Sangue del mio sangue: necromanzia, femminismo, cannibalismo e altre blasfemie

Evangeline Wrayburn è un’archeologa necromante. In un mondo dove la necromanzia è stata elevata a scienza, Evangeline usa mummie e cadaveri rianimati per dissotterrare tombe e vestigia. Il suo sogno più grande è diventare un’archeologa di chiara fama, di dirigere uno scavo tutto suo.

E’ competente, è intelligente, è audace, ma ha un problema.

Ha le tette (poche, ma ci sono).

Evangeline vive in una società vittoriana dove avere le mestruazioni basta a squalificare un ricercatore. Evangeline però non si arrende. Nella sua sempiterna lotta impari contro il Soffitto di Cristallo, le capita finalmente l’occasione della vita: un posto sullo scavo di una colossale piramide sotterranea, la tomba monumentale di Orrhane il Macilento, re necromante sepolto con la sua sposa bambina, gli schiavi e centinaia di migliaia di soldati non morti.

Il sito si trova in un deserto infestato da tribù ostili e al confine tra paesi nemici. La missione archeologica ha poco tempo per scoprire tutti i segreti del re necromante prima che il paese vicino li scopra e attacchi per papparsi il ritrovamento.

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Sangue del mio sangue è il secondo romanzo di Menconi che leggo. Come avevo già segnalato in questo articolo, Abaddon mi era piaciuto molto. In questo caso Menconi dichiara di aver voluto scrivere una protagonista femminista. Vi pare che una Feminazi Lesboislamica Rettiliana come la sottoscritta poteva farselo sfuggire?

Ovviamente no.

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L’ambientazione

Menconi ambienta la storia in una società di stampo vittoriano dove la necromanzia è un’attività sviluppata e diffusa. La società è organizzata di conseguenza, con mummie usate come manodopera a basso consumo, teste volanti come animaletti domestici, un’estetica legata alla morte e alla rianimazione, ecc. Il risultato è un insieme ben bilanciato di elementi familiari e bizzarria macabra.

Come accennato nell’articolo precedente, la tecnica di Menconi è ottima. Nonostante l’ambientazione sia aliena alla nostra, dettagli concreti sono inseriti nel testo senza spiegoni: il quadro generale emerge in modo spontaneo e naturale attraverso il punto di vista della protagonista. Il dettaglio dà sostanza al mondo, e la coerenza interna favorisce la sospensione volontaria dell’incredulità.

La professione di Evangeline permette peraltro di dotare il mondo del romanzo di una Storia e di una mitologia. Nonostante la stranezza, alla fine del romanzo abbiamo l’impressione di conoscere relativamente bene questo universo. L’idea di una piramide rovesciata sotterranea può apparire bizzarra d’acchito, ma diventa presto familiare.

La narrazione permette anche di apprezzare le storture della società descritta: come accennato, si tratta di una società patriarcale estremamente sessista, ma anche razzista e omofoba, come è normale aspettarsi dal contesto.

L’attenzione a dettagli di questo tipo e la nonchalance con cui i personaggi internalizzano questi elementi danno rotondità e verosimiglianza all’ambientazione.

1941

I negri viaggiano dietro!
(Citazione cinematografica per intenditori)

A tratti risalta fuori lo stile “videoludico”, come in Abaddon. Ad esempio, quando gli archeologi si trovano a dover superare un passaggio sorvegliato da dei mostri immortali. Evangeline riesce a trovare la combinazione necessaria a passare, e dopo aver “sbloccato” il passaggio la questione non si pone mai più, nonostante il pericolo resti e il trucco per passare richieda costante lavoro da parte di comprimari (e sia quindi vulnerabile all’errore umano).

Nell’insieme però questo tipo di ispirazione è molto meno presente che in Abaddon.

La storia

Evangeline è un’archeologa che usa la necromanzia (e quindi il controllo sulle mummie) nei propri scavi. Nonostante sia molto brava in ciò che fa, la sua carriera non riesce mai a decollare. Un po’ perché l’ambiente è difficile, un po’ perché nessuno la prende sul serio come donna archeologa.

Ho apprezzato moltissimo il modo in cui Menconi descrive le peripezie della protagonista e il muro di gomma su cui la nostra rimbalza in continuazione.

Nonostante Evangeline sia una lavoratrice indefessa e un’eccellente professionista, non riesce a sfuggire all’immagine che il mondo ha di lei: emotiva, debole, incompetente, vittima della propria natura.

La nostra si trova a giostrare conflitto da ogni lato: la famiglia non la sostiene, la professione è difficile, è indebitata fino agli occhi, lo scavo è in una zona pericolosa e le tensioni diplomatiche potrebbero risultare in una guerra da un giorno a quell’altro. In più, quasi nessuno la prende sul serio. A ogni occasione, Evangelina è sorpassata da gente meno competente, o lasciata da parte in barba alle regole.

Nonostante i continui ostacoli, la nostra riesce a imporsi nello scavo della gigantesca piramide sotterranea del re necromante Orrhane il Macilento, un tiranno pazzoide con una sposa bambina e una fine misteriosa.

Evangeline è attorniata da una variegata compagine di personaggi, soprattutto uomini. Uno scrittore pigro li avrebbe resi tutti tronfi incompetenti per far risaltare il genio ribelle della protagonista. Non con Menconi. Comprimari e antagonisti sono vari e memorabili, e le interazioni con Evangeline sono verosimili e credibili. C’è chi è misogino perché rozzo e ottuso, chi ha pregiudizi più o meno coscienti, chi antagonizza la protagonista per ambizione, chi per preconcetto bigotto, chi per motivi personali.

La prosa e la storia non si prendono troppo sul serio: Sangue del mio sangue vuole essere un racconto macabro e divertente, oltre che un romanzo di avventura. A tratti descrizioni e situazioni sfumano nel caricaturale e nel grottesco, con un tono molto più leggero e ironico rispetto ad Abaddon.

Verso l’ultimo terzo del libro, si sviluppa un interessante parallelismo tra Orrhane e Evangeline, e un interessante chiasmo. Orrhane è all’apice del potere, un re, un necromante con potere sulla vita e sulla morte. Evangeline non ha potere su niente, e anche la poca autorità che ufficialmente detiene le viene a stento riconosciuta.

Entrambi però sono ossessionati dall’immortalità. Orrhane non vuole morire, non vuole cessare di esistere. Evangeline vuole diventare una famosa archeologa, vuole essere conosciuta e riconosciuta.

Entrambi sono determinati, entrambi hanno pochi scrupoli. Orrhane praticava sacrifici umani, era pronto a consumare il sangue del suo sangue per ottenere ciò che voleva. E presto Evangeline si trova a dover compiere una simile scelta.

La vicenda nel suo insieme scorre bene e senza intoppi: non ci sono contraddizioni e buchi di trama.

Però c’è un punto che a parer mio pone problema. Non si tratta di un buco di trama, quanto di una dissolvenza molto conveniente.

Quando Evangeline decide di liberare Orrhane, il necromante è chiuso in una gabbia in una tenda sorvegliata da soldati cirani.

Evangeline entra senza problemi (cosa credibile nel contesto) e ravviva lo stregone.

Nella scena dopo, lo ha riportato nella piramide.

Come?

La gabbia sarà stata chiusa a chiave. Dove a preso la chiave?

E come lo ha tirato fuori dalla tenda? Orrhane è un albino, non proprio qualcuno che si mimetizza. Ma diciamo che l’ha nascosto in un cesto del bucato, di nuovo, come? C’erano cesti del bucato in giro?

I cirani di guardia non si sono insospettiti? Sono stati messi a guardia di un esemplare unico in uno scavo di importanza nazionale!

Insomma, ci sta che non abbia capito io, ma si tratta di un passaggio importante della trama e secondo me sarebbe stato necessario elaborare in qualche modo.

La protagonista

Al di là dell’ambientazione e della storia, il personaggio di Evangeline è, secondo me, uno dei punti di forza del libro.

Menconi dice di aver voluto scrivere un personaggio femminista. Non so quali siano le idee politiche del Menconi o cosa ne pensi delle femministe, ma a mio modesto parere il risultato è molto interessante.

Evangeline è un buon personaggio. E’ strutturato bene, è ricco, è simpatico.

Evangeline è una gran lavoratrice, è audace, è determinata, ed è competente nel suo campo. Per chi ha letto la mia OpinioneImperdibileTM su Star Wars 7, sa che ho un dente avvelenato per i personaggi femminili scritti a cazzo.

Rey è scritta a cazzo. Rey è bellissima nonostante il suo stile di vita. Rey è capace di pilotare il Millennium Falcon nonostante non ci abbia mai messo piede prima. Rey è capace di usare la forza contro un allievo sith nonostante non abbia avuto nessun addestramento. E così via.

Dov’è la fatica, dove sono i tentativi, dove sono gli sbagli madornali e le musate in terra?

Rey, seppur scritta mille volte meglio, ha lo stesso problema del protagonista di quella puttanata mostruosa di Educazione siberiana: se non c’è difficoltà il risultato non vale nulla, se non c’è debolezza non c’è forza, se non c’è paura non c’è coraggio.

Con Evangeline vediamo il lavoro, la fatica, la passione, la frustrazione, gli errori. Tutto ci viene mostrato.

Un altro tropismo comune quando qualcuno scrive a cazzo un personaggio femminile Forte e Indipendente è di renderlo anaffettivo e in generale acido e antipatico. Insomma, per evitare il cliché della ragazzina romantica, scriviamola come una sociopatica arrogante e sferzante.

Questo non è un problema legato solo ai personaggi femminili: il personaggio genio e arrogante strafottente è purtroppo un cancro diffuso. Nella realtà dei fatti, più uno conosce il proprio campo più è cosciente dei propri limiti e sarà quindi meno incline a tirarsela. Ma sto divagando.

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Pratchett ha una vasta gamma di eccellenti personaggi femminili

Evangeline è un personaggio senza troppi scrupoli, pronto a manipolare e mentire per arrivare dove vuole, ma è anche una persona responsabile ed empatica. Vuole sinceramente bene ai suoi Marmaduke e Fester, vuole bene ai genitori ed è ferita dal loro rifiuto, si assume la responsabilità di proteggere i propri sottoposti. La sua sete di gloria la spinge a fare o considerare azioni anche drastiche, ma resta una brava persona.

E’ ambiziosa, ed è pronta a mettere a repentaglio la vita altrui, ma non costringe il prossimo a prendere rischi che non prenderebbe lei per prima.

E’ anche un personaggio ben ancorato nel proprio contesto. Evangeline è spesso esasperata dal sessismo pervasivo della società perché ciò ha un impatto diretto su di lei. Allo stesso tempo ha interiorizzato del tutto il razzismo e l’omofobia. E’ verosimile: molte persone hanno difficoltà a tener conto di ciò che non ha un impatto diretto sulla loro pellaccia. E’ la ragione per cui la narrativa è importante: riuscendo a far immergere il lettore nei panni di qualcun altro (il personaggio) puoi offrire un punto di vista nuovo che la persona non avrebbe mai preso in considerazione prima. Perché una persona si interessi di un problema occorre stabilire una connessione a livello emotivo, non solo intellettuale.

Il Menconi scansa anche uno dei cliché che personalmente odio di più in assoluto in tutto l’universo narrativo di tutta la Storia della Letteratura: Madame Bovary.

Vi avevo accennato nel mio rant su Interstellar. Non ci sono davvero parole nel vocabolario per descrivere a che punto odio e disprezzo il cliché della donna vittima del proprio lato emotivo. La donna che sì, magari è anche competente, intelligente, forte, quel che cacchio vi pare, ma è sentimentale, ma si innamora, e l’amore romantico diventa il suo unico movente.

Non una qualsiasi forma di amore, no eh. Amore romantico. Perché ogni donna aspetta il suo Principe Azzurro, la sua vita gira intorno a quello!

A mio modesto parere questo tipo di storia fa dei danni.

Sia chiaro: mi rendo conto che l’amore romantico fa parte dell’esperienza di molti. Non c’è niente di male di per sé nelle storie con amore romantico. Quello che odio è quest’idea che un personaggio femminile non può essere davvero completo senza un uomo al suo fianco. Che se non sperimenti quel tipo di amore allora non sei davvero una persona a tutto tondo, non hai vissuto appieno.

Spesso, se il personaggio femminile non è incline al romanticismo, è per via di chissà quali traumi strappalacrime. Perché, in realtà, sotto la sua scorza di donna forte e competente c’è sempre e comunque un povero piccolo coniglietto spaventato che vuole solo essere raccolto e amato.

Capite, non è diventata ingegnere aerospaziale perché le garba fare l’ingegnere aerospaziale, me per riempire il vuoto lasciatole nel cuoricino dal babbo defunto, o qualche altra trovata del genere.

E’ una roba fin troppo pervasiva e che a parer mio ha contribuito non poco a rendere infelici un sacco di persone. E’ una formula diseducativa e dannosa.

Non è il caso di Evangeline. Certo, Evangeline incassa molto trauma, anche affettivo, ma è una donna indipendente, autosufficiente e competente, una donna davvero indipendente, autosufficiente e competente.

C’è della tensione sessuale nella storia, e viene trattata per quello che è: semplice attrazione sessuale. Ed è così rinfrescante da vedere. Evangeline è cosciente di ciò che prova, non ci sono storie romantiche, non ne ha bisogno, è un personaggio già completo che fa il suo arco, impara la sua lezione e supera i propri difetti. E per una volta tanto il suo difetto non è “ti manca il fidanzatino”.

Come accennato prima, uno scrittore sciatto avrebbe fatto risaltare la tostaggine indipendente della protagonista mettendola in mezzo a una folla di uomini maschilisti e stupidi. Loro hanno torto, lei ha ragione.

E’ una paraculata: specie in una società tradizionalmente maschilista, una misoginia più o meno interiorizzata non è appannaggio solo degli stupidi né solo degli uomini.

Nel libro di Menconi gli uomini che circondano Evangeline sono variegati e ben costruiti. Spesso sono competenti e capaci: non la prendono sul serio per via di un pregiudizio dato per scontato. Evangeline, dal canto suo, abituata a non essere mai presa sul serio, finisce per comportarsi allo stesso modo: non sta a sentire perché loro non stanno a sentire, finisce per isolarsi e entrare nella stessa logica arrivista di chi le frega le idee senza darle credito. Così facendo, gli altri archeologi fanno casino, ma anche lei combina casino. I personaggi devono mettere da parte le loro posizioni e riconoscere l’umanità e le capacità l’uno dell’altro per poter lavorare insieme e progredire.

L’ambizione è una caratteristica importante di Evangeline, specie quando si trova davanti all’annosa domanda: cosa sei disposto a sacrificare per ottenere ciò che vuoi?

Spesso in questi casi l’ambizione viene trattata come il difetto: il problema della tizia è che è ambiziosa,vuole diventare famosa e questo di per sé è sbagliato. Deve solo rendersi conto che l’amore è più importante, rinunciare alla sua ossessione e gettarsi tra le braccia del Principe Filippo di turno. Ah, quanta sofferenza evitata se solo si fosse subito resa conto di cosa era più importante!

Non è il caso con Menconi. Nella storia il problema non è l’ambizione, ma l’eccesso, l’ossessione. Per usare le parole del libro:

La vita eterna non ha alcun valore se sei un mostro con la mente annebbiata

Occorre un equilibrio sul prezzo che si paga e cosa si acquista.

Non è una condanna dell’ambizione, né una celebrazione superomistica del personaggio pronto a tutto, ma una presa di posizione molto più equilibrata e sfumata.

Perché abbiamo bisogno di più storie così
Come ho detto in altri articoli in passato, la gente non vive “nel mondo”, vive in un’idea che ha di mondo.

Tale idea non è costituita da oggettivi studi scientifici, ma da storie.

Sì, magari sul Riscaldamento Climatico ti sei fatta un’idea leggendo la stampa specializzata, ma per il resto ti basi soprattutto su storie e favole. Se senti sempre raccontare fatterelli di ebrei che rubano, darai per scontato che gli ebrei rubano senza nemmeno pensarci troppo, e magari un giorno ti chiederai da dove veniva quell’idea senza riuscire a trovare una risposta esatta.

Se fin da bambina ti raccontano storie dove il lieto fine è un matrimonio e tanti bambini, si innesterà il preconcetto che lo scopo vero alla fine è maritarsi e sgravare pargoli per la Patria.

Se lo stupro in prigione viene sempre presentato come una cosa buffa, gli uomini che ne sono vittime saranno derisi invece che aiutati. La prima reazione sarà una risata. Non perché hai attentamente ponderato la cosa e deciso che gli uomini meritano lo stupro, ma perché da sempre il soggetto ti viene presentato come una battuta buffissima.

Lo abbiamo visto con i personaggi omosessuali: da inesistenti, a antagonisti pervertiti, a macchiette buffe che pensano solo a scopare, e finalmente negli ultimi anni si sta arrivando ad avere personaggi scritti meglio. L’opinione pubblica sugli omosessuali è evoluta di conseguenza: oggi la maggioranza degli europei ritiene che debbano avere gli stessi diritti degli altri mentre negli anni ’80 potevano crepare tutti di AIDS e se lo sarebbero meritato.

In altre parole, per evitare di avere una visione stereotipata e povera della realtà, occorre una narrativa che non sia stereotipata e povera.

La narrativa buona ha la capacità di parlare con la nostra parte emotiva, con il nocciolo più primitivo della nostra persona. Non per forza uno cambia le proprie idee dopo un libro o un film, ma uno può acquisire un punto di vista nuovo. Empatizzando con un personaggio posso capirlo e posso arricchire l’immagine che ho del mondo.

Abbiamo bisogno di personaggi originali, che rompano i clichés. Abbiamo bisogno di personaggi variegati e differenti, di personaggi complessi.

Per anni le donne sono state ritratte come principesse in pericolo. Quando questo cliché ha stancato, abbiamo provato il contrario: maschiacci diverse dalle “altre” (cretinette interessate solo alla moda), capaci di tutto in barba alla logica. La nuova formula non era meno misogina della prima, purtroppo, perché era altrettanto piatta e stereotipata.

Personaggi tridimensionali e variati non sono solo belli da leggere: sono positivi in generale. Un romanzo zeppo di clichés, di per sé e preso da solo, non è un problema, è banale e basta. Un romanzo capace di originalità, di per sé e preso da solo, è utile al progresso.

Concludiamo coi Grumpies!

La storia

Good_Grumpy

L’ambientazione fantasiosa

Good_Grumpy

La protagonista

Good_Grumpy

Una dissolvenza troppo conveniente

Bad_grumpy

La mitologia

Good_Grumpy

I comprimari

Good_Grumpy

I dettagli bizzarro-macabri

Good_Grumpy

Sangue del mio sangue si trova su Amazon. Anche senza tutte le mie menate sull’importanza della narrativa per la società, la storia è divertente, il personaggio ben costruito e il Menconi scrive bene. Datci un’occhio.

MUSICA!

Soldati a Vapore

E’ il 1848 e il Regio Esercito combatte la Prima Guerra di Indipendenza contro gli infami oppressori austroungarici.

Il Risorgimento è un capitolo estremamente importante della Storia Italiana. In casa mia in particolare nessun infante scampa alle storie, agli aneddoti, alle dotte discussioni su Elena Casati Sacchi.

La ragione principale è che un certo numero di antenati ci sputtanarono un casino di quattrini dietro a Garibaldi e Mazzini, e in mancanza di cospicuo patrimonio di famiglia uno si consola con l’orgoglio.

Ad ogni modo è innegabilmente un momento storico che ben si presta a storie di avventura. C’è l’idealismo politico, l’intrigo, la guerra…

Come rendere il tutto un pizzico più meglio?

Con robottoni giganti, ovviamente!

Soldati a Vapore è un romanzo di Diego Ferrara.

Full disclosure: fui betareader per il romanzo. Ai tempi mi piacque molto, e da quando ho aperto il blog (circa un anno dopo la pubblicazione) ho sempre avuto voglia di parlarne. Le cose però si sono affastellate e solo di recente ho avuto il tempo di rileggerlo.

Avevo già nominato Diego Ferrara quando ho parlato di Piloti e nobiltà, edito da Vaporteppa. Come ricorderete, la storia mi era piaciuta. E’ divertente, interessante e con un numero sufficiente di elementi bizzarri.

Soldati a Vapore è un progetto più ambizioso: si tratta di un romanzo ucronico steampunk che ripropone un tema classico dell’epica nazionale ma arricchito con mec e cingolati giganti, che fanno sempre piacere.

Il romanzo comincia con una nota dal diario del protagonista, Giuseppe Basile, nel giugno del 1848.

Nel brano, il soldato Basile racconta dell’Elmo Potorio, una sorta di rituale cannibalistico in cui un austriaco viene vivisezionato e il suo cervello usato come ingrediente in un beverone che sarà poi condiviso da tutti i membri del gruppo.

L’introduzione stabilisce il tono goliardico della voce narrante, e nell’insieme il libro riesce a trovare un buon equilibrio tra la caricatura e la storia d’azione.

Giuseppe Basile è soldato nella compagnia meccanizata dei Pulcini Sanguinari. I nostri pilotano i Manzetti, robottoni bipedi a vapore armati di lanciafiamme.

Interpretazione di Manzetti

Sul lato austriaco, il nemico naturale del Manzetti è il Kreb, un mec dotato di calotta in vetro rinforzato e due tentacoli muniti di tenaglia.

Sia chiaro, l’ucronia del Ferrara non vuole essere un “what if” verosimile né hard sci-fi: sia il Manzetti che il Kreb che l’intera faccenda non sono realistici né fingono di esserlo. Soldati a Vapore necessita una buona Sospensione Volontaria dell’Incredulità. Nel contesto del libro, però, le macchine sono narrativamente ben pensate e ben descritte.

E con “ben descritte” intendo ritratte in azione e senza spiegoni: sono mostrate senza essere raccontate. A differenza di certi Nomi Noti della narrativa italiana, il Ferrara è abbastanza sgamato dal non scivolare in ridicoli sotterfugi come sbrodolamenti a caso o dialoghi forzatissimi dove due personaggi che conoscono già l’argomento decidono di descriverselo a vicenda per il beneficio del lettore.

“Buongiorno Basile, il tuo Manzetti a vapore sembra in buono stato!”
“Invero lo è, sia nelle due braccia che nei due piedi. Sapevi che ha un lanciafiamme?”
“Perdincibacco sì! Lascia che ti riassuma come si usa!”

Ecco, niente del genere.

Manzetti e Krebs non sono le uniche mostruosità meccaniche presenti nella storia. Insomma, la tecnologia può essere poco verosimile in assoluto, ma all’interno del libro è trattata in modo coerente e dettagliato.

Questo, che di per sé è un pregio, ha le sue conseguenze. Ma andiamo con ordine.

Jakub Rozalski dimostra come i robot giganti migliorano qualsiasi immagine

Stazionato sul Mincio, il protagonista Giuseppe Basile è un pilota di Manzetti. Non ci appare particolarmente intriso di spirito patriottico risorgimentale, ma non è nemmeno un cinico disincantato. Basile combatte la sua guerra onestamente, senza esporsi troppo ma senza fare il paraculo.

Il personaggio è ben costruito. Basile è una brava persona, non un pazzoide sanguinario. Allo stesso tempo non prova empatia per il nemico e compie con totale nonchalance azioni atroci, come bruciare vivo un pilota di Kreb intrappolato, o schiacciare un ferito sotto i piedoni del mec.

Questi non sono gli unici passaggi di violenza grafica del libro: in più punti c’è gente cotta al vapore, schiacciata, mitragliata e quant’altro.

Spesso però tali scene non sembrano truculente come dovrebbero, sembrano quasi normali. E questo perché, per Basile, lo sono. Il personaggio è ormai abituato a quel livello di brutalità e racconta le proprie disavventure con uno spiccato tono autoironico.

Ma veniamo alla trama!

Il nostro Basile si sta facendo la sua brava guerra in santa pace, quando un bel giorno lui e i suoi si vedono affibbiare una missione notturna: devono attaccare un convoglio austriaco di camion carichi di reclute e rifornimenti.

La missione si preannuncia facile e la scorta al convoglio minima.

Ovviamente la scorta non è minima e la missione non è facile. Basile riesce a stento a riportare le penne al campo, dove ha un’altra brutta sorpresa: dal convoglio è stato ritirato un pezzo meccanico per un robottone austriaco.

Problema: il pezzo meccanico in questione è quattro volte più grosso e complesso di quello che è ragionevole aspettarsi. Gli austriaci stanno architettando qualcosa, qualcosa di grosso.

E così il nostro e i suoi compagni si trovano a dover attraversare le linee nemiche per trovare questo fantomatico mostro meccanizzato e demolirlo. Il nome in codice dell’ordigno: Crio.

Titanomachia, dal pennello di Joachim Anthonisz Wtewael (1566-1638)
Crio è uno della banda

Non voglio raccontare troppo di questo libro: è un romanzo che si legge alla svelta e sarebbe sciocco spoilerarlo.

Lo stile di Ferrara è scorrevole e divertente. Il punto di vista è ancorato nella testa del protagonista, che è un narratore a cui è facile affezionarsi.

Anche la tecnologia bizzarra è ben gestita. Questo però, come accennavo più su, ha conseguenze. In particolare, il “sapore” ottocentesco dell’ambientazione ne patisce.

In parte questo è inevitabile: nel 1848 buona parte delle armi leggere erano ancora ad avancarica, mentre il Ferrara descrive mitragliatrici e lanciafiamme, roba che starebbe molto meglio su un campo di battaglia del 1916, vapore o non vapore.

A parte il fronte sul Mincio e pochi altri elementi, è facile dimenticarsi che la vicenda si ambienta in un 1848 alternativo. Se spostassimo la faccenda duecento chilometri più in là, potremmo parlare di una versione steampunk di una delle trentordici battaglie sull’Isonzo, e la vicenda resterebbe più o meno immutata.

Questo non pone davvero problema a livello narrativo: la storia fila bene, i personaggi sono interessanti, la tecnologia a vapore è divertente.

Però sa un po’ di occasione persa. Forse con un’ambientazione più approfondita o dettagliata, si sarebbe potuto rendere in toni più vivi l’ottocento alternativo in cui avvengono i fatti.

Non si tratta però di un difetto vero e proprio, e quando lo lessi la prima volta manco ci feci caso. A distanza di cinque anni mi dico “avrei preferito”, ma non costituisce un problema strutturale.

In conclusione

Idea originale

I robottoni a vapore

La voce narrante

La grande battaglia contro Crio

L’elmo potorio

Soldati a Vapore è un romanzo divertente e scorrevole. Forse lo stile del Ferrara non ricalca del tutto la Tecnica Aurea propugnata dal Duca di Baionette, ma ha un buon ritmo e il tono sarcastico del protagonista lo rende una lettura gradevole.

Non è per tutti: i mec non sono spiegati, la scienza dietro questi trabiccoli non è esplorata e chi vuol fargli le pulci potrà probabilmente trovare diversi aspetti tecnici che non quadrano. Ciò detto, il romanzo non pretende di essere The Martian. E’ una storia di guerra con robottoni a vapore che si prendono a cazzotti. E in quanto tale è fatta bene.

Non è per puristi della hard sci-fi, ma per il resto della popolazione dico: dategli una possibilità!

Lo potete trovare su Amazon qui.

MUSICA!

Nuovo Ordine Mondiale, il film che il tuo psichiatra non vuole farti vedere!

Esiste una maledizione.

Dice: possa tu vivere in tempi interessanti. (cit.)

E ci stiamo vivendo, in tempi interessanti. Trogloditi con i codici nucleari, Mussolini in parrucca, secessionismo aleatorio, regressione economica, Lilin che fa il politologo… è chiaro ormai che la Democrazia occidentale ha deciso di farla finita in un’ultima gargantuesca seduta di asfissia erotica.

In tutto questo caos, è così difficile avere un’opinione informata e critica. E’ così difficile trovare qualcuno che si raccapezzi, che riesca a tener conto di tutti i fattori in gioco…

E nel buio della confusione, una luce: i Fratelli Ferrara!

Se non puoi smettere di farti i film, DIVENTA IL FILM

Dalla rutilante Napoli, i nostri Mihcael Bay in erba ci offrono una chiave per interpretare questi tempi sì interessanti: la chiave complottista!

Nuovo Ordine Mondiale è un film di denuncia, un’opera indipendente che rivendica un budget di 5 MILIONI DI EURO e che ha preso ben CINQUE ANNI di lavoro indefesso. Altro che quelle cagate di Soylent green, Citizen Kane o A clockwork orange!

Ma di quali complotti parliamo?

Ebbene signori, potete disdire i vostri abbonamenti a Le Monde Diplomatique, dar fuoco alla vostra laurea, arrotolare i vostri Journal of applied meteorology and climatology e ficcarveli nel culo (cercando di non godere troppo)!

Tutto è falso, tutto è un complotto!

E i “Ferrara Brothers” (sic!) hanno ragione! Il complotto esiste, ma non nelle modalità che credono loro. Nonostante questi grandi artisti si siano svegliati, la Verità (il Noumeno oggettivo!) ancora li elude. Ma non temete: tutto sarà rivelato a fine articolo!

Andiamo con ordine. Chi sono i Ferrara Braders?

Stando a un’intervista rilasciata a Vice, i nostri amici Fabio e Marco avrebbero cominciato come ufologi, per poi avvicinarsi alle teorie di complotto. Un percorso accademico di tutto riguardo, direi.

Resisi conto della terribile situazione in cui versa l’Umanità, manovrata a tavolino da malvagi oligarchi rettiliani, i nostri avrebbero investito i fondi privati della loro non meglio definita azienda in una “crociata” informativa, in un film che “scriverá un nuovo capitolo della storia” (sic!).

In altre parole, i due ufologi hanno squarciato il Velo di Maya per rivelare le natiche fruncolose dei cattivi Illuminati!

La faccenda è seria, tanto è vero che all’uscita del film i nostri hanno dovuto (dovuto!) munirsi di una scorta! Futile precauzione: il rischio è reale, ma la scorta è futile. Le menti dietro l’Ordine Mondiale non saranno fermate da dei gorilla con gli occhiali da sole (ma di questo parleremo dopo).

I nostri hanno anche un’accademia di recitazione, la Ciack (sic!) Academy! Uno dei due, Fabio, ci ha anche studiato. Ovvero, se non ho capito male, hanno fondato un’accademia, ci hanno studiato e ci si sono diplomati. Altro che autarchia!

Online non sono riuscita a trovare NULLA né sull’accademia né sull’azienda che ha fornito i 5 milioni. Ma quale azienda poi? La Ciack? Macina così tanti milioni? COME? QUANTI CAZZO DI WANNABE TROPPO IN GRANA CI SONO, IN ITALIA?

L’unica cosa che sono riuscita a scovare è un trailer per una serie poliziesca del 2009 in cui i nostri sparano a macchine vuote, e un trailer promozionale dell’accademia in cui si incoraggiano wannabe ad iscriversi mentre la camera riprende una scena di funerale. Simbolico?

In ogni caso, a credere alle pagine Faceboook, il film avrebbe ricevuto perfino riconoscimenti ufficiali. In una foto vediamo i due fratelli brandire un riconoscimento della Città di Napoli, la “star of merit”. Non sono riuscita a trovare nulla su questa presunta onorificenza, e la Stella al Merito (che esiste ed ha un nome italiano!) viene di solito conferita a lavoratori anziani, non proprio a giovani artisti rampanti. Magia di photoshop? Licenza narrativa? Per citare una battuta del film, “non lo sapremo mai”.

So many misteri, so poche answers…

Un altro premio menzionato di sfuggita sarebbe un “premio Industria Cinematografica”. Di nuovo, non riesco a confermarne l’esistenza, ma è di certo un problema mio!

Insomma, abbiamo un film sul complottismo, premi misteriosi e un budget altrettanto inspiegato. Come dire, i Ferrara sono i The producers della situazione, solo che a loro il trucchetto sembra riuscito!

Ad ogni modo, ci stiamo perdendo in chiacchiere, veniamo alla trama!

Let the Jew flow through you!

Siate grati per questo film: non è stato facile realizzarlo! Come spiegano i nostri creativi a Vice, il mondo italiano semplicemente non era pronto al genio.

[…] in Italia non esiste una cultura cinematografica, tecnica e organizzativa. Si lavora in modo molto approssimativo, e quindi noi, volendo fare un film che potesse rispettare gli standard internazionali di un certo cinema americano—perché comunque loro hanno il dominio tecnico—abbiamo avuto molti problemi.

Senti Coso, l’Italia è la patria di Brancaleone, immortale gloria cinematografica! Porta rispetto, per Giove e Putifarre!

Ci siamo ispirati a gente come Michael Bay, il regista di Armageddon. Anche se ultimamente anche lui è diventato un po’ commerciale.

PERCHE’ ARMAGEDDON NON E’ COMMERCIALE!

Ma veniamo a noi!

Il film comincia con un pupazzo vestito da pupazzo che ci spoilera tutto il complotto, perché la suspense è roba da n00bz. Peraltro, se ripeti “Nuovo Ordine Mondiale” 3 volte davanti a uno specchio appare George Soros che ti spruzza di scie chimiche!

Passiamo poi in una sala riunioni. Un tizio fa qualche patetico tentativo di parlare inglese, mentre un Ebreo Malvagio lo scruta arcigno (ha anche una Stella di Davide addosso, nel caso non avessimo inteso). Il finto yankee introduce uno sbarbino di nome Dottor Moloch (“Mister von Destruction” era già preso?). Questo convincentissimo cattivo ci spiega che la crisi economica, il cancro, il Cambiamento Climatico, Barbara d’Urso, la tassa sugli assorbenti e tutto ciò che di male esiste al mondo, è tutto  pianificato a tavolino. Perché? Per spaventare la gente e renderla quindi più controllabile.

E come ciliegina, abbiamo anche una stretta di mano massonica!

Insomma, gli ebrei rettiliani creano un’ondata di crimine che sommerge l’Italia, tanto da giustificare l’intervento dell’esercito per le strade.

Ci viene FINALMENTE presentato il nostro protagonista, il Commissario Torre, recitato dal produttore Mario Ferrara per la gioia di grandi e piccini!

Il commissario Torre ha un vasto reperterio di 3 espressioni. Faccia numero 1.

Torre è un ometto sulla sessantina, il fisico di mio zio Epifanio, il carisma di una patata bollita e le doti interpretative di Tommy Wiseau.

Torre è anche UN EROE: al muro sono appesi articoli di giornali con lui che arresta mafiosi, salva bambine in pericolo, sventa invasioni aliene e apre barattoli col tappo troppo stretto. E’ così tosto che lettere di encomio nazionale si materializzano spontaneamente sul pavimento della sua cucina e lui le deve accumulare nei cassetti. Sì, perché il nostro è UN EROE UMILE, non gli importa di essere celebrato.

Salvo quando appende al muro di casa articoli che lo celebrano, ovvio…

Torre comanda un commissariato pieno delle reclute più bellocce che la Patria può offrire, tra cui una focosa bruna sulla trentina che proprio non sa resistere al suo fascino virile. In una scena la bruna procace gli salta letteralmente addosso. Che ci volete fare, quando uno è troppo sexy, è troppo sexy.

Questi due hanno così poco feeling e intesa che la mattina dopo la scopata:

  • si rendono conto che stanno per avere un bambino
  • decidono di essere genitori insieme
  • lui fa “ora che ti ho ingravidata, ti metti a passar carte come voglio io, vero?”
  • lei risponde “ma anche no”
  • lui la manda affanculo e si separano in pessimi termini.

Dalla passione, alla procreazione, al divorzio, IN MENO DI CINQUE MINUTI. E’ proprio vero che la gente oggi va sempre di fretta…

Non abbiamo però tempo da perdere, perché dei kattyvy guidati da un tizio con del pongo sulla faccia attaccano un supermercato e prendono Bruna Incinta come ostaggio. Uno sbirro viene gravemente ferito e lasciato a sanguinare fuori, ma nessuno chiama un’ambulanza o lo soccorre, perché è solo una comparsa.

Hai qualcosa sulla guancia… no, quell’altra…

Perché questi figuri al soldo dei rettiliani attaccano un supermercato?

Non verrà mai spiegato. Suppongo avessero finito l’estratto di vaniglia per i russian teacakes.

Ad ogni modo Torre è un eroe col cazzo durissimo e decide di entrare nel supermercato, che magari la sua Faccia Feroce da Grumpy Cat barbuto basta a sottomettere i tre criminali armati. Purtroppo per lui, Pongo in Faccia è il boss del penultimo livello, quindi non può ancora essere sconfitto. In modo del tutto imprevedibile, il geniale piano “entro e gli dico di abbozzarla” non funziona. Shocking!

Questa scena ci offre perle di alto cinema, tipo la cassiera con le tette di fuori o massime di saggezza del tipo:

“Sai cosa placa la voglia di uccidere? Uccidere.”

I tizi sparano a Bruna Incinta (ma non a Torre, perché sennò finisce il film) e scappano su un furgone. Come in ogni film di serie Z che si rispetti, gli altri comprimari aspettano pazientemente che Pongo in Faccia abbia guardato torto il commissario, sia rimontato in macchina e abbia messo in moto. Poi sparano, ma non subito. Perché di nuovo, sennò finiva il film.

Faccia numero 2 (“Oh nooooooes…”)

Il furgone viene comunque rintracciato alla svelta e si scopra che, dopo aver fatto un salto al super per l’estratto di vaniglia, Pongo In Faccia ha massacrato tutti i ricercatori di un non meglio specificato laboratorio (lo chiamano “biotech company spa”, perché “laboratorio segreto internéscional” era già preso).

Il capo ricercatore di questo posto ha scoperto una pozione magica per stimolare la GHIANDOLA PINEALE (sì amici miei, c’è anche quella!) e far quindi diventare la gente super-longeva e super-intelligente. Pongo in Faccia l’ha spacciato per conto degli Ebrei Rettiliani.

Una ricercatrice però si è salvata, perché è giovane e figa e quel giorno lì era dall’estetista. I nostri si precipitano a salvarla fermando bus a caso e la trovano, ostaggio di due agenti segreti.

Pausa un secondo:

  • il laboratorio supersegreto non è protetto da niente;
  • è passata una giornata, ma Ricercatrice Figa scopre che il suo boss e tutti gli altri sono stati massacrati sbirciandolo su un giornale sul bus;
  • sul bus c’è anche un investigatore privato ingaggiato dal capo scienziato per scoprire chi complotta contro di lui, il tizio a quanto pare sa tutto e sa che la ragazza è in pericolo, ma non fa nulla per salvarla e pare essere lì solo per lo spettacolo;
  • gli agenti segreti portano gli occhiali neri in piena notte, perché sennò il complottaro medio non capisce che sono agenti segreti;
  • la tizia si è iniettata il siero magico, dovrebbe essere quindi sotto costante osservazione in un istituto apposito ma no, è a giro su un bus con un portatile pieno di materiale sensibilissimo. Perché è così che lavorano gli scienziati.

A prima vista questa scena sembra una scemenza scritta da una classe di bambini di 6 anni durante l’ora di buco, ma certamente il problema è mio. Vado a prendere a testate uno spigolo, magari mi si aprirà il Terzo Occhio della Conoscenza Cinematografica.

Insomma, la tizia viene salvata solo per essere rapita di nuovo. Nella sparatoria che ne segue abbiamo altri fiori all’occhiello, come tizi che camminano lentamente allo scoperto sparando dritti davanti a loro (tipo papere al luna park), Pongo in Faccia che uccide la gente e si lecca le labbra soddisfatto, gente che urla frasi a effetto prima di sparare. Perché i Ferrara Braderz hanno assoldato un consulente tattico (!) ma non hanno visto Il buono, il brutto e il cattivo: quando si spara, si spara, non si parla!

Non tutto è perduto però! Dopo altre scene da morte cerebrale, Torre e il suo fidanzatino riescono a rintracciare (non si sa bene come) il detective fancazzista di cui sopra e scoprire l’intera storia!

Il fluoro ci rende docili!

La crisi è creata a tavolino!

Lo HAARP spara uragani!

Lo yogurt rende froci!

Insomma, tutto è calcolato per ridurre la popolazione.

Popolazione che sta aumentando e ha ampiamente superato la capacità di carico del Pianeta. Quindi o gli Illuminati sono una manica di rincoglioniti che si cagano in mano prima di giocare allo schiaffo del soldato, o ‘sta roba del “vogliono ridurre la popolazione” è una stronzata cosmica con propulsione a curvatura.

Faccia numero 3, chiara citazione cinematografica, omaggio alla morte del personaggio di Gastone Moschin in Uova fatali

 

La tragica dipartita del Professor Pérsikov

Per raggiungere (oppure no) il loro diabolico scopo, i rettiliani pianificano di impiantare tutti con (indovina indovinello, quale idiozia sarà nel cestello?) il bio-chip.

Il piano è quello di smollare bidoni di roba verde nell’acqua potabile, fare ammalare tutti e convincerli a infilarsi ‘sta roba in corpo. I nostri prodi partono quindi all’attacco per impedire questo blasfemo piano.

Well, questo suscita alcune domande:

  • Se i rettiliani sono così potenti e così dappertutto, perché non possono impiantarci già coi chip a nostra insaputa? Potrebbero farlo dalla nascita, chippando via via i bambini che nascono, o approfittare di un qualsiasi intervento medico.
  • Perché i rettiliani vorrebbero ridurre la popolazione? Non potrebbero lanciare un business di schiavi umani verso Yuggoth, o qualcosa del genere?
  • Se questo complotto è mondiale, come sembra, si suppone che lo scarico di roba verde avverrà in diversi punti del mondo o d’Italia: come fanno i nostri a trovare (perché ovviamente li trovano) i bidoni?
  • Che scopo ha andare in tre a cercare i bidoni, se l’operazione è nazionale? Diciamo che arrivi, uccidi tutti e recuperi i bidoni: a 100 chilometri da lì altri cattivi con altri bidoni staranno avvelenando altra gente! Non ha senso e non ha utilità!

Ma sono domande stupide, perché finalmente capiamo qual è lo scopo reale di questo film: Mario Ferrara vuole una ripresa molto figa del suo cosplay di Metal Gear Solid. Non scherzo: la fine del film è Torre vestito da Solid Snake che ricrea il gameplay in un tripudio di stupidaggini da macho, trucchetti da film d’azione Disney (tiro il sassolino per attirare la sentinella!), poracciate che farebbero facepalmare Licia Troisi, inquadrature traballanti per nascondere la ripetitività disarmante delle coreografie e musica a palla.

KAPOW!

Peraltro, il tutto non si svolge in un grande depuratore, né in un impianto importante, no: i soldati cattivi (alcuni con le maschere antigas altri no) stanno scaricando la zuppa di piselli in un rigagnolo tipo fiumicello ameno. Perché vogliamo avvelenare la popolazione, ma prima bisogna sterminare quelle dannate nutrie!

Pongo in Faccia è di nuovo sul posto, perché questa gigantesca organizzazione segreta ha u budget limitato e il povero cristo deve occuparsi di tutto: uccidere ricercatori, fare la spesa, avvelenare i fiumi, interrogare prigionieri, pulire la sabbietta del gatto, riempire la dichiarazione dei redditi…

Segue una scena d’azione così poco convincente che a tratti i segmenti sembrano messi in repeat. Uno rischierebbe di addormentarsi (colpa del fluoro!), non fosse per i momenti salienti, tipo il poliziotto professionista che spara di traverso come un gangster mentecatto in un film americano, o Pongo in Faccia che si erge sopra il nostro eroe, brandisce un coltellaccio sopra la testa e urla “TU UCCIDERO’ TORRE, AAAAAAAAAAAAH”. Arte!

Oscar subito!

Nel duello finale abbiamo Solid Torre, un commissario tappetto e tombolotto sulla sessantina, contro Pongo in Faccia, un agente speciale della più potente organizzazione terrestre che ha la metà dei suoi anni e il doppio dei centimetri in altezza.

Un po’ come organizzare un incontro tra un chihuahua neuroleso e un megalodonte affamato.

Ma Solid Torre è il produttore e il padre degli sceneggiatori, quindi pesta Pongo in Faccia e lo uccide trafiggendolo con un coltello, chiaro simbolo fallico.

La vera e propria fine della storia non ve la racconto perché bisogna vederla per crederci. Immaginate di ritrovare una storia che avete scritto a 6 anni, in cui siete il protagonista nei panni di Batman, e invece di dargli fuoco decideste di farci un film e scritturare il padre di Stannis La Rochelle vestito da Rambo.

Una rappresentazione scientifica della fine del mondo

I Ferraras sono molto contenti della loro immane fatica. Nell’intervista a Vice spiegano:

Allora: non sono state riportate nel film cose che non siano successe realmente.

MA CERTO.

Anche l’ultimo attentato in Francia è finto quanto una sceneggiatura di serie B [dissero gli esperti in sceneggiatura di serie Z, NdTenger]. Il terrorista che si dimentica la carta d’identità in macchina: neanche uno sceneggiatore di basso livello penserebbe ad una cosa del genere.

MA OVVIO!

Giusto per la cronaca, se io voglio arrivare nel posto X senza farmi notare ed eseguire quindi un attacco suicida, ECCOME CHE MI PORTO DIETRO IL DOCUMENTO! Perché? Perché se mi fermano per un controllo a caso lungo la via e io non ho un documento identificativo, posso essere portata in centrale per ulteriori accertamenti, posso attirare l’attenzione, posso destare sospetti.

Se invece faccio vedere il documento, non c’è problema. E non c’è bisogno di leggersi lo SOE Manual del ’43, basta accendere il cervello. Ma hey, forse chi ha la ghiandola pineale sbloccata ha più difficoltà a organizzare le informazioni…

Matrix non l’ha mai capito realmente nessuno, perché è stato fatto in modo molto fantascientifico.

Se trovi Matrix troppo complesso e intellettuale, non preoccuparti, Nuovo Ordine Mondiale fa al caso tuo!

Ma tornando a noi, tutti i buchi della teoria dei Ferrara potrebbero portare qualcuno a credere che in realtà si tratti solo di panzane. Alcuni potrebbero perfino chiedersi se il film non sia un qualche dubbio maneggio per ripulire 5 milioni di euro (ma sbagliate, sono certa che i 5 milioni sono andati a pagare le 3 scene di Iacchetti e la preziosa consulenza del “military advisor” Benito Noviello).

Sbagliate tutti. La verità è che i Ferraras hanno ragione: c’è un complotto planetario.

Purtroppo si sono lasciati fregare dalla false flag della teoria del New World Order, anch’essa creata ad arte dai veri shōgun dell’ombra!

E oggi, per chi è riuscito ad arrivare fino in fondo, io rivelerò la verità.

Tutto è controllato dagli ebrei, che sono in realtà dei rettiliani travestiti (sotto il nasone nascondiamo un’antenna per comunicare con la navicella). Tuttavia, non sono i rettiliani a comandare! I rettiliani sono solo impiegati, mercenari incaricati di controllare l’Esperimento Terra per conto di terzi.

Questi terzi sono i veri signori della galassia.

Sono tra noi, costantemente, attenti osservatori che sorvegliano le cavie umane. Sono nelle nostre case, sono nelle nostre strade, sono sui nostri computer, passando continuamente sotto i nostri occhi e i nostri cervelli instupiditi dal fluoro. Controllano le nostre vite, intervengono sfacciatamente nelle elezioni dei grandi paesi, controllano l’inernet globale.

Chi sono?

I gattini.

Non mi credete? Pensate sia un caso che al fianco di ogni più grande figura storica e politica salti sempre fuori un gattino? Pensate che sia un caso che gli egiziani li venerassero come dei? Non mi credete? Ecco qualche esempio!

Mark Twain

Lenin

Churchill

Don Vito Corleone

John “Rat Faced Bastard” Oliver

I gattini sono membri di un impero intergalattico capitanato dal grande Kittoh deh Destroyah.

Quando l’Esperimento Terra sarà concluso, il pianeta sarà polverizzato e con esso la totalità della razza umana (o meglio “oomana”). Solo chi riconosce la superiorità incontestata della specie felina sarà risparmiato, e gli sarà concesso di vivere sulle navicelle come schiavo dei suoi padroni pelosini.

 
Guardate in faccia il vero Armageddon

Questa è la verità, e non ho timore di rivelarvela, perché tanto non c’è niente che potete fare. I gattini sono invincibili. I gattini sono incorruttibili. I gattini sono inevitabili.

Hail Kittoh, Holy Emperor of Kittehs!

MUSICA!

[EDIT: se non si fosse capito, questo film è ASSOLUTAMENTE CONSIGLIATO! C’è un sacco di trash bellissimo che non ho potuto nominare per ragioni di spazio! Il mio nuovo sogno erotico è una joint venture tra i Ferrara e Pietro Aliprandi! Voglio Torre a cavallo di un gattino alato che vola a salvare Re Precisamente dagli ebrei cattivi!]


L’intervista a Vice

Un articolo su International Business Time

Un articolo dello Hollywood reporter

La pagina Facebook del produttore

Come non si fa (2): la Battaglia dei Bastardi (Game of Thrones)

Prima che a qualcuno parta un embolo, lasciate che ve lo dica: a me Game of thrones piace, e l’ultima serie in particolare mi piace pure. Non solo, trovo che mediamente la serie sia migliore dei libri. Ad esempio, sono stata molto grata del fatto che gli sceneggiatori abbiano dato un senso alla gita campestre di Brienne e Pod, o che abbiano scorciato di brutto tutta la menata su quei mongoli a rotelle degli Ironborns.

Oggi però non voglio parlare della storia nel suo insieme, bensì voglio concentrarmi su una scena in particolare, la scena clou dell’ultima serie, la Battaglia dei Bastardi.

Trattandosi di un post puramente tecnico, cercherò di fare meno spoilers possibili, ma qualcuno ci potrebbe sempre scappare. Ergo siete avvisati.

Cominciamo con gli aspetti positivi di questa scena:

-Sul lato visivo, c’è poco da dire. La fotografia è bella, il ritmo è buono, la musica anche. E’ una scena divertente da vedere, a differenza di quell’altra merda stellare in Vikings.

-Certi spunti erano ben trovati. Mi fa piacere che finalmente si comincino a vedere degli sforzi per far apparire le battaglie più verosimili (manovre, trucchi, movimenti coordinati, etc.) e meno burine.

Cosa intendo per “burine”? Intendo quando due gruppi incasinati si corrono addosso a cazzo di cane con musica epica e scatenano un mischione molto virile di gente che mena a caso facendo facce molto maschie e scuotendo le villose barbe. L’ultima battaglia del film del Signore degli Anelli, per intendersi. Le scene così le odio.

Nel caso in esame c’è chiaramente il tentativo di mostrare dei professionisti coordinati, e ciò è bene.

Purtroppo però restano dei problemi.

Partiamo dalla situazione: Gianni Neve deve scannarsi con Ramsay. Ramsay è spalleggiato dagli Umbers e di Karstarks, due delle maggiori case del Nord, e vanta più del doppio degli effettivi rispetto a Gianni.

La notte prima dello scontro, Gianni e Capitan Cipolla convengono che devono indurre Ramsay a inseguirli e scavare trincee laterali per proteggere i fianchi.

Primo problema: scavare una trincea è un lungo lavoro, e un lavoro faticoso. Gianni SA da giorni che la lotta sarà impari, avrebbe dovuto adoperarsi almeno dalla mattina prima a scavare delle difese.

Secondo: le trincee sono, appunto, faticose e lunghe da fare. Probabilmente Gianni e i suoi farebbero prima e meglio a piantare in terra pali appuntiti, o legare legni aguzzi tra loro per creare dei proto-cavalli di frisia. E’ più rapido, il legno non manca, e probabilmente costa molta meno fatica.

Ad ogni modo tutto ciò si risolve in nulla perché troviamo subito il problema numero tre.

Dove sono ‘ste trincee?

Peraltro, visto che il grosso dell’esercito di Gianni è fatto di wildlings, forse sarebbe stato meglio tentare di attirare Ramsay in una zona boscosa, più che non sfidarsi su un pratino più o meno pianeggiante. Questo però non è un difetto stricto sensu, in quanto nessuno dei tizi coinvolti è un tattico collaudato. Plus, esigenze di tempo, e ok.

Veniamo a quello che però è un problema: l’equipaggiamento.

Pochissimi portano l’elmo. E non dico i wildlings, ma anche i cattivi. L’elmo è il pezzo di armatura che qualcuno si procura prima di tutto. Perché in tv la gente deve sempre andare in giro a pera con la capoccia scoperta?

Plus, com’è che nell’esercito di Gianni quasi nessuno porta uno scudo? Uno scudo non è roba particolarmente complicata da fare, è utilissima, e richiede poco o punto metallo.

E parlando di pochissimo sforzo e metallo: qualcuno poteva dare una cazzo di clava al gigante?

E’ una bestia di quindici metri che spacca la gente in due e spappola cavalli a cazzotti, e non serve quasi a nulla! Non ha nemmeno un effetto psicologico sui nemici!

Nel cerchio rosso, il personaggio più sprecato della serie

Ci voleva tanto a tirare giù un abete e metterglielo in mano? E’ come andare in battaglia con un Merkava senza munizioni! Ok, va bene, puoi spiaccicarci qualcuno passandoci sopra coi cingoli, ma non stai davvero approfittando delle potenzialità di questo gioiellino!

Ma torniamo alla tattica.

I nostri sono schierati. Da una parte Gianni, che ha soprattutto fanteria, un po’ di arcieri e un po’ di cavalieri, dall’atra Bolton, che ha il doppio della gente. Entrambi hanno piazzato gli arcieri in prima fila.

Ok, è una scelta difendibile. Io li avrei messi dietro, ma hey, va bene anche così.

Storia a parte, ci troviamo all’inizio con un Gianni Neve da solo, al centro del campo di battaglia, a tiro delle frecce Bolton. Siccome ormai è lì, Gianni decidere di caricare i Boltons da solo.

Ora, vi parrà strano, ma questa scena non mi pare del tutto folle. Gli arcieri Bolton stanno tirando a campana, e Gianni è esposto. Ha due scelte: ritirarsi, o avanzare, dacché le due scelte lo tolgono dalla “fascia bersaglio” dei dardi.

Peraltro, è realistico il fatto che la carica duri poco, ed è verosimile che Gianni riesca a saltare di sella prima di restare incastrato sotto il cavallo.

Il problema in questo frangente non è tanto Gianni, quanto la sua cavalleria.

In primis, prima lo lasciano correre avanti allo scoperto e solo dopo si svegliano “oh cazzo, già, è il comandante, ‘ndiamo a ripigliaccelo!”. Meh.

Quello che però ha di buono questo passaggio è che i cavalieri cavalcano lancia in resta e “lunghi”, con staffe basse, come facevano, con ogni probabilità, i catafratti europei. Un bel dettaglio. Anche contando che, nell’urto della lancia, il cavaliere deve spingere avanti il bacino stendendo le gambe, per scaricare la botta sulle spalle del cavallo e non sui suoi lombi (le zampe anteriori del cavallo sono quelle che portano meglio il peso e le botte).

A sinistra, un fotogramma del film. A destra, miniatura sul romanzo di Yvain o Il cavaliere del leone, Chrétien de Troyes (XIII° secolo). Notare, a destra, i piedi spinti avanti rispetto al centro di gravità del cavaliere.

Tornando a noi, la cavalleria Bolton carica.

Perché?

La cavalleria Snow sta entrando nella portata degli arcieri. A meno che la portata dei tuoi archi non sia 20m scarsi, non sarebbe meglio scompaginarli un po’ prima di buttare le tue truppe d’élite nel gioco?

Nevermind, le due cavallerie si schiantano l’una contro l’altra, e Gianni Neve nel mezzo sblocca la Modalità Eroe e diventa invulnerabile.

No, sul serio, la battaglia è figa e tutto, ma Giovanni Neve che passeggia in giro mentre il resto del mondo lo schiva in automatico proprio non si può vedere. C’è perfino un momento in cui si ferma per diversi secondi di sguardo intenso!

Comunque, mentre Gianni se ne va in giro invulnerabile a cavalli e tizi, i Boltons decidono di tirare altre frecce.

Su un mischione?

Perché?

Ok che Ramsay è tanto kattyvo, ma falciare i propri cavalieri è da fessi e basta!

Un cavaliere è un guerriero d’élite. E’ estremamente costoso, al punto che interi sistemi politico-economici sono stati costruiti attorno ad esso, per rendere possibile il suo addestramento ed equipaggiamento. Basti pensare che in epoca feudale l’indennizzo da versare al signore per la morte di un suo féal era moltiplicato nel caso il tizio fosse stato un guerriero montato.

Non solo: Gianni Neve ha, bene o male, lasciato entrare un putiferio di wildlings. I Boltons avranno bisogno di uomini per dar loro la caccia e controllare il Nord. Perché dovrebbero sterminarsi la cavalleria da soli?

Dico sterminarsi perché, a un certo punto, i cavalli spariscono. Quindi i fatti sono due: o i cavalieri di Gianni e di Ramsay si sono annientati vicendevolmente (nonostante quelli di Ramsay fossero il doppio in numero e, si suppone, meglio nutriti e riposati), o Ramsay è riuscito a spacciare tutti i suoi guerrieri migliori a botte di “esigenza di trama”.

E parlando del campo, questa è la situazione:

Il cavaliere sulla sinistra funge da riferimento: ‘sti mucchi sono alti il doppio di un uomo a cavallo!

Ora, ok che avete tritato mille cavalieri e spicci, ma ‘sti mucchi da dove escono?

I mucchi di cadaveri hanno di solito 2 origini: gente che muore contro un ostacolo architettonico; qualcuno che sposta i cadaveri. Non è la prima, visto che siamo in pianura, e non è la seconda visto che nessuno ha l’agio di farlo.

Ne deduco che sia andata così.

Anyway, Ramsay, tutto felice del fatto che ora l’intero Nord non ha più un solo cavaliere nell’esercito, manda la fanteria: i suoi e gli Umbers, che dovrebbero essere a cavallo ma sono a piedi perché boh, sticazzi.

Gli Umbers caricano e spariscono. No, davvero.

Con Umbers…

Senza Umbers…

Errore di editing, son sicura, ma comunque…

Quando ricompaiono, scalano i mucchi di morti e scendono nella fossa insieme ai wildlings. Buonsenso vorrebbe restassero sulla cresta per ributtare sotto chiunque cerchi di scappare. Ma no, il capoccia degli Umbers deve scendere nel merdaio e ritrovarsi così pigiato che tra lui e Thormund parte un match di testata nel muso.

Frattanto, i fanti dei Boltons accerchiano per benino Gianni e i suoi, che li lasciano fare perché…

Boh. Perché dargli fastidio sarebbe stato scortese.

Accerchiati i dodo, i Boltons iniziano la fiera dello spiedino. E niente da dire qui, la manovra è bella e fatta bene, e visualmente è molto carina. Però, giusto per fiscaleggiare, direi che le lance sono tenute troppo in avanti.

Niente impedirebbe ai wildcosi di agguantarle e sfasciare la linea. Niente a parte la buona creanza, ovviamente.

Devo dire però che la prima linea con la spada è molto caruccia, offre scenette memorabili.

Knock knock… oh shit…

Ho sinceramente apprezzato la parte in cui Gianni Neve viene pesticciato nella merda e nel sangue. E’ realistica e ben fatta. Un po’ lunghetta, magari, e la musica struggente stona con il realismo crudo del momento, ma hey, bella comunque.

Quello che invece mi ha fatto cascare le braccia è l’arrivo dei rinforzi.

Tre osservazioni e poi giuro smetto di scassare le palle:

  • Per arrivare a Winterfell, i cavalieri del Vale devono aver attraversato un territorio molto vasto. Vista la celerità con cui arrivano dopo l’appello di Sansa, si suppone che abbiano usato la King’s Road, che se s’impelagavano per bozzi e grottoni ciao. Insomma, c’è un esercito di diverse centinaia di cavalieri in armi che avanza sulla via maestra, com’è che non c’è stato un solo fesso che li ha visti ed ha avvertito Ramsay?
  • I cavalieri del Vale arrivano a battaglia iniziata (quasi finita) e attaccano subito. Si suppone che siano arrivati in un rush di marce forzate per fare in tempo. I loro cavalli dovrebbero essere esausti, i loro uomini stanchi. Sembra poco probabile che possano passare sopra una fanteria perfettamente organizzata (e notevolmente lenta di reazione! Secondo me Ramsay ha pochi sergenti…) manco fossero una schiacciasassi sui marshmellows. Sarebbe stato meglio, a parer mio, se la vittoria dei rinforzi fosse da attribuire più a un effetto psicologico (panico e fuga della fanteria), ma tant’è…
  • Tanti complimenti a Sansa che prima sfrangia la minchia a Gianni “non hai chiesto il mio parere per i piani di battaglia”, e poi se ne esce “oh sì, avevo 1000 cavalieri di scorta nascosti nel culo, non te l’ho detto perché ci tenevo a farti una sorpresa!”. Se Gianni avesse saputo che i rinforzi stavano per arrivare, forse, forse avrebbe potuto organizzarsi diversamente. E forse quella piaga di tuo fratello Rikon sarebbe ancora in vita. Ma bon, era un personaggio marginale in ogni caso.

 

E poi well, c’è la fine, con Ramsay rimasto praticamente solo dopo aver tirato il suo intero esercito nel tritacarne. Non che non sia mai successo nella Storia, ma bon, m’è parso un pochettino cliché.

E questo è quanto. Sì, la battaglia è uno spasso da guardare! Sì, rispetto alla media delle battaglie in tv è comunque buona. Però ecco… secondo me c’è ancora del margine.

Parlando di clichés, m’importa ‘n cazzo se l’ha già detto in diecimila, ma Lyanna Mormont spakka!

MUSICA!

Star Wars, la Forza s’è appena svegliata e le ci vuole un caffé

Il 2015 è finito, finalmente. E’ stato un anno molto grumpy, e ho alte aspettative per il 2016.

Quindi, perché non inaugurare tutto con una recensione mainstream e coatta su un argomento tanto di moda?

Sono andata a vedere Star Wars, the Force awakens.

Mi è piaciuto?

Mettiamola così. Dopo averlo visto, sono tornata a casa, ho preso il cofanetto dei prequel (quella roba che nessuno guarda mai ma che dobbiamo avere in casa che sennò poi mi tolgono la tessera da nerd) e ho chiesto scusa alla facciona tonda di Anakin.

Sì, è così brutto. Perché i prequel avranno anche tutti i difetti del mondo (tra cui il fatto che se ne faceva anche a meno, che hanno più buchi di Jean Reno alla fine di Leon, che i dialoghi romantici facevano vomitare arcobaleni e che Jar Jar), ma la storia aveva un senso. E anche alcune idee buone, stringi stringi. L’idea che l’Impero fosse un parto della Repubblica stessa (c’è crisi, c’è bisogno di un uomo forte!) era bella, per esempio.

Questo qui è un pattume rimasticato.

Jar Jar Abrams ha chiaramente cercato di mettere le basi di una nuova saga legandola in modo solido all’originale, la più amata. E di per sé, era una buona cosa. Peccato che non abbiano saputo farlo.

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La trama è quasi la stessa dello Star Wars del ’77, solo che per metà abbiamo la vecchia gang e per metà la nuova, che mima quasi tutti gli stessi ruoli (Rey come la giovane Padawan, Poe come il giovane Solo, Kylo Ren –d’ora in poi noto come il Frignetta– come il giovane Vader) e che dovrebbe riprendere la fiaccola della storia.

Ora, i personaggi dello Star Wars originale non saranno stati la cosa più originale del mondo (il giovane prescelto, il contrabbandiere canaglia ma di buon cuore, la principessa idealista e arrogante, ecc.) ma erano scritti bene. Avevano un carattere, potevamo capire le loro ragioni e i loro scopi.

Con questi? Eh… Ma andiamo con ordine!

Specifico subito che ho visto questo film in italiano, con quello che è, a mia esperienza, il doppiaggio peggiore del decennio. Non sentivo roba del genere da quando, appena sedicenne, mi strafacevo di film di Kurosawa in italiano. Dopo anni che guardo solo film in lingua originale (che signorina snob sarei, altrimenti?), il doppiaggio mi dà sempre fastidio. Ma per Giove e Putifarre, ‘sta roba era dolorosa!

Insomma, comincia la storia con un testo da morte cerebrale in cui si dice grosso modo:

“I ribelli avevano vinto la guerra, ma siccome Leia e soci sono una manica di mentecatti coi pollici nel culo, dopo solo 30 anni la Repubblica è ridotta come la Somalia, l’Impero c’è di nuovo ed è anche più potente di prima, Luke ha ragequittato e i Jedi continuano ad essere estinti.”

Wow.

Tutti sono alla ricerca di Luke, che si è dimostrato il peggior mentore del secolo ma che hey, la profezia diceva che avrebbe portato equilibrio, quindi ciccia. Luke non ha lasciato indirizzo, ma ha seminato pezzettini di mappa da tutte le parti perché sennò non si riempiono due ore di film.

Il nipote di R2D2, d’ora in poi Monopalla, va con NonSolo su NonTatooine a prendere la USB con la mappa. Purtroppo, il Frignetta sbarca, cattura Poe e uccide tutti. Sembra finita per Poe, ma uno Stormtrooper decide a caso di disertare e lo libera.

Ok, STOP.

Esaminiamo i problemi qui.

Il guaio non è l’idea dello Stormtrooper disertore.

Il guaio è che il personaggio è scritto malissimo. Per capire un personaggio dobbiamo vederlo nel suo ambiente prima del suo grande Cambiamento. Pensate a un altro film a caso, per esempio Romancing the stone (Alla ricerca della pietra verde). Non cominciamo con Joan nell’autobus nella jungla, cominciamo con lei che vive sola col gatto e di lavoro scrive orridi romanzi romantici d’avventura. Siccome sappiamo che è una donna abitudinaria e sedentaria, siamo interessati quando la vediamo costretta dalle circostanze a intraprendere un rocambolesco viaggio in mezzo a liane, serpenti e narcotrafficanti.

Cosa sappiamo di questo tizio? Poco, e quel poco non ha senso. E’ un trooper, inquadrato fin dalla tenera infanzia. Il processo è così severo e disumanizzante che il tizio non ha nemmeno un nome. Una roba che a confronto la propaganda nazista è semolino.

Sarebbe un’ottima fonte di conflitto! Un personaggio che per tutto il film lotta per liberarsi dalle catene ideologiche e psicologiche di questo terribile sistema!

Invece no. Coso diserta. Perché? Non ce lo diranno mai. Capiamo che ha avuto paura alla prima battaglia, che ha avuto remore a spacciare dei civili. Sappiamo anche che, fino a questa piccola scaramuccia, Coso qui aveva sempre obbedito senza problemi.

Ok, quindi non si era mai trovato in una condizione rischiosa o davanti a una scelta morale che testasse la sua lealtà. Più tardi scopriremo che il tizio era addirittura un addetto ai cessi.

Perché un bidello la cui competenza e lealtà non è mai stata testata è stato scelto per una missione importante come la cattura di Poe? Non si tratta di una battaglia, si tratta di un’operazione di precisione con effettivi ridotti e (si presume) scelti. Quindi?

Se non conosco le ragioni e il background del personaggio, come faccio ad affezionarmi?

Una storia migliore, in 4 vignette.

Insomma, Finn, il trooper, decide di disertare perché la guerra è brutta o qualche stronzata del genere (complimenti al programma disumanizzante del Primo Ordine, che non lascerà nessuna traccia sul carattere di Finn). Potrebbe scappare nel parapiglia o fingersi morto, ma siccome c’è rischio che il Primo Ordine lo insegua, Finn decide di scappare col prigioniero importante, così invece di una squadra (o magari nulla) è sicuro di avere alle calcagna una bella fetta della flotta. Finn è stupido, da questo punto di vista, ma non temete, non è il solo.

Finn e Poe restano separati e Finn si ritrova solo su Jakku, dove per la legge delle Coincidenze che Levati e il corollario del Quanto è Piccolo il Mondo, dopo una passeggiatina incontra Rey, bella fanciulla del deserto.

Rey è la Donna che Tutto Può. E’ tipo Wonderwoman, Nuvolari, Richthofen e Gesù tutto in uno.

Dovrebbe essere una meccanica che campa recuperando pezzi da rottami stellari, un’orfana sfruttata e malnutrita in un pianeta desertico e crudele.

Essere malnutriti e sfruttati in Pakistan…

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…e su Jakku

Rey sa parlare con un droide mai visto prima (vi ricordate quando Luke non capiva niente dei bip bop bum di R2D2? Luke era una pippa), sa parlare svariate lingue aliene, sa parlare il wookie nonostante 30 anni prima il wookie fosse una lingua rarissima.

Rey viene aggredita da due goons cattivi e li mena entrambi senza nemmeno spettinarsi.

Rey non ha mai pilotato niente di significativo, ma una volta posato il suo grazioso didietro su una nave atipica (e modificata) non solo riesce a farla decollare, ma si scatena in acrobazie aereonautiche che le nostre Frecce gliela leccano.

E lo so cosa diranno alcuno. He, ma anche Luke!

No.

Intanto non è che siccome il primo Star Wars è ora un mostro sacro allora non ha difetti.

E poi no.

Luke viene presentato come il rampollo di una famiglia benestante, gente non ricca sfondata ma nemmeno povera, che vive e lavora presso un grande porto interstellare. Luke stesso non è un semplice rottamaio, ma è in grado di manipolare, riparare e modificare dei droidi. Non è un salto troppo grande supporre che gli sia capitato di pilotare roba più grossa del suo macinino.

In secondo luogo Luke non si mette alla guida del Millennium Falcon! Manovra il cannone, e la sola roba che guida è un piccolo X-wing dotato di copilota, R2D2. Alla resa dei conti quello che Luke fa è mirare bene e infilare due colpi ben piazzati. Non si scatena in acrobazie stellari a bordo di veicoli mai usati prima.

Ma torniamo a Rey. Han Solo le mette in mano una pistola che lei non ha mai usato. Non sa nemmeno come usarla. Ma dalle mezzo secondo e la tipa dà le pappine a Simo Haya.

Mai preso una spada laser in mano, ma tiene testa al Frignetta.

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Ho ho ho, chi ha avuto l’idea della guardia laser?

E la forza? Vi ricordate come Luke debba allenarsi per lungo tempo?

Rey, senza mai averci provato prima, spacca il culo al Frignetta, il pupillo del nuovo Imperatore e uno capace di sbatacchiare la gente in giro (ma solo quando serve alla trama) e bloccare un colpo di folgoratore a mezz’aria (qualcosa che non abbiamo mai visto fare a nessun Jedi figo prima).

Ora, so cosa qualcuno sta per dire:

-Ma Tengy, ti lamenti sempre che non ci sono personaggi femminili forti, e ora che te ne danno uno rompi?

Non vorrei apparire come la Donna Che Chiede Troppo, ma oltre a un personaggio “forte” non è che noi fanciulle potremmo averne anche uno scritto bene? ‘Sta tizia totalizza Mary Sue a mani basse (ma non frigna troppo, il che è un punto a favore).

La storia segue a grandi linee roba già vista. I Cattivi hanno un’altra superpalla spakkapianeti, solo che questa è del tutto diversa dalla Morte Nera I e II perché questa è ancora più grande. Ma ha un punto debole che se colpito abbastanza provocherà l’esplosione dell’intera baracca. E Finn sa dove e come arrivarci perché lui puliva i cessi.

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Lo Starkiller è grande come un pianeta, conterà al minimo una cinquantina di milioni di impiegati. Ma ognuno di loro deve imparare a menadito i piani dell’intera palla. Perché dai, è credibile. Boh.

Intanto il Frignetta cattura Rey, perché lei ha visto la mappa del robot e ne hanno bisogno per completare il puzzle. Perché il Primo Ordine ha ricostruito il resto della roba basandosi su vecchi archivi. Perché la Repubblica non sia riuscita a fare la stessa cosa sarebbe stupido da spiegare.

Il Frignetta capisce che Rey è potente nella Forza, e quindi lascia a farle la guardia un singolo stormtrooper facilmente impressionabile.

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Il Frignetta, uno dei cattivi più deludenti della storia del Cinema

Insomma, i nostri riescono a scoppiare la palla e scappare (sorpresona), Han Solo muore perché costava troppo metterlo in Star Wars VIIIOld ideas strike back, il Frignetta si scatena in un’inutile duello con Rey e Finn e perde (peraltro, ho apprezzato il cazzotto sulla ferita come metodo di cura), i buoni si salvano e i cattivi fuggono.

Di ritorno alla base, sorpresa! R2D2, che era rimasto tra i piedi in standby da quando Luke era sparito, si riattiva. E vedi un po’ te i casi della vita, ha il resto della mappa! Perché in 30 anni nessuno ha pensato a controllare l’hard-disk del computer personale dello scomparso. Cristo…

Voler fare un elenco di tutte le cose stupide di questo film sarebbe impossibile. Ce ne sono a bizzeffe, saturano ogni singolo minuto di film. L’intera storia sembra rivolgere intorno al tema: “Leia e Han Solo sono pippe in tutto ciò che fanno”.

Hanno vinto la guerra, e 30 anni dopo la Repubblica è a catafascio, la guerra va male, sono divorziati, loro figlio è un serial killer e Han è tornato a fare il contrabbandiere indebitato. Ha anche la faccia di parlare del suo piccolo business come “quello che so fare meglio”. Coso, abbiamo visto due bande di creditori armati fino ai denti entrare senza colpo ferire nella tua nave. Mi sa che è chiaramente stabilito ormai che sei una ciofeca anche in quello.

L’unica scena genuinamente divertente è quella in cui il Fringetta sta avendo l’ennesima crisi di bizze, due stotmtroopers voltano l’angolo, capiscono l’antifona, si scambiano un’occhiata e voltano sui tacchi facendo finta di niente.

Insomma, un film esilarante per quanto è tirato via.

Due stormtroopers che se la filano  
Storia rimasticata…  
… ma arricchita con gustosissimi buchi di trama  
Zero cura nella sceneggiatura e nella caratterizzazione  
Finn è un buco di trama vagante  
Rey sa fare tutto anche se non ci ha mai provato  
Lo Starkiller è un coacervo di buchi di trama tale da inghiottire il sole  
Nessuno aveva nemmeno pensato a controllare la memoria di R2D2  
Il Frignetta  
Il nuovo Imperatore  
Come in Interstellar, l’unico personaggio memorabile è il robot  
Hai preso Brienne per fare Phasma, e la metti in due scenette di merda  
Luke deve essere il peggior maestro del secolo  

 

Insomma, è un pessimo, pessimo film. Lo ha detto anche Lucas, che ha definito vendere Star Wars
alla Disney l’equivante che vendere i propri figli agli schiavisti. C’era un’alternativa, sai Giorgino. Non vendere. E ora sappiamo cos’hai fatto dei tuoi figli naturali, mostro!

Comunque nessuno si mette contro la Disney (il cui amministratore delegato compare nel film nei panni dell’Ologramma di Snoke) e Giorgino si è dovuto rimangiare tutto.

Film consigliato solo per chi conta di andarlo a vedere a un orario di bassa frequenza e con un gruppo di amici trashomani. Perché se non si può ridere e commentare non ne vale la pena. E’ un’accozzaglia di roba talmente disperante che mi ha fatto seriamente rivalutare Star Wars Holiday Special.

Questo è tutto e che la Forza sia con voi!

MUSICA!

(E’ un appello a Hollywood, don’t waste your time always searching for those wasted years! Fatela finita col nuovo Star Wars, il nuovo Ghost Busters, il nuovo Star Trek e tutta la corte dei film zombies, dateci roba nuova, storie mai raccontate prima porca puttana!)

C’è chi lavora per vivere, chi vive per lavorare, e chi stava solo passando di là per caso

E’ un periodo molto faticoso e faccio fatica a star dietro a tutto. Tra tesi e rotture di cosiddetti, mi sto perdendo un sacco di polemiche interessanti. E ciò è male.

Oggi pertanto ho deciso di recuperare! Ci tenevo a portare il mio indispensabile contributo a due dibattiti, anzi tre. Il primo, questo sabato, è tanto triviale da essere ridicolo. Ma hey, questa gente viene pagata per scrivere, quindi perché lasciar correre?

In attesa che l’Espresso ci offra di nuovo un articolo troppo bellissimo, Vice è lì per tenerci occupati!

[P.S., mentre leggete voglio che nel retrotesta pensiate a tutti quelli che hanno il sogno di diventare giornalisti e che sono a smistare insulti in un callcenter.]

Alcuni di voi avranno letto questo articolo: Un inutile ma obbligatorio dibattito su Game of Thrones

Paura? Ne avete ben donde.

Per qualche ragione, Game of Thrones è una serie che le persone mi hanno sempre descritto paragonandola ad altre serie HBO: “The Wire con i maghi,” “I Soprano con le spade,” e così via. Non l’ho ancora guardato e, ad essere onesto, non penso che lo farò mai.

Partenza tranquilla ma promettente per Clive Martin, che vuole aprire un dibattito su qualcosa di cui, per sua stessa ammissione, non sa un tubo. Che dire, giornalismo del ventunesimo secolo at its best! Presente quando Cinzia Leone faceva finta di saperne di fantasy? Beh, fanculo, possiamo anche risparmiarci la finzione e andare dritti alla polemica inutile!

Tutti conosciamo gli stereotipi sul tipico fan del fantasy: l’impiegato di Games Workshop che si irrita e di dispera quando i bambini non sanno giocare bene. Il genere di persona che ha trovato il proprio Giardino dell’Eden culturale nella sezione graphic-novel di Borders negli anni Novanta. La loro traiettoria culturale li ha portati da Redwall a Red Dwarf a Reddit, e ora discutono ad alta voce della morte di Bruce Lee in bar di provincia. Odiano la moda in tutte le sue forme, eppure cercano di distinguersi. Per aggirare questo paradosso, tutti i loro vestiti devono riferirsi a qualcos’altro. Che sia un talismano in stile Alan Moore o una di quelle magliette con scritto “Afraid of the dark, Lagerboy?”

Mi ritengo, se non un’appassionata, una frequente consumatrice e amante di fantasy e fantascienza, e tra tutti i miei conoscenti nemmeno uno corrisponde a questa descrizione. Ma gli stereotipi fanno sempre audience!

In realtà, non mi interessa se Game of Thrones sia davvero più simile a “Mad Men con i maghi” che non a Dungeons & Dragons. Il mio problema è strutturale; è la ragione per cui mi sono addormentato durante il primo film del Signore degli Anelli, me ne sono andato a metà del secondo e ho ignorato completamente il terzo (per non parlare di Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, che non è piaciuto nemmeno a quelli che amano Il Signore degli Anelli).

Perché tutti i fantasy sono come Il Signore degli Anelli, e i film sono un’adattazione perfetta del libro! Cioè, il fantasy sono draghi ed elfi, elfi e draghi! Cioè! No? Cioè!

Ma non penso che sia questo il problema, perché non ho mai avuto scarse capacità di immaginazione; da bambino adoravo Ghostbusters – Acchiappafantasmi e sono stato una delle poche persone di mia conoscenza che all’epoca ha apprezzato davvero Le avventure del barone di Münchhausen. Non ho passato la mia adolescenza a chiedermi quante uccisioni ci fossero in un film prima di decidere se guardarlo o meno. Non ho mai ripensato al bacio saffico di American Pie 2, e le mie letture sono andate oltre il passaggio obbligato rappresentato dai libri di Kerouac, Salinger, Ballard, Philip K. Dick e via dicendo.

Sì, bello. Niente di quanto detto sopra denota particolare immaginazione o eccezionalità però, eh. Diciamo che hai fatto quello che milioni di ragazzini facevano. Peraltro, solo per aver guardato American Pie 2 dovresti cospargerti il capo di cenere.

Anche se poi sono cresciuto e ho scoperto l’alcol, le ragazze e il nu-metal, mi sono ritrovato in mezzo a un sacco di cose che di solito piacciono alle persone a cui piace il fantasy; che stessi cercando di decifrare il discorso dell’Architetto in Matrix: Revolution o qualsiasi cosa in Twin Peaks. Non ho alcun problema con nessuna attività paranormale, occulta o demoniaca—va bene tutto, basta che non compaia la parola “orco”.

Questa non l’ho capita. A parte la tristissima battuta su ragazzeVSfantasy, che è degna di un fratboy[1], complimentoni per la citazione da Matrix: Revolutions, uno dei film di fantascienza più brutti e cretini del secolo (consiglio la visione di questo commento). Peraltro, wow, orchi, in ASoIaF PULLULANO! Ma che sto a criticare, ‘sto tizio non sa n’asega della storia, per sua stessa ammissione.

Ma il fantasy di ascendenza inglese è una cosa che non sono mai stato in grado di sopportare. È una ascendenza che racchiude tutto dalla musica dei Pink Floyd e da quei libri in cui servono i dadi per leggerli. L’ho sempre vista come una cultura che di solito è oggetto di venerazione da parte di persone che non sono in grado di rapportarsi con il caos del mondo reale: i suoi genocidi, il suo dolore, le sue schifezze, le sue mode in continua evoluzione, i suoi fanatismi religiosi.


BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAahhhhahahhhhhhrgh*soffoca*

“Fantasy di ascendenza inglese” che cazzo vuol dire? Rowling, Pratchett, Tolkien, STESSA ROBA, guarda, identica!

Per carità, io non ho nulla contro la gente a cui non piace il fantasy. A me non piace la letteratura rosa. Sono sicura che da qualche parte ci sono dei libri tutti incentrati su storie d’amore che sono scritti benissimo, con personaggi ottimi e quant’altro. E magari mi piacerebbero. Ma non è un genere che di solito mi garba e lo evito, preferisco buttarmi su roba che so mi piacerà quasi di sicuro (o che mi farà fare delle matte risate, ciao Vanni Santoni!).

Ma prego contemplare la crassa ignoranza del genere (di cui non sai niente ma su cui stai scrivendo un articolo) e la condiscendenza per tutti quei poveri gonzi che si rifugiano in romanzetti di elfi e nani perché non sono in grado di fare i conti con la dura, crudele realtà *violini strazianti in sottofondo*.

Perché mai fantasy e fantascienza si sono occupati di temi reali e crudeli (Soylent green? Che cazzo è Soylent green? Brave new world? Eh? 1984? La prigione della libertà? Che? E non cito tutti i libri di Bacigalupi ambientati nel raccapricciante mondo del Post-Global Warming…). Inoltre è chiaro che se leggi fantasy non ti occupi mai di problemi reali. Per definizione! Che è un po’ come dire che tutte le donne che guardano Sex and the city sono rincretinite romanticone che leggono solo Vogue e Donna moderna, e che tutti quelli che guardano History channel sono dei ritardati mentali sol cappellino di stagnola e il tatuaggio WeLoveRagnar.

Qualcuno mi darà del luddista per questa mia incapacità di sopportare il fantasy.

No, ti diamo dell’ignorante, dello sputasentenze, del superficiale, non del luddista. Non vedo proprio che cazzo c’entri il luddismo con questo articolo, ma forse non sono abbastanza ubriaca. O Clive Martin non sa cosa vuol dire Luddismo. Insomma, è una delle due.

Credo che il mio vero problema sia che molte delle caratteristiche del fantasy sembrano derivare da una visione del mondo molto antiquata e conservatrice.

E’ normale che ti sembri così, dopotutto non sai una sega del genere per tua stessa ammissione. E siamo d’accordo, potrebbe davvero essere un problema strutturale.

Forse se Game of Thrones fosse ambientato in terre davvero immaginarie o futuristiche potrei guardarlo in uno stato di sospensione dell’incredulità. Non ho avuto alcun problema a credere a Blade Runner, ma GoT e gran parte delle opere di genere fantasy sembrano rappresentare soltanto una versione imbastardita dell’Inghilterra del 1930.


RAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHRGAHAHAHAHAHAHAHAhhhhhlapanciamioDio!

Che vuol dire? “Terre davvero immaginarie”? Guarda, non voglio sembrare snob, ma GoT non si ambienta nel mondo reale. Si tratta proprio di terre immaginarie. Sai, non so se hai notato, ma sul nostro pianeta le stagioni non durano anni, gli zombie non esistono e i draghi sono tutti celiaci e amanti degli Abba (in-joke per aficionados).

Quanto alla versione imbastardita del 1930, io ero rimasta che l’ispirazione era, tra le altre, la Guerra delle due Rose, un po’ prima del 1930.

Poi c’è il problema del sesso. Il Signore degli Anelli—anche se c’erano Viggo Mortensen, Orlando Bloom e Liv Tyler—è riuscito ad evitare brillantemente qualsiasi cosa fosse anche solo vagamente sessuale, fatto salvo per un po’ di scollature e qualche fugace bacio verso la fine. Per quel che ne so, in tutta la loro carriera i Pink Floyd hanno finto che il sesso non esistesse, e sono abbastanza certo che non ci siano pompini nel Mondo Disco. Invece in Game of Thrones ce ne sono tantissimi, stando a quanto dicono tutti ogni volta che se ne parla. Ottimo lavoro—individuare il problema e aggiungerci tette e cazzi

A parte il fatto che i riferimenti al sesso, nelle storie di Pratchett, ci sono e non sono nemmeno tanto rari (ma per saperlo avresti dovuto leggere i romanzi, che sbattimento!), ma decidi: sesso sì o sesso no? Peraltro Il Signore degli Anelli (romanzo) è scritto sul modello del poema cavalleresco. E non so se ti è mai capitato di leggere la Chanson de Roland o il Mabinogi, ma di scene di sesso descritte in dettaglio ce ne son pochine. Il signor Clive è uno di quelli che hanno sempre ragione:

-Che cagata ‘sti libri, sono così inverosimili, nessuno scopa mai!

-Beh, in questo romanzo scopano.

-Sì, vabbé, hanno individuato il problema e c’hanno messo tette e cazzi [Che suppongo voglia essere un commento denigratorio o una critica, ma non lo capisco. Qualcuno più intelligente di me può spiegarmi che minchia significa?]

A me sembra che questi libri, questi film, queste canzoni e queste serie tv su persone con strane orecchie che corrono per le montagne trafiggendosi l’un l’altra per mezzo di spade siano creati per persone che hanno problemi a capire gli altri esseri umani.

Disse colui che sta giudicando qualcosa che non conosce e che non gli interessa. Ovvio che ti sembri così, sei come Jon Snow.

Peraltro, ancora, pare che per costui “fantasy” si riduca a “high-fantasy con elfi”. Non solo è una visione caprina del genere, ma la cosa esilarante è che i libri di Martin non si accomunano nemmeno da lontano a quel genere! E’ un po’ come se io criticassi Don Quijote perché non c’è Magia.

E già che ci siamo, dove sono tutte le minoranze etniche nel Signore degli Anelli? È un’accusa comune mossa a un sacco di opere fantasy e probabilmente un appunto fatto da migliaia di cattivi comici. Ma questo non significa che dobbiamo ignorarla. Da una breve ricerca su Google, la giustificazione sembra essere che queste storie sono scritte come se facessero parte del folklore inglese. Ma, ragazzi, un momento. Non doveva essere fantasy? Quindi vanno bene gli orchi, i draghi, i nani ma niente neri? A me la cosa sembra un problema.

Sapevate che stava arrivando, ed eccola qui! Come nel bllximo articolo della Leone, non poteva mancare il bocchino pseudosociologico-psico-impegnato-FreeGaza-NoTav! La ciliegina sulla torta di cacca, pancia mia fatti capanna! (E non guardatemi male, so che ci sono altri coprofagi in sala!)

Potrà sembrare impensabile, ma i neri NON fanno parte del folklore inglese. E ad ogni modo il mondo di Tolkien è fortemente ispirato all’Europa Medievale. Hai presente, pochi traffici, pochi scambi, poca gente su tanto posto… Nel background geografico, tecnologico, culturale, economico e politico de Lord of the Rings, è normale che la gente si mischi poco. Sarebbe anzi molto poco verosimile avere gente esotica così a muzzo in villaggetti remoti. E ad ogni modo i neri nel Mondo di Tolkien ci sono eccome (Haradrim ed Easterlings). Sai, Tolkien ha i suoi difetti, piace o non piace, ma sul worldbuilding c’è veramente poco da dire. Lo sapresti se avessi letto il libro, ma dopotutto scrivere un articolo di roba che non conosci e che non ti interessa è il marchio dell’odierno giornalista.

Certo, mi dirai, i neri ci sono ma sono cattivi!

No, sono nemici. Non necessariamente cattivi. Anzi, l’unica scena in cui uno di loro è visto da vicino, sono trattati con notevole empatia:

[Un sudrone è appena caduto nella buca dove si acquatta Sam]

«…improvvisamente un Uomo cadde proprio dall’orlo della loro conca, quasi sulle loro teste, piombando fra gli esili arbusti. Giacque immobile nelle felci a pochi passi di distanza, bocconi, con frecce dalle verdi piume che gli trafiggevano il collo appena più in basso del collare d’oro. I suoi abiti rossi erano laceri, la cotta di piastrine d’ottone strappata e deforme, le nere trecce adorne d’oro fradice di sangue. La bruna mano stringeva ancora l’elsa di una spada rotta.
Era per Sam la prima immagine di una battaglia di Uomini contro Uomini, e non gli piacque. Era contento di non poter vedere il viso del morto. Avrebbe voluto sapere da dove veniva e come si chiamava quell’Uomo, se era davvero di animo malvagio, o se non erano state piuttosto menzogne e minacce a costringerlo ad una lunga marcia lontano da casa; se non avrebbe invece preferito restarsene lì in pace… »

Il Signore degli Anelli, ed. Rusconi, 1989, p. 799

Come ho detto, non ho mai guardato Game of Thrones. E chissà—magari è bellissimo. Magari un giorno sarò in grado di mettere da parte tutti i miei pregiudizi. Ma per ora non riesco ad andare oltre quei cazzo di orchi.

Orchi che non esistono nell’Universo di Martin, stai sereno. Caro Clive, non gliene frega un cazzo a nessuno se un giorno guarderai GoT. Quello che fraga, è che te hai la fortuna di scrivere su Vice. A meno che tu non stia lavorando aggratis per “far curriculum”, per favore, abbi rispetto per tutti quelli che si trovano a far gli sguatteri e almeno provaci a fare un lavoro decente. Perché la “lagna su una roba di cui non so niente né mi frega niente” non è un lavoro decente.

Ma non sono l’unica a pensarla così: un collega di Clive Martin, Harry Cheadle, ha risposto con un articolo gemello! Come se l’è cavata costui?

H o sentito che non ti piace una serie tv che non hai mai visto. Scrivere di quanto odi Game of Thrones pur rifiutandoti di guardarlo è stato un modo utile e costruttivo di passare il tuo tempo, ma dopo aver letto della tua “innata avversione per tutto ciò che può essere definito fantasy” ho pensato di dover dedicare qualche minuto a rispondere alle tue critiche a un genere e a una sottocultura di cui dichiari fieramente di non sapere nulla. Considera questo pezzo un amichevole “Taci!” da parte di un collega dall’altro lato dell’Atlantico

Promette bene!

Quello che mi infastidisce è che il tuo disprezzo per il fantasy sia basato su stereotipi datati e sul Signore degli Anelli, che è come se io mi immaginassi l’Inghilterra come un posto pieno di tizi che somigliano a Winston Churchill e bevono birra calda.

Amen. Harry se la cava molto meglio. Purtroppo non può durare.

Ok, qui hai ragione—gran parte delle opere fantasy sono scritte da bianchi appassionati di cose da bianchi come la storia militare europea e la mitologia celtica. Alcuni di loro sono anche abbastanza conservatori e il genere non è famoso per la sua apertura nei confronti dei personaggi femminili.

Scrittori bianchi. Scrittori bianchi! Del cielo numi!
Sul serio, un bel romanzo è un bel romanzo, fregancazzo il colore della mano che lo scrive. Se poi l’”Ecumene europea” ha offerto più spunti di altra roba per il fantasy anglosassone, perdonami un goliardico ma grazie al cazzo. Figurati che il fantasy giapponese si ispira un sacco spesso al folklore e agli elementi di cultura nipponica. Incredibile eh? Sì, esiste il fantasy anche in Giappone. Esiste in India. E non è né bizzarro né problematico che gli scrittori traggano ispirazione da elementi della loro cultura. Il punto è: i libri che scrivono sono belli oppure no? Sono ben scritti oppure no?

Peraltro sottintendere che ai non-bianchi non interessi la cultura celtica o altra “roba da bianchi” è ridicolo. Quanti manga esistono ispirati a storia/folklore/mitologia europea?

Per i personaggi femminili, ci sono chiari esempi di personaggi di primo piano. Senza citare le numerose donne di Martin, abbiamo le numerose donne di Pratchett (la piccola Tiffany, la sepolcrale Susan, o la cazzuta Adore Belle Dearheart, o la mia preferita in assoluto, Angua, e solo per citarne 4), abbiamo Paksenarrion (che debutta in un romanzo scritto di merda ma è pur sempre una donna soldato competente nel ruolo di protagonista), abbiamo Pima e Nita, Emiko e Kanya dall’universo di Bacigalupi, anche in Tolkien, dove le donne sono poche, abbiamo Galadriel ed Eowin, due personaggi importantissimi (nel libro) e trattati con rispetto. Sto citando a braccio, eh.

Ora, non voglio dire che i personaggi femminili ben costruiti abbondino nella letteratura fantastica. Come avrete notato, quasi tutti i personaggi citati vengono da BUONI libri. Più in generale le donne sono spesso dei cliché che camminano, e ancora di più da quando c’è stato il boom del Paranormal Romance (la Meyer ha avuto l’effetto di una bomba a neutroni su tanti cervelli femminili…). Ma non riguarda solo il fantasy: in generale le donne sono spesso rese in modo stereotipato. Come anche gli uomini. Perché in generale si scrive un sacco di merda.

Sul fatto poi che gli scrittori “bianchi” si scorpaccino di storia militare europea, ti prego Harry, prendimi per mano e lasciami vivere nel tuo mondo immaginario per un quarto d’ora!

Ci sono più cazzate tattiche in 10 pagine di un romanzo a caso che nell’intera Campagna di Russia. Trovare libri in cui lo scrittore parla di guerra E ha le basi minime per farlo è come cercare un filo di paglia in un mucchio di aghi.

Di nuovo, sì, il fantasy è un genere da bianchi, anche se qua e là si possono trovare sprazzi di diversità. Ma non è un problema specifico del fantasy—anche alcuni degli autori che dici di aver letto, Kerouac e Salinger, non hanno mai affrontato il tema della razza, e probabilmente loro hanno anche meno scuse.

Ma è un problema?

Intendiamoci, in un articolo di Vice fatto ammodo, uno sceneggiatore affermava che nelle serie italiane non ci sono personaggi omosessuali perché dall’alto viene chiaramente vietato di scriverne. QUESTO è un problema, perché si sta operando una censura bigotta. Non mi pare che ci sia lo stesso guaio nella storia fantastica. La maggior parte dei personaggi sono bianchi, ok. Quindi? E’ verosimile nella trama? E’ problematico?

Perché se giochiamo al “questo libro non è serio perché non è socialmente impegnato”, allora nessun libro è bello, perché nessun libro parla di TUTTE le minoranze.

Te ti lamenti che non ci sono neri? Ah, e io voglio vedere più personaggi gay! Anzi, voglio vedere personaggi che fanno la raccolta differenziata. Perché non c’è mai un personaggio con la scoliosi? Per una che avrà una gobba come Igor, mi sento molto offesa da questa mancanza! Che, ce l’avete con gli handicappati?

Se a molti lettori di fantasy piace evadere dalla realtà leggendo storie di terre misteriose e di persone comuni che diventano eroi è perché questi lettori sono stati bullizzati e emarginati dagli altri e, be’, come si può biasimarli?

Grazie Madre Teresa, ma anche no, eh ? Il fantasy ben fatto piace perché dà sense of wonder, è come fare un viaggio in una terra lontana. Fine. Lo psicodramma dei poveri ve lo potete anche tenere. C’è che è stato bullizzato, chi no, chi a volte sì e a volte no, evitiamo le bischerate eh. Che sennò è un po’ come dire che tutti quelli che leggono thriller hanno vite vuote e monotone, e tutti quelli che leggono storie di guerra sono fascistoni assetati di sangue che sognano di sterminare popoli interi.

In conclusione, il signor Harry conosce il genere certamente meglio del signor Clive, ma la sua risposta lascia comunque a desiderare. Mi aspettavo qualcosa di più, specie quando l’articolo da criticare offriva bersagli così facili. Ma pazienza.

Stretta è la foglia, larga è la via,

Facciamo che ci beviamo sopra anche se non fa rima ?

MUSICA ! (Chi altri giocava a Prince of Persia warrior within? Una delle tamarrate che mi resteranno sempre nel cuore!)


 

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO : sto finendo di scrivere la tesi e sono nello stallatico fino agli occhi (o anche « sono nei romanzi di Altieri fino agli occhi ». Gli articoli « seri » e « impegnati » riprenderanno non appena mi sono liberata di questa triviale incombenza che si chiama Laurea Specialistica. Chuss !

[1] Fratboy, creatura tristissima da tutti i punti di vista. Sì, sto generalizzando. Ma almeno io ne sono cosciente.

Noli timere messorem

Oggi è morto Terry Pratchett.

Pratchett è stato uno dei migliori e più prolifici scrittori dei nostri anni. Ho letto più di una venticinquina dei suoi libri, e non ho mai trovato una trama ripetitiva o un messaggio cacciato in gola a martellate o un personaggio mal costruito. Non tutti i suoi romanzi erano della stessa qualità, ma il peggiore che abbia mai scritto era divertente, i migliori sono perle di genialità.

Pratchett ha scritto una quarantina di romanzi sul Mondo Disco, più storie brevi, saggi, racconti… Era una fonte inesauribile di umorismo e fantasia, e adesso il mondo è un po’ meno interessante.

So che c’era da aspettarselo (era malato da tanto tempo), ma per il momento non riesco ad agguantare davvero l’idea che non scriverà più. Lo so che non scriverà più, ma non ci credo ancora. Quest’uomo è riuscito a farmi ridere e divertirmi mentre ero inchiodata a letto con ustioni di secondo grado su tutto il corpo. Mi ha strappato un sorriso durante il lutto per il mio migliore amico. Avrei voluto che fosse immortale per poter raccontare storie all’infinito.

Anche la sua clessidra è finita. Mi sembra che con lui siano morti tutti i personaggi che ho amato così tanto. Carota, Scuotivento, Cohen il Barbaro, il Professor Ridcully… anche MORTE, uno dei personaggi migliori di sempre.
Per celebrarlo, eccovi una storia breve di sua mano. E’ bella, è divertente, è tipicamente Pratchett: Death and What Comes Next.

Se non avete mai letto nulla di lui, fatelo. Un libro a caso, sono tutti carini o belli o bellissimi, sono tutti divertenti o geniali, sono tutti fantasiosi. Molti sono tradotti in italiano, ma consiglio la lettura in inglese: rendere fino in fondo lo stile e l’umorismo di Pratchett è impossibile.
Per chi non lo conosce, consiglio:

The colour of Magic, il primo libro della saga del Mondo Disco.

Mort, la storia dell’assistente di MORTE.

Pyramids, una storia di Assassini, Dei, piramidi e paradossi geometrici. Uno dei suoi romanzi migliori a parer mio.

La Trilogia delle Guardie Cittadine: Guards! Guards!Men at armsFeet of clay. Sono tre dei romanzi più belli che abbia mai letto.

Moving Pictures, con 1000 elefanti!

 

Musica.

 

Giochi di ruolo e satanismo: una spassosa commedia

[ACHTUNG! Questo articolo è strutturato in due parti, una for the LULZ, e una su un film che consiglio. Se non siete in vena di idiozia estemporanea, pigiate Control+F e andate direttamente a Knights of Badassdom. Buon Natale!]

E’ Natale, e siamo tutti più buoni, ma non fatevi ingannare dall’atmosfera. Mentre voi ignari consumate lauti pasti, scartate doni e profferite menzogne del tipo “Oh, zia Ludmilla, CHE PIACERE RIVEDERTI!”, un pericolo infido cinge la nostra società.

Un bisbetico Natale a tutti voi!

Non ve ne siete accorti, o stolti, siete accecati dal consumismo e dalla vita borghese. Ma la minaccia esiste. E’ qui ormai. E’ nelle vostre città, nel vostro quartiere, allunga i suoi tentacoli fin nel cuore della vostra famiglia.

No, non sto parlando del Comunismo.

Molto peggio.

Sto parlando dei GIOCHI DI RUOLO.

Grazie a Thor abbiamo siti seri come Papaboys.org che ci mettono in guardia.

Questo articolo mi fu segnalato qualche settimana fa. Ci ho messo diversi giorni a superare la crisi mistica dovuta alla realizzazione che sì, un sito del genere esiste.

L’espansione della pratica dei giochi di ruolo ha sollevato da più parti perplessità e allarme: l’ambientazione spesso irreale o truculenta, il carattere totalizzante e la lunga durata di questi “giochi ” porterebbe a fenomeni di alienazione e dipendenza fra i praticanti. L’articolo che segue prende dettagliatamente in esame il rischio reale.

Inizio col botto con l’”ambientazione irreale” (Noh, sul serio?!) e “truculenta”. Perché mai prima di questi infami giochi di ruolo i ragazzi hanno fatto giochi truculenti! Prima dei giochi di ruolo non si è mai giocato alla guerra, non si sono mai raccontate storie di paura, non si è mai fatta la lotta tra coetanei.

Divertente anche l’idea che i giochi di ruolo siano gli unici ad essere lunghi e totalizzanti. Evidentemente il signor Montani e il signor Gerra non hanno mai giocato a Monopoly. Ho visto matrimoni decennali finiti in divorzio per una sosta in Parco della Vittoria con albergo.

La diffusione del “giochi dl ruolo” tra gli adolescenti, nell’età della difficile ricerca personale, è estremamente preoccupante e dovrebbe suscitare interrogativi non banali negli adulti. L’impiego di questo materiale riguarda un gran numero di giovani, a diversi livelli di coinvolgimento psichico ed emozionale, con conseguenze sul comportamento che non è semplice valutare.

Perché i “giochi di ruolo” (queste bizzarre pratiche esoteriche) sono roba da adolescenti. Li hanno inventati da poco dopotutto! Infatti la prima edizione di Dungeons&Dragons è appena del 1974. Ops.

Si direbbe che una certa fetta di quegli adulti che dovrebbero porsi “interrogativi non banali” siano, a loro volta, ruolisti. E si direbbe quasi (QUASI) che chi ha scritto questo articolo non sappia di cosa sta parlando. E’ senz’altro un’impressione mia.

Dopotutto, dopo 40 anni tondi di giochi di ruolo, possiamo tutti constatare l’impatto statistico che ha avuto sulla società occidentale! Più precisamente: ha fatto divertire dei gruppi di amici! No, dico rendetevi conto!

Certo non è sensato liquidare il problema sbrigativamente, considerando questa, al pari di altre, la moda legata ad una effimera sottocultura: troppo evidente è la difficoltà degli adolescenti del nostro tempo a pensare un proprio futuro, a riconoscere la propria identità sostanziale, a polarizzare l’esistenza rispetto ai sistemi dei valori, per sottovalutare strumenti “ricreazionali” che proprio con l’identità inducono a giocare.

“Effimera sottocultura”. Effimera dal 1974.

E adolescenti che hanno difficoltà a trovare la propria identità? Oibò, che fenomeno novello! Ai miei tempi nessuno aveva difficoltà a trovare la propria identità o i propri valori. Invece oggigiorno la gente gioca a Pendragon, e prima che i genitori se ne accorgano, paffete, sono diventati tutti omosessuali!

Se invece giocano a D&D diventano tutti elfi, che più o meno siamo lì.

Appunto…

E ancora la diffusione di disordini psicologici e comportamentali che includono la ricerca delle “sensazioni forti”‘, al di fuori di un quotidiano grigio, la incapacità a distinguere tra reale e virtuale, la povertà di percezione e comunicazione delle emozioni suggeriscono la possibile corrispondenza ambigua di questi “giochi alle patologie sociali emergenti.

Ma ci mancherebbe altro! Nessuno prima del 1974 ha mai cercato “sensazioni forti”, soprattutto non tra i ragazzi. E quale sballo più estremo che giocare a dadi?

Non crediate che patologie, angosce e smarrimento abbiano qualcosa a che fare con l’attuale crisi economica e culturale. Col fatto che dal 2008 è ormai è chiaro che il domani sarà più gramo di ieri.

O col fatto che i mezzi di informazione siano impestati da opinionisti che danno il proprio giudizio su argomenti di cui non sanno niente.

L’ambientazione dei giochi include, nella migliore delle ipotesi, il mondo magico, del mistero, pieno di incantesimi, maghi, fate, elfi, guerrieri mitici; tematica classica lo scontro tra il guerriero buono e il potente malvagio: l’adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili e di insormontabili maledizioni, si immedesima in una cornice piena di ultra-poteri e di mitologie che pongono ristretti limiti alla libertà della persona.

Nella migliore delle ipotesi si tratta di un mondo magico! Cioè, rendetevi conto! Un mondo magico! E perché non pagano a questo punto? In tempi più civili li avremmo bruciati tutti.

“L’adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili e insormontabili maledizioni”.

Cose che non esistevano prima dei Giochi di Ruolo. Ho sentito di una recente pièce di teatro, si chiama mi pare Antigone, di un tale Sofocle o qualcosa del genere (non seguo molto i drammaturghi contemporanei). Pare sia ispirata proprio a una partita di Might and Magic, una cosa indecente: destino ineluttabile e insormontabili maledizioni a pioggia!

Certo, per evitare di scrivere cose del genere basterebbe, non so, aver fatto il liceo.

Peraltro, guai ad avere libertà in un gioco. I giochi devono essere tutti ben incasellati e rinchiusi in regole morali e dettami, altrimenti corri il rischio di divertirti e non diventare un frustrato aggressivo!

Nei casi peggiori, e molto frequenti, l’ambiente dei giochi è quello dei mostri, dei vampiri, dell’horror più cruento, dell’occulto e dei riti iniziatici. Si va dagli amuleti stregati all’immedesimarsi nel divorare carogne e al rivivere di cadaveri: un supermercato del sacro, dell’”aldilà” e del sacro-satanico non lontano dal modo di pensare che conduce ad aderire a gruppi o sette di questo settore.

Eh già, uno comincia col giocare a roba horror e finisce a sbudellare vergini. Sempre proprio. E se statisticamente questa affermazione pare stupida, aspettate e vedrete, si avvererà! Come tutte le altre Nostradamate dei clericali. Tipo il Rock Musica del Diavolo, Madonna Fine dell’Occidente e il Metal Invenzione dell’Anticristo.

Il bravo giocatore è quello che sa immedesimarsi meglio nel ruolo prescelto o assegnato

Vale anche per il bravo attore. Infatti dovremmo proibire i teatri, come diceva il savio Tertulliano.

viene molto apprezzato per le soluzioni intelligenti, per le risorse personali che sa tirare fuori per districarsi nei passaggi più difficili del gioco

Che schifo, un gioco che glorifica un ideale di intelligenza e inventiva!

i giochi di ruolo sono per gente “smart”, intelligente, brillante, astuta che guarda dall’alto in basso chi si accontenta degli spaghetti, della fidanzata e della vita reale

Perché chi gioca di ruolo non mangia spaghetti. Inoltre, non esistono ragazze tra i giocatori di ruolo. E nessuno di loro ha un lavoro o una vita al di là del gioco. NESSUNO.

Fatta eccezione per la stragrande maggioranza, ovviamente.

Il fatto più inquietante è che la metodologia di tali giochi presenta forti assonanze e probabilmente una origine comune con modalità utilizzate all’interno di particolari forme di psicoterapia di gruppo: in questo ambito il terapeuta, conducendo il gruppo utilizza l’assunzione di ruoli per i pazienti, al fine di far emergere aspetti interiori inespressi, facilitare l’introspezione, rimuovere inibizioni, suggerire strategie di cura e ottenere effetti catartici.

Questo paragrafo è tragico! “Facciamo che te eri… e che io ero…” è la base di qualsiasi gioco!

Amici cari, vi è mai capitato di giocare con qualcuno? E’ bello, sapete? Anche se si è adulti.

Diviene impensabile che strumenti così delicati, utilizzati da terapeuti abilitati, nei limiti di ben precisi vincoli deontologici, e con competenze specifiche, vengano impiegati in modo aspecifico, dati in pasto, attraverso dettagliatissimi “manuali”, a chiunque li acquisti.

Con questa logica qualunque attore dovrebbe essere uno psicopatico maniaco-depressivo. Ma ancora, forse costoro sono dei grandi fan di Tertulliano.

Il leader naturale di un gruppo dl adolescenti verrà dotato, attraverso il gioco, di approfonditi elementi metodologici per indurre altri nei ruoli previsti dal gioco stesso: il manuale gli suggerisce tutti i fattori necessari, gli atteggiamenti, i comportamenti, il modo di sentire e di pensare: le sue capacità carismatiche verranno ampliate da questa “dotazione” senza che alcun riferimento etico sia garantito: si vede con facilità il rischio dell’ instaurarsi di dipendenze e sudditanze, di prevaricazioni e strumentalizzazioni che esulano dalle normali dinamiche di un gruppo adolescenziale.

Prevaricazione e prepotenze in un gruppo di adolescenti? Solo tra chi gioca di ruolo!

Nella mia esperienza empirica è casomai il contrario, ma che ne so io, sono una ianua diaboli (peraltro con perniciose ascendenze giudaiche e deicide).

La cosa diviene ancor più seria se si considerano i tempi del gioco: non si tratta di incarnare il ruolo di un personaggio fantastico per una o due sere, ma per molti mesi di seguito: occorre immaginare come ci si sente rivestendo il carattere del killer, del vampiro, della vittima, dell’ impiccato o dell’oste menzognero per 12 – 18 mesi.

Chi di voi non gioca da 18 mesi il ruolo dell’Oste Menzognero? E’ uno dei pg più popolari! O della vittima? E’ divertentissimo: comincia la partita, te muori e resti morto per i successivi 18 mesi! Uno sballo assurdo!

E non parliamo dell’impiccato, il pg più creativo di qualsiasi manuale! Quello è anche meglio: il gioco comincia e te non ci sei perché sei morto. Dopo 18 mesi gli amici ti telefono e ti avvertono che hai giocato l’impiccato. Puro delirio!

Il leader del gruppo diviene un “master”, un coordinatore-facilitatore che ha il compito di condurre il gioco: di solito personalità “dominanti”, ad elevata autostima, forte determinazione, spunti di tipo narcisistico-istrionico assumono il ruolo di master; questi soggetti tradiscono una forte aggressività rivolta verso gli altri, ma la capacità di controllare i pari senza prevaricazioni aperte o cruente.

Me lo ha detto zia Ludmilla! Deve essere vero!

I soggetti alla ricerca di identità, piu attratti da prospettive ideali, che trovano disattese nella società reale, con caratteri di fondo non lontani dal pattern depressivo, o con personalità passivo-dipendente, si adattano al ruolo di giocatore e ricevono punto per punto dal manuale le informazioni necessarie alla definizione di sè: come devono essere “fisicamente”, come sentirsi psicologicarnente, quali atteggiamenti assumere: un vero e proprio stato di dipendenza può instaurarsi nei confronti del master: “Tutto dipende dalla bravura del master – ammette un giocatore di diciotto anni – se ci sa fare il gioco diventa straordinario” ; il ritorno ad una realtà senza ruoli predefiniti e senza guida può essere disorientante.

Solo i perdenti si divertono e giocano insieme, i veri vincenti mangiano gli spaghetti. E avrete notato quanta gente convinta di essere un nano, dal 1974 a oggi. Pletore di disadattati che non hanno famiglia o lavoro e che parlano solo in Adûnaico senza nemmeno i rudimenti base di Ovestron. Sono ovunque!

[Il master] Permette di scegliere i personaggi o li assegna a seconda delle caratteristiche dei giocatori: anche in questo caso un ambito ricreazionale di apparente libertà si trasforma in luogo di stigmatizzazione, nell’assegnazione di “etichette” che, della persona, pretendono di esaurire le potenzialità in modo rigido e riduttivo.

Detto da parte di chi sta etichettando tutti i giocatori dal 1974 a oggi come “falliti senza vita sociale, disadattati psico-dipendenti, satanisti in fieri” non è male. Dopo un articolo zeppo di imprecisioni, stereotipi e bischerate per sentito dire, una bella uscita inconsciamente autoironica ci sta a ciccio di sedano.

Il gioco è tutto mentale, non fisico, non agito: le paure o l’impatto con la concretezza, con la vita misurabile, con “l’alterità” degli altri senza mediazioni sono rimandati a un futuro senza definizione; il virtuale fa da ricettacolo per la sensazione di inadeguatezza a relazioni interpersonali “vere”‘, fatte anche di accettazione dei propri limiti e dei problemi degli altri.

“Non agito”. Che? Gioco di Ruolo dal Vivo? Che è?

Le conseguenze di quest’immersione nel virtuale, che si estendono alla vita di tutti i giorni, hanno proporzioni non valutabili. I rapporti sessuali al di fuori della coppia stabile sono liberati da “fastidiosi sensi di colpa” se avvengono in conseguenza dell’assunzione di un ruolo per gioco: la violenza o i comportamenti autodistruttivi non sei tu che li agisci, ma il tuo personaggio che ti è rimasto “appiccicato” addosso, quindi sono resi più giustificabili.

-Porco, mi hai tradita con la mia migliore amica!

-Ma tesoro, stavamo giocando a Sodoma&Tentacles, era volere del Master!

-Oh, allora va bene. Scusami se ho frainteso.

Se da un lato la violenza e l’ambiguità, il sangue e l’onnipotenza sono i fattori determinanti comuni di queste trame, dall’altro una vera e propria esplicitata intenzione all’esplorazione dell’insight, del sè profondo, è oggetto di specifici glochi.

Trame interessanti e personaggi ben sfaccettati?

Amici cari, avete mai letto un romanzo ispirato a una ruolata? Fidatevi, non c’è rischio.

Sul gioco Kult c’è scritto: “Pericoloso: questo gioco conduce ad esplorare aspetti oscuri della tua anima; questo può arrecare disturbo a qualcuno: vietato ai minori di anni 16″ : quale sia la finalità di sintetizzare aspetti profondi di sè all’interno di un gioco non è facile intuire: certo l’aspettativa di un feeling interpersonale non superficiale, nelle dinamiche di gruppo, si va affermando sempre più e la stessa aspettativa è espressa dai consumatori di pastiglie nelle discoteche, i derivati anfetaminici definiti, proprio per il loro ruolo “‘entactogeni”.

Voler un rapporto non superficiale col proprio gruppo di amici? Come impasticcarsi in discoteca. Uguale. Anzi, i giocatori sono soliti impasticcarsi ruolando su piste da ballo con palle stroboscopiche sulle note di Born this way. Di solito la partita finisce quando qualcuno ingolla il dado da 20.

Questo conoscersi fino in fondo ed esprimere agli altri la propria identità sostanziale risponde da un lato ad una esigenza positiva, ma c’è da chiedersi come mai debba essere mediato, nel nostro tempo, dal gioco o dai farmaci: ancora ci si deve interrogare riguardo ai limiti e alle violazioni degli stessi nell’ambito di una strumentale “divulgazione”‘ della propria intimità.

Si comincia coi giochi di ruolo e si finisce col sesso prematrimoniale. Meditate, gente, meditate!

“Ah, certo” – dice il commerciante – “Se poi qualcuno ha difficoltà personali, e interpreta le cose in modo autodistruttivo, non dipende certo dal gioco” : anche in questo caso la società adulta abdica alla responsabilità di tutelare proprio le persone più fragili… Un mondo di gente “‘solida” e sicura che prevede di generare per certo figli stabili e incondizionati: un mondo di “vincitori” che non hanno tempo per i perdenti e i falliti!

Brinda la supercazzola con scappellamento a destra manco fosse antani!

Da ultimo va rilevato che l’impiego di sostanze psicoattive, in particolare le metamfetamine e le incontrollabili nuove generazioni di stimolanti sintetici, si sposa perfettamente con le esigenze dei partecipanti al giochi di ruolo: queste droghe aumentano, durante l’effetto acuto, l’energia, l’intuito e la concentrazione, ma contemporaneamente conferiscono disinibizione associata ad un blando distacco dalla realtà: niente di meglio come veicolo per migliori livelli di immedesimazione nel ruolo fantastico, per affievolire ancor più i confini tra verità e sogno, nella apparente valorizzazione della propria “smartness” (lucidità, intelligenza). E, d’altro canto, proprio le alterazioni biochimiche cerebrali indotte dall’ecstasy e dalle droghe analoghe, con le associate turbe del tono dell’umore e dell’identità, potranno, all’interno di un circolo vizioso, indurre di nuovo alla dipendenza da relazioni interpersonali esclusivamente inquadrate attraverso le regole dei giochi di ruolo.

Perché sempre chi gioca di ruolo si sfa’ di pasticche. Quando compri i dadi, la prima dose di anfetamine è in omaggio, it is known. L’altro giorno volevamo farci una ruolata di Sì, signore oscuro, ma mi ero scordata la pipa da crack, e ho dovuto farmela prestare. Il guaio è che me ne hanno prestata una sfigata e la partita m’è andata malissimo. Un disastro proprio.

Tirando le somme, se giocate di ruolo vi destrutturate il cervello, vi drogate, fate messe nere e perdete la verginità prima dei 35 anni.

Cosa aspettate a cominciare?

Per finire, vorrei consigliare caldamente un film sull’argomento:

Knights of Badassdom

 

Si tratta di una commedia noir americana del 2013, diretta da Joe Lynch e scritta da Kevin Dreyfuss e Matt Wall.

Il giovane Joe, meccanico e musicista di Doom Metal a tempo perso, rompe brutalmente con la fidanzata. Depresso e disperato, si fa trascinare da due amici Eric e Hung (Steve Zahn e il grandissimo Peter Dinklage) a un grande raduno di Gioco di Ruolo dal vivo.

Dopo un primo momento di ritrosia (Joe non gioca da anni ormai, né è in vena al momento) il nostro eroe accetta di restare. Per inserirlo nell’avventura, Eric deve eseguire un rito magico.

Problema: il rito riesce.

Riesce davvero. Un demone viene evocato. Non solo, il demone prende la forma della ragazza di Joe, ritratta su una foto che il nostro metallaro aveva in tasca.

E i giochi cominciano: decine di ruolisti riuniti per una grande battaglia fantasy, una ex-fidanzata antropofaga, un gruppo di stronzi di air-soft determinati a rovinare la festa, e i nostri, soli contro le forze del Male.

Huston, abbiamo un problema

Il soggetto potrà non essere originalissimo, ma la sceneggiatura è divertente e gli attori reggono molto bene i loro ruoli. Dreyfuss e Wall conoscono chiaramente l’ambiente e mettono insieme una commedia deliziosa. Il protagonista Joe e i suoi due amici sono personaggi simpatici a cui è facile affezionarsi. Cela va sans dire, Peter Dinklage è spettacolare e spakka abbelva fino alla fine.

I comprimari sono tutti memorabili e ben tratteggiati, in particolare il Master e Gunter, un maniaco che non esce mai dal personaggio.

C’è gore, ma niente di sconvolgente. Le secchiate di sangue sono abbastanza da essere divertenti, ma non troppe da stuccare.

Il finale riesce in un virtuosismo che francamente non vedevo da anni: la vittoria dell’Ammoreh non è né banale, né trita, né melensa. Il che prova che è possibile scrivere qualcosa in cui trionfa la Forza dell’Amore senza che lo spettatore debba vomitare arcobaleni di zucchero filato. Chapeau.

La casa di Eric è troppo grande e lussuosa per la fascia sociale dei protagonisti  
Il soggetto  
I protagonisti  
I comprimari  
Il villain  
L’autoironia  
La sceneggiatura  
Gunter  
La fine  

Il film è consigliatissimo. Non sarà la commedia del secolo, ma è certamente divertente e ben trovata.

E ora una canzone a tema: Unicorni zombie! MUSICA!

Gioia e banalità nella terra del pressappochismo

Tutti conoscono Licia Troisi. “Regina del Fantasy Italiano”, che è una carica simile a Regina della Gilda degli Accattoni in Ankh-Morpork. E’ la realizzazione dell’utopia Orwelliana del romanzo per prolet, in cui non c’è più nessun processo creativo, solo un riaccozzare stocastico di roba già fatta. Le protagoniste tutte identiche (con rare e saltuarie variazioni, tipo il colore dei capelli!), il deuteragonista sempre uguale, le dinamiche tra i due ripetitive e deprimenti… Tutto condito con una documentazione che brilla per la propria assenza. Ma perché parlo di lei oggi? Per molte ragioni:

  • Sono una gran nostalgica e una grande appassionata di trash. E sì, mi rendo conto che le due cose accoppiate abbiano una definizione clinica: necrocoprofagia. That’s me, a ognuno i propri fetish!
  • Per il grande decennale, sta per uscire Le storie perdute, un nuovo romanzo tutto su Nihal!
  • L’Espresso. E’ tutta colpa de L’Espresso (qui e qui).
  • Quattro

Cinzia Leone di L’Espresso mette insieme due delle pagine più surreali che abbia letto negli ultimi giorni. Ho deciso di condividerle, per la gioia degli altri necrocoprofagi (so che mi state leggendo, non fate finta di nulla!). Caveat: ho rispettato la police dell’articolo. La scelta di virgolette, strafalcioni e altre amenità non è mia. Sono innocente!

La spada! La SPADA!

Se il successo è una colpa, Licia Troisi, con i suoi quattro milioni di libri venduti in dieci anni, è una peccatrice incallita.

Se la mi’ nonna avesse le rote sarebbe ‘n tramvai. Sul serio, perché il successo dovrebbe essere un peccato? Mi sono persa un adagio popolare? O è solo un modo molto lame di attaccare la sviolinata?

Doppiamente viziosa perché il successo lo deve a draghi, cavalieri, gnomi, elfi, maghi, menestrelli, tiranni. A profezie, maledizioni, tradimenti e maschere di ferro. A bastioni infuocati e torri battute dal vento.

Oibò. Perché tutto ciò dovrebbe renderla più “viziosa”? Che senso ha? Forse Cinzia vuol dire “non solo ha avuto successo, ma ha avuto successo scrivendo roba inabituale”, ma non credo. Dopotutto, da quando i draghi e i cavalieri sono roba inabituale? Che io sappia sono due archetipi intramontabili della narrativa Europea. Forse vuol dire “non solo ha avuto successo, ma ha avuto successo scrivendo stupidaggini per ritardati mentali”. Ipotizzo io, potrei sbagliare. E vista la cattiva fama che macchia il fantasy in Italia, forse è questo il senso.

Il suo stile è pura narrazione

BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH Maremma ingrifata, che cosa diavolo vuol dire questo? Un romanzo in cui si racconta una storia? Parbleu, signori e signore, un momento di ammirazione attonita mi pare d’obbligo. O forse si celebra il fatto che Licia non ha inframezzato la narrazione con altra roba? Tipo ricette, opuscoli pubblicitari o digressioni sul prezzo delle zucchine?

Il suo genere è il Fantasy, quello che ha portato Tolkien sull’orlo del Nobel e la Rowlings in vetta alle classifiche.

Sorvolo sul fatto che Lord of the Rings è molto più affine all’epica medievale che non al romanzo fantasy, ma sorvolo solo perché… La RowlingS? Ho controllato, lo scrive davvero così! Che sia la gemella segreta della più celebre J. K. Rowling? O forse controllare lo spelling su wikipedia è troppo out per i giornalisti professionisti.

Come si fa a vendere quattro milioni di copie e vivere felici?

Domanda difficile. Non ce n’è una di scorta? Tipo “come si fa a vincere un abbonamento annuale dal birraio ed essere sbronzi?”

«Rimanendo con in piedi per terra» risponde, decisa, la Troisi.

Tradotto: sta robba non ti darà la pensione, sugar. Spara tre o quattro boiate commerciali e scappa col malloppo a trovarti un lavoro serio. Ora, io non ho niente contro la Troisi in quanto persona. Sì, la prendo in giro come autrice e per le bischerate che dice in pubblico, ma non ce l’ho con lei. Sono sicura che è una buona persona e una brava mamma. Però devo dirlo: il fatto che non ci abbia nemmeno provato a fare un lavoro serio come scrittrice mi picchia sul sistema, come dicono i mangiarane. L’etica del lavoro va bene in astrofisica, non con dei romanzi, voglio dire, i romanzi mica sono un vero lavoro… Mi urta che qualcuno che ha chiaramente zero rispetto per la professione di romanziere guadagni anche solo 10 euro. Mi irrita quando il lavoro approssimativo viene premiato e quando la mancanza di etica lavorativa viene sbandierata senza vergogna. Quindi sì, come scrittrice, la Licia mi raspa sui nervi, e non poco. Ma solo come scrittrice.

Per una scrittrice che si lascia travolgere da Regni sottomarini, Terre emerse, e Mondi sotterranei, non perdere la testa è fondamentale.

Vero. Dicci Licia, quanto era alta la Torre-Città in Nihal dalla Terra del Vento? O forse può dircelo la giornalista, che chiaramente conosce molto bene il corpus dell’autrice.

Il peccato richiede molto allenamento.

Ancora? Non è peccato far successo, è peccato lavorare a cazzo! E no, non richiede allenamento! O forse Cinzia sta insinuando che Licia si è allenata, ha lavorato sulla sua tecnica, la sua documentazione e le sue fonti? Nah, suvvia, siamo seri!

Licia comincia a poco più di 20 anni (è nata nel 1980). Mentre studia Astrofisica e medita una tesi sulle galassie nane, in un anno e mezzo scrive mille duecento pagine che le cambieranno la vita.

Scrivere mille e passa pagine non è allenamento di per sé. E’ come mettersi a fare pesi senza avere nessuna idea di come eseguire gli esercizi: ci si rovina il fisico e basta. Esercitarsi male è peggio che non esercitarsi proprio. Peraltro scrivere 1200 pagine di fuffa è una cazzata. Non ci vuole nulla a tirar giù mille pagine di bischerate. Dieci buone, quello è il difficile E lo ammetto, io sono lentissima a scrivere, mi faccio schifo da sola, ma milleduecento pagine in un anno e mezzo? Compresa una prima revisione, perché non credo che Licia abbia spedito alla Mondadori senza nemmeno una prima rudimentaria forma di correzione. Sono circa tre pagine al giorno, scritte, revisionate e corrette, ogni singolo giorno, per un anno e mezzo. Credibile. Poi uno si sorprende se sono milleduecento pagine di bolo.

Le spedisce a una piccola casa editrice, che le offre una pubblicazione a pagamento

How uncommon!

E alla Mondadori, dove Sandrone Dazieri le propone di dividerla in una triologia dal titolo “Cronache del Mondo Emerso”. Il primo volume, nel 2004, è stampato in 16 mila copie ma ne venderà 100 mila.

Sandrone, Sandrone, cosa faremmo senza di te…

In dieci anni, Licia sforna una ventina di libri: i nove delle tre triologie del Mondo Emerso, i sette de “La ragazza drago”, i tre de “I regni di Nashira” e poi “I dannati di Malva” e “Pandora”.   Scrive ogni giorno di draghi, elfi ed eroine dai capelli azzurri, ma nonostante le vendite stellari Licia non si monta la testa.

Da com’è formulata la frase, si direbbe quasi che l’opera della Licia nazionale sia banale e ripetitiva. Quasi.

Si laurea in Astrofisica, inizia il dottorato, si sposa e mette al mondo una bambina. Senza rinunciare alle sue quotidiane trenta vasche a stile libero.

Insomma, i suoi romanzi sono tutti ciofeche perché aveva di meglio da fare.

Scrivere è come nuotare e per emergere dalla massa Licia si tuffa a capofitto. Per respirare c’è tempo.

Scrivere è come nuotare? Oibò, come e in che senso? Licia emerge dalla massa? No, Licia per quello che scrive sparisce nella massa del pessimo fantasy pseudotolkeniano un tanto al chilo! L’unica cosa che tiene a galla Licia e i suoi libri è lo zatterone Mondadori, che può contare sull’artiglieria pesante di distribuzione, pubblicità e recensioni-marchetta (o di articoli pubblicitari, ahem). Mi piace anche l’idea che nell’acqua respirare è qualcosa per cui “c’è tempo”. Ora, io non sono una nuotatrice (ancorché padroneggio con mastria ed eleganza la tecnica “Cane che Affoga” e “Fai il Morto e Aspetta i Guardiacosta”, nonché uno stile di mia personale invenzione, il “Ferro da Stiro”), ma faccio sport regolarmente. E respirare è un attimino fondamentale.

E’ difficile lasciarsi andare? «Mi piacerebbe essere più leggera, ma voglio sempre dare il meglio di me: quando scruto le stelle o quando invento un personaggio.»

Risa isteriche a nastro.

Hai avuto un dottorato, Licia, non sminuire così il tuo lavoro scientifico! Sono sicura che sei una buona astrofisica!

Una peccatrice con troppo metodo insospettisce.

METODO! La Troisi avrebbe un METODO?! Ah già, L’Espresso. Dove scrive anche Lilin, il genio dei mirini ottici. Già già, dimentiavo.

Non frequenta i salotti televisivi. Non ha sponsor potenti. Ma a colpi di triologie la Troisi conquista le classifiche e il cuore di lettori fedelissimi che coltiva attraverso un blog molto seguito.

Sì, no, non rileggete. C’è scritto davvero. “Non ha sponsor potenti”. Mi sto sentendo male dalle risate! Peraltro, bella l’immagine della Troisi che percuote i suoi lettori a botte di triologie.

Il Fantasy è una droga e provoca dipendenza?

Sì, come le patatine al gusto pancetta fritte nel grasso di liposuzione. Hey, non guardatemi così! Sono saporitissime!

«Come le serie Tv. Se sono avvincenti danno assuefazione», sottolinea sorridendo.

Un buon romanzo invoglia a leggere. Licia di buoni romanzi non ne ha ancora scritti, che io sappia, ma la risposta ha senso. E la domanda era stupida, quindi direi complimenti a Licia (e per una volta non sto scherzando).

Mentre la letteratura conta i lettori perduti nel 2013, meno il 20 per cento, i generi letterari, dal rosa al giallo, dal noir all’horror passando per il fantasy, accusano lievi flessioni, difendendosi a colpi di trame avvincenti e serialità.

Questo paragrafo è così fuori del mondo che non so nemmeno da che parte cominciare. La letteratura ha perso un quinto dei lettori, ma i generi letterari tutti hanno accusato solo lievi flessioni. Come dire, Ferdinando II cannoneggia Messina, i civili riportano solo qualche livido. Peraltro Licia ti ha fatto il piacere di ribadire l’ovvio: le storie avvincenti invogliano a leggere. Per tua ammissione i lettori si stanno dileguando a frotte. Eppure, per una combo paradossale, i vari generi (tutti?) si difendono con trame avvincenti. Mi piace questo connubio tra “fuga dei lettori” e “fioritura concomitante di tutti i generi letterari”.

«Negli ultimi anni si è pensato che le trame non fossero indispensabili.»

Per una curiosa coincidenza, al ristorante se oltre al conto porti anche da mangiare, il cliente apprezza. Lo so, è incredibile!

«Ma i lettori le amano e, carta o e-book, quando acquistano scelgono di conseguenza.»

MA DAI?! Ma via, è chiaro che comprano in base alla combinazione dei numeri ISBN. E’ quello che io guardo per prima cosa in un libro: se le prime due cifre non sono pari non se ne parla!

«Il mio libro preferito è “Il nome della Rosa”, di Umberto Eco. Lo avrò letto una dozzina di volte». La Troisi festeggia il suo decennale con “Il ritorno di Nihal” (sempre Mondadori), dove fa rivivere l’eroina ribelle protagonista del suo esordio.

Dicesi “grattare il fondo del barile”.

Ansia decennale? «Torno sul luogo del delitto e alla mia Nihal. Non pensavo che sarei arrivata fin qui».

Il marketing può tutto o quasi.

Forse non lo immaginava, ma ha fatto di tutto per arrivarci, scrivendo migliaia di pagine di un genere ignorato dalla critica ma molto amato dagli adolescenti e non solo.

Ci sono diverse ragioni se la critica ignora il fantasy italiano. Una di queste si chiama Licia Troisi.

«Il 70 per cento del mio pubblico è tra i sedici e i ventisei anni, ma il trenta è di bambini e adulti». Le saghe della Troisi, dove la lotta tra il Bene e il Male è sfumata e complessa, guadagnano un piubblico trasversale e nuovi mercati.

“Sfumata e complessa”? Quanti libri della Troisi ha letto, la signora Leone? In una triologia abbiamo un Tiranno che vuole distruggere il mondo, in un’altra la versione medieval-retard di ISIS! Hum, chi saranno i buoni, il wannabe Hitler o quelli che uccidono gente a caso in nome di Dio? Oh, è così sfumato e complesso, proprio non saprei! Chi avrà ragione, l’esercito di mostri e non morti o quello dei cavalieri galanti in armatura lucente? Cielo, sono così confusa!

Tradotta in 19 paesi, da pochi mesi Licia è sbarcata anche in quello anglosassone che del fantasy detiene il primato.

Et pour cause! Il successo di Licia è così stratosferico che dopo 10 anni la traducono perfino in una lingua semisconosciuta e a bassissima diffusione come l’inglese. Peraltro, non vedo perché un anglosassone dovrebbe filarsi la nostra spazzatura. Ne hanno tanta della loro. E hanno anche libri buoni in Anglosassonia, go figure.

«Il genere è tradizionalmente loro. Ma il mercato anglosassone è chiuso: vendono ma non comprano. E, fantasy a parte, sono pochi gli italiani che sfondano: Saviano, Giordano, Camilleri…»

Sì, e sai perché? Perché gli anglosassoni producono un vasto ventaglio, che va dal fantasy scrausissimo come quelle cagate di Chris Wooding, al “così così ma ancora godibile”  dei primi Harry Potter, a roba decente come Joe Abercrombie, buoni autori come Paolo Bacigalupi e geni assoluti come Terry Pratchett. Hanno l’intero set! Noi che gli offriamo, stupidate con elfi e nani? Ne hanno, molto migliori delle nostre. Un libro a caso di Feist sarà sempre meno scemo e più fantasioso di un sacco di fantasy italiani, e non devono nemmeno tradurseli, guarda un po’ te! Certo, potremmo ovviare al problema producendo storie degne di essere tradotte. E’ solo un’idea, eh…

Pescando dal Pantheon nordico, con il “Signorre degli Anelli”, Tolkien guadagna la candidatura al Nobel.

Mi risulta che il Pantheon d’ispirazione di Tolkien fosse prima di tutto quello celtico, non quello nordico.

Il successo della Rowlings chiude il cerchio.

Tolkien e Rowling, Tolkien e Rowling. Che, perché, ci sono altri autori fantasy famosi? Terry chi? Gaiman? Non era una drag-queen del Mama mia? Che? Martin? Chi cazzo è Martin?

Ah, bei ricordi!

Non solo conoscono solo DUE autori anglosassoni, ma della seconda non sanno  nemmeno scrivere il nome! Questo è un trionfo!

Ma l’”Iliade”, l’”Odissea”, l’”Eineide”, le “Mille e una notte” e persino il “Don Chisciotte”, sono fantasy in piena regola. Dante è puro fantasy.

L’ignoranza è così crassa che si raccatta colla pala, e qui non si tratta nemmeno di sparare cazzate su un genere che si conosce solo per sentito dire, si tratta di rivelare al mondo una totale mancanza di cultura generale. Inizio col botto, con la confusione tra mitologia e fantasy. Non sono la stessa cosa. Poco importa se te credi o meno ad Apollo, un poema epico e un romanzo fantasy non sono la stessa cosa né mai la saranno, e ficcare nello stesso calderone i generi denota un qualunquismo che urta il mio intelletto sopraffino. Una seconda stellina di merito per accozzare insieme, così, Iliade, Eneide, Odissea e Mille e una notte. Le prime due hanno un congruo numero di elementi essenziali in comune. Già l’Odissea è un’opera molto diversa dall’Iliade. Quanto a Le mille e una notte, non hanno proprio un cazzo a che vedere con le tre opere succitate. Un po’ come schiaffare insieme Tex, Hamlet’s mill, il libretto di Così fan tutte e il diario di Anne Frank. Peraltro, sull’Odissea ci sono in effetti elementi di narrativa fantastica. Le Mille e una notte sono fiabe, possiamo discutere anche su quelle. Ma Don Chisciotte?! Che cazzo c’entra? Da qando è un fantasy? Ma controllare il riassunto di wikipedia era troppo lavoro? Dante puro fantasy. Dante puro fantasy. Oh porca maiala in carrozza. Trattato di teologia e cosmologia? Naaah, fantasy! Come no! Mettiamo una cosa in chiaro: puoi leggere l’Iliade o la Commedia come un fantasy (non sarò certo io a puntare il dito contro i masochisti), ma questo non ne fa un fantasy. Io leggo L’Espresso come giornale porno-comico, ma purtroppo questo non basta a renderlo ufficialmente tale. Tutto ciò ovviamente va da sé, ma per rendersene conto si dovrebbe, oh, non so, leggere le opere prima di citarle a caso. Mica in integrale eh, un bignamino sarebbe bastato. Ma mi rendo conto che chiedo la luna: verificare prima di sparare a zero? Voyons… Peraltro (ci tengo a piantare un altro chiodo nelle bara) ci sono un certo numero di autori classici e famosi che hanno scritto opere tranquillamente catalogabili come fantasy ante litteram. Tipo Luciano di Samosata, con la sua spassosissima Storia vera, o Chrétien de Troyes, o l’Ariosto (L’Orlando furioso ha tutto: cavalieri, grifoni, magie e anche la tettona!). Certo, mi rendo conto che siano gente di nicchia per chiunque abbia fatto il liceo dormendo, ma una rapida ricerca su wikipedia potrebbe aiutare!

Un genere infiltrato anche tra le pagine della letteratura contemporanea? «Murakami è un autore fantasy sotto mentite spoglie, Calvino e Buzzati del fantasy hanno molti elementi narrativi. De Sica di “Miracolo a Milano” è un grande regista fantasy. Ma si può dire solo sottovoce».

Mi fa piacere che almeno Licia riesca a citare tre-quattro autori con elementi fantasy senza sbagliarne i nomi (RowlingS?). E’ già qualcosa. Ma preparatevi perché ora c’è il botto.

A lungo patrimonio della destra, il fantasy non è stato adottato da progressisti ed ecologisti. «Colpa dello snobisbo connaturato alla cultura di sinistra che li ha indotti a credere che il fantasy sia robaccia» racconta la Troisi che non fa mistero delle sue idee progressiste «Sono stata ospite a due festival dell’Unità, ma mi hanno scoperto solo nel 2007. Sono in ritardo”. E ad Atreju, kermesse romana della destra? “Mi hanno invitata, ma non sono andata».

PANFETE! Che secondo voi ci facevamo mancare la fellatio politica? La solita decrepita sega “ma Tolkien è di destra o di sinistra?” Queste menate mi fanno sempre sbattere la testa sul tavolo. Come quelle masturbazioni collettive sul MESSAGGIO. La buona narrativa è realistica e verosimile nel suo proprio sistema di riferimento. Ergo ci si può trovare un messaggio, o una morale politica. Spesso due persone diverse ne trarranno due morali diverse perché gente diversa recepisce in modo diverso. Quando Heinlein (autore sci-fi anglosassone, peraltro, nel caso qualche lettore de L’Espresso volesse leggere qualcos’altro che non siano Tolkien e RowlingS), dicevo, quando Heinlein pubblicò Stranger in a strange land, ci fu chi lo accusò di fare propaganda comunista, chi di fare propaganda fascista, chi di fare propaganda anarchica, ecc. Resta una storia che a me non è piaciuta, ma che è coerente, verosimile e credibile nel proprio universo. Alcuni autori hanno un’agenda politica precisa, vedi Orwell o Huxley. Altri no. Resta che una buona storia è una buona storia, e una cagata è una cagata. La sinistra crede che il fantasy in generale sia robaccia? Non sarebbe la sola cosa su cui la sinistra ha idee preconcette e, comunque, Licia non aiuta la situazione. Gli ecolgisti che non hanno approfittato del fantasy è da capottarsi dal ridere! Suppongo che cartoni come Ferngully, serie come Capitan Planet e roba simile non siano mai passate sullo schermo della signora Leone. Se poi intendiamo fantasy come termine più vasto, includento la fantascienza, gli esempi si sprecano! Tipo classici come Soylent green, e Hollywood offre una vastissima scelta, tra cui Avatar per dirne uno conosciutissimo, o quella schifezza pretenziosa di The happening. Oh, non è abbastanza intellettuale? Vogliamo parlare de I demoni, nella raccolta di corti Sogni, di Kurosawa Akira? Peraltro, Bacigalupi ha scritto più di un romanzo su mondi post-picco frutto del Riscaldamento Climatico. Ma dopotutto chi cazzo è Bacigalupi. Sono sicura che i redattori de L’Espresso conosceranno però Cormac McCarthy, autore di The road! Dopotutto ha vinto il Pulitzer…

E’ il genera a scegliere lo scrittore? Al posto dei lunghi capelli azzurri dlle sue fiabesche eroine, Licia sfodera orgogliosa una tonsura da marine. Per formare una famiglia avere un figlio e vendere milioni di copie non è indispensabile tuffarsi nello stereotipo femminile.

Thankyou Captain Obvious!

«Non è scritto da nessuna parte che devi trovare un fidanzato ed essere per forza moglie e madre». Non sarà scritto ma lei lo ha fatto. Una forza in più? «Ne “il ritorno di Nihal” c’è molto della mia nuova vita e la prima volta compare il presepe familiare. Un figlio è un’esperienza totalizzante».

Evviva, Nihal mamma, proprio quello che ci mancava.

Di sicuro, ma intanto la Troisi sta già preparando la prossima uscita. Ad aprile 2015 uscirà il quarto volume della saga “I regno di Nashira”. «Come in “Il ritorno di Nihal”, anche nel prossimo Nashira affronto il tema della perdita. Ma ci sarà anche una spolverata di fantascienza alla Star Trek».

WE ARE DOOMED. DOOMED! A parte la classe dello scrivere due libri a cortissimo giro di boa sullo stesso tema, mi piace l’idea della “spolverata”. Alé, un po’ di Klingon e torpedini, che non guastano mai, così, tanto per gradire!

Solo una spolverata? «Nessuno nell’editoria vuole più pronunciare la parola “fantascienza”, oggi la moda è il “distopic”: utipie apocalittiche ambientate nel futuro prossimo».

Adoro questo passaggio. E’ una candida ammissione. Sì, scrivo solo roba commerciale alla moda per il massimo del grano col minimo dello sforzo, tanto per arrotondare. E’ così pura e sincera, e così chiara: se ancora non ve ne foste accorti, nell’editoria non fotte un cazzo a nessuno delle qualità oggettive dell’opera, solo del trend. Lo sapevamo già, ma ora Licia ci conferma. Peraltro, con l’Episodio VII di Star Wars in direttura d’arrivo, il ban delle astronavi mi pare ancora più cretino, ma dopotutto io non lavoro in editoria.

Le fortune del fantasy sono fotografate in “Infanzia e mondi fantastici” di William Grandi: «I periodi in cui il fantasy ha riscosso grande successo», scrive Grandi, «sono coincisi con gravi crisi a livello mondiale: la fine degli anni Trenta con il fantasma della Seconda Guerra Mondiale che avanzava sull’Europa, la seconda metà degli anni Cinquanta con il periodo più doloroso della Guerra Fredda e, quanto alla nostra epoca, è evidente come il periodo di crisi aperto alla metà degli anni Novanta dai problemi sempre più pressanti causati dalla mancanza di cibo nei paesi del Terzo Mondo, dalla conseguente ondata di immigrazione incontrollata, dallo squilibrio del nostro ecosistema e dalla crisi delle energie, si sono cronicizzati con l’esplosione del terrorismo e la successiva frattura tramondo orientale e mondo occidentale». La fotografia del successo editoriale come teoria dell’assedio.

Oimoi oimoi, eleleu eleleu! Ci mancava solo il pippone socioculturalintellettuale da bar dello sport! Sia chiaro, non ho letto il libro di William Grandi, ma già questo paragrafo ha un problema: lo scontro Oriente/Occidente. Lo so che fa tanto figo, ma se poi ci si prende la briga di andare a vedere cosa succede in Oriente, e in particolar modo in Medio Oriente, il quadro che ne viene è piuttosto un “Oriente VS Oriente, con sputacchi all’Occidente quando si mette nel mezzo”. Ora, non voglio entrare nel merito della geopolitica e della “teoria dell’assedio” (qualunque cosa significhi in questo contesto), ma voglio sottolineare come questa interpretazione sociologica del fantasy, che richiederebbe almeno un articolo intero, viene spiattellata in un paragrafetto verso la fine. Sembra, dico, sembra, che sia lì solo per farci credere che il libro di Licia non sia scemo, ma sociale, e che questo articolo non tratti di stupidate cosmiche ma di importanti argomenti attuali. Non ce la beviamo, mi spiace.

Perfettamente a suo agio tra gnomi, elfi e draghi, la regina del fantasy italiano sente il realismo come un vincolo. «La scrittura realistica mi mette in difficolta, ma nella vita ho i piedi per terra».

Ed ecco la seconda, e ultima, scintilla di sincerità e verità che questo articolo ha in serbo per noi. “Scrivere buona letteratura mi mette in difficoltà”. Lo sappiamo Licia, ce ne siamo accorti. Diciamo che non è che tu ci abbia provto un granché. Ma te ne do atto, la verosimiglianza e la credibilità sono cose difficili. E’ la ragione per cui essere un buono scrittore è un lavoro difficile.

«Quando De Laurentiis mi ha proposto di scrivere sceneggiature, ero incinta, stavo temrinando il dottorato in astrofisica e stavo finendo di scrivere un libro. Fare tre cose bene e aggiungerne una quarta mi sembrava difficile. Ho rinunciato».

Peccato per il film. Avrei visto bene Stoya nel ruono di Nihal e Immanuel Casto nel ruolo di Sennar.

Al peccato del successo la Troisi può anche resistere, ma non a quello del travestimento.

Mettetelo sulla fascetta di un libro a caso e schiaffatelo in Erotismo, venderete un casino.

Vivere altre vite per uno scrittore è un vizio e lei ama travestirsi con i panni dei suoi personaggi preferiti: è una “cosplayer”. «Mi è sempre piacito essere al centro dell’attenzione. Da piccola mi costruivo le armature da sola con il cartone argentato. Per Halloween e per Lucca Comics&Games per “Il ritorno di Nihal”, ho indossato il mo costume medievale con spallacci d’acciaio, giostacuore di cuoio nero, un mantello scuro, il pugnale di lattice e i capelli blu».

Spallacci a caso (perché proteggere il collo, la pancia o il cuore quando puoi proteggere le spalle?), giustacuore, lattice. Sticazzi, più medievale di così! Qualcuno regali a Licia un pugnale vero, per favore, certi mastri Cechi fanno lame che sono la fine del mondo, e per prezzi eccellenti!

Si è mai travestita come uno dei suoi personaggi?

Che domanda è? Te lo ha appena detto!

«Non ho resistito, e una volta ho indossato i panni della mia Nihal».

Ma va’. E io che credevo che l’armatura aleatoria, il pugnale giocattolo e i capelli blu fossero un omaggio ad Eleonora di Castiglia.

Le eroine della Troisi ribaltano i ruoli.

Oh, eroine guerriere in un fantasy, mai viste né sentite dall’epoca delle Dodici Fatiche di Eracle!

«Sono una figlia unica, educata nell’uguaglianza e cresciuta con l’idea che non ci fosse una strada che mi fosse vietata».

Male Licia, impara dalla Meyer, oggi quello che le ragazze vogliono è propaganda sessista e reazionaria.

Le sue saghe sono popolate di razze e meticciato: mezzi uomini, mezzi draghi, mezzi elfi. «Più si entra in contatto con la diversità è (sic.) meglio è. Siamo tutti meticci».

Oh, il messaggio evergreen di pace tra i popoli e multiculturalismo! Come non coglierli in saghe in cui i Buoni sterminano senza remore orde di mostri brutti cattivi e immigrati!

Alla Troisi non mancano le ossessioni. «Sono una creatrice di mondi, controllando minuziosamente lo scenario fantastico che costruisco ho l’illusione del controllo totale sulla realtà».

La Troisi che “controlla minuziosamente” i suoi mondi è la battuta più spassosa dell’anno. Peraltro, fa a cazzotti con quanto detto prima sul realismo che la mette a disagio, ma non stiamo a sottilizzare.

Nessun personaggio si è mai ribellato al controllo? «Sì. E qualche volta li ho lasciati fare. Ma è l’”effetto farfalla”, capita sempre quando non hai definito a sufficienza il personaggio, che finisce per prenderti la mano e ribellarsi all’intreccio. Ultimamente mi capita molto meno».

A volte ho l’impressione che la Troisi non sappia di cosa parla. A volte ne ho la conferma.

Nel circo della narrativa, con spallacci d’acciaio e corazza di pelle, l’astrofisica con i piedi per terra e le vendite stellari governa trama e personaggi come un domatore i suoi leoni.

MA DIO PRETE! Primo: non ha una corazza di cuoio, ha un giustacuore, ovvero una giubba o farsetto. Sembra una differenza trascurabile, finché qualcuno non ti prende a colpi d’accetta! Secondo: Applausi. Cioè, applausi! Il Circo e i leoni ballerini riescono a essere la peggir metafora possibile per indicare il mestiere dello scrittore, e la miglior metafora possibile per indicare il fantasy italiano. Un gran casino, impostura e trucchetti da baraccone, dove creature maltrattate eseguono giochetti già visti per un pubblico sempre più gramo e sempre più rintontito dal chiasso e dai riflettori! Evviva! Questo articolo mi lascia l’amaro in bocca. Ora ho una nuova ossessione: voglio una rivista interamente gestita da Cinzia Leone, Nicolai Lilin e Loredana Lipperini. Non m’importa l’argomento, li voglio tutti insieme e basta! E’ tutto per questo sabato. E parlando di peccati: RESURRECTION BY ERECTION! Per chi volesse approfondire, un recente articolo del Duca, e le vecchie la sempre spassose recensioni di Gamberetta.

Dracula Untold

Oggi è la Festa dei Morti, festa in cui ricordiamo gli antenati e quanto la famiglia si sia degradata nei decenni. Quale maniera migliore di mancar di rispetto festeggiare se non parlando del più famoso non-morto della Narrativa tutta?

Oggi parleremo di Thorolf lo Storpiato.

Ok, no, sto scherzando. La storia di Thorolf ve la racconterò un’altra volta, magari.

Oggi voglio parlarvi di un film

DRACULA UNTOLD

 

Il soggetto del film è il seguente: i Turchi vogliono invadere la terra di Vlad Tepes. Per respingerli, Vlad si Vampirizza.

Il soggetto è l’unica cosa vagamente umana di questo pasticcio senza redenzione. Io non vedo un problema ad inserire elementi fantastici in un fatto storico, e la storia di Vlad Tepes, il sanguinario pazzoide impalatore, si presta a questo genere di idea. Insomma, se la metà di quello che la storiografia gli accolla è vero, potrebbe benissimo essere stato un succhiasangue. Il vampirismo sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi!

Ergo abbiamo un’idea non proprio originale ma fattibile, cosa resta da fare?

Accozzare la peggiore sceneggiatura della stagione. Preparatevi, perché questa roba è brutta. Non vince l’Altieri d’Oro 2014 solo perché 47 rōnin è uscito prima.

La storia comincia con un Narratore (bello che Untold cominci con qualcuno che racconta qualcosa).

Avete presente la sensazione d’imminente disastro che ho descritto nella recensione dei 47 rōnin? Ecco, qui si è assaliti dallo stesso terrore quando così, a crudo e senza anestesia, ci viene sparato nei denti che Vlad Tepes è un ex-giannizzero e Principe di Transilvania e tributario dei Turchi.

Inizio col botto, yeeeeeeeeh…

Sentite questi ululati in lontananza? E’ il buon Draculia che si dimena all’Inferno.

Se pensate che questa tripletta di assurdità sia la cosa più grave del film, sbagliate. Viene di peggio. Di molto peggio. Ma con ordine.

Il personaggio di Dracula è uno dei principali problemi del film, anche perché tutta la storia gira intorno a lui.

Dracula quello vero (oltre che essere molto meno avvenente di Luke Evans) è un personaggio affascinante. E’ stato uno dei più celebri assassini di massa della Storia, un despota crudele e un guerriero sanguinario. Era anche un principe determinato a proteggere il suo Paese e la propria dinastia. Era un combattente astuto, che non temeva di mettere a rischio la propria pellaccia. Era un tiranno, ed era un uomo nato e cresciuto in tempi spietati.

Si tratta di una figura complessa, ma di certo difficile da ritrarre come un Buono Hollywoodiano. Non è impossibile creare una storia in cui lo spettatore si trovi a fare il tifo per lui, ma è complicato. Un personaggio, anche un anti-eroe, per essere “gradevole” deve avere delle qualità con cui lo spettatore possa relazionarsi, e queste devono integrarsi con il suo lato peggiore. Richiede uno studio molto lungo e complesso.

E’ molto difficile. Ci saranno riusciti?

Ma secondo voi…

Per tutto il film lo vediamo giocare col suo bambino, amoreggiare con la moglie, parlare di pace, e poi così, di sfuggita, una comparsa accenna al suo soprannome: l’Impalatore.

Il fatto che abbia ammazzato nel peggior modo possibile “migliaia” di persone viene appena suggerito e non ha nessun impatto sul suo carattere.

“Eh, è uno che impalava gente per conto di un dittatore pazzoide, ma a parte quello è uno apposto, stacce!”

Anche quando Vlad imporchetta l’avanguardia turca (unico fatto storico sopravvissuto in questo macello), accade fuori campo.

Lo vediamo menare in battaglia (e sulle coreografie preferisco non pronunciarmi), ma combattere contro orde nemiche e disporre di feriti e prigionieri sono due cose molto diverse. Nel primo caso la tua vita è in imminente pericolo, nel secondo la loro vita lo è. Dei soldati in battaglia e dei prigionieri inermi non destano la stessa empatia.

Non vediamo Vlad prendere la decisione, non lo vediamo agire, non lo vediamo dare l’ordine tra i singhiozzi dei prigionieri, le preghiere e i rantoli dei feriti. Cosa gli passa per la testa in quel momento? E’ contento? E’ distaccato? E’ stanco?

Checcazzo, l’esecuzione di massa dei prigionieri turchi è LA cosa che tutti conoscono di Vlad Tepes!

Questo film è come un film su Magellano in cui si taglia il passaggio dello Stretto!

Peraltro, è un modo per vincere facile. E’ facile far vedere il Buono che stermina in una sequenza d’azione decine di minions of Hell inferociti. Ma mostrarlo mentre condanna degli uomini in catene? Molto più complicato. E infatti la cosa è solo raccontata. Per lo spettatore è solo una nozione. Un buono story-teller mostrerebbe la scena, metterebbe lo spettatore nella pelle del protagonista. In mezzo alle mosche e alle suppliche, lo spettatore deve vedere il massacro come l’unica, crudele soluzione.

Ora, se allo sceneggiatore di stammerda piace vincere facile, forse non doveva scegliere come protagonista Vlad Tepes l’Impalatore!

Con un film tutto incentrato su un personaggio rappiccicato con lo scotch, potete immaginare che il godimento sia piuttosto basso. Ma il protagonista non è il solo problema.

La storia


Il soggetto, come ho detto, non era male. Peccato che una volta sviluppato si muti in: Vlad sprofonda il proprio Paese e i suoi sudditi nella merda per salvare solo e soltanto il proprio bambino.

La vicenda comincia con Vlad che, alla ricerca di alcuni scout Turchi (…), scova una grotta con un Vampiro. Tenetelo a mente, perché il nostro eroe se ne scorda praticamente subito, ha altre gatte da pelare, tipo festeggiare la Pasqua!

Proprio mentre tutti mangiano e si divertono arriva un generale Turco. Non è stato annunciato né nulla, semplicemente varca la soglia. Così. Suppongo l’Enterprise l’abbia appena teletrasportato.

Il Turco è cattivo, e lo si capisce perché sorride malevolo, ridacchia malevolo e parla in tono mellifuo e malevolo.

Glad to meet you. I’m EVIL.

Il Turco vuole mille ragazzini (incluso il principino! OMG!) per diventare Giannizzeri!

-Ma come!- trilla Vlad –Non facevate più Giannizzeri da anni!

(Il corpo dei Giannizzeri ha continuato a esistere fino alla prima metà del XIX° secolo.)

-E invece sì!- il Kattivo ride mellifuo –Vogliamo mandarli a combattere all’Assedio di Vienna!

Ora, vabé che Maometto II era un ottimista, ma tiobono, l’Assedio di Vienna è del 1529, settant’anni dopo i primi scazzi tra Vlad e gli Ottomani! E’ come se in un film sulle 5 Giornate di Milano gli Austriaci Kattivi rastrellassero ragazzi per spedirli a Verdun!

Insomma, Vlad dice NO!

Non per mantenere il suo Paese indipendente, non per proteggere i suoi giovani sudditi, ma perché non vuole mandare il SUO bambino dai Turchi Kattivi!

No, non sto esagerando. Perfino il ragazzino trova la cosa cretina, ma Vlad e quella piaga egiziaca di sua moglie sono pronti a fottere l’intero principato per il loro pupo. They’re the best.

Maometto II giochetta con delle barchette durante un meeting ufficiale. No, non sto scherzando, hanno davvero filmato una scena del genere.

Per sconfiggere l’esercito nemico, Vlad va dal vampiro a farsi vampirizzare. Il Nosferatu de noartri accetta perché si annoia, e l’accordo è presto trovato.

Cosa significa essere vampiro in questo film?

Invulnerabilità, superforza, poter sentire e controllare tutte le creature della notte, velocità. In più, se Vlad riesce a resistere per tre giorni alla sete di sangue, tornerà umano. Insomma, fai il rodaggio, se i superpoteri ti convengono bene, sennò hai tre giorni per disdire.

E la vera idiozia comincia.

Dracula torna indietro e trova che in un pomeriggio l’avanguardia turca ha attraversato il confine, cinto d’assedio la sua capitale e sta facendo polpette dei sui uomini. Ho sempre amato quando gli eserciti al cinematografo si materializzano a destra e a sinistra in uno schioccar di dita, ma dato che i Turchi in questo film lo fanno per sistema di apparire ex nihilo nei posti più curiosi, ne deduco che sia un superpotere Ottomano. Dracula distribuisce un paio di pacche sulla schiena, esce da solo, disarmato e senza armatura, e a mani nude massacra mille soldati. Quando l’ultimo schiatta, i suoi arrivano. Soccorso di Pisa.

-Niente domande.- fa Dracula.

-Ok.- fanno i suoi.

Raccattano tutti e si spostano in un monastero-fortezza in cima al monte.

Un frate lo vede lanciare un’occhiata per aria ed evitare la luce. E io mi chiedo: perché non procurarsi un parasole? Se con “niente domande” eviti spiegazioni sul miracolo di cui sopra, credo che un ombrello possa passare relativamente inosservato…

Ad goni modo, Vlad evita di uscire alla luce, e il frate conclude all’istante che è stato vampirizzato.

-Il capo è un Vampiro!- Fa il frate.

-Bruciamolo!- Fanno tutti.

Danno fuoco all’edificio, ma una nuvola copre il sole per esigenze di trama. Vlad esce tutto fumante.

-Ma che cazzo!- Fa Vlad.

Convinti da questo inoppugnabile argomento, i suoi posano micce e paletti e tornano in riga senza fiatare.

Questi non sono Valacchi, sono un pollaio di papere. I miracoli più strambi li lasciano indifferenti, un nonnulla basta a scatenare un linciaggio, e due berci sono più che sufficienti a fargli accettare un demone come capo.

Sorge però un altro problema: ridendo e scherzando, i tre giorni passano, e Vlad si trova che il grosso dell’esercito nemico sta arrivano e manca poco all’alba in cui perderà i suoi poteri.

Certo, avrebbe potuto andare incontro al nemico la notte prima e sconfiggerli, ma avrebbe dovuto pensarci, e Vlad non è un drago dell’elucubrazione (ba-dum tssh!)

I nemici avanzano.

(Vai e menali).

Vlad guarda l’esercito in lontananza, senza sapere che fare.

(Vai e menali.)

Vlad continua per diversi minuti a guardare l’esercito in lontananza, senza sapere che fare.

(Maremma impestata, vai e menali!)

Vlad si ricorda che ha potere su tutte le creature della notte (GRAZIE!). E cosa decide di scatenare sugli Ottomani?

Pipistrelli.

Linci, lupi, naaah, sorci volanti!

E’ così stupido! E’ come se qualcuno avesse controllo su tutte le creature del Mare e decidesse di usare i pinguini!

Ma non divaghiamo, mentre Vlad è in giro a menare i turchi, un manipolo di nemici si materializza nel dongione, sempre grazie al potere del Tanto-Chi-Guarda-E’-Fesso. Il manipolo acchiappa il marmocchio e butta la donna di Vlad giù dal dongione. Dracula si precipita su di lei, mentre l’alba sorge e i suoi poteri si indeboliscono.

Lei, che non ha perso una goccia di sangue dopo 600 metri di caduta libera, apre gli occhi e parla.

Ok, siamo sicuri che il non-morto sia lui? Questa qui dovrebbe essere una sottiletta squagliata, cazzo chiacchiera!

Ma no, ci vuole la scena in cui lei gli chiede di morderla, in modo da dannarsi per l’eternità e conservare i poteri per salvare il bambino.

Ci sono mille altri modi in cui la situazione si potrebbe risolvere, senza dannare tuo marito in eterno, ma chissenefrega, la tizia insiste e insiste, e alla fine lui cede.

Stronza.

Vampirizzato in via definitiva, Vlad torna al mastio, dove vampirizza tutti i superstiti.

Li avverte che se eviteranno di bere sangue, tra tre giorni potranno tornare umani, salvarsi l’anima e…

Ah, no, scusate. Non glielo dice.

Vanno al campo Turco e iniziano a massacrare tutti.

Intanto Maometto II ha subito una notevole evoluzione: a inizio film voleva un tributo e delle reclute. Poi solo delle reclute. Ora tutta la faccenda si riassume in “voglio portar via tuo figlio per farti dispetto”.

I due si incontrano nella tenda del sultano, che ha sparpagliato monetine d’argento dappertutto. Come fa a sapere che l’argento indebolisce i vampiri? Boh, avrà sbirciato il copione. Il sultano è tutto contento all’idea di ammazzare Vlad e portar via suo figlio! Aha!

Resta il piccolissimo dettaglio che da “arruoliamo mille tizi” è approdato a “ho perso 10.000 militari di professione per un dodicenne inutile”. Ma non fatelo notare allo sceneggiatore.

Il sultano riempie Vlad di cazzotti, perché… boh, perché le scene d’azione non erano abbastanza cretine, e poi…

Ah, non c’è modo di dirlo senza che suoni stupido.

Poi Vlad si ricarica il mana grazie al potere dell’ammoreh e ammazza Maometto II.

Vlad se ne esce con suo figlio, ma i suoi compagni sono diventati Kattivi!

Perché? Vlad non è diventato cattivo (per gli standard del film almeno…), come mai questi sì?

Perché… perché…

Per ragioni!

Vlad scarica il marmocchio al solito Frate Ex Machina, poi separa le nubi con la forza del pensiero e fa crepare tutti i suoi sotto i raggi del sole.

Perché hanno attaccato 15 minuti prima dell’alba?

Perché giorno e notte in Transilvalacchistan obbediscono alla volontà del regista.

In conclusione: Vlad ha sprofondato un Paese nella guerra, lasciato massacrare i sudditi, decapitato la sua classe dirigente e condannato i pochi superstiti alla dannazione eterna per proteggere il suo marmocchio.

In qualche modo sono riusciti a creare un Vlad ancora più riprovevole di quello vero! Complimenti! Peccato che il film ce lo presenti come un personaggio positivo!

Questo film è un disastro.

Ci sono scene che uno si chiede quale sostanza stupefacente le abbia ispirate.

Nella seconda scena del film, Vlad e i suoi stanno facendo un’escursione da qualche parte (forse). Trovano un elmo Turco in un torrente e ne deducono che degli esploratori sono nei paraggi. Vlad manda via tutti tranne due sacrificabili, e parte alla ricerca di costoro.

Primo: se ti cade l’elmo, lo raccatti. Se per esigenza di trama l’acqua lo trascina a valle, gli corri dietro (come Ferraù, in un’opera molto migliore di questa). Se degli esploratori hanno abbandonato un pezzo, vuol dire che hanno avuto dei problemi.

Secondo: Vlad è tributario dei Turchi e conoscente personale di Maometto II. Per quale ragione un gruppo di esploratori dovrebbe intrufolarsi di nascosto in casa sua?

Annose domande.

Vlad e i due bodycount salgono una montagna, trovano una grotta. L’aiuto-regista gli passa delle torce (giuro, non le avevano salendo!) ed entrano. Il pavimento è coperto di ossa. Vanno avanti. Trovano morti ammazzati in giro.

-Andiamo avanti!- trilla Vlad –Sono sicuro che non succederà niente di OH MIO DIO I MIEI UOMINI SONO MORTI CHI L’AVREBBE MAI DETTO!-

Vlad si salva perché è il protagonista, e un frate gli spiega che nella caverna ci sta un vampiro.

Di nuovo, mille domande:

Primo, il succhiasangue ha appena stecchito dei soldati Turchi, sai che la cosa potrebbe portare guai, che fai? Nulla, ovviamente, fai finta di niente. Eh, senti, Maometto ne ha migliaia di soldati, figurati se si accorge che gliene manca qualcuno!

Secondo, c’è un succhiasangue sulla montagna, che fai? Nulla, ovviamente, domani è Pasqua e se faccio lavorare i miei i sindacati mi rovinano!

Terzo, il succhiasangue in questione è appena stato scoperto, potrebbe ammazzare Vlad al prezzo di una scottatura passeggera, cosa fa? Nulla, deve aver fiutato l’idiozia congenita.

 

In un’altra scena, Maometto II avanza in un campo di battaglia, trova un suo generale ferito.

“Un messaggio dal Principe.- rantola questo.

Allora, e solo allora, Maometto II si accorge che dieci metri più in là, davanti al suo naso, la sua avanguardia al gran completo è a spiedini in mezzo alla pianura! Che ha, cecità selettiva? Può vedere solo un oggetto per volta?

Checcazzo, film! Checcazzo!

 

L’idea di base  
Il personaggio di Dracula
I comprimari
I Turchi che si teletrasportano
Maometto II che gioca con le barchette
La storia
La maledizione con rodaggio
La prima battaglia
“Non fate domande”
“Sto cercando di difendere i vostri figli o forse no”
I pipistrelli
La seconda battaglia
La moglie di Dracula
Le motivazioni dei Cattivi
Maometto II che sacrifica un esercito per noia
Dracula che “soccorre” i suoi compagni e sudditi
Il Vampiro nella grotta
Impalatore? Vabé, dai, è un bravo figliolo lo stesso
IL FINALE

 

Questo film è orrendo. Non ha niente di buono, non è interessante, non è fantasioso, il protagonista è una persona ripugnante che in qualche maniera riesce a essere anche peggio del personaggio storico a cui si ispira (e stiamo parlando di uno dei criminali più famosi della Storia!).

Consigliato solo per gli appassionati di trash.

E anche nel caso, fatevi un piacere: noleggiatevelo o procuratevelo in altri modi, ma non pagate un biglietto di cinema!

E di solito metto un acanzone metal a fine articolo, ma questo film NON MERITA UNA CANZONE METAL!
Here you go.