Una delle cose che mi fan salir l’Inquisizione è incrociare gente per cui la Storia non è altro che una fila di date, un incedere Magnifico e Progressivo di nozioni da mandare a memoria. Questa visione è un abisso di ignoranza atroce.
Credete che lo storiografo sia solo un masochista che si diverte a ricordare stronzate?
No cari miei, uno storiografo E’ MOLTO PIU’ MASOCHISTA DI QUANTO PENSIATE!
E oggi voglio dimostrarvi di cosa è fatto il quotidiano dei disadattati che si iscrivono in dottorato.
Oggi affrontiamo la storia dei materiali.
Può apparire come un argomento sterile e noioso rispetto ad altri settori, tipo la storia della filosofia, la storia politica o religiosa, ecc. Tuttavia la storia dei materiali, come quella militare, ha diramazioni vastissime. Possiamo immaginare l’impatto ambientale di una società dal modo in cui costruiva i tetti, e grazie a ciò possiamo interpretare con molta più sicurezza le fonti.
Tutti i furbi che studiano avvincenti rivolgimenti sociopolitici non possono evitare di fare i conti, di quando in quando, col sudicio, col rancio degli schiavi, con l’artigiano o col tipo di scarpe usate dai soldati.
E quindi oggi non parliamo di eccitanti gesta guerriere. Oggi parliamo di specchi.
Specchio imperiale conservato allo Shōsō-in
No, non si tratta di vezzosi accessori per signorine di buona famiglia. Siamo nella seconda metà dell’VIII° secolo, e gli specchi di questo periodo riflettono poco e male. Non sono optional frivoli, ma oggetti magici e simboli di potere.
Senza entrare nel merito del ruolo dello specchio sul Continente, basti sapere che, fin dall’alba della Storia Giapponese, questo oggetto ha avuto un’importanza capitale nell’Arcipelago.
Dalla prima comparsa del Giappone nelle fonti, nel Libro dei Wei, composto verso la metà del VI° secolo, notiamo la rilevanza di questo artefatto. Nel capitolo dedicato ai barbari delle isole, lo Wajinden, si parla difatti di Yamatai, un regno prominente in mezzo a una marmaglia di staterelli bellicosi. Yamatai, embrione dello stato nipponico, è governato da una regina-sacerdotessa, Himiko, che vive reclusa in un santuario.
Secondo il testo, Himiko avrebbe mandato un’ambasceria a Daifang nel 280. Da lì, gli inviati sarebbero stati rimbalzati alla capitale Wei di Luoyang. Il sovrano Wei aveva proclamato Himiko “regina dei Wa, amica dei Wei”, e le aveva rispedito indietro vari doni, tra cui spade, perle, stoffe e 100 specchi di bronzo.
Il ritrovamento archeologico di specchi cinesi nei grandi kofun del Kinai è un elemento a favore della veridicità della storia. Sempre l’archeologia ha permesso di vedere come interi stocks di specchi di uno stesso atelier siano stati seppelliti in tombe disseminate ai quattro angoli del Paese. L’interpretazione dominante di questo fatto è che l’invio di specchi in dono facesse parte del cerimoniale diplomatico che legava capi regionali alla nascente Corte di Yamato.
Lo specchio è portatore di un forte valore religioso: compare anche nel Kojiki nel celeberrimo episodio della caverna, in cui la dea solare Amaterasu fugge dal cielo (un mito molto simile a quello greco di Demetra alla ricerca di Persefone).
Nel corso della Storia, lo Specchio è diventato, assieme alla Spada e al Gioiello, uno dei tre regalia della Corte Imperiale. Avere il controllo di questi tre oggetti sacri significava avere il controllo della Dinastia. Un imperatore poteva essere sostituito, lo Specchio Imperiale no. Tanto è vero che alla battaglia di Dan no Ura i Taira cercarono di affondare i tre regalia piuttosto che lasciarli cadere in mano ai Minamoto (ma di questo parleremo un’altra volta).
Ok, ok, cominciamo!
Tagliando corto sull’importanza storica, spirituale, politica e magica dello specchio, veniamo a noi!
Il documento che studieremo oggi risale al 762 e viene dal tesoro dello Shōsō-in. L’edizione su cui lavoreremo non è manoscritta (GRAZIE A DIO), ma è tratta dalla collezione Dai Nihon komonjo (volume 15).
Prima di saltare nella lettura di questo APPASSIONANTE pezzo però occorre munirsi degli strumenti adatti. In particolare, parlando qui di quantità e misure, sarà necessario dotarsi di una tabella di conversione. Non abbiamo dati diretti del periodo in esame, ma abbiamo la next best thing: una serie di cifre tratte dai Regolamenti dell’era Engi (Engishiki) redatti all’inizio del X° secolo. Si tratta di una codificazione successiva, ma che con ogni probabilità riporta senza troppe variazioni le misure stabilite dai Codici Ritsuryō di fine VII°-inizi VIII°. La nostra edizione è quella curata da Torao Toshiya (vol. 1, 2000).
Misure di lunghezza:
1 jō (丈) = 2,97 m |
10 shaku (尺) |
1 shaku = 29,7 cm [o 35,6 cm se si parla di “grandi shaku] |
10 sun 100 fun (分) |
1 sun = 2,97 cm |
10 fun |
1 fun = 3mm |
Misure di distanza
1 ri (里) = 534 m circa [salvo nel caso specifico di misure di terreno agricolo, ma non complichiamoci troppo la vita! NdTenger] |
300 bu (歩) 1.800 shaku |
1 bu = 178 cm CIRCA |
6 shaku |
Misure di superficie
1 chō (町) = 12.000 mq |
10 tan (段) 3.600 bu |
1 tan = 1.200 mq |
360 bu |
1 bu = 3,33 mq |
Misure di capacità
1 koku (斛/石) = 80 l CIRCA |
10 to (斗) 100 shō (升) 1000 gō (合) |
1 to = 8 l CIRCA |
10 shō 100 gō 1000 shaku (勺) |
1 shō = 0,8 l CIRCA |
10 gō 100 shaku 1000 satsu (撮) |
1 gō = 8 cl CIRCA |
10 shaku 100 satsu |
1 shaku = 8ml CIRCA |
Misure di peso peso, le Grandi Libbre
1 tai-kin (大斤) = 674 g |
3 shō-kin (小斤) 16 dai-ryō (大両) 64 dai-bun (大分) 180 monme (匁) |
1 dai-ryō = 42,125 g |
4 dai-bun 11 monme 24 dai-shu (大鉄) |
1 dai-bun = 10,53 g |
2,75 monme 6 dai-shu |
1 monme = 3,75 g |
2,14 dai-shu |
1 dai-shu = 1,75 g |
Le Piccole Libbre
1 shō-kin (小斤) = 225 g |
16 shō-ryō (小両) 64 shō-bun (小分) 180 monme |
1 shō-ryō = 14,06 g |
4 shō-bun 11 monme |
1 shō-bun = 3,51 g |
2,75 monme |
Con la tabella alla mano, attacchiamo il testo!
Come prima cosa a destra leggiamo la data: Quindicesimo giorno del primo mese del sesto anno dell’era Tenpyō-hōji [762, NdTenger]
Segue l’oggetto del testo: Ordine per la fusione di quattro specchi imperiali [il carattere “御” è un onorifico, NdTenger]
I caratteri in piccolo sono l’equivalente di una nota a pie’ di pagina e danno le dimensioni: ogni specchio dovrà avere un diametro di 1 shaku (29,7 cm ) e uno spessore di 5 fun (1,5 cm)
Quanto alla materia prima:
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Rame puro: 70 kin [il testo dice Grandi Libbre, ma non è possibile, verrebbero specchi da 20 Kg! Un esemplare dell’epoca conservato allo Shōsō-in ne pesa scarsi 4. NdTenger] (15,75 Kg). Di queste, 48 (10,8 Kg) saranno forniti dall’atelier che si occupa del lavoro, e 22 (4,95 Kg) saranno fornite da diverse fonti.
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Stagno bianco [si presume una lega brillante di stagno e piombo, NdTenger]: 5 kin e 16 ryō (1,35 Kg).
Totale del metallo: 17 Kg (con una proporzione grossolana di 90% rame e 10% lega di stagno), ovvero 4,27 Kg a specchio.
Veniamo al resto del materiale necessario per la fusione e la finitura!
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Cera: 1 dai-ryō (674 g)
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Polvere di ferro: 4 dai-ryō (168, 5 g)
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Lingotti di ferro: 2
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Tela di seta a tessitura semplice: 1 jō (2,97 m)
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Tela di seta grezza a tessitura semplice: 2 shaku (59,4 cm)
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Borra di seta: 2 ton (337 g)
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Tela di canapa: 1 jō (2,96 m)
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Cote a grani grossi: 2
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Cote piccole a grani fini: 2 sacchetti
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Olio di sesamo: 1 gō (8cl)
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Carbone di legna: 12 koku (960 l)
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Carbone da forgia: 6 koku (480 l)
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Calce: 1 tai-kin (674 g)
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Frecce: 20
La funzione dei vari materiali non è spiegata, ma sappiamo che gli scribi hanno tendenza ad aggruppare le diciture per tema.
La cera serve senza dubbio per creare lo stampo dello specchio (l’argilla non compare nella lista ma viene nominata in una nota più avanti).
Le frecce sembrano uno strano ingrediente. E’ possibile che la parola sia usata qui in senso lato, per indicare asticelle di bambù cave (simili all’asta di una freccia) che permettano l’uscita dell’aria durante la colata.
Non abbiamo dettagli per quel che riguarda l’uso della stoffa e del ferro, ma notiamo che sono elencati assieme alle pietre per lucidare. Se guardiamo altri tipi di artigianato, tipo la creazione di oggetti laccati, l’artefatto viene lucidato con l’uso di polvere di ferro impastata nell’olio e chiusa in un panno di diversa grana. E’ probabile che lo stesso valga per gli specchi: il tocco finale di lucidatura veniva forse dato alla stessa maniera.
Artigiani in un atelier dell’VIII° secolo
A partire dalla linea 8 si parla del personale necessario e delle “unità” che sono assegnate ad ogni uomo. Queste “unità” non sono spiegate, ma si tratta senza dubbio di “razioni giornaliere”. Notiamo che alcuni professionisti ne hanno più di altri, di certo perché il loro lavoro richiedeva più giorni di servizio.
In tutto si parla di 124 razioni, ovvero di 124 giornate lavorative complessive.
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5 fonditori (64 razioni). Si considera che passeranno 8 giornate a fondere e 56 a rifinire.
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1 cesellatore (15 razioni)
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1 tornitore (2 razioni)
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2 tornitori aggiuntivi (2 razioni)
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1 fabbro (3 razioni)
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2 assistenti di forgia (40 razioni). Riguardo al servizio di questi due tizi si considerano 12 giorni per andare a recuperare l’argilla a Nara, 2 come assistenti agli intagliatori, 3 di assistenza presso i vari artigiani e 23 come factotum.
Abbiamo un totale di 12 persone. Possiamo supporre che costoro impieghino una ventina di giorni in tutto per terminare i 4 specchi.
Nel frattempo questa gente deve mangiare, e il documento elenca con precisione chi ha diritto a cosa!
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Riso: 2 koku, 4 to e 8 shō (195,2 l), ogni uomo riceve di media poco meno di 2 l al giorno. Tale riso poteva essere mangiato o scambiato per altri prodotti nei mercati della Capitale.
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Sale: 4 shō, 9 gō e 6 shaku (3,97 l), ovvero ogni uomo riceveva circa 32 ml di sale al giorno (sempre di media).
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Alghe: 13 kin e 10 ryō (circa 9 Kg), ovvero 74 g di alghe al giorno per uomo, se si conta in Grandi Libbre. Se odiamo i nostri artigiani possiamo ipotizzare Piccole Libbre, il che darebbe un totale di circa 3 Kg in totale per 25 g di alghe al giorno, ma sembra un tantinello esagerato.
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Alghe Arame: 10 kin e 8 ryō (circa 7 Kg) per 84 razioni (certa gente lavora più a lungo di altra), per una media di 84 g di alghe a capoccia per 84 giorni.
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Carne/pesce salati: 8 shō e 4 gō (6,72 l), razioni per 3 artigiani per 84 giorni, ovvero un misero 80 ml al giorno a capoccia di media.
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Aceto: 4 shō e 2 gō (6,56 l) per 84 giorni lavorativi, 78 ml al giorno di media.
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Stuoie di paglia: 2
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Stuoie [di pianta non identificata]: 2
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Stuoie di bambù sottile: 2
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Cuscini rotondi: 6.
E gli specchi sono realizzati!
Una dozzina di artigiani, un atelier, una ventina di giorni, cibo e risorse, per ottenere magnifici oggetti di prestigio ad alto valore diplomatico.
L’impatto ambientale di questi artefatti comprende carbone di legna (prodotto particolarmente dannoso), trasporto di materiale e cibo fresco, produzione di seta (coltivazione di gelsi e allevamenti di bachi), produzione di cera, ecc. Si tratta di oggetti che, oltre a richiedere capacità particolari e manodopera specializzata, necessitano un notevole investimento di risorse.
Occorre anche considerare che la frenetica attività e la concentrazione demografica avevano disboscato buona parte del Kinai, che in questo periodo comincia a risentire del sovraccarico umano. Ciò rende la fabbricazione di oggetti d’arte come questi più onerosa, ma sempre meno che importare i dannati oggetti direttamente dalla Cina!
Specchio ritrovato nel tumulo di Yanoura nel dipartimento di Saga
La lettura di documenti del genere può apparire arida e noiosa. Non è di certo eccitante come il resoconto della rivolta di Masakado, ma io ho una passione malsana per numeri e nomenclature. Sono diretti, precisi, ordinati. Offrono una finestra nella vita quotidiana del tempo e un contesto necessario alla produzione artigianale del periodo. Quando si passa allo studio di ambascerie e doni imperiali, è importante che il dato “TOT specchi” (o simili) non sia semplicemente una cifra sulla carta, ma che comporti per lo meno una nozione del lavoro e dell’investimento che tali oggetti comportavano.
Peraltro, ora avete un’idea migliore di cosa significa lo studio dei documenti. Roba del genere è all’ordine del giorno QUANDO TUTTO VA BENE. Pensateci due volte prima di cacciarvi in questo ginepraio.
(Ok, l’argomento è stato scelto anche per poter linkare questa canzone a fine articolo, che ce posso fa’)
Bibliografia
Il testo è stato analizzato durante il seminario della professoressa Von Verschuer Charlotte
Dai Nihon komonjo, Shōsō-in monjo, vol.15 p.182-183, VIII° secolo
FARRIS William Wayne, Sacred Texts and Buried Treasures, University of Hawai’i Press, Honolulu, 1998
— Population, Disease, and Land in Early Japan, 645-900, Harvard-Yenching Institute Monograph Series 24, 1995
TORAO Toshiya, Engishiki, Shuueisha, vol.1 , 2000
Von Venrschuer Charlotte, Le riz dans la culture de Heian – mythe et réalité, Collège de France, 2003