Vento freddo soffia sulla plaga di cenere. E’ una spianata corrosa dagli elementi, sotto un perenne cielo di piombo senza sole e senza pioggia. Lapidi consunte punteggiano la terra sterile.
I nomi a stento si leggono. Laramanni’s weblog, Wunderkind trilogy, Druhim Vanashta…
E’ il cimitero dei blog defunti.
Nessuno viene qui, è una regione dimenticata.
Sassolini franano da un monticello di cenere e detriti. Il mucchietto sobbalza.
Una crepa si apre nel fango rinsecchito.
Emerge un indice, un indice puntato, attaccato a un pugno chiuso. Il ditino sentenzioso si erge lento e rachitico in mezzo al cimitero. Da sotto la polvere arriva ovattata una voce nasale.
ACTUALLY…
Vi sono mancata?
No, non credevo nemmeno io.
Ad ogni modo risiamo qui, in questo luogo di recriminazioni e lagne, a trascinare a calci nel culo la mia serie di articoli preferita, ovvero le mirabolanti avventure del mio compare Masakado, altresì noto come Nuovo Imperatore!
Masakado in abito di Corte
La scorsa puntata avevamo lasciato Masakado in cresta all’onda della vittoria: ha raso al suolo Hitachi e si è mangiato senza colpo ferire le 8 provincie del Bandō, dove ha piazzato uomini di fiducia per gestire l’ordinaria amministrazione. I funzionari sono stati impacchettati con riguardo e inviati sotto scorta alla Capitale. Il nostro ha anche preso cura di scrivere una lettera al Ministro degli Affari Supremi Fujiwara no Tadahira. In un elegante rimbalzo tra captatio benevolentiae, recriminazioni e velate minacce, Masakado segnala al suo vecchio patrono di essere aperto al dialogo, almeno in principio.
Il ribelle non ha di che essere troppo ottimista, però: tutto questo casino è scoppiato perché voleva far fuori suo cugino Sadamori e suo cugino Tamenori. Ora come ora, vittoria o meno, i due cugini sono sempre vivi e sempre a piede libero.
Oggi però vorrei fare una brevissima pausa dalle vicissitudini familiari dei guerrieri orientali per dare un occhio a ciò che capita alla Capitale. E “ciò che capita alla Capitale”, in questo momento, è una grandinata di rogne come poche se ne è viste in tempi recenti.
Solito promemoria, sia mai che vi scordate dove ci si trova
La notizia della presa della provincia di Hitachi arriva a Heian (attuale Kyoto) il 2 del dodicesimo mese dell’era Tengyō (939). Il 22 arrivano dei messaggeri da Shinano, e di nuovo il 27 e il 29: Masakado ha preso Shimōsa e Kōzuke. La sera stessa arriva anche il governatore di Musashi: la provincia è perduta.
E’ una sventagliata di pessime notizie, e ricordiamoci che la Corte ha già una bella gatta da pelare con la flotta pirata di Fujiwara Sumitomo.
Ho parlato di Sumitomo in dettaglio in questo articolo. Qui basti sapere che questo ex-funzionario ha barattato un mediocre impiego nell’amministrazione civile per una folgorante carriera di predone e piromane.
A differenza di Masakado, il nostro è un criminale puro e semplice. Depreda villaggi e navi. I funzionari che cadono nelle sue grinfie sono torturati e uccisi, o rispediti alla Corte con naso e orecchie mozzate. Le loro mogli e parenti sono stuprate e buttate in mare. Roghi sono appiccati lungo la riva del fiume verso la Capitale.
E in questo clima arrivano le notizie dall’Est. Masakado, quello che nessuno ha mai preso davvero sul serio, si è appena mangiato un terzo del Paese.
E’ quasi sicuro che Masakado non volesse fare il re indipendente né il nuovo Imperatore, ma volesse solo costringere la Corte a patteggiare.
Non è l’impressione che ne tirano però gli aristocratici: per loro è evidente e sicuro che il prossimo obbiettivo di Masakado sarà la Capitale stessa.
Ma l’Imperatore Suzaku e la sua Corte non sono tipi da aspettare imbelli i comodi altrui! Senza por tempo in mezzo organizzano riti e preghiere.
Può sembrare stupido o naif per il lettore contemporaneo (forse).
Credi che un guerriero orientale stia marciando verso casa tua con migliaia di predoni assetati di sangue, e che fai? Paghi la Wanna Marchi per mettergli il malocchio.
E’ sempre bene evitare di ragionare in questo modo. Dopotutto l’interesse della Storia è anche cercare di capire un punto di vista distante nel tempo e nello spazio. Tadahira, Suzaku e tutti gli altri erano sinceramente convinti di poter influenzare il destino di Masakado con la magia. Ogni tempo ha il proprio mito, ogni società le sue idee bizzarre. Noi, per esempio, crediamo nel trickle-down.
Un mago taoista (il tizio in bianco sulla destra) offre un qualche tipo di lettura a un gruppo di principoni in ghingheri (Immagine tratta dal Tamamonomahe)
Fermo resta che nessuno mantiene il potere col solo aiuto della Wanna Marchi, e l’aristocrazia di Heian prende anche misure pratiche per schiacciare la ribellione.
Per prima cosa vengono spediti a Shinano degli ispettori speciali (kogenshi).
In secondo luogo ci si preoccupa di difendere la Corte: degli inviati speciali (keikokushi) sono spediti alle barriere che delimitano la regione della Capitale, di modo da bloccare le vie d’accesso alla Città Fiorita.
Torri provvisorie sono tirate su in fretta e furia lungo la cinta del Palazzo (sì, Heian non aveva mura, e le mura della “cittadella” non avevano strutture difensive permanenti, nessuno se ne capacita ma questa cosa è rimasta per SECOLI).
Mentre riti e preghiere continuano, vengono nominati in meno di una settimana dei Prosecutori Speciali (tsuibushi), funzionari militari con carica temporanea la cui missione è quella di riportare la pace nei circuiti a loro assegnati. Vi risparmio i nomi, ma basti sapere che quasi tutti sono militari professionisti con esperienza.
In tutta questa fervente attività, un nome risalta fuori: Minamoto Tsunemoto.
Non è un guerriero, è un funzionario civile. E’ stato mandato nell’Est e si è azzuffato con un magistrato locale in una disputa fiscale presto degenerata nei disordini di Musashi.
Al tempo, Masakado era intervenuto riportando la pace, ma Tsunemoto aveva comunque rischiato di lasciarci la pelle. La cosa gli era rimasta di traverso ed era tornato alla Capitale per accusare Masakado e amici di tradimento e ribellione.
Come da prassi, era stato buttato al gabbio nel mentre che l’inchiesta si sviluppava.
Oh beh, ora che Masakado si è pappato otto provincie il problema non si pone più davvero. Tsunemoto viene tirato fuori di galera per essere nominato generale in seconda nell’esercito lealista (lo ritroveremo più tardi nell’organigramma della spedizione ufficiale).
L’11 della prima luna del terzo anno di Tengyō, la Corte emette un editto ufficiale di condanna contro Masakado e i suoi. Coloro che si schiereranno contro il ribelle orientale saranno ricompensati con terre, ranghi e funzioni. E per chi riuscisse a ucciderlo, la Corte riserva in premio l’abito di Porpora e l’abito di Cinabro, ovvero il quinto e quarto rango di Corte.
E’ un premio straordinario. Ottenere il quinto o quarto rango comporta tutta una serie di rendite e possibilità, ma non solo: col quinto rango un uomo entra ufficialmente nell'”alta” aristocrazia. Vuol dire passare dal gruppo che subisce le decisioni al gruppo che le decisioni le prende. Un premio del genere può determinare il futuro della famiglia per decine, centinaia di generazioni! E’ la chiave d’accesso al “Popolo del Cielo”.
Il 14 vengono nominati dei funzionari di 3° rango delle diverse provincie perdute. Costoro cumulano la loro funzione con ōryoshi, una funzione temporanea prettamente militare volta ad imporre gli ordini imperiali in zone, hum, “complicate”.
Tra costoro (i futuri enforcers dell’Impero nell’Est) troviamo dei nomi noti, ovvero due fratelli Taira, Kinmasa e Kintsura.
No, non potete sapere chi siano, perché finora non credo di averli mai nominati.
Ma potete indovinare.
Sono cugini di Masakado. Perché ovvio che sono cugini di Masakado. Per la precisione, figli di Yoshikane, lo zio-nemesi che il nostro ha annientato un da un po’ di tempo ormai.
E le vecchie conoscenze non finiscono qui: l’ōryoshi di Hitachi è il malefico Sadamori! Il nemico giurato di Masakado (e la ragione dietro alla presa di Hitachi per cominciare, ma non stiamo a sottilizzare).
L’ōryoshi di Shimotsuke invece è una faccia nuova: Fujiwara Hidesato.
“Faccia nova” per modo di dire, in realtà. Hidesato è un uomo notevole, per cui val la pena spendere qualche parola.
Fujiwara Hidesato camuffato da persona perbene
Dettaglio da Sōshū Sashima Dairi-zu (総州猿島内裏図) di Toyohara Chikanobu (1838-1912)
Hidesato è un discendente di Fujiwara Uona. Membro del ramo principale dei Fujiwara, Uona è stato Ministro della Sinistra, ovvero la seconda carica più importante dell’Impero (la prima è ovviamente Ministro degli Affari Supremi, perché Imperatore non conta).
Essere alto papavero è una gran ganzata, ma chi sporge la testolina espone il collo, e Uona viene falciato in pieno da uno scandalo che gli costa l’esilio in Kyushu. E’ la fine della sua carriera e della carriera dei suoi discendenti. Il suo quarto figlio, Fujinari, non ottiene nemmeno un impiego alla Capitale. No, il disgraziato viene nominato funzionario di terzo rango nella provincia di Shimotsuke.
Da figlio di Ministro a subalterno fisso in una provincia orientale è una colossale culata in terra.
Fujinari però è uno tosto: non si perde d’animo e si rimbocca le maniche. Con gli anni riesce a scattare di carriera e diventare vicegovernatore della provincia. Sempre un cazzo rispetto a ciò che gli prometteva la vita solo pochi anni prima, ma nessuno ha mai coltivato niente sui sogni infranti. Invece di accanirsi a voler tornare in seno alla Corte, Fujinari sposa una brava ragazza di una buona famiglia del posto, e volta le spalle per sempre a una carriera nell’alta aristocrazia, ma senza tagliare del tutto i contatti con la Gente del Cielo.
Le generazioni si susseguono in provincia, e Shimotsuke si rivela essere un buon posto per i Fujiwara di Uona: il nonno di Hidesato diventa governatore, e il padre di Hidesato diventa funzionario di terzo rango e ōryoshi.
Oryoshi, protettore della pace dell’Imperatore. Ah!
Hidesato è il primo della famiglia a potersi considerare un “guerriero”. Lo vediamo comparire per la prima volta ne sedicesimo anno dell’era Engi (916), alla testa di una banda di delinquenti armati.
Il figlio del commissario è un mariuolo pericoloso e violento, che sorpresona, eh?
Se suo padre e suo nonno si erano assestati in una dignitosa carriera di funzionari, il giovane Hidesato opta per il mestiere che più gli si confà: il brigante. Il Nihon kiryaku lo nomina di nuovo nel 929 come capo-predone della regione.
Sono anni selvaggi di cui si sa poco, se non che il nostro fa un sacco di danni. Me l’età porta giudizio, e pochi anni dopo il nostro pare tornato dal lato buono della legge. Dopotutto nel 939 Hidesato ha ormai la cinquantina suonata, e uno nella sua posizione non arriva a quell’età senza un minimo di buonsenso: non è più un giovane arciere avventuroso, è un uomo maturo con famiglia ed è bene iniziare a preparare un buon nido per la vecchiaia.
E così abbiamo il wonder team di inviati per pacificare il Bandō! Un ex-brigante redento, tre ex-condannati per tradimento… di tutti gli ōryoshi, solo 1 (un tal Tōyasu) ha la fedina penale pulita. Chiaramente per la Corte serve un ribelle per acchiappare un ribelle.
Gli ōryoshi sono scelti di solito tra gente locale o con forti legami sul posto. La speranza è che usino la propria posizione per tirare dalla loro parte le bande armate della zona.
La strategia della Corte non si basa solo su di loro, però: viene organizzata una spedizione ufficiale da manuale!
Il 18 viene nominato un Gran Generale per la Pacificazione dell’Est (Seitō taishōgun), ovvero il capo dell’esercito “ufficiale”.
Per avere un’idea di quanto la Corte prendesse sul serio la minaccia Masakado basti pensare che la funzione di Seitō taishōgun era stata abolita nell’811. Ricompare in questa occasione (100 anni dopo) e mai più fino al XII° secolo.
Organigramma della spedizione ufficiale. Notare il nome di Minamoto Tsunemoto tra i generali in seconda.
Il tizio nominato generalissimo dell’est non è un militare, ma un funzionario civile sulla settantina, di rango medioalto. Costui è affiancato da 4 generali in seconda tra cui ex-funzionari scacciati da Masakado. Senza dubbio costoro sono stati scelti per via dei loro contatti sul territorio.
Il 18 e il 20 vengono anche scelti dei “sovrintendenti” (gungen e gunsō), tre Fujiwara che si erano distinti per i loro ripetuti sforzi di NON proteggere la pace dell’Imperatore. Si tratta del trio Tōkata, Shigeyasu e Fumimoto, tre sgherri del pirata Sumitomo che hanno saltato la barricata in cambio di ranghi e funzioni. Fumimoto in particolare era stato il braccio destro di Sumitomo in occasione del linciaggio del vicegovernatore della provincia di Bizen.
Gente ammodo insomma.
Per la cronaca, Tōkata e Shigeyasu rimasero a Corte e finirono i loro giorni come grassi burocrati, mentre Fumimoto tornò a scorrazzare con Sumitomo e finì morto ammazzato male come è spesso il caso con i pirati.
Fujiwara Sumitomo, dal pennello di Utagawa Yoshinao (metà XIX°)
Le spade rituali simbolo dell’autorità militare sono consegnate al generalissimo l’8 del secondo mese. E’ passato un mese e mezzo dalle prime notizie di Hitachi, e finalmente pare che l’esercito lealista sia pronto a darsi una mossa.
Si tratta di un esercito strutturalmente simile a quello previsto dai Codici.
Tuttavia la scelta degli uomini è degna di nota: un alto funzionario civile presiede una spedizione i cui capi esecutivi sono non solo militari di professione (quasi tutti, Tsunemoto è ancora un newbie), ma in molti casi uomini con rancori personali verso il capo ribelle.
In questo modo i nobili contano di certo di sfruttare gli interessi privati degli ufficiali, il tutto mantenendo sotto controllo la situazione.
E’ una tattica vecchia come il mondo. Hai una banda di facinorosi che minaccia il tuo potere? Mandagli contro un’altra banda di facinorosi che minaccia il tuo potere. Mal mal che vada se ne saranno ammazzati un po’ tra di loro, e per te è tutto di guadagnato.
Non è il caso per tutti. Ovvio che Sadamori aveva ragioni personali per voler far la guerra al cugino. Ma Hidesato?
Si potrebbe argomentare che lo zio di Hidesato era uno dei funzionari deposti da Masakado nella sua folgorante conquista dell’Est, ma pare una motivazione molto debole.
Nah, Hidesato è un bandito e un avventuriero. Ha fiutato ricompense ed è probabilmente per quelle che è arrivato. Dopotutto il nostro era già funzionario provinciale durante la conquista del Bandō e si era guardato bene dall’opporsi a Masakado.
Ora la faccenda è diversa: la Corte gli sta offrendo qualcosa in cambio dello sforzo.
Non che la partita fosse già decisa, eh. Quella di Hidesato è pur sempre una scommessa, niente gli assicura che l’esercito lealista uscirà vincitore da questa guerra. Anzi, il 26 arriva la notiziola che Masakado, alla testa di 13.000 guerrieri, sta andando a papparsi anche Mutsu e Dewa, le due provincie settentrionali. Non aiuta il fatto che uno dei fratelli di Masakado sia un personaggio importante nella regione, con legami stretti con i funzionari e le élites locali.
Il territorio controllato da Masakado all’apice della rivolta
Kawajiri sostiene che, con ogni probabilità, Masakado prese effettivamente il controllo anche di questa ultima regione.
E’ l’inizio del terzo anno dell’era Tengyō (940) e Masakado è de facto padrone di un terzo tondo dell’impero.
Come accennato nell’articolo precedente, il nostro non si era peritato di creare una struttura di potere originale, ma aveva piazzato dei fidi a tener la barca pari mentre lui si dedicava all’attività più importante di tutte: dare la caccia ai suoi cugini, Sadamori per primo. Alla testa di 5.000 uomini, il nostro passa Hitachi al colino per diritto e per rovescio, ma dopo 10 giorni gli infami parenti restano introvabili.
La caccia non è del tutto vana però: una banda incappa in un gruppo di fuggitivi sulle rive del lago Hiroma. Il gruppo viene braccato, catturato, malmenato e spulciato. E nel mucchio saltano fuori due donne. Sono la moglie di Sadamori e la vedova di Minamoto Tasuku (uno dei primi a prendere le armi contro Masakado, e uno dei primi a morire).
Essere donne, prigioniere di alto profilo e in mano alla soldataglia è una combinazione terribile, e le due sono subito aggredite, stuprate e pestate mentre un piantone corre ad avvertire i capibanda del fortunato ritrovamento.
I due si precipitano sul posto e sfilano le disgraziate dalle grinfie dei loro uomini. Sono ridotte male, ma sono ancora vive.
Ora, è importante sottolineare che in questa regione e in questo periodo la moglie di un uomo non diventava automaticamente membro della famiglia di lui. La linea materna aveva un’importanza pari (e talvolta superiore) a quella paterna: se una donna della famiglia X sposava un uomo della famiglia Y, lei restava comunque un membro della famiglia X. In certi casi era addirittura il genero ad essere “inglobato” nella famiglia della moglie.
In altre parole, Masakado è in guerra con Sadamori, non necessariamente con sua moglie, e lo stesso vale per la vedova di Tasuku. Peraltro, conto tenuto del clima da guerra civile, cercare conflitto con altri notabili locali non è necessariamente una buona idea.
I due capibanda intercedono per le due tizie, chiedono a Masakado che sia fatta loro la grazia di tornare a casa indisturbate. Masakado accetta e offre alle due dei doni in guisa di compensazione.
Non solo: stando allo Shōmonki, il nostro si perita anche di scrivere alla moglie di Sadamori per “sondare il suo cuore”.
La domanda viene formulata sotto forma di poesia:
Benché sia lontano, voglio chiedere al vento messaggero: dove risiede il fiore strappato dal suo ramo?
Il senso della poesie pare d’acchito chiedere notizie: dove andrai?
Anche se un secondo senso è facilmente indovinabile: che intenzioni hai?
La risposta di lei è molto più criptica:
Benché sia lontano, il profumo dei fiori si diffonde, e non mi sento sola.
Potrebbe essere un semplice ringraziamento, il “profumo dei fiori” potrebbe indicare la benevolenza di Masakado che l’ha salvata dalle mani dei guerrieri e le ha permesso di tornare a casa.
Potrebbe anche trattarsi di un velato avvertimento: ti ringrazio del tuo aiuto, ma sappi che non sono sola, non venirmi a cercare.
Non possiamo essere sicuri che queste poesie siano autentiche, ma per quel che sappiamo della struttura familiare della regione in questo periodo è probabile che Masakado abbia davvero cercato di conciliarsi la famiglia di lei.
Stupri a parte, la caccia di Masakado resta infruttuosa, e nel frattempo si è arrivati alla fine del primo mese, che nel nostro calendario corrisponde grosso modo al marzo del 940. E’ l’inizio della stagione agricola, e buona parte dei guerrieri sono anche contadini, allevatori o possiedono poderi e devono supervisionare i lavori.
Dobbiamo ricordare che il grosso dell’esercito è comunque formato da banrui, uomini che non hanno un legame personale con Masakado e lo seguono per timore o per profitto. Questa gente non è disposta a sacrificare il raccolto per il capo, e questo Masakado lo sa. A inizio primavera i banrui disertano, è una dura realtà dell’esistenza.
Il nostro decide quindi di scogliere l’esercito e se ne torna a casa con un migliaio di guerrieri.
Sadamori e Hidesato, intanto, non sono in Hitachi. Si sono acquattati in Shimotsuke con le loro bande di guerra (ovvia, soprattutto la banda di Hidesato e relativi alleati), in attesa di una buona occasione. E questa è una buona occasione.
A questo punto Sadamori e Hidesato hanno un decreto imperiale con la promessa di ricompense. Possono usarlo per levare truppe locali e convincere banrui riluttanti a correre dei rischi.
Ed è esattamente quel che fanno: in poco tempo, i nostri ammassano 4.000 uomini.
Masakado è popolare, ma un guerriero di questo periodo è fedele alla propria famiglia. Chi ha seguito Masakado mentre lui vinceva non ha nessun problema morale a cambiare partito ora che Hidesato è sceso in campo con una nutrita banda e un decreto.
La resa dei conti si avvicina.
A questo punto della vicenda, qualsiasi cosa può capitare.
La Corte ha deciso di trattare con Sumitomo e non con Masakado probabilmente perché ha paura di Masakado. Sumitomo è un pirata, un mercenario, vuole soldi, vuole potere, vuole navi, ricchezze, tutte cose facili da capire e da cui la Corte si può, volendo, separare.
Ma Masakado?
Masakado ha preso un terzo del paese. Lascia intendere di voler trattare, ma vuol trattare davvero? Magari non vuole diventare Nuovo Imperatore, ma a questo punto potrebbe diventare Nuovo imperatore! E se tratti con lui, e ottieni il ritiro delle sue truppe e la restituzione delle provincie, chi ti assicura che al prossimo screzio con le autorità locali non ricapiti di nuovo?
Come puoi imporre la legge ad un uomo che ha dimostrato capacità del genere?
Non puoi. E pertanto non lo puoi tollerare. Anche se ha dato prova di buona volontà, anche se ha dato prova di voler trattare, anche se è un uomo di buonsenso che non ama la violenza gratuita (caratteristica rara tra i suoi pari). E’ un uomo che ha dimostrato di poter sfidare la Corte e vincere, e questo lo rende molto più pericoloso di una marmaglia di predoni piromani che mozzano nasi e bruciano villaggi.
Ovvio che con i se e con i ma la Storia non si fa, ma per quel che ho potuto imparare di Masakado, è probabile che, se la Corte avesse trattato e condannato Sadamori una volta per tutte, il nostro se ne sarebbe tornato a casa sua a fare l’allevatore. E’ quello che fa durante il primo interludio tra i disordini, e in generale l’impressione è che Masakado non avesse davvero l’ambizione di governare su un terzo di Honshū. Masakado era un uomo che amava la propria casa, la propria moglie e la propria pace di vivere.
Ironicamente, due degli uomini coinvolti nella repressione della rivolta saranno all’origine di lignaggi che finiranno per aggrapparsi alla Casa Imperiale come spire di convolvolo, fino a scalzarla dal potere esecutivo reale e a relegare il Figlio del Cielo in secondo piano.
Chissà, forse se Suzaku avesse trattato con Masakado, la Storia intera del Giappone sarebbe stata diversa.
Ma questo è materiale per un prossimo articolo. L’ultimo della saga!
Puntate precedenti
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Approfondimenti
Breve storia del sistema militare giapponese, dalle origini a Masakado
Bibliografia
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In lingua occidentale
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