piove per giorni e ti impantani, ser sotto attacco da tutti i lati e il morale è a terra, che fare?

Intanto non dovresti trovarti impantanato con dei carri perché, per cominciare, non si impiegano carri in clima di pioggia e mota. In secondo luogo, cerca di tenerti sulle alture.

 

Come difenderti da gruppi di cavalieri veloci e selvaggi che lanciano raids sui tuoi territori?

Adotta una posizione difensiva. Non farti tirare in una battaglia, ma aspetta la fine della giornata, quando saranno stanchi e carichi di bottino e pronti a ritirarsi. Approfitta del fatto che in ritirata saranno concentrati sul correre, e fagliela pagare.

 

E una nota finale per quando prendi una città: occupa i centri di potere, ma non distruggere alberi o case, non metterla al sacco. Mostra benevolenza alla popolazione in modo da ottenere il loro sostegno. Allo stesso modo, sii magnanimo verso chi si arrende.

 

Infine, è fondamentale individuare e assumere gente di talento, onorarla, senza tralasciare di stimolare chi ancora non ha compiuto nulla di memorabile.

 

In chiusura del libro, Wu nota come un uomo disposto a morire può terrorizzarne mille altri. I russi che davano la caccia al buon Symo Haya potrebbero confermarlo.

Se tu riuscissi a prendere i tuoi cinquantamila soldati e trasformare ognuno di loro in quell’assassino feroce pronto a tutto, allora il nemico avrebbe un grosso problema.

 

Il Wu-Tzu è probabilmente un testo spurio, ma resta uno dei sette pilastri fondamentali degli studi tattici asiatici.

Prossimamente, parleremo di un altro Libro Imperdibile, il Wei Liao-tzu. Nel frattempo, ripassate gli appunti, orientate le catapulte, ferrate i cavalli e MUSICA!

 

Classici Militari: Bing Fa o l’Arte della Guerra (3)

[Questo post doveva uscire il 9 di agosto. Chiedo scusa per il ritardo, non ho idea di cosa sia andato storto.]

 

Benvenuti nella terza e penultima puntata dedicata al più famoso dei Classici Militari, l’Arte della Guerra!

Per chi si fosse perso le prime appassionanti puntate, rimando ai miei articoli,

Questo e Questo.

Riprendiamo da dove avevamo lasciato, le Disposizioni militari!

Un soldato Sung. No, non sono sicura che fossero davvero vestiti così. Fichez-moi la paix!

Il primo consigli che il nostro Sun Zi dà è “prima di tutto, renditi inconquistabile”, poi aspetta pazientemente che il nemico scopra un fianco. Ora, “essere inconquistabile dipende da te”, mentre “essere conquistabile” (AKA, scoprire il fianco) dipende dal nemico. Ovvero, se sei davvero bravo puoi rendere te stesso invincibile, ma anche il nemico può fare la stessa cosa.

Chi non può vincere assume un atteggiamento difensivo, chi può vincere attacca.

Questa frase contiene una grande verità, ovvero che c’è una sola cosa che trattiene un popolo dall’attaccarne un altro: non conviene.

Beninteso, questa frase non è da intendersi il modo puramente materiale. Un sacco di guerre inutili sono state combattute, anche guerre che era chiaro dall’inizio non avrebbero portato nessun vantaggio reale. Dovete pensare con la testa di chi quella guerra decide di farla (o non farla). Cosa per quella gente costituisce un vantaggio o meno?

Poco importa quanto stupida, insensata, inconcludente o controproducente sia: la guerra viene fatta perché si crede sinceramente e fermamente che conviene.

Conviene per i soldi, per la terra, per la razza ariana o per avere un posto in paradiso, ma conviene. Se non conviene non si fa.

A riprova: la guerra nucleare non conveniva a nessuno e non l’hanno fatta.

Per chi scrive fantasy: due popoli devono avere delle buone ragioni per essere alleati o nemici, per essere in pace o in guerra. Se uno dei due ha un livello tecnologico ridicolmente arretrato rispetto a quell’altro, sarà un suo subalterno. Se non ha un esercito sarà un suo subalterno. E se non lo è ci deve essere una buona ragione, dire che è così e basta non è sufficiente.

 

Tornando a noi, chi si limita a un atteggiamento puramente difensivo, pur avendo magari un vantaggio iniziale, non può vincere una guerra. Solo chi è capace di attaccare può preservarsi e ottenere una vittoria definitiva.

Ottenere una grande vittoria militare, celebrata dal popolo, non è il pinnacolo dell’eccellenza. Per Sun Zi dire che chi ottiene una grande vittoria è “eccellente”, equivale a dire che chi vede il sole o la luna ha una vista sopraffina. La vittoria di un uomo eccellente è conquistare chi è facile da conquistare. Chi davvero eccelle nell’Arte della guerra fa in modo di combattere un nemico che ha già perso in partenza.

La vera eccellenza comincia col mettersi in una posizione in cui non puoi essere sconfitto, il tutto senza tagliarti la possibilità di attaccare.

In parole povere, i campioni prima creano le condizioni per vincere, poi combattono una guerra vinta. I mediocri combattono prima e cercano la vittoria poi.

E, come ogni cosa cinese, chi vuole ottenere l’eccellenza deve possedere il Tao.

Ci sono più interpretazioni per cosa diavolo significhi il termine nello specifico: per alcuni si tratta della padronanza dei principi essenziali all’arte militare, per altri della padronanza delle virtù confuciane, che rendono un uomo equilibrato, previdente e amato, nonché virtuoso. Ci tengo a sottolineare l’ultima, dato che i Cinesi avevano un approccio piuttosto pratico e tautologico al Fato: se sei virtuoso, il Cielo ti favorirà e vincerai. Se vinci, vuol dire che il Cielo ti favoriva, ergo sei virtuoso.

Insomma, chi vince ha ragione.

Parlando di metodi militari, ce ne sono cinque:

  1. misurazione
  2. stima delle forze (Che tipo di forze? Che materiali?)
  3. calcolo degli effettivi
  4. considerazione e paragone delle forze
  5. vittoria (si prega di non barare e non saltare direttamente a quest’ultima!)

Il terreno dà luogo alla misurazione; la misurazione dà luogo alla stima delle forze; la stima dà luogo al calcolo, che dà luogo alla considerazione e paragone. Fai tutto bene, e avrai la vittoria in tasca. Ma potresti accorgerti che “far tutto bene” è più facile a dirsi che a farsi.

 

Potere strategico

Come comandare un grande numero di uomini? Non è diverso dal comandarne pochi. Il punto è saper dividere e configurare.

Peraltro, ci sono due metodi che permettono di vincere il nemico: quello Ortodosso e quello Eterodosso. Come si combatte il vuoto col pieno, se ingaggi battaglia con un nemico che usa tattiche ortodosse, devi rispondere con altre eterodosse. Chi è capace di sfruttare tattiche eterodosse, ha risorse inesauribili e la vittoria in pugno.

I componenti di una battaglia possono essere sempre gli stessi, ma i modi di combinarli sono infiniti (un po’ come le regole in narrativa). Parimenti ortodosso ed eterodosso si combinano all’infinito in possibilità illimitate.

 

Per quanto riguarda la vera battaglia, la mischia…

C’è una strana idea tra numerosi scrittori, supportata da quel maiali di Hollywood, secondo cui la battaglia è di norma un mucchio selvaggio con buoni e cattivi mischiati insieme che menano a destra e a sinistra. L’Eroe sta da solo, in mezzo al nemico, fulgido esempio per gli uomini, rigorosamente senza elmo.

E’ una stronzata.

Ci sono scrittori che non sanno descrivere le battaglie, e poi c’è l’Aliprandi…

Diversi tipi di eserciti combattono in modi diversi. Un esercito come quello di Sun Zi si muoverà in maniera diversa dalle bande guerriere di Yoritomo e Ichi-no-Tani, e in modo ancora diverso dalle troppe dell’Operazione Anaconda.

La battaglia può parere caotica, o lo può diventare, ma la prassi non cambia: quale che sia la forma, lo stile, il tempo, chi mantiene il controllo vince. Perfino in una battaglia a bande come quella di Ichi-no-Tani, i combattenti sapevano chi erano i loro alleati, quali erano gli obbiettivi, da dove dovevano passare, dove ritrovarsi e quando disperdersi.

Questo è ancora più vero quando a muoversi è un vero esercito. Può parere caotico, ma non può esserci disordine. Una mischia hollywoodiana è un cazzo di disastro, una catastrofe tattica che costerà la vita a un numero altissimo di uomini per un risultato risibile. A bloody mess.

Il che in un libro ci può stare benissimo, beninteso. Ma se pensi che quello sia il modo standard di combattere sbagli: quello è il modo standard di prendere un fracco di legnate (e probabilmente perdere la guerra).

 

Tornando a Sun Zi, il nostro spiega che il caos simulato è fonte di controllo: inganna il nemico fingendo disordine e spingilo a fare ciò che tu vuoi che faccia. Parimenti, fingere paura porta coraggio, fingere debolezza porta forza.

Caos e ordine sono un problema di numeri, coraggio e paura sono un problema di configurazione strategica delle forze, forza e debolezza dipendono da come hai spiegato le tue forze.

Il punto è disporsi in una configurazione tale che il nemico risponderà nella maniera che a te conviene. Offri qualcosa che vale, e cercherà di prenderla. Fagli vedere truppe ben ordinate e coordinate, e aspetterà. Il punto è sempre lo stesso: un comandante deve dirigere i suoi, e deve dirigere i loro. Spingi il nemico ad agire (o non agire) secondo quello che tu vuoi. Non lasciare mai che sia lui a guidare le danze.

La leva della vittoria è la strategia, non gli uomini in quanto tali. Chi vuole vincere deve cercare gli uomini adatti a servire la strategia, non viceversa.

 

Vuoto e Sostanza

Come spesso nel manuale, Sun Zi comincia con lo specificare le basi per chi fosse così tonno da non conoscerle: chi arriva prima sul terreno di battaglia sceglie come installarsi, può riposare e sarà in vantaggio. Chi arriva dopo avrà corso, sarà stanco e molto probabilmente non avrà molta scelta su dove schiaffarsi.

Come detto prima, se vuoi farli avvicinare, offri qualcosa da desiderare. Se vuoi frenarli, sbandiera qualcosa da temere.

In generale, cerca di sovvertire la condizione del nemico. Se è ben nutrito, affamalo; se è riposato, stancalo; sistemati in modo che debba correre a cercarti, precipitati dove non ti aspetta.

E sempre per la Fiera dell’Ovvio: il modo più semplice di viaggiare è attraverso un territorio non occupato. Se vuoi prendere una posizione di colpo, attacca posizioni non difese. Se vuoi occupare una posizione imprendibile, scegline una che il nemico non attaccherà.

Tutto questo per dire: se sei bravo ad attaccare, non sapranno cosa e come difendere; se sei bravo a difenderti, non sapranno dove attaccarti.

Ad esempio, vuoi ingaggiare un nemico che si trincera dietro spalti troppo tosti?

Costringilo a uscire attaccando qualcosa che deve proteggere.

Al contrario, non hai bisogno di spalti per difenderti, se sei in grado di menomare i suoi movimenti.

Devi essere flessibile e pronto a rispondere all’evenienza. Sapere quali sono le loro condizioni, ma non lasciare che sappiano, ad esempio, quale campo di battaglia hai scelto per il big showdown, così dovranno prepararsi su numerosi fronti e posizioni. Stirali il più possibile.

D’altro canto, puoi ben dirigere, raggruppare e disporre il tuo esercito (senza disperderti e stiracchiarti in mille posizioni) solo se conosci il posto e il giorno in cui conta farti il mazzo.

Peraltro, devi anche avere una chiara idea di cosa vinci e cosa perdi, e per far questo devi sapere bene con chi hai a che fare. Sun Zi consiglia di incoraggiare il nemico, in modo da farlo muovere e poter osservare il suo comportamento, quali sono le sue forze, cosa ha e cosa gli manca.

Tu, per contro, devi evitare il più possibile di assumere una forma discernibile, perché figurati: anche il nemico sta facendo lo stesso gioco, e le sue spie ti stanno studiando alla stessa maniera. Questo ti permetterà di adattarti (“come acqua”) al nemico, evitare suoi “pieni” e colpirlo nei suoi “vuoti”.

Combattimento

Il combattimento è la parte più difficile di una guerra.

Il primo che dice “Ma va’'” finisce nell’angolo in ginocchio sui ceci.

Dicevo, la cosa più difficile in combattimento è volgere lo svantaggio in vantaggio.

Di per sé, il combattimento tra due eserciti è portatore di vantaggi. Il combattimento tra masse, invece, è un casino.

Un esercito ridotto e leggero è più rapido e meglio manovrabile di una massa di coscritti coi bagagli. Ma è anche più vulnerabile.

Sun Zi sconsiglia di lasciarsi impedimenta e armi pesanti dietro per correre avanti: solo una piccola parte dell’esercito (i più forti) riusciranno ad arrivare in condizioni di combattimento, seguiti da una massa sempre più scompaginata di bagagli e gente esausta e demoralizzata. E un esercito che non ha un solido rifornimento è un esercito nei guai.

 

Il primo passo per vincere una guerra non è caricare a testa bassa prima degli altri, ma conoscere i piani dei tuoi avversari e preparare le alleanze che ti permetteranno di essere in vantaggio. Questo vale in particolare se prevedi una spedizione, poiché dovrai impiegare delle guide locali, ed è bene avere un’idea chiara di da che parte stanno.

 

Riguardo ai rifornimenti, quando saccheggi un territorio, dividi il ricavato tra le tue truppe. Sempre dividere i profitti! La gente è più disposta a morire per te se può guadagnare dal rischio.

 

Una cosa che spesso piaga i romanzi e i film, è la totale assenza di una catena di comando e di strumenti di segnalazione. L’eroico generale urla ordini, la soldataglia esegue, gente si scambia commenti da una parte all’altra del campo, e alla fine tutto pare una versione per ritardati della ricreazione delle elementari.

In una battaglia vera c’è casino. Tanto casino. Il fracasso di un mucchio di gente più o meno corazzata, urlante e esagitata è allucinante. Se poi ci sono artiglierie coinvolte è anche peggio.

Come fare allora a dire alla gente quello che deve fare?

Tamburi, gong, trombe, timpani… gente di posti diversi ha inventato strumenti diversi che potessero sovrastare il casino generale con un messaggio chiaro, udibile e comprensibile per lo meno dal sergente di turno. Allo stesso modo, bandiere, gonfaloni, insegne, ecc. Non sono lì per decorazione. In uno scontro si può perdere l’orientamento. Sei finito in un mucchio di nemici, ti hanno suonato come una zampogna, sangue e cervello ti colano dalle orecchie e te la fai talmente addosso che non ti ricordi nemmeno come ti chiami. Ma le insegne si vedono. Il gonfalone della tua squadra si muove, si ritira. Sai che dovete tornare indietro. E l’addestramento sovviene quando il ragionamento falla. Una sequenza di suoni conosciuti, e le tue budella sanno se vuol dire “ritirata”, “carica” o “è l’ora del tè”.

Strumenti e segnali coordinano un esercito. Uomini coordinati sono uomini uniti, e uomini uniti sono uomini che fanno un buon lavoro. Le probabilità di un temerario pazzoide che corre avanti piantando i suoi, o di un disertore che scappa per i campi sono ridotte al minimo se gli uomini sono coordinati e uniti.

Ovviamente in una battaglia notturna userai fuochi per segnalazione. Sun Zi consiglia anche di aumentare il numero di strumenti sonori. Dato che la tua carne da cannone non vede a un palmo dal naso, almeno fatti sentire.

 

Un altro elemento è fondamentale in un esercito, ed è quello che Sun Zi chiama il ch’i, qualcosa che in questo contesto si avvicina al nostro animus. Secondo lui, il ch’i è di solito ardente al mattino, e progressivamente più indolente lungo alla giornata, per toccare il suo minimo al tramonto. E’ ovvio che l’interesse è attaccare quando il ch’i dei nemici è basso.

Personalmente al mattino ho la testa nel culo e al tramonto potrei abbarcarti tre steri di legna senza sudare, ma sono cinesi, sono mattinieri.

 

Sun Zi ribadisce una carrellata di consigli: non avvicinarti ad alte montagne, non affrontare gente che ha le colline alle spalle, attento a non farti tirare in una finta ritirata, non attaccare truppe animose e non farti fregare da truppe disordinate messe lì come esca. Non metterti tra i piedi di un esercito che sta tornando a casa, e se ti trovi a dover assediare qualcuno, lasciagli sempre una via di ritirata (la prenderanno, e passeranno dove TU hai deciso di farli passare). Ugualmente, non pressare troppo un invasore esausto.

Quest’ultima pare strana. Suppongo che il rischio sia, pressandolo troppo, di rinfocolare il suo morale e ricompattare i suoi uomini. Lascia malinconia, malcontento e sconforto fare il loro lavoro.

 

I nove cambiamenti (che a esser fiscali sarebbero dieci)

Ci sono delle cose che un generale deve o non deve fare:

  • Non accamparti in luoghi che intrappolano. In genere questo si interpreta per terreni bassi, magari in mezzo ad alture, con acqua, pantani: sono zone che si possono facilmente inondare (magari piove molto, o qualche furbo rompe di proposito un argine), e rendono l’avanzata di uomini e carri penosa
  • Riunisciti coi tuoi alleati in un punto centrale, accessibile da diverse direzioni e magari da diverse strade vere e proprie.
  • Non restare su terreno isolato.
  • Pianifica in anticipo per quanto riguarda il terreno circondato.
  • Su terreno fatale dovrai combattere.
  • Certe strade non devono essere seguite.
  • Certi eserciti non devono essere attaccati.
  • Ci sono città che non devono essere assediate.
  • Ci sono posizioni per cui non si combatte.
  • Ci sono degli ordini del sovrano che devono essere ignorati. Pare ci sia un frammento qui, che aggiunge precisione. Se il sovrano ti ordina di seguire quelle strade, o attaccare quegli eserciti, città o posizioni di cui si è appena parlato… lascialo perdere. Sta col culo sul trono a centinaia di kilometri da dove tu sei. Si fotta.

Che poi tutto riviene a un oculato bilancio di cosa vinci e cosa perdi. Non combattere mai per perdere.

 

Non fidarti del fatto che non verranno: sii preparato (che è quello che i latini esprimevano con si vis pacem, para bellum).

 

Il capitolo si chiude con una nota sul generale. Ci sono cinque tratti di carattere che presentano un rischio, per lui e per il suo esercito:

  1. Chi è determinato a morire può essere ucciso;
  2. chi è determinato a sopravvivere può essere catturato;
  3. chi s’incazza facile può essere insultato;
  4. Chi è ossessionato dalla propria immagine può essere coperto d’infamia;
  5. chi ama la gente può esser perturbato.
  6. Questi cinque tratti sono catastrofi in potenza: valuta bene il tuo generale prima di mandarlo in giro con ottocentomila fantaccini.

 

Meditate sulle savie parole del Maestro. Perché per ora è tutto, alla prossima puntata altre chicche!
E ora, MUSICA!

 

Classici Militari: Bing fa, o l’Arte della Guerra (2)

[ACHTUNG: Questo articolo è stato programmato in anticipo, quando uscirà io sarò in Kazakistan e non so se avrò accesso a internet. E’ possibile che non possa regolare i commenti o correggere, portate pazienza. Sarò di ritorno in Europa verso il 26 luglio. Fate i bravi.]

 

Bentornati alla seconda puntata sul nostro classico più celebre. Qui Sun Zi entra un po’ più nello specifico.

Let’s not waste any time but dive in!

Il terreno è una componente imprescindibile delle operazioni militari. Facciamo quindi una rapida carrellata:

Le montagne.

Se devi attraversare delle montagne, mine de rien, segui le valli e cerca di mantenerti su terreno difendibile (certi commentatori hanno interpretato questo come “terreno yang”, ovvero a solatio). Se il nemico tiene le vette, evita di salire a cercarlo (può darsi che in futuro scriva un articolo sulla guerra in montagna nello specifico).

 

I fiumi.

Dopo aver attraversato dell’acqua, allontanatene. Evita, finché puoi, di combattere nei pressi di un fiume. Se ad attraversare è il nemico, non saltargli addosso mentre è nell’acqua, ma aspetta che la metà dei suoi sia passata. Infine, non “contrariare le correnti”. Questo è stato interpretato con “non accamparti a valle del nemico”. I rischi sono molti, tra cui: il nemico potrebbe aver limitato in qualche modo il flusso e rilasciartelo sul muso tutto di un botto, o il nemico potrebbe avvelenare l’acqua.

Sta anche attento all’acqua che scorre. Se è un fiume di montagna, e porta bolle e schiuma, è probabile che ci siano appena state forti piogge più a monte, e quindi rischia di esserci una piena o comunque un aumento nel flusso. Se devi attraversare, è meglio che l’acqua sia limpida e calma.

 

Le paludi.

Paludi e pantani sono una brutta faccenda, e devi cavartene fuori il prima possibile, non restarci a nessun patto. Nel caso sfortunato in cui dovessi combattere in una palude, cerca di stare su un terreno dove cresce dell’erba, meglio se con degli alberi alle spalle.

 

Le pianure.

Cerca di sistemarti su un terreno facilmente percorribile dai carri. Nell’ideale, sarebbe bene avere terreno più alto sul dietro dell’ala destra, terreno fatale sul davanti (dove vuoi stroncare il nemico) e terreno difendibile alle spalle.

Infine, un esercito apprezza trovarsi in terreno elevato, assolato e possibilmente dove sia possibile rifornirsi di cibo. Pertanto è consigliabile di prediligere il lato a solatio quando si ha a che fare con colline and the likes.

 

Ci sono delle configurazioni orografiche da cui devi cavarti il prima possibile, anzi meglio, non avvicinartici nemmeno.

  1. Gole ripide con torrenti di montagna;
  2. Pozzi Celesti (depressioni profonde circondate su quattro lati da montagne);
  3. Prigioni Celesti (valli ripide incassate tra montagne su tre lati, il genere di posto in cui se entri sei facilmente imbottigliato);
  4. Reti Celesti (zone con una vegetazione molto fitta e impenetrabile);
  5. Fosse Celesti (zone di terreno molle e pantanoso);
  6. Spaccature Celesti (questa parla da sé, passaggi simili a coltellate nelo Pianeta, in cui manovrare è impossibile e che sono facilmente dominate da chiunque sia in alto).

Te stanne alla larga, ma cerca di spingerci il tuo nemico.

Quando ti trovi a dover attraversare una zona e avere sui fianchi gole e montagne, o foreste dense, paludi, zone troppo lussureggianti, fai prima battere ammodo l’area dai i tuoi esploratori, perché è più che probabile che il nemico ti abbia preparato un party di benvenuto a sorpresa.

Se i nemici sono vicini ma si tengono calmi, è perché stanno cercando la buona occasione di piazzarsi su un terreno favorevole, per esempio delle alture. Se invece ti sfidano quando sono lontani, è possibile che lo abbiano già occupato e vogliano farti arrivare stanco e sfibrato là dove comoda a loro.

Sono sicura che sentivate il bisogno di articoli come questo!

Un comandante deve essere vigile. Se vedi gli alberi muoversi, i nemici stanno arrivando, e sono tanti. Se gli animali sono spaventati, sono nei paraggi. Parimenti, uccelli che spiccano il volo tutti insieme indicano un’imboscata (o forse no? Gli Heike sulla Fuji avrebbero qualcosa da ridire in proposito, ma di questo ne parleremo un’altra volta!).

Se vedi ostacoli troppo flagranti piantati nell’erba alta, stai attento: potrebbe essere un trucco (se sono troppo visibili, potrebbero essere una finta).

Se vedi colonne nette di polvere alzarsi nel cielo, sono dei carri. Se la polvere è bassa e confusa in una nuvola caotica, si tratta di reparti di fanteria. Se sono sbuffi sparsi, sono fuochi di bivacchi. Se vanno e vengono, dispersi e intermittenti, vuol dire che si stanno accampando.

Non fidarti dei loro inviati o dei loro ambasciatori. Se parlano con deferenza ma i preparativi fervono, stanno per avanzare; se berciano aggressivi e avanzano in fretta e furia, prevedono di ritirarsi. Se cercano la pace senza porre condizioni, stanno meditando una qualche infamia (cit.). Se invece il nemico ti manda i suoi con offerte e regalini, vuole un time out per riposare.

E bada: se metà del suo esercito avanza e l’altra metà resta indietro, sta cercando di prenderti all’amo. Se invece si avvicina con truppe ben motivate e animose, ma si limita a tenere le posizioni senza sfidarti, stai attento: ti sta fregando in qualche maniera.

 

Osservare gli uomini del nemico è anche una parte importante. Se si appoggiano sulle loro armi quando sono in piedi, probabilmente hanno fame. Se quelli che prendono l’acqua per prima cosa bevono, i soldati hanno sete. Se non avanzano quando c’è un possibile guadagno, vuol dire che sono stanchi (o che si aspettano una fregatura).

Osserva il loro campo. Se ci si radunano gli uccelli, vuol dire che è vuoto. Se li senti vociare la notte, vuol dire che sono spaventati. Soldati indisciplinati, che brontolano, fanno troppo rumore o obbediscono con riluttanza, sono segno di un generale che non ha polso. Se le loro insegne si muovono per tutti i versi, vuol dire che sono nel caos. E se gli ufficiali sono incazzati, significa che sono stanchi.

Se uccidono i loro cavalli o li vedi mangiare molta carne, è probabile che siano a corto di cereali e rifornimenti (per loro e per le bestie). E bada se non rimettono a posto pignatte e utensili da cucina o non ritornano al campo: se non si preoccupano di quell’equipaggiamento, vuol dire che sono esausti e che probabilmente stanno preparando un attacco disperato.

Se nel suo esercito i soldati si radunano in piccoli gruppi per parlottare tra loro, vuol dire che il generale non ha il supporto dei suoi soldati.

Osserva anche il generale in questione! Se assegna ricompense troppo spesso, vuol dire che è nella merda fino al collo coi suoi. Parimenti, se impone tante punizioni.

E sai qual è il pinnacolo di stupidità in quel che riguarda il generale? Qualcuno che prima si mostra brutale, e poi ha paura dei suoi.

Per vincere, non è indispensabile che i tuoi siano di più. Se sei bravo, sai come dirigere il tuo esercito e come manipolare quello nemico, e quindi vincerai anche avendo uno svantaggio numerico. Però questo implica un ottimo controllo sui tuoi.

Se punisci i tuoi soldati prima che si siano legati a te, non riuscirai a sottometterli del tutto, e se non sono del tutto sottomessi, saranno difficili da manovrare. Allo stesso tempo se esiti a punirli dopo che si sono legati a te, li perderai di nuovo e non potrai usarli. Sun Zi consiglia di comandarli col civile e unirli col marziale (più avanti ci saranno indicazioni più precise, non preoccupatevi). Gli ordini devono essere chiari ed eseguiti con perizia. E’ uno dei modi per prendere il controllo della gente e tenerselo.

 

Tornando al terreno, Sun Zi specifica le diverse configurazioni.

Ci sono sei tipi di terreno.

  1. Terreno accessibile: è il terreno in cui sia tu che il nemico potete avanzare con facilità. Cerca di arrivarci per primo, occupa alture e lati a solatio, e consolida le vie di rifornimento. Solo dopo dai battaglia.
  2. Terreno sospeso: dove avanzare è facile e ritirarsi è difficile. Avanza e attaccali solo se sono impreparati, perché se lo sono e devi ritirarti, sei nei guai.
  3. Terreno di stalli: dove non conviene avanzare né a te né a lui. Cavati di lì, non c’è niente da vincere. Anche se il nemico ti fa intravedere un’apertura, è probabilmente un trucco, non fidarti. L’unico caso in cui potrebbe essere interessante di combattere su un terreno del genere, è se loro attaccano, magari mandandoti contro una metà del loro esercito.
  4. Terreno angusto: tipo grandi valli. Devi arrivarci per primo e avere il tempo di occuparle e disporre i tuoi. Se quando arrivi i nemici sono già lì, non seguirli: è una trappola. A meno che tu non sia sicuro che non hanno avuto il tempo di disporsi, allora puoi rischiarti a corrergli dietro.
  5. Terreno scosceso: tipo gole, montagne, valli molto ripide. Occupa le alture e i lati a solatio, e aspetta il nemico. Se il nemico è già lì, dispiegato o meno, vattene subito, il gioco non vale la candela.
  6. Terreno ampio: è un terreno in cui le vostre possibilità sono eguali e non conviene a nessuno dei due combattere, perché non conviene mai combattere una battaglia equa.

 

Ci sono anche sei tipi di esercito fottuto, perché ai cinesi piace la simmetria!

  1. Eserciti in fuga: quando il loro potenziale strategico è uguale al tuo e ti ostini ad attaccarli (battaglia equa) è molto probabile che vada a finire in una brutta ritirata-.
  2. Esercito lasso, in cui la truppa è forte ma gli ufficiali sono deboli;
  3. Esercito cedevole, quando gli ufficiali sono forti ma la truppa è debole;
  4. Esercito sgretolato, quanto gli alti ufficiali sono gente focosa e incazzosa e ingaggiano il nemico ad glandus segugi senza che il generale sia sicuro delle loro capacità;
  5. Esercito caotico, quando il generale è molle e debole, incapace di dare ordini chiari o di comandare, quando ufficiali e truppa non hanno compiti costanti e quando sono disposti a cazzo.
  6. Esercito in rotta (or soon to be), quando il generale è un idiota incapace di conoscere il proprio nemico, attacca i tanti coi pochi, i forti coi deboli e non è capace di costituirsi un’avanguardia decente.

 

Per vincere devi conoscere il terreno, conoscere il nemico, capirlo, prevedere gli spostamenti (quali saranno rapidi, quali lenti e penosi). Chi non ne è capace perde.

E vi ricordate quando si parlava dell’evenienza di ignorare il sovrano?

Se hai un’occasione di vittoria, saltaci sopra, non farla passare solo perché il Boss ti ha detto di evitare il combattimento. Forse dovrai pagare una volta tornato a casa, ma intanto il tuo paese avrà vinto. E al contrario se gli odds sono contro di te e il Boss ti dice di attaccare. Un generale non deve combattere per la gloria o rifiutare la ritirata per la vergogna, un generale combatte per il suo paese e per il suo popolo, et advienne que pourra.

L’enfasi è messa sul conoscere il terreno E il nemico. Se sai di poter attaccare ma non sei sicuro di ciò che loro possono o non possono fare, o se sai cosa possono o non possono fare i loro ma non sei sicuro dei tuoi… well, sei a metà strada per quanto riguarda la vittoria. Sapere cosa loro possono e non possono, e sapere cosa i tuoi possono e non possono, ma non conoscere il terreno, è anche una scommessa. Sei sempre a metà strada, not even near!

Se vuoi una vittoria sicura, devi conoscere te stesso, conoscere il nemico, conoscere il clima ed il terreno.

Ma come fa un generale a prendere e tenere il controllo e il supporto delle sue truppe?

Tratta i tuoi soldati come se fossero i tuoi bambini, e ti seguiranno. Ovviamente questo si applica se tratti i tuoi bambini come Sun Zi trattava ai suoi, non come una mamma chioccia farebbe oggigiorno. Infatti non bisogna viziarli. Se li tratti bene ma non puoi impiegarli, se li ami ma non riesci a comandarli, se non riesci a imporre ordine e disciplina, sono come mocciosi viziati, e non servono a niente. Sono inutili al Paese e a loro stessi.

Poi eh, a tutti capita di avere un figlio speciale…

A Sun Zi piacevano le liste, e infatti eccone un’altra: i nove terreni!

  1. Terreno dispersivo: quando i veri capi e capetti combattono sui loro territori (combattendo in casa, è possibile che gli uomini siano meno motivati e inclini alla diserzione o a preoccuparsi di casa e famiglia). Non ingaggiare il nemico.
  2. Terreno leggero: quando entrano un territorio nemico ma senza spingersi a fondo (come quando combattono in casa, visto che non sono lontani e la ritirata pare facile). Non fermarti.
  3. Terreno conteso: il terreno è vantaggioso per quelli che lo occupano per primi, è il terreno che entrambi volete mangiarvi. O lo occupi per primo, o non attaccare un nemico installato.
  4. Terreno attraversabile: terreno in cui sia tu che loro possono passare. Non lasciare che le tue forze restino isolate.
  5. Terreno centrale: terreno circondato dal nemico su tre lati ma non ancora occupato, ovvero una posizione centrale che darà un vantaggio significativo a chiunque la prenda per primo (probabilmente un punto in cui s’incrociano grandi arterie e che pertanto dà accesso facilitato a diversi territori). Cerca alleanze coi capi circostanti.
  6. Terreno pesante: quando sei nel cuore del territorio nemico (i tuoi soldati sono isolati, lontani da casa, in zona ostile, e questo scoraggia la diserzione e favorisce determinazione e coesione). Se sei in casa loro, rifornisciti saccheggiando.
  7. Terreno insidioso: mine de rien, terreno circondato da montagne/paludi/foreste, ecc. In cui la via è difficile da contendere. Cavati di lì alla svelta!
  8. Terreno accerchiato: in cui l’ingresso è complicato e il ritorno circonvoluto, in cui in pochi possono tendere facilmente imboscate ai tanti. Puoi cavartela con una buona strategia.
  9. Terreno fatale: dove sopravvive solo chi combatte con tutta la forza possibile (si vedrà più avanti come le truppe combattono meglio su “terreno mortale”, perché non hanno ritirata, non hanno scelta, e l’unica salvezza e tritare una vita attraverso i nemici). E’ il terreno in cui si da’ battaglia.

 

E’ importante minare il più possibile le forze nemiche. Per esempio, trovando il modo di impedire alla sua retroguardia di raggiungere l’avanguardia, alle diverse parti del suo esercito di supportarsi a vicenda, all’alto di soccorrere il basso. Impedisci che si crei fiducia tra i bassi e gli alti ranghi. Non lasciare che si riuniscano, o per lo meno che si riuniscano con ordine. Ma come fare se i nemici sono compatti, leali, ben organizzati, ben armati, altissimi, purissimi, levissimi? L’unico modo per costringerli ad ascoltarti, è mettere le grinfie su qualcosa che amano.

 

Non sfiancare i tuoi soldati, fai che siano ben nutriti e non esagerare in nessun modo. Per il nemico, devi avere un piano, ma non lasciare che sia prevedibile.

E per strizzare il massimo dai tuoi uomini, ficcali in una posizione da cui non ci sia via di scampo. Se non hanno nessun modo di darsela a gambe, combatteranno con ogni oncia di animo. La gente combatte al suo massimo solo quando non ha altra scelta. Il non aver scelta favorisce anche la coesione. Terroni e Pulende remeranno insieme se sono sulla stessa barca e stanno andando ai pesci.

No?

Ok, concordo che Sun Zi si mostra un po’ ottimista qui. In effetti questa è più una scommessa che una sicurezza. I tuoi possono compattarsi e combattere come leoni, o sgretolarsi e farsi macellare come agnelli. Ma può valer la pena rischiare. Conoscendo bene i tuoi uomini, dovresti essere in grado di prevedere con relativa sicurezza come andrà a finire.

 

Attento ad aruspici e altre forme di divinazione: falciano il morale. Estirpali.

 

Ma come deve essere un generale?

Prendete penna e calamaio, e il primo che scrive “brava persona”, in ginocchio sui ceci.

Un generale deve essere calmo e difficile da comprendere, giusto e autodisciplinato, capace di stupire i suoi ufficiali e i suoi soldati, che NON deve tenere informati di quello che vuol fare. Gli altri non devono essere in grado di prevederlo o indovinare la sua strategia e il suo modo di gestire gli affari. Non deve essere anticipato, né dai nemici né dai suoi.

La combo perfetta è ottenere la fiducia dei tuoi, senza che siano peraltro in grado di leggerti e prevedere le tue mosse. Se non sei prevedibile, non avranno nessuna scelta se non obbedire ai tuoi ordini e sperare in bene, come un gregge di pecore col pastore.

Per questo un generale non deve dubitare di se stesso.

Rompi le regole. Concedi ricompense non previste dalla legge, imponi ordini extra-governativi. Dai ordini, ma non spiegarli. Alletta i tuoi con la promessa di profitto, e lasciali all’oscuro di quello che rischiano.

Rispetto al nemico: attacca ciò che amano. Non fissare il giorno della battaglia, sorprendili. Ingannali sempre e fagli sempre capire il contrario di quello che vuoi fare.

 

L’Arte della Guerra ha una sezione dedicata solo agli attacchi incendiari.

This is gonna be fun!

Ci sono cinque cose che si possono bruciare: uomini, provviste, convogli di rifornimenti, armerie, formazioni (o accampamenti).

Ovviamente un attacco incendiario è una faccenda delicata, e richiede un equipaggiamento specifico nonché condizioni atmosferiche/ambientali particolari. Bisogna che la stagione sia secca, e che ci sia vento. Sun Zi consiglia delle date in cui, all’epoca, si sapeva si sarebbe alzato il vento. Inoltre nota che i venti che si alzano di giorno hanno tendenza a persistere, mentre quelli che si alzano la notte sono più effimeri.

Inoltre il fuoco è vivo e mutevole. A seconda di che verso prende, dovrai reagire in un modo o in un altro. Ci sono cinque situazioni che possono verificarsi:

  1. Riesci ad appiccar fuoco nel loro campo: attaccali!
  2. Il campo brucia, ma si tengono tranquilli: frena, non attaccare!
  3. Se reagiscono con prontezza e si dispongono in una posizione a te svantaggiosa, lascia perdere.
  4. Nel caso l’attacco possa essere lanciato da fuori senza appoggio di infiltrati interni, bada bene a scegliere il momento opportuno.
  5. Non attaccare sottovento un incendio!

I tuoi devono d’altro canto essere addestrati per reagire in modo appropriato nel caso fossi tu a subire un attacco del genere.

 

Infine, ricordiamo chi ottiene una vittoria tattica ma non riesce a farla fruttare in una vittoria strategica, è votato al disastro.

Seguono una serie di consigli ribaditi, tra cui: non cominciare guerre perse, e non cominciare guerre per rabbia od orgoglio. Un generale non deve mai lanciare una battaglia perché frustrato o incazzato, solo quando conviene alla strategia generale. La rabbia può tornare gioia, ma un esercito distrutto non può essere rimesso insieme.

Un buon sovrano e un buon generale sono coloro che capiscono e rispettano la guerra e la morte, e le maneggiano con la cautela necessaria. Fare una guerra lunga e infruttuosa è stupido e crudele verso il popolo.

 

Ma parliamo di qualcosa che è spesso sorvolato nella narrativa dilettantesca: lo spionaggio,

E’ un settore molto bistrattato in romanzi e film. I movimenti del nemico paiono sempre una sorpresa. Vero che una cannonata out of the blue è un colpo di scena inatteso, ma fa apparire il tuo eroe come un idiota che non sa impiegare spie ed esploratori.

Ecco quindi qualche rapido ragguaglio sulla faccenda.

Per vincere bisogna sapere in anticipo. E qui entrano in scena le spie.

Ce ne sono di cinque tipi, perché il cinque è un buon numero:

  1. Spie locali (gente del posto);
  2. Spie interne (funzionari del governo)
  3. Agenti doppi (spie del nemico che impieghi per i tuoi fini);
  4. Spie sacrificabili (sono usate per diffondere disinformazione nel campo nemico, fornisci loro false informazioni e fai in modo che le rifilino alle spie del nemico);
  5. Spie vive (quelle che vanno e vengono con rapporti).

Infiltrarsi è un’arte

I tuoi rapporti con le spie devono essere i più stretti e riservati, e le ricompense accordate loro le più grandi. Per impiegarle bene, però, devi essere capace di saggezza, rettitudine, perspicacia e intuizione. Difatti come tu cerchi di ingannare il nemico, il nemico cercherà di ingannare te.

Se una missione viene rivelata prima di essere iniziata, vuol dire che qualcuno ha parlato. Uccidi le spie coinvolte e gli uomini che hanno informato.

Trova le spie nemiche che hanno infiltrato i tuoi ranghi. Cerca di vincerle alla tua causa col profitto, perché tramite loro potrai impiegare le spie locali e interne migliori, puoi spandere meglio falsità e impiegare meglio le spie vive. Sii molto generoso con gli Agenti Doppi, perché moltissimo dipende da loro!

 

A questo proposito consiglio caldamente di leggere la lunga parte dedicata alla battaglia della Scogliera Rossa in Epopea dei Tre Regni (il romanzo, non il film di Woo, eh). Un magnifico dispiego di spionaggio e controspionaggio!

 

E’ tutto per questa puntata! Fate i bravi fino al mio ritorno.

Musica!

Classici Militari: Bing fa, o l’Arte della Guerra (1)

[ACHTUNG! Questo articolo è a pubblicazione ritardata. Al momento in cui scrivo non ho la minima idea se il giorno in cui uscirà io avrò un qualsivoglia accesso a internet. Se tutto è andato bene, in questo momento dovrei trovarmi a Istanbul. Il che vuol dire che probabilmente non modererò i commenti. Mi spiace se qualche intervento finirà negli spam a sproposito, me ne occuperò quanto prima. Enjoy!]

 

Torniamo ai nostri classici militari. Oggi parleremo di un grande classico! Il più famoso dei classici!

 Sun Zi disapprova

Il buon Sun Zi… In tanti lo hanno letto. Il suo è un librino semplice e veloce, eppure, per quanto incredibile possa sembrare, c’è gente che non l’ha capito. Sì, mi sto riferendo agli scrittori.

L’avrete intuito, per me la buona narrativa è una faccenda importante.

E sia chiaro, Con “buona” non intendo “libri col messaggio”! La brutta narrativa col messaggio è un flagello. Stai leggendo un libro di merda, e per sovramercato il suo autore ti caccia in gola la sua moraletta evergreen urlandoti “ingolla, troia!”

Deriva porno a parte, io sono del parere che la BUONA narrativa sia qualcosa di salutare e benefico per chi la legge. Se la buona narrativa ha anche un messaggio, meglio ancora, ma noterete che di solito una storia ben raccontata avrà diversi messaggi semplicemente essendo una storia ben raccontata.

Cosa compone la buona narrativa?

Tante cose. Una tra tutte, la verosimiglianza. Approfittare del fatto che ormai i lettori sono addestrati a buttar giù con gusto ogni stronzata non fa di te uno scrittore, fa di te una zecca. Un buon autore usa coerenza e verosimiglianza in modo che il lettore possa seguire le vicende senza per forza staccare la spina del cervello.

E il punto della buona narrativa è per l’appunto stimolare il cervello, non spengerlo.

Ora, una delle cose più massacrate in narrativa è la guerra. La gente non la conosce, non la capisce, non ha nemmeno una vaga idea di che cazzo sia, ma ognuno ha la sua ideuzza in proposito, opportunamente adottata dal gruppo con cui fa “branco”.

La guerra è il più vistoso dei fenomeni sociali, il più antico, e anche uno dei più presenti in narrativa, specie in quella fantastica e fantascentifica.

Io sono una fanatica di storie del genere, ma a oggi gli scrittori fantasy o Sci-Fi che abbiano parlato con un minimo criterio dell’argomento li conto sulle dita.

Prendiamo un’autrice che mi è rimasta impressa, proprio in argomento. Prendiamo l’ineguagliabile Allibis, che ama infarcire la merda che scrive con citazioni del nostro compianto Maestro. Una su tutte:

“Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere”. Era ciò che Mizar stava facendo: non aveva avuto alcuno scontro fisico. Impugnava la spada, ma non la usava.

Ecco, questa frase si situa subito prima della grande battaglia, con gli eserciti già in campo e in azione.

Se non vedete cosa ci sia di sbagliato, siete pregati di allacciarvi il cilicio e continuare a leggere (pentendovi e battendovi il petto, se possibile). Se dopo la lettura ancora non vedete dove sia il problema, please, evitate di scrivere QUALSIASI COSA. Anche la lista della spesa.

Fine del memento, tuffiamoci diritti nel più famoso dei classici!

Here we go.

Il nostro stratega apre il suo manuale con una citazione che dovrebbe entrare nelle capocce dei pacifisti di tutto il mondo:

 Gli affari militari sono un’importante questione di stato, le basi della vita e della morte, la Via della sopravvivenza o dell’estinzione. Devono essere ponderati e analizzati a fondo.

Curare gli affari militari NON significa lanciare una guerra coloniale su larga scala. Guerra e difesa sono fattori vitali al funzionamento di una qualsiasi società, specie se detta società non vuole farsi trascinare in conflitti non suoi (il famoso si vis pacem para bellum). Ergo, se pensi di scrivere una storia con un popolo così pacifico da non avere un esercito PUR avendo dei vicini, hai interesse a trovare una spiegazione di ferro.

 

Ci sono 5 fattori da analizzare in ciò che riguarda gli Affari Militari:

La Via, ciò che fa sì che il popolo agisca in accordo con il sovrano. Con Via non si intende quella spirituale, ma la Via del Governo, ovvero l’insieme di azioni e regole che fanno un governo efficace. Se il sovrano possiede la Via, la gente “morirà con lui e vivrà con lui”. Da notare che la Cina ha, all’epoca di Sun Zi, un esercito di coscritti. Considerate che per stati con un esercito di tipo banda armata (come l’Europa feudale o il Giappone prima del quindicesimo) l’accordo del popolo può avere un valore o un’importanza differente (ma ne avrà comunque).

Il Cielo, ovvero l’alternanza degli opposti (caldo e freddo, yin e yang, le stagioni, ecc.). La vittoria dipende dalla comprensione di come funzionano e si alternano gli opposti nei diversi settori (clima, morale, economia, ecc.)

La Terra, ovvero la comprensione di cosa sia vicino e lontano, facile o difficile, aperto o confinato, terreno tenibile o terreno fatale. Quanto i disordini in una data regione possono considerarsi “lontani”? Quanto costa tenere una data posizione, ne vale la pena?

I generali, ovvero la loro saggezza, credibilità, benevolenza, coraggio e severità.

Le leggi, ovvero organizzazione e disciplina. Questa parte abbraccia sia la logistica che la Via del Comando. Quest’ultima può indicare sia l’esercizio del comando, come anche il modo di stabilire e gestire la gerarchia militare.

 

Tenuto conto di questi cinque aspetti generali, passiamo a inquadrate la situazione reale. Sun Zi dice: dovete porvi sette domande.

  1. Quale sovrano possiede la Via del Governo?
  2. Quale generale è il più abile?
  3. Chi possiede il vantaggio in ciò che riguarda Cielo e Terra?
  4. Di chi sono le leggi rispettate e meglio raffinate?
  5. Chi ha più forze (in termini di armi e/o in termini di numeri)?
  6. Chi ha le truppe e gli ufficiali meglio addestrati?
  7. Chi dispensa premi e punizioni nel modo più chiaro?

 

Sembrano bischerate, vero? Chi non ci penserebbe? Sono l’ABC, indeed. Well, as a metter of fact, la quasi totalità degli scribacchini o registi in circolazione non si pongono nemmeno il problema (abbiamo anche un florilegio di fottuti generali che ignoravano questi elementi essenziali, ma non mi va di parlare di storia francese oggi).

Una volta tenuto conto di tutto ciò, il sovrano deve procedere con strategia e tattica. Non sono sinonimi, ovviamente. Strategia è quella che nel diciottesimo secolo Guibert chiamava “Grande tattica”. Cosa vuoi ottenere? Perché stai facendo una guerra? In parole povere, il cosa è strategia, il come è la tattica.

E qui Sun Zi ci delizia con una delle sue più celebri citazioni:

La via della Guerra è la via dell’inganno.

E’ bello darsi appuntamento in una pianura liscia come una tavola, io porto il mio esercito, te porti il tuo, coi si trova e vinca il migliore!

E può capitare, beninteso, anche perché il modo di fare la guerra riflette la morale e la cultura dei guerrieri in questione. Ovvero, se per un cavaliere duecentesco era inaccettabile pugnalare alle spalle un rivale o farlo fuori mentre chiede mercé, lo stesso gesto era perfettamente morale per un giapponese della stessa epoca. E stesso vale per la guerra. C’è chi stermina villaggi, chi fa combattimenti rituali incruenti, chi stermina le élites, chi le sposa. Ma il fatto resta: in guerra si bara. Prima della battaglia, durante o dopo, ma si bara. In un modo o in un altro, si trova l’espediente di giocare sporco. Sempre.

Pertanto, Sun Zi dice: se sei capace, mostrati incapace; se vuoi attaccare, fingi di essere inattivo; se il tuo obbiettivo è qualcosa di vicino, fingi di mirare a qualcosa di lontano; se sei lontano, fingi di essere vicino.

Dà poi un’altra rapida carrellata di consigli spicci su come trattare i vicini di casa:

Mostra possibilità di profitto per tentarli. Un esercito si muoverà per ottenere il vantaggio tattico. Non aspettare che scelgano loro il terreno: con l’inganno portali dove tu vuoi che siano. Sun Zi consiglia anche Create disorder and take them. La frase inglese traduce bene l’ambiguità cinese, dato che la frase ha due interpretazioni possibili, entrambe valide: “Se le loro forze sono in disordine, approfittane e prendili”, o anche “Fingi disordine nelle tue proprie forze e attirali in una trappola”.

Se sono compatti, preparati per loro; se sono forti, evitali (quest’ultima risalterà fuori quando parlerò dei trentasei stratagemmi e della fuga).

Se sono irati, perturbali. Spesso i pensatori cinesi consigliano di far infuriare l’avversario o approfittare della sua rabbia, poiché la rabbia fa commettere stupidaggini e rende la gente più manipolabile; ed è vero, sull’onda dello slancio battaglie vinte sono state perdute (chi ha detto Hastings?). Tuttavia Sun Zi mette anche in guardia dall’attaccarsi a un esercito al picco del fervore. Mostrati deferente per attizzare la loro arroganza.

Se sono riposati, costringili a stancarsi.

Se sono uniti, trova il modo di separarli.

Attaccali dove non sono preparati (vi sembra banale? Chi ha detto “Ardenne”? Ho detto niente chiacchiere sulla Francia!).

Avanza quando non se lo aspettano.

Sun Zi allude anche al fatto che di solito si può prevedere con relativa sicurezza l’esito di una guerra. Chi conosce bene le proprie forze, quelle del nemico e le altre eventuali in gioco, può fare un bilancio accurato dei pro e dei contro. E, ovviamente, di solito si combatte solo quando si può vincere.

Ma veniamo alla ciccia, come condurre una guerra.

Sun Zi comincia dando un ordine di grandezza della spesa che è mandare in giro un esercito. Ovvio, parla del suo esercito e dei suoi tempi. Ma un esempio fa sempre bene, specie allo scrittore di cui sopra, che lo vedo già a mandare in giro le sue Legioni del Terrore tanto per farle vedere. Toh, fatti un’idea:

1000 carri da quattro cavalli + 1000 carri leggeri di supporto + 100.000 truppe armate con maglia + provviste trasportate per 1000 li (il li dei Tang misurava circa 330 metri) + spese correlate (consiglieri, ospiti, materiali vari come colla e lacca)

=

1000 pezzi d’oro. Al giorno. Tizio degli elfi, lì: spero che il Kattivo abbia un’economia coi controcazzi, o le tue Legioni del Terrore si mangeranno i cavalli prima ancora di essere usciti dalla circonvallazione.

Una guerra di lunga durata costa carissima allo Stato, anche a patto di rifornirsi saccheggiando (invece che pesare su convogli di rifornimenti da casa). Tanto per dirne una, più dura la campagna, più il materiale si consuma e deve essere sostituito. Inoltre il morale si erode.

Anche attaccare una città per rimpinguare la cambusa può essere controproducente in quanto, in linea di massima, il difensore è in vantaggio. Un assedio stanca, demoralizza e non sempre porta i frutti sperati. E questo espone lo Stato a un pericolo anche più grande di una guerra persa: il collasso.

Gli assedi possono essere molto pericolosi… fetchez la vache!

Uno dei segreti del restare alla testa di uno Stato grande come la Cina è tenere tutti i capetti sotto controllo. Hai bisogno di loro, e loro vogliono farti le scarpe. Una volta che avrai consumato le tue armi, spompato i suoi soldati, demoralizzato i tuoi ufficiali ed esaurito le tue finanze, sarà impossibile tenere tutti i signorotti sotto controllo. Col giogo tarlato, ne approfitteranno per sgropparti giù dal trono e sbranare il Paese in mille territori in guerra tra loro.

Non c’è bravura in una campagna lunga. Più dura e più il pericolo aumenta. La bella guerra, è la guerra rapida, e questo non cambierà mai.

Sulla stessa linea, Sun Zi spiega che chi eccelle nell’impiego dell’esercito non coscrive la gente due volte, né trasporta una terza le provviste. Il primo senso è ovvio: bisogna vincere una guerra nell’arco di una sola mobilitazione. Le conseguenze di due leve generali di fila, in un’economia preindustriale (e non solo) possono essere disastrose. Quanto alla parte sui rifornimenti, significa che l’esercito va rifornito una volta sola alla partenza, una al ritorno, nel mezzo deve rifornirsi sul territorio nemico. Per usare le parole di Sun Zi: 1 corbello di cibo loro vale come 20 dei nostri.

Per quanto riguarda i soldati, Sun Zi è chiaro: ciò che spinge a uccidere il prossimo è la rabbia, ciò che spinge a ottenere vantaggi per il proprio paese sono i beni materiali. La prima parte è abbastanza chiara. La seconda sembra riferirsi alla possibilità di saccheggiare. Tuttavia Wang Hsi, citato da Sawyer, interpreta questa frase come un sistema di ricompense che lo Stato accorda ai meritevoli, perché permettere alle masse di procacciarsi ricchezza da sole sul campo può danneggiare la disciplina militare.

E Wang Hsi ha ragione, difatti, nel prosieguo, Sun Zi parla chiaramente di ricompense: quanto dieci carri nemici sono catturati, ricompensa quelli che hanno catturato il primo.

Peraltro, consiglia di impiegare i carri nemici dopo aver cambiato le insegne. Allo stesso modo, consiglia di trattar bene i soldati catturati, in modo da poterli ri-arruolare dalla propria parte.

 

Tornando all’offensiva, il nostro stratega sostiene che il meglio è preservare la capitale nemica, che distruggerla è il “secondo” meglio. Stesso dice per l’esercito, le compagnie, ecc, giù giù fino alle squadre. Questo viene di solito interpretato seguendo la linea della “guerra veloce” di cui prima. L’interesse non è schiacciare il nemico, ma sconfiggerlo alla svelta mantenendo il massimo delle sue risorse intatte (per poterle assorbire, sull’antico adagio di “questi non sono nemici, sono contribuenti”).

Ciò ha senso in un contesto come quello Cina, una guerra di conquista territoriale. Ovviamente cessa di averne in casi differenti, come le piccole guerre che scoppiavano in Giappone all’Epoca di Heian, in cui il fine era rendere il nemico inoffensivo: era vitale distruggere tutto sul suo territorio, tutte le case, tutti i campi, tutti gli uomini, insomma un bagno di sangue allucinante. Noto questo per sottolineare che la strategia resta il timone: perché stai combattendo? Cosa vuoi? A seconda se un tale esercito vuole ottenere bottino, terra, sottomissione o distruzione, il modo di condurre le operazioni cambierà.

Peraltro, Sawyer cita l’interpretazione di D.C. Lau, secondo cui la frase di cui sopra significherebbe invece che il principale è preservare la propria capitale, e che la distruzione del nemico è il famoso “secondo” meglio. Tuttavia tradizionalmente non è mai stata un’interpretazione in voga, e l’idea di infliggere il meno danno possibile è compatibile con le principali correnti di pensiero cinesi (Confucianesimo, Taoismo, Legismo).

E qui c’è il secondo quote celebre di Sun Zi: ottenere cento vittorie su cento battaglie non è suprema eccellenza. Soggiogare un nemico senza combattere è la vera eccellenza.

La vera vittoria è quella che costa meno, è quella che non richiede una guerra, è la vittoria diplomatica. E prima che io mi perda in deliri sulla quintessenza di un atto risultante nell’assenza dell’atto stesso… vi ricordate la citazione di Allibis?

Se ancora non ci vedere niente di strano o cretino, vi do un indizio: è pensata all’inizio di una fottuta battaglia. “Senza combattere” un emerito cazzo, quando i tuoi sono già schierati e se le danno di santa ragione è tardi per ambire alla “suprema eccellenza”.

Ma continuiamo. Se volete altre ragioni per odiare quel cumulo di merda che è la saga di Unika, potete andarle a cercare nel blog del buon Zweilawyer.

Per coloro che sono ancora qui, Sun Zi, nella sua grande bontà, spiega in dettaglio cosa significa la frase, e se Allibis avesse letto il libro invece di scippare qualche frase a cazzo da citazionifighe.com, avrebbe evitato di scrivere balordaggini cosmiche.

La più alta realizzazione dell’Arte della Guerra è infatti attaccare i piani del nemico, poi le sue alleanze, poi il suo esercito, e per ultimo, se devi, le sue città fortificate. Sun Zi ha orrore degli assedi, e dice chiaro e tondo di cimentarcisi solo se non se ne può fare a meno. Stima tre mesi per la preparazione delle macchine necessarie (mantelletti et similia), e altri tre per le fortificazioni necessarie a tenere un lungo assedio (pensateci ogni volta che nel vostro romanzo il re di turno si alza dal trono e bercia “partiremo domani!”).

Se un generale non sa aspettare e lancia un attacco alle mura, coi suoi soldati che assaltano a cazzo “come formiche”, Sun Zi stima che perderà almeno un terzo degli effettivi senza peraltro prendere la città. Insomma, avete presente quando la cavalleria di Berserk carica delle muraglie di cinta, no?

 

Sun Zi da anche un rapido vademecum su come gestire le proprie forze:

Se i tuoi sono 10 volte i loro, circondali;

5 volte i loro, attaccali;

2 volte i loro, dividi. Qui si può interpretare come “dividi i tuoi” (puoi creare un secondo fronte senza essere in minoranza numerica) o “dividi i loro”. Stringi stringi non cambia, visto che dividendo i tuoi e attaccando su due fronti dividi anche i loro.

Pari forze, puoi provarci;

Se sei in minoranza, cerca di girargli intorno;

Se sei in schiacciante svantaggio numerico, evitali.

Si noti poi il pilastro di tutto ciò: il generale. Il generale è non solo il pilastro portante dell’esercito, ma, dato il ruolo vitale della sfera militare, è il trave portante dell’intero Stato, e non deve aver tarli.

 

Da buon militare, Sun Zi procede a elencare il numero di stronzate che un sovrano può escogitare per mettere scompiglio nel proprio esercito:

Intralciare l’esercito: dare ordini senza conoscere la situazione, ordinando a sproposito di avanzare o ritirarsi;

Non sapendo una ceppa di affari militari, ostinarsi a dirigerli di persona e gestirli come farebbe con l’amministrazione civile: confonde gli ufficiali;

Non conoscere l’equilibrio tattico dei poteri nell’esercito ma pretende di assumerne il comando: gli ufficiali avranno dei dubbi.

Se hai un esercito con ufficiali confusi e dubbiosi, il rischio che i signorotti feudali zompino sull’occasione e di trancino i tendini da dietro diventa alto.

E infine, per concludere questa prima parte dell’Arte della Guerra, i cinque fattori che determinano la vittoria. Preparatevi per la sagra del “vabé, ma è troppo ovvio, ci avrei pensato io se non che non ci ho pensato io”.

Sarà vittorioso chi:

  1. sa quando si può combattere e quando non si può combattere;
  2. sa come impiegare i piccoli e grandi numeri;
  3. i cui ranghi superiori e inferiori hanno gli stessi desideri;
  4. essendo preparato, aspetta un nemico impreparato;
  5. ha un generale capace e un sovrano che non interferisca con quest’ultimo.

E infine l’ennesima celebre massima: chi conosce il nemico e se stesso, non correrà pericolo in cento battaglie; chi non conosce il nemico ma conosce se stesso, otterrà a volte la vittoria, a volte patirà una sconfitta; chi non conosce né il nemico né se stesso… sarà eradicato come è giusto che sia.

 

E’ tutto per la prima parte! Fate i bravi mentre io non ci sono! Tra due settimane, un altro articolo in pubblicazione automatica.

 

Mi aspetto che al mio ritorno le punte di freccia siano scrupolosamente affilate e le corde d’arco sostituite!

MUSICA!

 

Classici militari (2) : il Sseu-ma fa

Bentornati in questo posto di frustrazione e inutilità molesta. Oggi è (era?) shabbath, giorno di riconciliazione col Creato, e quindi ho pensato bene di festeggiarlo col secondo articolo dedicato ai classici militari, ovvero come schiacciare i nemici, inseguirli mentre fuggono e ascoltare i lamenti delle femmine.

Oggi parleremo del Metodo di Ssu-ma, un testo del quarto secolo a.C., il cui contenuto risale probabilmente a molto prima. Ma non perdiamoci in troppe introduzioni. Il punto dell’articolo è il manuale. Per chi volesse più insight nel contesto e nell’opera, non ha che da contattarmi o leggersi il libro di Sawyer.

 Sseu-ma, no non sono sicura del costume, leave me alone!

Come anche il Taigong, l’autore del Metodo comincia con l’inquadrare le basi di un potere solido: anche qui, il vero leader controlla lo Stato tramite Benevolenza e Rettitudine. Se queste mancano, il regno può essere mantenuto grazie all’Autorità, il che tuttavia non è auspicabile, in quanto frutto di conflitto e non di armonia.

Chi conosce il mio penchant legista sa che nutro poca simpatia per questo approccio, ma il Metodo non si limita a un banale “l’armonia è Bella, la guerra è Blutta”. Specifica. Guerra e coercizione sono sì blutte&kattyve, ma possono avverarsi necessarie. Se uccidendo un uomo garantisci la pace per tutti gli altri, fallo fuori senza remore (Yagyuu Munenori approva). Se attaccando uno stato proteggi i tuoi, spianalo. Ovvero, un approccio molto pragmatico: non ci sono guerre giuste o sbagliate, ci sono guerre utili o deleteree.

E’ un atteggiamento forse più aggressivo di altri Classici, e farebbe inorridire certi pacifisti di mia conoscenza (ma dubito che ci siano molti pacifisti di quel tipo a leggere i miei articoli). Tuttavia il Metodo non è un invito all’olocausto per il puro profitto, bensì alla misura: chi ripudia la guerra si troverà in pericolo, ma allo stesso tempo chi si mostra troppo aggressivo finirà per essere distrutto. Quindi, in linea di massima, non perturbare l’armonia se non è inevitabile, ma non privarti mai della tua forza militare. As always, si vis pacem, para bellum.

Un sovrano deve quindi farsi amare all’interno e farsi temere all’esterno.

Partendo da questo assunto, le prime cose di cui bisogna tener conto nella guerra sono quelle che più faranno soffrire il popolo, sia il tuo che quello nemico: combattere in inverno o a spregio della stagione e dei raccolti, attaccare approfittando di disastri naturali, ecc.

Segue uno strano elogio all’antichità che sputa in un occhio alla strategia più basilare. Comincia con un molto ragionevole “non inseguire un nemico in rotta più di tot chilometri”, e sfocia in cose bizzarre come “aspetta che si siano schierati prima di attaccare” o “combatti per la giustizia, non per il profitto”. Nonostante l’invito alla misura, il Metodo ha un messaggio morale: noi uomini civilizzati abbiamo il dovere di pestare in testa agli stati immorali (molto Repubblican tutto ciò).

Il tutto è comprensibile in un certo contesto, ma non saprei davvero se consigliarlo. La morale dell’Arte della Guerra mi piace molto di più: cogli l’occasione, vinci presto, usura il meno possibile le tue e le loro risorse.

Vi risparmio pertanto l’elegia al passato (I Primi Sovrani facevano così, i Saggi sovrani poi hanno fatto cosà). E’ una cosa che diventerà popolare nella letteratura confuciana, e che pur presentando un certo interesse, esula dallo scopo di questo articolo. Vi basti sapere che ci si comporta bene con i civili del nemico e le sue risorse, che si stava meglio quando si stava peggio e che non esistono più le mezze stagioni.

Mi limito a darvi i nove punti che chiudono il capitolo. Potranno sembrarvi ipocriti. Forse lo sono. Ma c’è qanche probabilità che chiunque abbia scritto il Metodo fosse così convinto di essere il centro dell’Universo, da essere in buona fede.

  1. Mangiati i territori di coloro che si pappano e sottomettono paesi deboli e scarsamente popolati;
  2. Attacca quelli che uccidono l’Uomo di Valore (la donna no, perché ovviamente non ha valore) o fanno del male al popolo;
  3. Elimina quelli brutali nei loro stati e nocivi presso i loro vicini;
  4. prendi quelli che non coltivano bene i loro campi;
  5. Invadi quelli che sperano di poter usare vantaggi naturali per disobbedirti;
  6. Rettifica quelli che uccidono i parenti;
  7. Stermina chi ha il nervo di deporre il proprio capo;
  8. Isola chi resiste ai tuoi ordini;
  9. Stermina fino all’ultimo individuo i popoli barbari caotici nei loro territori e in casa d’altri (i mongoli, suppongo, ma potrebbe applicarsi anche ai Rom… SPOILER, quest’ultima non ha mai funzionato!).

Da parte sua, il sovrano dovrà essere virtuoso, scegliersi buoni collaboratori ed ufficiali (ovvero gente di talento devota al bene comune e non al proprio vantaggio).

Ma parliamo dell’esercito e di quanto sia importante la sua imponenza. Sappiate che ci sono delle cose che gli portano pregiudizio: impiegare gente malvagia (EVIL!), assecondare comportamenti temerari anche a scapito del rispetto degli ordini, mettere il coraggio al di sopra di disciplina e rispetto. Come sottolineano Henninger e Widemann nel loro libro Comprendre la guerre, il coraggio non sempre è stata considerata la virtù principale del guerriero, e difatti non lo era per il signor Sseu-ma.

Non bisogna nemmeno esagerare però!

Tornando all’esercito, c’è un altro rischio: gli ufficiali buoni per la sfera militare non sono da impiegarsi in quella civile e i due campi devono essere tenuti ben separati. Questa non è una cosa strana in Cina, e sarà portata anche in Giappone (rimando al mio articolo sul sistema militare del Codici). Insomma, non mettere un militare nella sfera civile e non mettere un civile alla testa di un esercito. Questo perché nella sfera civile si impara etichetta, rispetto, gentilezza, è difficile avanzare e facile ritirarsi. In guerra… well, il conrario, pretty much. In guerra non ci sono inchini, etichetta o salamelecchi: bisogna poter scavalcae l’idea di “appropriato” se la situazione lo richiede.

Ma come evitare allora che la gente diventi arrogante? Il Metodo da un bizzarro consiglio. In caso di grande vittoria, non ricompensare nessuno, perché così nessuno diventerà arrogante e temerario. Parimenti, in caso di grande sconfitta, non punire nessuno, e ognuno assumerà che la responsabilità è sua.

Mah, agree to disagree, in questo caso io preferisco di gran lunga i consigli del buon Sun Zi.

Quando si viene allo specifico di come fare la guerra, il Metodo è piuttosto vago. Appunta la gente giusta ai posti giusti, procurati i buoni artigiani, ecc. Ma ci sono due note interessanti per chiunque avesse a che fare con un esercito di leva: tasta il terreno col popolo e trova delle buone giustificazioni per mandarli in guerra. Fagli odiare i nemici. Convincili che è inevitabile e che è per il loro stesso bene.

Sì, il crudele cinismo che salta fuori nella più benpensante delle opere cinesi è rinfrescante.

Per il resto, il Metodo dà i consigli base minimi per una campagna: analizza situazione e terreno; unisci i tuoi; punisci con rapidità e ineluttabilità per prevenire problemi gravi; fomenta un senso di vergogna. Accordati con le stagioni, rifornisciti a spese del nemico, coordina l’esercito.

Avete presente come nei romanzetti da due soldi l’ecercito dei Buoni spesso porta soccorso ai Boveri Neg popolani schiacciati dai grassi Padroni, araldo di progresso, diritti umani e animalismo? Se ci tenete a scrivere roba del genere, vi consiglio di porre mente locale sui vostri convogli di rifornimento e su quanto sono vulnerabili. Un esercitoin campagnia mangia la groppa dell’invaso, altro che soccorso.

Tornando al valor guerriero, come altri classici, il Metodo sottolinea l’ovvio: il coraggio vince un combattimento, una strategia equilibrata vince la guerra. La guerra, per citare quel simpaticone di Grenfell, è un gigantesco pic-nic. Nello specifico: servono il Cielo, il materiale e l’eccellenza, ovvero la cosa giusta al momento giusto nel modo giusto. Addestra ed equipaggia i tuoi, fai in modo che i talenti di ognuno siano sfrutati, maniteniti segreto, e preservati sempre la possibilità di manovrare. Quest’ultima è l’economia di forze: non schieri i tuoi su tutto il fottuto confine nemico (come accade in un celeberrimo romanzo italiota), o quando il nemico di attaccherà in un punto preciso metà dei tuoi saranno troppo lontani per venirsi in aiuto a vicenda. Tenere un confine non vuol dire disseminarlo uniformemente di omini. Vuol dire studiare il dispositivo nemico e concentrarre le forze nei punti più vulnerabili cercando di mantenere abbastanza libertà di movimento da cambiare la disposizione.

A volte bisogna cambiare disposizione, a volte bisogna ritirarsi con decoro

Ovviamente, perché tutto funzioni, i soldati devono essere obbedienti e devono fidarsi dei loro ufficiali. Se sono stanchi, spavntati, se rifuggono dalle responsabilità, rischi il disastro.

Non essere crudele coi tuoi soldati: pensa a loro quando sei in campagna. Sii magnanimo, ma non permettere infrazioni alle regole. Ordine e calma degli atout indispensabili.

 

Il Metodo raggiunge il Taigong in due consigli: esaspera gli eccessi del nemico, e prendi ciò che ama. Per il resto, tratta gli uomini come uomini, i retti con rettitudine, usa il linguaggio appropriato e non abusare del fuoco (non dar fuoco a una città per poi entrarci e arrostire, come accade in un altro romanzo italiota). Devi boostare il morale dei tuoi uomini e guidarli con le parole. Fai leva sulle loro paure e sui loro desideri, sono le due leve con cui puoi controllarli.

I vincoli sono la cosa più importante in guerra. I limiti. Definiscono, uniscono, regolano. Limiti e severità. Sii severo coi tuoi soldati. Falli strisciare e stancare. Poi sii magnanimo e permettigli di riposarsi. Uccidi i disertori subito e fanne degli esempi. D’altro canto, devi trovare il modo di convincere i tuoi che combattere è la cosa giusta da fare, mandarli al fronte a calci nel culo non basta ad aver buone prestazioni.

Quanto al rigore, abbi misura. Non mettere qualcuno in punizione per più di mezza giornata, non ridurre la sua razione di più di metà, e non rinchiudere a lungo qualcuno. Insomma, uccidili se lo sgarro è grave, puniscili con misura se non lo è.

Ci sono manovre appropriate per reagire all’umore dei tuoi uomini. Se sono staventati, serra i ranghi. Il Metodo consiglia anche di farli sedere se sono in pericolo. Mah, per tenerli riposati e fermi?

Ad ogni modo, in battaglia si resiste con la forza e si vince col morale. Ovvero, puoi difenderti quanto vuoi, ma non potrai sfondare senza correre dei rischi. Il morale è decisivo. Dei soldati spaventati non vedono il nemico, vedono solo la loro paura. In generale, se sarai rispettoso, la truppa sarà soddisfatta. Se li condurrai di persona, ti seguiranno. Se i tuoi ordini saranno ragionevoli, li eseguiranno. E considera il boosting che dà al morale un’uniforme prestigiosa: fama e buona reputazione danno coraggio e spirito di corpo.

Tutto molto bello, ma puta caso che facciamo un mazzo tanto al nemico, cosa si fa poi? Come approcciarsi al territorio ostile?

Il Metodo sconsiglia di penetrare poco con forze leggere (compicci poco) o a fondo con forze pesanti. Sconsiglia in particolare di penetrare a fondo con forze leggere (a meno di non avere uno schiacciante vantaggio). Il meglio è penetrare con forze persanti, ma non troppo (si noti il diverso punto di vistarispetto al Taigong).

Se hai stabilito equità, ognuno combatterà al suo massimo. Se non hai paura di prenderti la responsabilità del casino, gli uomini moriranno per la causa. Preoccuparsi della vita e idolatrare la morte, per contro, sono due modi per creare dubbi o prepararsi a una sconfitta.

Ci sono certe cose per cui gli uomini moriranno: amore, rabbia, paura, giustizia e profitto. Il meglio sarebbe farli morire per la giustizia. Ma in mancanza, rabbia e paura vanno bene lo stesso…

Istruisci i tuoi e consentigli il giusto riposo. Tenere tutti sul chi vive per più di due o tre giorni può essere disastroso per il morale. Organizzati in modo che ognuno possa dormire il giusto (non troppo da impoltronire, non troppo poco da deperire). Ricorda che se si posano troppo a lungo, comincieranno a perdere mordente e ad aver paura. E sempre per il coordinare l’esercito, fai in modo che i segnali sonori per le diverse operazioni e i diversi corpi siano conosciuti e distinguibili.

In generale, il difficile non è stabilire una formazione, ma addestrare gli uomini in modo che siano dirigibili in una formazione, impiegarli. Il guaio non è sapere cosa fare, ma farglielo fare! Ed è meno banale di quanto sembri. Tra quelli che son sicuri di saperne più di te e quelli troppo stupidi per capire un ordine, puoi contare su un congruo numero di bugs nel sistema, almeno che tu non ci abbia messo una pezza prima con un addestramento con i controcazzi.

Tornando alle manovre, par banale, ma è sempre bene ricordarlo: non spingere tutti i tuo uomini nell’avanzata, ricordati di proteggere la retroguardia. E qualsiasi cosa tu faccia, non essere mai ripetitivo.

Per quanto riguarda il dopo di uno scontro: se vinci, dividi la vittoria con la truppa. Se vuoi ingaggiarli di nuovo, ricompensali con particolare generosità, e punisci i colpevoli in modo molto più severo. Al contrario, se hai perso, prenditi l’intera colpa, e se vuoi ingaggiarli di nuovo, dovrai prendere tu stesso l’avanguardia.

Attacca il debole e calmo. Uno forte e calmo invece evitalo, non è aria. Attacca lo stanco, evita quello pimpante. Attacca chi ha paura (magari non corrergi dietro per chilometri, sia mai fosse un trappolone).

 

Ma parlando di come impiegare le masse, cosa fare?

Se hai pochi uomini, fai in modo che siano compatti. Con una piccola forza il meglio è assillare il nemico, evitando scrontri in campo aperto. Sii mobile, avanza e ritirati alla svelta.

Se hai una grande massa, fai in modo che siano ordinati. Se siete in tanti, tattiche più ortodosse possono essere appropriate. Non avanzare per poi ritirarti: avanza e fermati, hold your ground.

Se sei in numero superiore, circonda il nemico, ma non lo strozzare a cappio: lasciagli una via di fuga aperta. Non conviene sempre annientarlo. Se i suoi sono pochi e spaventati, potrebbe essere più conveniente lasciarli scappare dalla via di fuga e addio. Che vadano a raccontare ai loro commilitoni quanto i tuoi sono feroci! Un’altra cosa che puoi fare quando hai un grande esercito, è dividerlo in unità più piccole e attaccare a turni per non lasciare spazio al nemico.

Al contrario, potresti lasciare al nemico la possibilità di circondarti. E’ una grossa scommessa che si basa sul fatto che se i tuoi non hanno una via di fuga combatteranno a pieno regime, molto meglio che se la ritirata è possibile. Il problema è che può andarti bene, o il tuo esercito può sgretolarsi nel panico generale. Sta al comandante decidere se può giocarsiil rischio oppure no.

Fingere una fuga disordinata anche è una possibilità, lasciando cadere le tue insegne, e quando il nemico abbocca, fare voltafaccia e ingaggiarlo.

Riassiumiamo con il vademecum del perfetto invasore (sono sicura che vi sarà molto utile): tieni il vento alle spalle, e anche le montagne, picchi sulla destra, catene sulla sinistra. Non soffermarti in terreni pantanosi. Prima di fissare un campo, copri il doppio del percorso giornaliero abituale, e prediligi alture tondeggianti. Decidi delle tattiche da applicare dopo aver osservato i movimenti de nemico e aver capito cosa vuol fare. Se ti attacca per primo, assestati sulla difesa per poterlo studiare. Piccoli gruppi leggeri potrebbero essere un modo di provocarlo. In generale, ad agire per primo rischi di stancarti.

Infine, preparati a morire, portati solo lo stretto indispensabile, e costituisciti un corpo d’élite.

E’ tutto folks. Il Sseu-ma fa è uno dei classici più brevi. Non ringraziatemi e citatemi nei ringraziamenti quando vincerete la guerra contro gli Stati Uniti.

E siccome sono d’umore sentimentale, musica, e un brindisi a tutti i coscritti mandati al fronte a calci in culo.

 

 

Classici militari (1) : il Taigong liu tao

A me piacciono le storie di guerra. Le buone storie di guerra. Quelle in cui l’autore sa di cosa parla e rende giustizia alla più vistosa attività della nostra specie.
Mi piacciono anche i romanzi di avventura, di fantascienza, di fantasia. Quando mi capita per le mani un Abercrombie prima maniera, sono la persona più contenta del mondo.
Quando mi capita per le mani un fantasy italiano o francese, m’incazzo come una iena. Non perché ce l’ho con gli italiani o coi francesi, ma perché spesso i loro scrittori non sanno di cosa parlano quando scrivono. Sono così occupati nel cacciarti giù per il gargarozzo il loro Messaggio da boy scout che si dimenticano che hai comprato il loro cazzo di libro e pretendi una storia.
La Guerra è Brutta! o L’intolleranza è Cattiva!, e intanto quei mentecatti dei loro personaggi attendono fuori dalle mura un esercito numericamente superiore, stirano gli effettivi su ogni metro del confine nemico senza ragione, piantano tende a tiro di cannone (ok, to be fair, questa l’ha scritta un anglosassone!), danno fuoco alla città nemica e poi entrano a saccheggiarla.

[*jingle* ognuna di queste stronzate, salvo quella dei cannoni, è apparsa in un romanzo edito da una casa editrice italiana. Can you catch ‘em all?]

Essendo che la mia missione divina è quella di dispensare compassionevole cultura sulla plebaglia, ho deciso (quale abnegazione da parte mia!) di creare una piccola serie di almeno sette articoli che diano un’infarinatura estremamente generale e basilare di tattica e strategia pre-industriale. Si tratta di una serie di articoli (che non saranno uno di seguito all’altro, dacché sono una fanciulla incostante e volubile) sui sette classici militari cinesi.
Tutti conoscete L’arte della guerra. Ce ne sono altri sei. Lo so, non sono usati come aforismi nei Baci Perugina, ma esistono, giuro! Questi sette manuali hanno costituito la base dello studio militare in Cina, Corea e Giappone per secoli, e sono tutt’ora oggetto di studio (sì, certe cose non cambiano mai, e se pensate che il buon Sun Zi non sia più di attualità, sbagliate).
In altre parole, si trattava del bagaglio minimo indispensabile di un comandante. E pertanto, oggi, dello scrittore che abbia voglia di raccontare la guerra.
Questo articolo e i suoi congeneri saranno essenzialmente diversi da quelli storici. Ovvero: non mi interessa di fare una trattazione esauriente della Cina dell’XI° secolo a.C., né stabilire l’impatto di tale classico sull’élite militare di una data dinastia, né appurare se l’opera in esame è stata scritta o meno dall’autore che la tradizione ci tramanda. Quello che mi interessa in questo ambito è solo e soltanto il contenuto del manuale.

Il primo classico di cui voglio parlarvi è I sei insegnamenti segreti del Taigong (Taigong liu tao). Come detto, vi risparmio la controversia di paternità e datazione. Per la tradizione, è il più antico.
Il Taigong

Il Taigong. No, il costume non è d’epoca. Get off my back!

Tutta la prima parte del testo ruota intorno non tanto alla guerra, quanto alla politica interna: come governare un paese, come scegliere i propri collaboratori, come amministrare il popolo ecc. Difatti il Liu tao è l’unico dei sette testi ad avere un intento dichiaratamente rivoluzionario. I cinesi non hanno in simpatia i ribelli. Nessuno li ha in simpatia. Ma da che mondo e mondo chi vince ha ragione, e l’intento del Taigong è esattamente vincere contro gli Shang, la dinastia allora al potere.
Per vincere occorrono prima di tutto collaboratori adeguati. Come si usa un’esca per attirare un pesce, dice il Taigong al suo primo incontro con re Wen, si possono usare i quattrini per attirare uomini di talento. Re Wen trova la cosa molto ragionevole e i due decidono di mettersi insieme per conquistare il mondo (i cinesi sono un po’ monomaniacali da questo punto di vista, fateci l’abitudine).
Il Taigong pianta subito i primi picchetti. Solo l’uomo disposto a dividere il profitto del potere con tutti gli uomini può governare tutti gli uomini.
Ora, l’idea è che il sovrano debba essere virtuoso, dacché la sua virtù si ripercuoterà come una pioggia benefica su tutta la società. E’ un evegreen del pensiero politico cinese:  gli uomini saranno leali al sovrano che mostrerà umanità e giustizia, e lo Stato prospererà con un sovrano virtuoso perché il Cielo favorisce il Gentiluomo. Agree to disagree, ma io sono una legista senza cuore, si sa…
Ma cosa significa essere un Gentiluomo, specie per un sovrano? L’esempio portato è quello dell’Imperatore Yao. Costui non si compiaceva nel lusso, menava una vita parca in un palazzo disadorno e, cosa più importante, riduceva corvées e tasse il più possibile per non perturbare lo svolgimento dei lavori agricoli. Viveva in un vero regime di austerità, per intendersi.
D’altro canto, ricompensava con buoni salari i funzionari leali e capaci, promuoveva gente che faceva prova di pietà filiale e altre simpatiche virtù, senza tralasciare di aiutare lavoratori e proletari, il tutto assicurandosi che i sudditi rispettassero i buoni dettami morali. Suppongo che nel tempo libero Yao pettinasse coniglietti, ma è ancora il mio lato legista che fa capolino…
In quella che pare la versione ingentilita di Care Bears, il Taigong infila un punto sacrosanto: l’Imperatore di Yao ricompensava il merito e puniva la colpa, a prescindere dal fatto che l’individuo gli andasse a genio o meno.

Ma bando alle generalità, parliamo di roba concreta, tipo gli affari dello Stato!
Una buona amministrazione viene da sé se ami il popolo.
Ma come si fa ad amare il popolo, chiede re Wen, che già ha brutte visioni di se stesso intento a lavare lebbrosi e aiutare vecchine a traversare la via.
“Aiutali e non far loro del male”, dice il Taigong.
“No shit…” commenta il re Wen. Il Taigong fa finta di non averlo sentito e continua:
“Non devi sconfiggerli. Se loro hanno successo, tu hai successo.”
E precisa, bontà sua:
Non fargli perdere il lavoro. Non fargli pagare tasse pesanti. Togli l’IMU (ok, questo non l’ha detto). Riduci le spese d’apparato e torna a coprirti di pelli come l’Imperatore Yao. Re Wen già rimpiange di aver raccattato l’infame vecchiaccio in riva al fiume. Ufficiali corrotti danneggiano il popolo, aggiunge il Taigong inarrestabile. E conclude:
tratta il tuo popolo come tratteresti i tuoi figli.
Il che, nonostante la sequela di zucchero appena passata, è in effetti un buon consiglio. Implementato peraltro da un invito all’empatia: quando imponi punizioni o ricompense, pensa a cosa proveresti se il loro oggetto fossi tu. Ogni volta che rifili una tassa, pensa che stai prendendo a te stesso.

E riguardo al Governo? Che rapporto ci deve essere tra un sovrano e un ministro?
Il Taigong da’ una risposta che tutto sommato mi piace: il sovrano deve solo cercare di avvicinarsi ai subordinati. I subordinati devono solo essere sottomessi. Facile, no?
Re Wen ha un’altra orrida visione in cui prende il té con la moglie dell’amministratore di condominio, e chiede precisazioni.
Il sovrano deve essere composto, degno e quieto, dice il Taigong. Essere vicino ai subordinati non include prendere il té con loro, lo rassicura. E mentre il re tira un sospiro di sollievo, il malefico vecchio riprende: vuota la mente e attendi gli eventi con giustizia, senza cercare la rissa. Parimenti, quando si discutono affari di stato, non devi lasciar fare, ma nemmeno metterti troppo di traverso, o i tuoi ti taglieranno fuori. Un re non è niente senza i suoi subalterni, e la verità è che loro possono farti e disfarti. Per questo tutta l’arte sta nell’averci a che fare senza lasciargli troppo ascendente.
Il re non deve essere leggibile o prevedibile (consiglio che viene dato anche da Sun Zi). Non lasciar capire ai tuoi subalterni cosa bolle in pentola. Perché va bene che sarai tanto virtuoso e loro di certo ti saranno leali, ma solo i fessi si fidano del tutto.
E infine, il Tagong conclude con un’osservazione interessante:
Se vedi con gli occhi di tutti gli uomini, non ci sarà nulla che non potrai vedere. Che vuol dire: sii disponibile ad ascoltare tutti, perché la buona informazione può venire da chiunque e in qualunque forma.
GrumpyUna buona informazione può annidarsi ovunque, perfono negli articli inutili di un blog inutile!

In un’altra conversazione, re Wen convoca il vecchiaccio e suo figlio, il principe Fa (futuro re Wu e futura vittima dell’onnipresente Taigong). In questa sezione viene abbordato un altro tema caro ai cinesi: saper cogliere l’occasione. E’ votato il disastro chi, venuto il tempo di agire, esita.
Per aver fortuna, un re deve essere forte e geniale, tollerante ma anche duro, rispettoso, quieto e dignitoso. Il principe Fa mormora un “e grazie al…”, ma nessuno lo sente.

Ma torniamo all’annosa faccenda dell’avvicinarsi alla gente. Il Taigong dice: ci sono 6 preservanti e 3 tesori!
Le prime 6 sono benevolenza, giustizia, lealtà, buona fede, coraggio e pianificazione. Sono necessarie in un subalterno, e il malefico vecchio prodiga una serie di consigli per conoscere la vera natura di un candidato:
1. rendilo ricco e guarda se commette carognate;
2. dagli un rango e osserva se diventa arrogante;
3. dagli delle responsabilità e guarda se il suo comportamento cambia;
4. impiegalo e indaga se ti nasconde qualcosa;
5. mettilo in pericolo e guarda se si spaventa;
6. dagli da gestire degli affari e guarda se ciò lo perplime.
Se da ricco non commette carognate, è benevolo; se con un rango non è arrogante, è un giusto; se con responsabilità non cambia, è leale; se impiegato non ti nasconde nulla, è in buona fede; se in pericolo non si spaventa, è coraggioso; se gestire gli affari non lo perplime, è un buon pianificatore. Se è queste sei cose, tientelo stretto!
Il Taigong consiglia infatti al re una severa meritocrazia. Eleva l’uomo di valore, sbatti in fondo alla catena alimentare l’uomo da poco (come tutti sappiamo, le donne non sono umane e verranno trattate nel capitolo “cani, gatti e altri animali da compagnia”).
E i 3 tesori?
Sono i 3 tesori di un re: buona agricoltura, buona produzione artigianale, buon commercio. Tieni i contadini con i contadini, gli artigiani con gli artigiani e i mercanti coi mercanti, e tutto andrà bene. Se non permetti commisture, la gente non si metterà ad architettare infamie. Insomma, attento al conflitto di interessi.

Esistono quelli che il Taigong definisce, i 6 ladri. Come riconoscerli?
• Se i tuoi subordinati vivono al di sopra dei loro mezzi, sono ladri.
• Se la gente non lavora ma viaggia e sfoga i propri istinti. Tutti ladri (tipo me).
• Ufficiali che formano gruppi, lobbies, partiti… rubano la virtù del sovrano. Eliminali.
• Se i tuoi cavalieri sono arroganti e intrattengono dubbie relazioni con altri signori… ladri anche loro! Un guerriero ha un solo signore, chi tiene il piede in due staffe va gambizzato.
• Se i tuoi funzionari non rispettano la loro funzione e fanno i paraculi, danneggiano, frustrano e dissuadono i funzionari meritevoli: ladri, tutti loro!
• E infine, quando un clan potente diventa troppo indipendente e comincia a mangiare uomini e risorse attorno a sé.

Il Taigong e il re Wen sono ben piazzati su quest’ultima: loro hanno cominciato la loro ascesa sbranando la dinastia precedente, sanno cosa succede a lasciare una famiglia libera di crescere.

A questi 6 si aggiungono 7 latori di danni:
1. Uomini incapaci di saggezza o pianificazione strategica, ma titolari di ranghi importanti;
2. Uomini con una buona reputazione e nessuna sostanza, tizi abili ma vani;
3. Poser. Uomini che si agghindano e si atteggiano a vecchio saggio senza esserlo;
4. Poser 2.0. Gente che sa farsi notare con idee stravaganti e che sventola uno stile di vita parco e santo, gente che depreca e disprezza la decadenza d’oggigiorno ma che non ha niente di sostanzioso da metter sulla tavola;
5. Adulatori e calunniatori. Gente coraggiosa, pronta a morire, ma devota solo alla propria ambizione e alla propria avarizia;
6. Gente che vive in modo troppo raffinato: danneggiano economia e agricoltura;
7. Maghi e ciarlatani, uomini strani che confondono la brava gente ed elaborano bizzarre strategie (tipo “non si diventa ricchi con le esportazioni ma con le importazioni” *coff*).
La gente deve dare il proprio massimo, gli ufficiali devono essere sinceri, i ministri devono essere leali (anche a costo di dire al sovrano cose che non vuole sentire), i funzionari devono essere equi e puri, il cancelliere deve essere capace di rinforzare l’esercito e assicurare la protezione dello stato.
Più avanti, il Taigong mette in guardia il re. E’ vero che di regola bisogna impiegare e promuovere gli uomini di valore, ma prima di tutto bisogna riconoscerli. Non ci si può, e non ci si deve fidare di fama e apparenze.

Il re ha due strumenti per gestire i suoi uomini: ricompense e punizioni. Ricompensando un uomo degno, incoraggi altri cento a fare come lui. Punendo un uomo indegno, ne dissuadi cento. Ma come amministrarle?
Una ricompensa deve essere credibile, una punizione certa, ovvero, gli uomini devono poter contare su un premio, e devono sapere che il castigo è ineluttabile.

E ora veniamo a quello che più mi interessa:
La via militare!
Tank

Per il Taigong, la cosa più importante è l’unità.
La seconda cosa più importante?
Have a guess!
L’inganno. Fatti vedere per ciò che non sei. L’arte della guerra sta nel non fargli mai capire cosa stai per fare, cosa vuoi, cosa prepari, come stai messo.
E la terza? La terza è conoscere il tuo nemico, capire cosa sta per fare, cosa vuole, cosa prepara, come sta messo.

Ma scendiamo più nello specifico degli insegnamenti segreti marziali!
Abbiamo già sviscerato l’importanza di coltivare la virtù e di procurarsi subalterni di valore. Quanto al nemico, bisogna conoscerlo. Osservare le sue attività esterne e interne, conoscerne i pensieri e il tipo di governo. Osserva il sovrano, così come anche la gente che gli è vicina e quella che gli è lontana.
Frattanto, il tuo paese deve essere in pace e ben ordinato. E come fare? Capendo che la vita degli uomini è fatta di un quotidiano banale: preservare la quiete pubblica è il modo di tener calmo il popolo.
Pacificati e uniti i tuoi, c’è un modo “civile” di attaccarsi ad un avversario?
Secondo il Taigong, ce ne sono dodici (anvedi):
1- Assecondalo. E’ possibile che diventi arrogante e faccia un errore.
2- Avvicinati a quelli che ama, frammenta le sue relazioni. Cerca di minare la lealtà dei suoi ministri e dei suoi funzionari.
3- Di nascosto, comprati i suoi assistenti.
4- Assecondalo nei gusti, offrigli lusso e doni, trattalo con deferenza, mostrati obbediente e riempilo di ragazze.
5- Tratta i suoi ufficiali con generosità e gradualmente comincia a trattarli meglio di lui.
6- Stringi alleanze segrete coi suoi collaboratori preferiti e tienti a distanza da quelli meno apprezzati. Gli uomini di talento finiranno gradualmente sotto influenza straniera.
7- Per avere il suo cuore, coprilo di doni. Per avere i suoi uomini, mostragli che hanno solo da guadagnare con te.
8- Coinvolgilo in un piano che gli porti profitto. Si fiderà di te sempre di più, fino al momento in cui potrai usarlo e manipolarlo.
9- Adulalo.
10- Sii sottomesso e collaborativo, in modo che si fidi e ti lasci conoscere la sua vera situazione.
11- Togligli i mezzi di essere un buon sovrano, togligli la Via. Tutti amano denaro e rango e odiano sfortuna e morte, tutti, in particolare i suoi subordinati. Allettali, pascili, curateli e reclutali per la tua fazione. Una volta il lavoro completato, il nemico sarà incapace di governare, perché le funzioni chiave saranno occupate da gente fedele a te, non a lui.
12- Asseconda i suoi ufficiali dissoluti e corrompilo con una vita di lussi.
(Fottere il nemico può essere più o meno pulito, ma sarà sempre dispendioso).

Il Taigong dà infine degli strani consigli su come attaccare i nemici d’elezione, gli Shang. Visto che l’esercito di Shang è più grande di quello di Chou (il territorio di re Wen), il Taigong consiglia di fare in modo da farlo diventare ancora più vasto, perché il troppo forte finirà per rompersi e il troppo vasto per mostrare deficienze.
E’ un consiglio bizzarro. Ci fu effettivamente una battaglia tra Chou e Shang, e Shang aveva un esercito molto più grande (anche se magari non settecentomila cristi come dice la tradizione), ma perse. Oggi come oggi gli storici ritengono che Chou abbia vinto perché, nonostante il numero inferiore, le sue truppe erano migliori, più determinate e meglio addestrate.
Forse qui si intende: spingere il re di Shang a fare una leva generale. Questo non solo avrebbe danneggiato l’economia agricola del paese, ma avrebbe reso l’esercito difficile da gestire, creato più caos che altro e portato all’annientamento delle forze Shang.

Gli insegnamenti segreti del Drago
La cosa più importante per un generale in campagna, you guess it, è avere assistenti e ufficiali su cui poter contare. In un esercito, un uomo deve essere assegnato nella posizione in cui è più capace. Ciascuno secondo le proprie capacità, come direbbe un certo tizio defunto.
Il Taigong spiega la struttura dello stato maggiore. Ve lo risparmierei, ma tutto sommato ve lo meritate.
(Se sei una persona normale e odi soffrire, puoi saltare).
1 capo della pianificazione: deve fornire consiglio, conoscere i piani segreti e saper reagire alle inevitabili sorprese; cercare di prevenire dette sorprese il più possibile investigando le diverse variabili (clima, terreno, ecc); deve supervisionare la pianificazione della campagna.
5 ufficiali della pianificazione: devono pianificare sicurezza e pericolo, anticipare l’imprevisto ; valutare performances e abilità; assicurarsi che premi e punizioni siano chiari; nominare gli ufficiali; offrire consiglio.
3 astrologi (che c’é? E’ l’undicesimo secolo a.C.!): sono responsabili del calendario; dell’osservazione dei venti e del ch’i; devono predire i giorni fasti, investigare segni, verificare disastri e anomalie, e indovinare il momento in cui bisogna agire o abbandonare. Temo che fossero principalmente lì per prendersi la colpa se la festa andava male.
3 topografi: sono responsabili della disposizione strategica dell’esercito e della topografia (pensa te).
9 strateghi: devono discutere idee divergenti e i vantaggi e i rischi delle diverse operazioni; sono responsabili della scelta delle armi e dell’addestramento degli uomini; devono anche vegliare a che nessuno infranga gli ordini e i regolamenti.
4 ufficiali logistici: guess what? Si occupano di rifornimenti! Dopotutto, come disse Julian Grenfell, la guerra è un grande picnic (o, come disse Napoleone, “un esercito marcia sul proprio stomaco”) . Questi quattro tizi sono responsabili del cibo e dell’acqua, dove trovarli e come trasportarli.
4 ufficiali per Grandezza Fiorita: sounds kind of silly, ma erano importanti. Il loro lavoro era snidare uomini di valore, discutere gli armamenti e attacchi a sorpresa.
3 ufficiali dei Segnali Segreti: si occupavano di strumenti e insegne necessari per dirigere il tuo esercito, come di quelli fasulli per confondere il nemico. In battaglia c’è casino. Il generale che bercia e il fantaccino che esegue sono idiozie da filmone hollywoodiano: quando la festa comincia è tanto se un disgraziato sente i propri denti battere! Per questo un capitano non bercia, un capitano fa battere il tamburo, squillare la tromba o muovere l’insegna.
I 3 di cui sopra sono anche i responsabili di spie, ricognitori e sono loro a fornire documenti falsificati. Salvo certe eccezioni storiche celebri, uno non capita per caso in braccio all’esercito nemico. Esistono gli esploratori, e se non sei un mentecatto li usi.
4 Braccia e Gambe: responsabili di compiti base, manutenzione di argini, terrapieni e altre fortificazioni.
2 ufficiali di Collegamento: sono loro a far le pulci a tutti i tizi di cui sopra. Individuano gli errori, le cose perse o passate tra le maglie dell’organizzazione, e ci mettono una pezza; ricevono gli ospiti di riguardo e in generale se piove un cazzo dal cielo è prima di tutto un loro problema.
3 ufficiali d’Autorità: si occupano del settore “eterodossia e inganno”. Sono quelli col cilindro magico, il trio delle meraviglie!
7 Occhi e Orecchie: sono gli informatori, nonché gli ispettori.
5 Zanne e Artigli: sono quelli che devono mantenere alto il morale, pompare le truppe, spremere il meglio, con le buone o con le cattive.
4 Penne e Ali: sono i responsabili della propaganda. Quelli che forgiano e celebrano la nomea dell’esercito in modo da terrorizzare la gente e indebolire il morale nemico.
8 ufficiali vaganti: sono infiltrati del nemico. Devono spiarlo, ma anche manipolarlo.
2 ufficiali tecnici: anche loro lavorano pe la propaganda, ma invece di pompare il mito del tuo esercito, loro sono specializzati in calunnie e minacce.
3 ufficiali di prescrizione: ufficiali medici.
2 contabili: c’è bisogno che vi dica che cos’è un contabile?

Ma veniamo al grande capo, il generale. The big one. Le chef!
Che tipo deve essere il generale? Per il Taigong, il generale ha 5 talenti indispensabili e 10 eccessi possibili. I talenti sono, pensa un po’, coraggio, saggezza, benevolenza, affidabilità e lealtà (fateci l’abitudine, i cinesi sono fissati con queste virtù).
Quanto alle 10 magagne, ecco cosa dice il malefico vecchio:
essere coraggioso e trattare la morte alla leggera (può essere ucciso), essere impaziente (può essere distrutto dalla persistenza), essere venale (può essere comprato), essere troppo benevolo e quindi incapace di infliggere dolore (può essere sfiancato, esaurito), essere saggio ma timoroso (può essere sfibrato e stancato), essere affidabile ma fidarsi troppo degli altri (può essere ingannato), essere incorruttibile ma non avere affetto per i propri uomini (può essere insultato), essere saggio ma indeciso (può essere sorpreso), essere risoluto ma troppo indipendente (può essere disorientato), essere troppo fifone e delegare le proprie responsabilità agli altri (può essere ingannato).

E come fare per selezionare il generale dei tuoi sogni? Ci sono 15 casi, dice il Taigong, in cui apparenza e sostanza non combaciano. Non ve li elenco, perché il succo è sempre quello: un uomo può apparire in un modo ed essere in un altro (apparire profondo ma non esser sincero, apparire confuso ed essere al contrario leale e di sostanza, ecc.). Non giudicare dalle apparenze, un uomo può apparir buono ed esser cattivo, apparir scemo ed esser solo socially awkward. O magari può apparire debole in abiti civili e lanciato sul campo di battaglia diventa un dragone.
Insomma, come fare a conoscere un uomo? Ci sono 8 cose da fare:
1- interrogali con attenzione;
2- gira il discorso in modo da confonderli e vedi come reagiscono una volta disorientati;
3- discuti di cose su cui ti sei preventivamente informato, in modo da testare la loro sincerità;
4- questionali di nuovo in modo esplicito;
5- assegnali in posti di responsabilità finanziare e guarda come si comportano;
6- mettili alla prova con delle belle figliole e assicurati che siano gay galantuomini;
7- mettili davanti a una difficoltà e osservane il coraggio;
8- ubriacali e guarda come sono da sbronzi.
Come avrete notato, il modo di conoscere un generale è molto simile a quello consigliato da Sun Zi. Il Taigong aggiunge in particolare la parte “sbronzali”, che a me piace un casino. Da notare che anche il candidato deve fidarsi del sovrano per accettare di farsi sbronzare.
Come anche Sun Zi, il Taigong spiega che un generale in missione può e deve, se necessario, ignorare il proprio sovrano per il bene della missione. Una volta che il sovrano ha dato il mandato, deve affidarsi al generale. Una volta che il generale ha accettato il mandato, deve osare sfidare il proprio signore. Un esercito in campagna deve vincere, e pace per gli ordini del governo centrale.

Ma come fa un generale a costituirsi un’aura di rispetto? Facendo vedere che è un giusto, e fa vedere che è giusto mettendo a morte il grande e ricompensando il piccolo. Se uccidere un uomo basta a impressionare un intero esercito, non esitare, stesso vale per premiare un soldato.
Ma punizioni e ricompense non solo i soli strumenti per vincere i tuoi propri soldati. Un generale deve osservare una certa condotta, e in particolare deve far vedere che condivide il dolore della vita del soldato. Niente pelliccia in inverno o ventaglio in estate.
Una volta mio padre mi disse: in un gruppo di militari, il capo deve far capire che è capace o pronto a fare quello che ha appena ordinato ai suoi di fare. Per quanto ne so di gruppi guerrieri, è un’osservazione abbastanza esatta, e il Taigong consiglia qualcosa di molto simile. Non è solo una manovra di propaganda: il generale deve sapere cosa stanno passando i suoi soldati. L’unità è la cosa più importante. Pertanto il generale mangia per ultimo e dorme per ultimo.
Sapere che il generale ha scelto di patire come loro; sapere che il generale sa e capisce cosa stanno passando. Sono due cose che uniscono e boostano il morale di soldati ed ufficiali.

Il Taigong passa poi ai codici di comunicazione che permettono il rapido coordinamento delle tre sezioni dell’esercito (destra, centro e sinistra). Ci sono diversi codici trasmessi via listelli di bambù. A seconda della lunghezza, il messaggio sarà “vittoria”, “gli abbiamo steso il generale”, “ci hanno steso il generale”, “città presa”, “preparatevi a una difesa di stallo”, “spedisci rifornimenti”, ecc.
Data la loro importanza, i messaggi devono restare segreti. Il generale deve trattenere chi li ha portati e uccidere gli eventuali che avessero sbirciato o sentito dire, onde evitare qualsiasi fuga di notizie.
Ma cosa fare se vuoi combinare qualcosa di più complicato e un pezzo di bambù non basta a farti capire? Well, dice il Taigong, usa lettere segrete. Una lettera segreta è una lettera che viene scritta, poi divisa in tre parti, affidata a tre messaggeri che non sanno nulla né del contenuto né del fatto che ci sono tre messaggi.

Infine, si parla di come condurre la guerra. Per il Taigong, il miglior piano del mondo non compenserà mai la capacità di reagire al nemico. Puoi pianificare quello che ti pare, ma sul campo le cose cambieranno, nuovi cazzi pioveranno dal cielo o si apriranno occasioni impreviste. Peggio, il nemico può essere venuto a conoscenza dei tuo piani (ricorda che mentre tu spii lui, lui spia te). Il punto è allora essere in grado di combinare ortodosso ed eterodosso.
Un vero genio della guerra non vince sul campo di battaglia. Per i rischi di cui sopra e per preservare i tuoi e i tuoi futuri sudditi, il genio della guerra dovrebbe essere capace di vincere prima della battaglia. Manipolare la situazione in modo che il nemico non abbia occasione di farti del male.
Se devi mettere l’esercito in campo, allora tieni presente che mantenere il mondo all’oscuro di qualsiasi cosa è la migliore maniera di vincere. Oscurità e silenzio sono le parole d’ordine.
Devi ingannare il tuo nemico, e in contemporanea avere una comprensione profonda dele variabili in gioco (quello che il Taigong chiama il ciclo di yin e yang). Se ci riesci, sarai capace di discernere in quale momento puoi essere vittorioso e in quale no. Come in Sun Zi, si combattono solo battaglie vinte. Una profonda comprensione ti mette peraltro al riparo dalle due cose più pericolose per un esercito: dubbio ed esitazione. Perdi l’attimo e sei cotto.

Seguono una serie ci consigli su come menare la spedizione.
Ad esempio, se il tuo nemico si schiera con ordine, impiega alcuni dei tuoi per simulare confusione tra i ranghi. Se devi nascondere una fuga, passa attraverso zone di erba fitta e vegetazione lussureggiante. Se non vuoi avere a che fare con carri e cavalleria, attaccali in valli scoscese. Un passo o una foresta di montagna sono luoghi in cui pochi possono dar del filo da torcere a molti. Se vuoi nasconderti, zone di pantani potrebbero essere una buona idea. Se vuoi invece una battaglia schietta in cui dispiegare i tuoi, una zona aperta e pianeggiante fa al caso tuo.
Ad ogni modo un blitz è il modo migliore di attaccare: rapido, breve e inatteso. Se invece vuoi fargli una festa a sorpresa, imbosca truppe che non si aspetta e attiralo con truppe ortodosse più lontane. Se il nemico è spaventato, uno può attaccarne dieci, e lo stesso vale quando combatti gente esausta, magari al tramonto, alla fine di una lunga giornata.
Se ti trovi nell’acqua, il Taigong caldamente consiglia balestre ed armi lunghe. Nel caso qualcuno avesse la balzana idea di nuotare in bocca al nemico per prenderlo a pugni.
E nel caso avessimo a che fare con una città fortificata? Avere una buona conoscenza di terreno e movimento su una vasta area, per cominciare (è sgradevole essere presi da dietro mentre si assedia…). E una finta ritirata potrebbe avverarsi utile. Troia suona familiare?
Approfitta del tempo. Forti venti e pioggia sono sgradevoli, ma possono permetterti di assaltare il nemico. E se invece che attaccarti ai suoi soldati vuoi tagliargli le vie di rifornimento, mandargli incontro i tuoi vestiti come i loro potrebbe essere un sistema.
Intanto motiva e unisci le tue truppe. Ci sono 4 leve che puoi usare per manipolare la massa dei tuoi soldati: concedere e togliere; gioia e rabbia. D’altro canto hai degli ufficiali che sono lì apposta, no?
Le alture sono i posti più difendibili. E, parlando di montagne, i loro boschi offrono modo di andare e venire in segreto.
Grumpy2

Insegnamenti segreti della Tigre
Questa sezione si apre con un’enumerazione dei componenti necessari per un esercito in missione. E’ interessante, ma molto relativa al tipo di guerra degli Stati Combattenti, e passerei. Nel caso qualcuno vogli assolutamente la lista bel bucat… degli armamenti necessari del Taigong, non ha ce da chiedere. Vi basti sapere che per disporre l’esercito bisogna essere coscienti del cielo (Schieramento Celeste), della configurazione del terreno (Schieramento Terrestre) e dei diversi effettivi (Schieramento Umano).
Ma cosa fare se il nemico ti taglia avanzata, ritirata e rifornimenti?
Sei nella merda, sottolinea il Taigong. Attacca il prima possibile, reagisci subito. Esita e sei finito. Non concentrare tutti i tuoi su un punto, ma mantieni la divisione classica in tre corpi. Col giusto morale, potrai spezzare l’accerchiamento. Se ci riesci, evita d’impastoiarti in un lungo combattimento.
E metti caso che ciò accade in territorio nemico, magari ina zona montuosa in cui il nemico tiene le vette, è ben rifornito e in ottime condizioni.
Il Taigong è cristallino: scappa. Trova una breccia nel loro schieramento e combatti con tutto l’animo che hai per cavarti di lì.
Muoviti di notte, quando non sei visto.
Ma con un esercito alla cinese, come ottenere silenzio da una massa di coscritti strappati ai campi e presi a calci in culo fino in terra straniera? Quando siete in mille, un “chi spinge?” per uno diventa preso un baccano infernale. Il Taigong ha una risposta per tutto. Mordacchie! Ficca in bocca a ogni disgraziato una mordacchia di legno, e via camminare!
Metti truppe d’élite all’avanguardia, che sgomberino la strada in fretta per far passare il resto. Metti altri buoni guerrieri in imboscata dietro di te, in modo da segare chi cerca di correrti dietro. Schiaffa bagagli e i disgraziati immordacchiati nel centro.
Fatto ciò, avanza con calma, senza farti notare. E se ti notano, well, hai messo l’élite in testa per una ragione no? Sfonda! E se capiti davanti a un nocciolo duro, sfodera tutti i tamburi e segnali che hai, fai come se un esercito tre volte più grande fosse appena sorto dalla terra.
Con molto culo e molto coraggio potresti anche cavartela.
E come fare se sei sotto attacco e ti trovi costretto ad attraversare dell’acqua senza l’equipaggiamento necessario?
Brucia rifornimenti e carri di trasporto. Sarebbero catturati in ogni caso. Ficca nella testa dei soldati che chi combatte vive, il vigliacco muore. Nel capitolo precedente, il Taigong ha accennato a quello che chiama un Fiume Volante, usato via i Galleggianti Celesti. Si tratta di un ponte provvisorio lungo venti piedi che poteva essere gettato in fretta di traverso a un fiume. Frattanto, ordina a quelli in retroguardia di appiccare un enorme falò: servirà come punto di riferimento per orientarsi. Te cerca di scappare dove i loro carri e i loro cavalli non possono seguirti, ricompattati e riordina lo schieramento.

Altro caso, propone re Wu, metti che stai attraversando un fiume in territorio nemico, e, botta di sculo cosmica, un pioggia a monte ti frega, arriva una piena, ti affoga un po’ di gente e ti tronca in due l’esercito. Non hai ponti provvisori, non hai barche, come fai a riunire i tuoi?
“Come sarebbe che non hai ponti?” sbotta il Taigong “Chi ha pianificato l’equipaggiamento?”
Re Wu si stringe nelle spalle.
“No, dico, puta caso-
“Se non hai il Fiume Volante sei un cretino e meriti di affogare. Fine della discussione”.
Il re decide di cambiare domanda.
Poni caso che sei su un terreno che permette sia a te che al nemico di avanzare. Che fare?
Il Taigong consiglia di rinforzare le fortificazioni e le difese ma non farsi avanti. Ciò permette di accumulare rifornimenti e nascondere le tue operazioni. Il nemico non conosce la tua reale situazione e ciò è buono. Quando sei pronto, monta un blitz contro il suo punto debole.
“E se il nemico conosce le nostre intenzioni?”
Manda gruppi d’élite a provocare schermaglie giornaliere, consiglia i Taigong. Stancalo psicologicamente. Usa i soldati meno buoni per sollevar polvere e far casino, fagli credere che siamo più di quanti siamo davvero. Questo danneggerà il loro morale e confonderà i loro ufficiali. Una volta ottenuto il vantaggio morale e psicologico, attaccalo con tutte le forze di cui disponi.
E cosa fare se siamo schierati, di eguale forza e nessuno dei due osa attaccare per primo?
Se il terreno si presta, imbosca dei tuoi sui suoi fianchi. Di nascosto manda i tuoi carri/cavalieri in una posizione da cui possano tagliare l’avanguardia dalla retroguardia, e nel frattempo moltiplica il numero di insegne e tamburi nel tuo campo. Venuto il momento, attacca con tutti gli effettivi allo stesso momento. La molteplicità degli attacchi dovrebbe bastare a disorientare il generale nemico.
Bello. Ma se il terreno o la disposizione del nemico non si prestano a imboscare truppe e piazzare cavalieri? E se il nemico è più furbo di te ed è riuscito a prenderti alla sprovvista, spaventando il tuo generale e mettendo confusione tra i tuoi ufficiali?
Dopo aver controllato i suoi movimenti su un’area più vasta, imbosca truppe più lontane e attacca. Le prenderai, quindi sii pronto alla ritirata e tirati dietro il nemico su una trentina di li. Là, fai dietrofront e attacca, col supporto delle tue truppe imboscate.
Bon. E puta caso invece che sei in territorio nemico, il clima è stato inclemente (troppo caldo o troppo freddo) e una pioggia di dieci giorni ha affossato le tue difese e spappolato argini, terrapieni, e lo zelo e il morale dei tuoi soldati. Che succede se il nemico ti salta addosso di notte e che tu non sei pronto?
Prima di tutto lo zelo dei tuoi NON deve squagliarsi! Incarica un migliaio di soldati, vincolati da giuramento, di costituire una guardia speciale, che oltre a difenderti faccia mostra di organizzazione e zelo. Questo demoralizzerà il nemico (si suppone che anche loro si siano presi dieci giorni di pioggia, no?). Nel caso dovessero attaccarti e poi ritirarsi, evita di farti tirare in un’imboscata!
Buono. Re Wu si spreme le meningi.
Puta caso che sei in territorio nemico e che sia tu che loro avete assunto posizioni difensive. La differenza è che loro sono riusciti a separarti avanguardia e retroguardia e tagliarti i rifornimenti. Non puoi vincere se attacchi e non puoi resistere a lungo se ti difendi.
Il Taigong si schiaffeggia la fronte.
“Se tu avessi preparato bene la spedizione e indagato ammodo sulle loro forze e sul terreno, non sarebbero stati in grado di troncarti in due, pirla.”
Va bene, fa re Wu. Supponiamo che i tuoi stiano attraversando un terreno piatto ed esposto subito dopo pantani o foreste, e che si siano persi un esploratore o un qualche quack del genere. Il nemico attacca, ti sega in due l’esercito e ti serra a tenaglia. Non puoi vincere e non puoi difenderti, e i tuoi sono terrorizzati.
“Non succede se hai un buon sistema di esploratori e se le sezioni del tuo esercito comunicano bene” ribatte il Taigong cocciuto.
Sempre nella rubrica “situazioni probabili”, il re rilancia. Puta caso che hai preso il territorio, ma grosse città fortificate resistono e l’esercito nemico è asserragliato in montagna. Come fare ad assediare le città senza farsi ingroppare dai loro?
Il Taigong sottolinea che non è necessario ammucchiare tutti sotto le mura. Piazza cavalleria e carri in difesa della tua retroguardia e taglia i rifornimenti degli assediati.
Pare una buona idea, ma cosa succede se quelli riescono a coordinare un attacco dai monti con una sortita?
Per evitare questa evenienze, lascia agli assediati una vita di fuga per minare il loro animo. Attacca la città. Se ti va bene, i loro soldati migliori fuggiranno per raggiungere l’esercito sulle montagne, e tu potrai prendere la città. Alle lunghe, finiranno per spomparsi e arrendersi.
Non bruciare e non distruggere. Non uccidere chi si arrende. Mostrati benevolo e ruba la lealtà del loro popolo.
E puta caso, i tuoi stanno attraversando una zona erbosa in una stagione secca. Sono stanchi e ti fermi per lasciarli riposare, ma i ribaldi appiccano fuoco alla prateria e imboscano gente nelle retroguardie per affettarti mentre ti ritiri.
Per prevenire questa evenienza, hai bisogno di vedere i dintorni dall’alto. Una scala o qualcosa del genere, in mancanza di meglio. Se vedi dei fuochi, fai terra bruciata prima che arrivino. Appicca il fuoco dietro di te, e se il nemico arriva ritirati sul terreno annerito per difenderti. Fatti scudo dei carri se necessario.
Il capitolo si chiude su dei consigli su come sapere se una fortezza sta venendo smobilitata o è vuota. La cosa migliore sarebbe, ovviamente, avere una vista dall’alto. Nel caso non fosse possibile, silenzio, assenza di fumo e presenza di uccelli sono segno che il nemico se n’è andato.

Insegnamenti segreti del Leopardo
In questo capitolo continua la saga del Puta Caso, o Metti Che.
Cosa succede se ci si trova col nemico nella stessa foresta?
Il Taigong consiglia di mettere in prima linea gli arcieri e balestrieri, lancieri e alabardieri subito dietro, divisi in squadre di cinque. Immagino che ciò sia perché la presenza di tanti alberi rende poco effettivo il tiro a campana.
Dopo aver consolidato la tua posizione, manda della gente a far pulito: taglia e sgombera in modo da poter manovrare. Puoi farti appoggiare dalla cavalleria se il bosco non è troppo fitto.
E metti che, una volta tanto, è il nemico ad attaccare, invaderti e buttarti fuori dalle tue città fortificate?
Se sono stati così veloci è probabile che le loro bestie siano stanche, le loro riserve esaurite e i loro ranghi in disordine. Raduna i tuoi in una notte senza luna, and kick the shit out of ‘em.
Sì, ma se hanno diviso il loro esercito in modo che alcuni di loro siano riusciti a rifornirsi?
Fingi di volerti preparare a sostenere un assedio. Se si avvicinano, attaccali con la fanteria leggera, perdi e ritirati. Quando si avvicineranno per assediare la città, prendilo a sandwich con i cavalieri che avrai preventivamente sistemato in imboscata.
Parimenti, se in territorio nemico picchi il naso contro un esercito in buon assetto e buona forma, imbosca i tuoi migliori sulla via di ritirata e cerca di tirarteli dietro dopo un breve accrochage.
Metti che siamo incastrati in cima a una montagna?
La posizione elevata può essere un vantaggio. In ogni caso evita di disperderti e schiera i tuoi uomini in modo da poter sorvegliare tutti i versanti e reagire, quale che sia la provenienza dell’attacco.
Tornando in situazioni in cui sei in netto svantaggio in territorio nemico e pressato da un esercito migliore, il Taigong consiglia una ritirata protetta da truppe imboscate, come abbiamo già visto. Nel caso non sia possibile ritirarsi. Comprati la fuga. Oro, giada, qualsiasi cosa. Ci sarà qualcuno comprabile nel loro esercito, no?

Come attaccare i tanti con pochi?
Al tramonto, consiglia il Taigong. Tendendogli un agguato tra l’erba alta e spingendoli su un passaggio stretto. Se non ne hai a disposizione, trova il modo di attirare il generale nemico nel terreno che ti fa gioco. Se vuoi attaccare uno stato più forte di te, assicurati di avere l’appoggio dei suoi vicini.

Insegnamenti segreti del Canide
Come fare per radunare in fretta l’esercito tutto?
Il re dovrebbe aver stabilito prima un calendario e fissato il giorno e l’ora di riunione. Al momento venuto, premia i generali che sono arrivati in tempo e uccidi i ritardatari. Questo servirà d’esempio e spronerà i vari Palla di Lardo a spicciarsi. In quali casi il nemico è facilmente sconfitto?
Ci sono 14 casi in cui il nemico è facilmente sconfitto:
1- quando uomini e bestie non hanno ancora mangiato;
2- quando il clima lo mette in difficoltà;
3- quando non sono riusciti a procurarsi un terreno vantaggioso;
4- quando stanno scappando;
5- quando non sono vigilanti;
6- quando il generale non è presente;
7- quando stanno attraversando lunghe strade;
8- quando le truppe non hanno avuto tregua;
9- quando sono esausti;
10- quando appena iniziato ad assemblarsi;
11- mentre attraversano un fiume;
12- mentre si trovano in terreno difficile, con precipizi and the likes;
13- quando il loro schieramento è disordinato;
14- quando sono spaventati.

E per quanto riguarda i miei, come dovrei selezionare i miei guerrieri?
Il Taigong consiglia di selezionarli in base al loro carattere.
Ci sono uomini coraggiosi che non temono la morte e sono fieri delle loro ferite. Riuniscili in una sola unità, i Guerrieri che sfidano la Lama; raduna anche quelli dall’apparenza straordinaria, gli armadi impressionanti e gli energumeni, e chiamati Valorosi Guerrieri d’Elite; i buoni saltatori e gli uomini forti, capaci di infilarsi nei loro ranghi e tirar giù i le loro insegne, chiamali Guerrieri di Valore e Forza; i buoni camminatori e buoni corridori, insomma, gli Alpini e i Bersaglieri, schiaffali insieme nei Guerrieri Invasori; quelli che per una ragione o un’altra sono caduti in disgrazia e vogliono lavare il loro onore, tiragli su il morale mettendoli nei Guerrieri Votati a Combattere fino alla Morte; quelli che vogliono vendicarsi (coraggio, sappiamo tutti che hai qualche figlio/fratello/genero di generale/ufficiale ammazzato in guerra) mettili nei Guerrieri Irati a Morte (sì, suona stupido); i pezzenti incazzati che sono lì per far fortuna e prendersi la rivincita in faccia al mondo, mettili nei Votati alla Morte; schiavi e altra gente dal passato imbarazzante che cerca un nuovo domani, mettili negli sconsolati Incitati; gli avanzi di galera, Guerrieri Fortunati per esser Impiegati; i buoni soldati, capaci di portar pesi su lunghe distanze saranno i Guerrieri in Attesa di Ordini.

Il paragrafo sulle equivalenze tra i diversi elementi dell’esercito e sui carri da guerra ve lo risparmio, a meno che non ci siano in sala dei fan di Chou che vogliono precisioni. Vi propino invece a grandi linee la struttura dell’esercito, in modo che certuni abbiano una vaga idea di cos’è una catena di comando.
In particolare parlerò della cavalleria: un capo per cinque cavalieri, un capitano per dieci, un comandante per cento, un generale per duecento. Su terreno facile, cinque cavalieri formano una linea, quattro passi tra ciascuno e venti tra loro e la linea dietro, cinquanta passi tra i diversi distaccamenti. Su terreno difficile, dieci passi tra una linea e l’altra, due tra un cavaliere e l’altro, venticinque tra distaccamenti. Trenta cavalieri sono una compagnia, sessanta un reggimento.
E come selezionare i cavalieri?
Il Taigong traccia il profilo del candidato: meno di 40 anni, alto almeno sette piedi e cinque pollici, forte e veloce. Ovviamente devono esser in grado di cavalcare e tirare con l’arco.
Ci sono situazioni in cui la cavalleria può vincere:

  • Quando il nemico è arrivato ma il suo schieramento è ancora disordinato;
  • Quando il nemico è ben schierato ma hai la possibilità di attaccarlo a tenaglia con un blitz;
  • Quando il nemico ha grane coi rifornimenti e i suoi non sono inclini a combattere, e tu puoi attanagliarli;
  • Quando il sole tramonta e il nemico vuole riguadagnare il campo: attaccalo a tenaglia, fila attraverso la sua retroguardia e occupa il campo precludendoglielo;
  • Quando il nemico si è spinto troppo lontano dal suo ultimo appoggio e i suoi convogli di rifornimenti sono vulnerabili;
  • Quando sei su un bel terreno piatto;
  • Quando il nemico sta scappando in rotta;
  • Quando il nemico ha un visibilio di soldati e sta cercando di tornare al campo al tramonto, mangiagli i fianchi e la retroguardia.

Ci sono però nove situazioni in cui i cavalieri rischiano di prendersi una graniolata di mazzate.

  • Quando il nemico li attira in una trappola, facendoli penetrare tra i propri ranghi per poi massacrarli;
  • Quando, trascinati in un inseguimento, si fanno tirare in terreno angusto e imboscare;
  • Quando si ficcano in un Pozzo Celeste (depressioni profonde circondate su quattro lati da montagne);
  • Quando si trovano in una situazione in cui la via per entrare è ardua e quella per uscire lontana;
  • Quando attraversano territori con torrenti, profonde valli, vegetazione fitta;
  • Quando si trovano incastrati tra due corsi d’acqua;
  • Quando si trovano tagliati fuori dai rifornimenti e in una posizione in cui, se avanzano, non potranno tornare indietro;
  • Quando sono su terreni paludosi;
  • Quando si trovano su terreno piatto ma stretto a sinistra da corsi d’acqua e a destra da alture e calanchi.

E questo è tutto signori e signore. Il primo classico cinese, il Liu tao, è liquidato. Preparatevi che ce ne sono altri 6! Frattanto, il regno di Chou vi saluta. Han fatto tante nozze e tante feste e a me che c’ero un mi dettero niente.
Musica!

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Bibliografia:

Ralph D. SAWYER, The seven military classics of ancient China, Basic Books, Boulder, 1993, pag.568

Ralph D. SAWYER, The art of the warrior, Shambala, Londra, 1996, pag.304