A pagare e a morire: brevi cenni sul sistema fiscale sotto i Codici

E’ il VII° secolo, il Giappone si trova tagliato fuori dalla Penisola Coreana e confrontato con una nuova dinastia cinese aggressiva e organizzata: i Tang.

E’ un secolo di grandi lavori e grande innovazione, di cui abbiamo già parlato in diversi articoli. Per chi si fosse perso le puntate precedenti: i nostri amici isolani si trovano a dover modernizzare il loro governo in fretta e furia onde non finire come sfigati satelliti di paesi più avanzati.

Non sarà l’ultima volta che capita.

Imperatori giapponesi: ogni 10-15 secoli si svegliano e modernizzano il Paese a pedatoni nel didietro

E’ il 645 quando iniziano i lavori per la grande riforma dell’era Taika. Le più brillanti menti dell’Arcipelago si riuniscono per trasformare un coacervo di staterelli, tribù e territori contesi in un Impero come dio comanda.

Una delle priorità pressanti era stabilire un governo burocratico passabile. Ora, la cosa che ai burocrati riesce meglio è magnare. Uffici, segretari, impiegati, tutto il circo ha bisogno di risorse. Tante risorse: il Governo Centrale arrivò a contare anche 50.000 funzionari!

Un nuovo sistema di tasse si imponeva, ed è questo nuovo sistema che compare nei Codici, il corpus di leggi pubblicato nel 701.

Lo studio di queste leggi e regolamenti è una forca caudina a cui nessuno storiografo sfugge, e quindi mi son detta: perché soffrire da sola? Come Sadako in RIngu, posso diffondere l’orrore!

Se vi cascano le palle alla sola idea della dichiarazione dei redditi, rallegratevi: oggi si parla di fisco!

Nazionalizzando i mezzi di produzione, il sistema dell’handen (班田)

Il primo passo per spintonare il povero glebano isolano dal vecchio sistema basato sui clan al nuovo concetto di suddito imperiale, è appropriarsi dei mezzi di produzione, ovvero la terra coltivabile. Se vuoi gente nuova, devi forgiare un nuovo sistema economico.

Coi Codici, la Corte si arroga il monopolio delle risaie, e con esso il privilegio di concedere il diritto di sfruttamento.

L’oggetto del contendere qui non è proprio la proprietà della terra, quanto il diritto d’uso delle particelle.

La Corte fa quindi manbassa di tutte le risaie del Paese, che sono divise in unità di superficie. L’unità base del nuovo sistema è il chō (), che misura grosso modo un ettaro (12.960 mq). Il chō è a sua volta suddiviso in 10 tan ().

A seconda del proprio status e della propria funzione, ogni suddito riceve il suo bel pacchetto di diritti di sfruttamento con correlato fardello fiscale, ma andiamo con ordine!

Il secondo passo, dopo l’appropriazione dei mezzi di produzione, è la riorganizzazione della popolazione.

I sudditi degli Yamato vengono tolti ai clan per essere ripettinati in un sistema che li suddivide in diverse categorie fiscali. La massa della plebe si divide per cominciare in liberi (ryōmin, 良民) e non-liberi (nuhi, 奴婢).

I liberi si dividono di nuovo in uomini e donne. Solo gli uomini sono imponibili, perché certuni se ne scordano ma i sistemi patriarcali sono una pena nel culo anche per la maggioranza dei maschietti.

Gli uomini sono divisi in base all’età:

  • I bambini: tra i 3 e i 6 anni (prima dei 3 manco contavi come essere umano).

  • I ragazzi: tra i 16 e i 21 anni.

  • I giovani: tra i 20 e i 21 anni.

  • Gli uomini validi: tra i 21 e i 61 anni, erano quelli a sopportare il grosso del fardello fiscale.

  • Gli uomini maturi: tra i 61 e i 69 anni.

  • Gli anziani: dai 69 anni in su.

Tra costoro ci sono gli uomini soggetti a tasse e corvées, chiamati seitei (正丁), e quelli troppo vecchi, troppo giovani o troppo malati per poter essere sfrusfttati strizzati imponibili e che beneficiano quindi di sgravi più o meno grandi (jitei, 次丁).

A seconda del sesso e del conseguente carico fiscale, a ogni suddito viene concesso il diritto di sfruttamento di un certo numero di lotti di risaie.

A partire dai 6 anni, i bambini maschi ricevono 2 tan di risaie (2.592 mq), mentre le bambine hanno diritto a 2/3 di questa superficie (1.728 mq), perché nei sistemi patriarcali le femminucce non sono esseri umani alla stregua dei maschietti.

Anche i servi sono tenuti di conto: hanno ancora meno delle bambine, circa 864 mq.

Per avere un’idea, la superficie data ai maschi era considerata quella minima necessaria per produrre abbastanza da mantenere un uomo per un anno.

Come vedremo, i maschi adulti erano oberati da un’infinità di tasse accessorie e servizi, quindi non bisogna immaginare che ognuno potesse campare della propria risaia di Stato e basta. La verità è che senza un nucleo familiare (moglie, sorelle, bambini, genitori, parenti, ecc.) pronto a coltivare la terra di Stato quando necessario, a portare avanti i campi asciutti, o a organizzare una qualche altra attività economica di contorno, un uomo non poteva sopravvivere del proprio lavoro sul lotto a lui assegnato. Nel Giappone classico, un uomo da solo muore.

Queste risaie assegnate dallo Stato ai sudditi erano chiamate kubunden (口分田), “risaie pro-capite”.

Oltre a queste, un individuo poteva ricevere ulteriori appezzamenti. Un uomo poteva, ad esempio, vedersi attribuire come ricompensa un lotto aggiuntivo per il resto della vita (shiden, 私田, questi caratteri possono significare cose diverse a seconda il contesto). Se un uomo aveva una funzione, gli erano inoltre attribuite delle “risaie di funzione” (shikiden, 職田) la cui rendita fungeva da stipendio.

Infine, una provincia poteva ritrovarsi con “risaie in eccesso” (konden, 墾田), o “risaie non attribuite”, che erano assegnate dalle autorità locali a un contribuente in cambio di una quota del prodotto.

Nella teoria, la popolazione, le varie tipologie di risaie e i lotti assegnati erano tutti pedissequamente annotati in appositi registri e le distribuzioni venivano aggiornate ogni 6 anni.

Cela va sans dire, questa cosa dei registri non ha mai funzionato a dovere.

Sia chiaro, al di là di quanto questo sistema abbia funzionato nella propria forma originale (poco), in certe regioni si diffuse con grande ritardo, tipo due secoli di ritardo. In altre invece fu una faccenda rapida, come in quel di Kibi, sul Mare Interno, dove abbiamo trovato tracce archeologiche della divisione delle risaie in tan. L’applicazione dei Codici non è mai uniforme sul territorio.

Ovvio, tutta ‘sta faccenda deve aver richiesto sforzi titanici di riorganizzazione e razionalizzazione delle superfici agricole.

Secondo Hall, è molto probabile che il sistema di lottizzazione non fosse proprio una novità, ma fosse già impiegato prima del 646 almeno in parte del Paese. Plus, in questo periodo non esiste ancora un vero e proprio concetto di “proprietà privata” (che, con buona pace di certa destra economica, è un costrutto culturale) relativo alla risaia: la risaia è un bene della comunità, sia che la comunità sia il clan, sia che la comunità sia il Governo.

Per lo Stato (che non aveva un’economia monetaria), una standardizzazione delle coltivazioni era necessaria per poter elaborare un sistema fiscale che fosse almeno lontanamente equo.

Sempre secondo Hall, è probabile che questa riforma sia stata in origine appoggiata da una buona fetta della popolazione. Tanto per cominciare la cosa riguardava solo le risaie umide (lasciando le terre asciutte, gli orti e lo sfruttamento delle foreste al di fuori del sistema fiscale), e in secondo luogo forniva un qualche tipo di protezione dei diritti di sfruttamento.

Questi vantaggi sono presto stati superati dai difetti: il carico fiscale e le corvée civili e militari richieste ai sudditi erano immani.

Questo perché il focus del sistema fiscale della Riforma non era davvero la terra, ma la forza lavoro. Quello che lo Stato voleva non era una rendita, ma il monopolio sull’individuo.

Ogni dannato chicco di riso, ogni dannata goccia di sudore

Contabile perde la salute calcolando calcolanda.

Sì, nel periodo Nara i giapponesi avevano sedie. Non so perché abbiano deciso di dismetterle. Ho il sospetto che l’abbiano fatto per far soffrire me in particolare.

L’abito disfatto è ispirato all’abito del contabile che interviene nel litigio tra i bambini nel Ban dainagon ekotoba.

L’uomo libero doveva allo Stato 4 tipi di contribuzione:

(), tassa in riso sulle risaie attribuite ai sudditi

Chō (調), tassa individuale in prodotti vari (importati e assortiti)

, (), corvée, che poteva essere soddisfatta pagando un pizzo (il pizzo si chiamava pure , )

Heishi-yaku (兵士役), servizio militare

Abbiamo già accennato alla leva e ai reggimenti provinciali nell’articolo sul sistema militare, quindi ci limiteremo a dire che ogni uomo doveva servizio alla provincia, 1 anno di servizio alla Capitale e 3 anni alla frontiera.

Quanto al resto, con ordine:

La tassa constava in origine di una percentuale relativamente bassa della produzione delle kubunden: da 3% al 5%.

La quota aumentò col tempo e fu aggravata da una nuova diavoleria: il prestito coatto in riso, suiko (出挙), a interesse. In pratica il glebano era costretto a prendere in prestito semi dall’autorità provinciale e rendere con interesse il debito dopo il raccolto. In altre parole era un modo per costringere il contribuente a coltivare i semi pubblici in cambio di molto poco.

Le corvées richiedevano 10 giorni l’anno di sevizio alla Capitale e 60 giorni l’anno di servizio alla capitale provinciale. I coscritti di corvée erano a disposizione per qualsiasi lavoro fosse necessario: scavare nuovi canali, cuocere tegole, costruire città… qualsiasi cosa!

A chiosa, ricordiamo che a questo stadio non esistono capitali fisse: in toeria, alla morte dell’Imperatore si sbaracca tutto e ci si sposta un po’ più in là. Perché la domanda che spinge avanti la Storia non è mai “perché?” ma “perché no?”.

La corvée era commutabile in tessuti. Del tessuto di canapa poteva sfangarti il servizio alla provincia, ma per il servizio alla Capitale un uomo doveva sborsare 26 shaku di seta (ovvero una pezza lunga 7m70 e larga 65cm). Per farsi un’idea al cambio attuale di quanto una pezza del genere potesse costare, basti sapere che sul mercato dell’epoca era considerata l’equivalente di 30 giorni di lavoro.

Ovviamente non tutti sono tenuti a fornire corvées.

Sono esentati:

  • i funzionari provinciali di terza classe (主政)

  • gli assistenti provinciali (主帳)

  • i membri del reggimento provinciale da soldato semplice a colonnello (大毅)

  • i capi archivisti dei pascoli di stato (長帳)

  • gli impiegati del servizio di posta (駅子)

  • gli uomini dei fuochi di segnalazione (烽子)

  • i dottori dell’Ufficio degli Studi Superiori

  • i medici

  • gli studenti

  • le persone di più di 80 anni (侍丁)

  • i capi-villaggio (里長)

  • i portatori di tributi (貢人)

  • gli uomini con un rango-ricompensa (勲位) fino al 9°

  • gli uomini con il rango di Corte iniziale (初位)

  • gli infermi

Sono pure esentati dalle corvées aggiuntive (雑徭)

  • i capi di circoscrizione urbana (坊長)

  • gli stimatori che lavorano all’Ufficio dei Magazzii di Corte (内蔵寮), del Dipartimento del Tesoro (大蔵省) e del Bureau del Mercato (市司).

Le corvées sono un gran fardello sull’uomo giapponese, ma la vera chicca sono i tributi in prodotti vari, chō.

Il primo articolo del capitolo sui tributi (賦役) elenca l’infinita lista:

Per ciò che riguarda i tessuti, ogni uomo adulto pienamente imponibile deve fornire:

  • 8 shaku e 5 sun di pongée di seta (2m52 x 65cm)

  • 8 shaku e 5 sun di tessuto di seta (2m52 x 65cm)

  • 6 shaku e 5 sun di seta della provincia di Mino (1m92 X 65cm)

  • 8 ryō di filo (111gr)

  • 1 kin di borra di seta (222gr)

  • 2  e 6 shaku di pezza di canapa (7m70 x 65cm)

  • ¼ di 1 tan di seta tessuta nel distretto di Mōda nella provincia di Kazusa (3m85 x 71cm)

Ognuno deve anche fornire una quantità ridicola di “prodotti importati” (雑物輸)

  • 10 kin di acciaio (2,22Kg)

  • 3 ferri di zappa (2Kg di ferro in totale)

  • 3 to di sale (7,2 l)

  • Circa 17Kg di molluschi (lunga dettagliata lista che vi risparmio)

  • Circa 82 l di molluschi (perché questi sono misurati a volume e non a peso? Ma che ne so…)

  • Circa 31Kg di pesci assortiti, essiccati e non.

  • Circa 30 l di pesci assortiti essiccati e non (vedi su)

  • Circa 208Kg di alghe assortite

  • 24 l di alghe che vanno misurate in volume per qualche ragione.

  • 14,4Kg di carni essiccate con ossa e tutto

  • Circa 58 l di erbe

  • 14,4 l di molluschi con conchiglia

  • Più 22 Kg di qualcosa di cui non sono riuscita a trovare il segno in nessun dizionario fino ad ora (vi terrò informati che so che ci tenete).

Di tutta questa roba, gli uomini parzialmente esentati (jitei) pagavano la metà e i ragazzi un quarto. Nella versione Yōrō i ragazzi pagavano un contributo in prodotti agricoli ed erano esentati dai prodotti importati.

Ma hey, mica finisce qui!

Per i fortunati contribuenti c’era anche una tassa in prodotti supplementari (調副物):

  • Circa 193gr di pigmenti

  • Circa 4,33Kg di prodotti vegetali

  • Circa 2,26 l di altri prodotti vegetali, ma calcolati in volumi

  • 280ml di wasabi

  • 6 fogli di carta (60cmx30cm)

  • 22ml di lacca

  • 222gr di cotone di varia provenienza

  • 0,24 l di sale (sì, di nuovo)

  • 0,96 l di prodotti animali assortiti

  • 1 paio di corna di cervo

  • 1 mola

E non è ancora finita!

  • 2 adulti devono fornire 1 stuoia in paglia di riso

  • 3 adulti devono fornire 1 stuoia in paglia

  • 14 adulti devono fornire 1 barile dalla capienza di circa 7 l

  • 20 adulti devono fornire 1 barile dalla capienza di circa 10 l

  • 35 adulti devono fornire 1 barile della capienza di circa 12 l

Non tutti erano soggetti alla “tassa in prodotti”. A sfangarsela erano

  • i toneri (舎人, uomini del seguito, termine che copriva una vasta gamma di funzionari subalterni, civili e militari)

  • i commessi alle scritture (史主)

  • i Tomobe (伴部, discendenti degli antichi vassalli del re di Wa che servivano nelle provincie o come supervisori degli atelier di artigiani)

  • le Guardie dei Gendarmi (兵衛府)

  • le Guardie della Cinta (衛士府)

  • gli uomini che già prestavano corvée alla Capitale (仕丁)

  • gli uomini in servizio alla frontiera meridionale (防人)

  • gli ufficiali in servizio alla Capitale (長内)

  • gli uomini di servizio nelle case degli alti dignitari (資丁)

  • gli assistenti personali annuali (事力)

  • i capistazione delle stazioni di posta (駅長)

  • i responsabili dei fuochi di segnalazione (烽長)

  • gli uomini con un rango di corte o con un rango-ricompensa uguale o superiore all’8°

  • i custodi delle tombe imperiali (陸戸)

  • i lavoratori subalterni (雑戸)

  • i lavoratori liberi impiegati dal Governo (品戸)

<br/><a href="https://i0.wp.com/oi64.tinypic.com/20pc9io.jpg" target="_blank">View Raw Image</a>Tomba imperiale (ne abbiamo parlato qui)

Il carico, tra le tasse, i prodotti, le corvées e il servizio militare, era enorme.

La gente disertava i propri villaggi mettendosi al servizio di privati in grado di difenderli. I funzionari consegnavano tributi danneggiati o incompleti e poi fuggivano dalla Capitale prima che i contabili potessero verificare i carichi. Disertori del servizio militare si davano al brigantaggio. Funzionari provinciali dichiaravano il falso o maneggiavano i registri per poter evadere le tesse. Cani e gatti vivenao insieme, ISTERISMO DI MASSA!

Ok, no, sto scherzando. Il sistema non è mai stato applicato in modo coscienzioso e non ha mai funzionato a dovere, ma non è collassato su se stesso come ci si potrebbe aspettare.

I burocrati si attivarono da subito per cercare di rattoppare le falle.

Già pochi decenni dopo la promulgazione, il sistema fiscale viene infatti modificato: le tasse vengono pagate sempre più in tessuti e riso, le corvées vengono ridotte e il servizio militare viene gradualmente abolito in gran parte del Paese.

Gli aggiustamenti e le correzioni sono rallentati da un rosario infinito di crisi di governo, scazzi alla frontiera e tentati colpi di stato (di cui parleremo con calma in articoli specifici).

Nonotante gli ostacoli e gli intoppi, verso la fine dell’VIII° secolo il servizio militare rimane solo in certe regioni nevralgiche ed è per il resto riservato a volontari presi di preferenza nella piccola aristocrazia provinciale o tra i cadetti della medio-bassa nobiltà. Non solo: ci furono vari tentativi, nel corso della seconda metà dell’VIII° secolo, di correggere il tiro, ridurre le sinecura, adottare un sistema di ridistribuzione un minimo più equo.

Niente di questo bastò a salvare l’ideale di Stato moderno e burocratizzato.

La ricchezza ha un tropismo verso l’1%, come è noto, e il Giappone Classico non fa eccezione. Nell’arco del secolo si costituirono latifondi privati, chiamati shōen, posseduti dall’alta aristocrazia. E tanta salute al monopolio dei mezzi di produzione da parte dello Stato.

Lo shōen è spesso citato come elemento indicativo del progressivo confondersi delle sfere pubblica e privata. L’accentramento del potere economico, l’assenza di una vera e propria ridistribuzione, come anche di una vera e propria burocrazia meritocratica, portano alla privatizzazione delle funzioni pubbliche. In altre parole, la funzione viene svuotata del proprio significato e si costituiscono dinastie di famiglie che monopolizzano determinate mansioni.

E’ la morte dello Stato inteso come struttura istituzionale trascendente gli individui.

Truppa di funzionari contempla con orrore la complessa imponenza del sistema fiscale dei Codici (forse).

Ban dainagon ekotoba

Non che i Codici siano stati aboliti o sommersi dal crescente cancro del nepotismo e dell’ingerenza privata. In realtà le leggi del 701 si sono trascinate in arrancante agonia fino al XII° secolo. Un po’ come le Capitali senza mura, le cose in Giappone hanno una strana tendenza a restare in giro nonostante ogni variabile in gioco si scagli contro di loro.

E’ il fascino di questo paese. Richiede Sospensione Volontaria dell’Incredulità per accettare fatti storici assodati.

Prossimamente parleremo degli shōen e dei legami personali che comportavano. Legami personali che contribuirono all’elaborazione del rapporto di vassallaggio che è alla base del successivo sistema feudale.

Per ora non voglio dilungarmi troppo, che si tratta di temi di molto noiosi e non voglio che qualcuno si addormenti con la faccia sulla tastiera.

MUSICA!


Bibliografia

HALL John Whitney, Government and local power in Japan – 500 to 1700, Princeton University press, Princeton, 1966

HERAIL Francine, Recueil de décrets de trois ères méthodiquement classés, livres 8 à 20, DROZ, Ginevra, 2008

INOUE Mitsusada, TSUCHIDA Naoshige, AOKI Kazuo, Ritsuryo, Imanami, Tokyo, 1976

KITAYAMA Shigeo, Ōchi seiji shiron, Iwanami shoten, Tokyo, 1970

Soldati a Vapore

E’ il 1848 e il Regio Esercito combatte la Prima Guerra di Indipendenza contro gli infami oppressori austroungarici.

Il Risorgimento è un capitolo estremamente importante della Storia Italiana. In casa mia in particolare nessun infante scampa alle storie, agli aneddoti, alle dotte discussioni su Elena Casati Sacchi.

La ragione principale è che un certo numero di antenati ci sputtanarono un casino di quattrini dietro a Garibaldi e Mazzini, e in mancanza di cospicuo patrimonio di famiglia uno si consola con l’orgoglio.

Ad ogni modo è innegabilmente un momento storico che ben si presta a storie di avventura. C’è l’idealismo politico, l’intrigo, la guerra…

Come rendere il tutto un pizzico più meglio?

Con robottoni giganti, ovviamente!

Soldati a Vapore è un romanzo di Diego Ferrara.

Full disclosure: fui betareader per il romanzo. Ai tempi mi piacque molto, e da quando ho aperto il blog (circa un anno dopo la pubblicazione) ho sempre avuto voglia di parlarne. Le cose però si sono affastellate e solo di recente ho avuto il tempo di rileggerlo.

Avevo già nominato Diego Ferrara quando ho parlato di Piloti e nobiltà, edito da Vaporteppa. Come ricorderete, la storia mi era piaciuta. E’ divertente, interessante e con un numero sufficiente di elementi bizzarri.

Soldati a Vapore è un progetto più ambizioso: si tratta di un romanzo ucronico steampunk che ripropone un tema classico dell’epica nazionale ma arricchito con mec e cingolati giganti, che fanno sempre piacere.

Il romanzo comincia con una nota dal diario del protagonista, Giuseppe Basile, nel giugno del 1848.

Nel brano, il soldato Basile racconta dell’Elmo Potorio, una sorta di rituale cannibalistico in cui un austriaco viene vivisezionato e il suo cervello usato come ingrediente in un beverone che sarà poi condiviso da tutti i membri del gruppo.

L’introduzione stabilisce il tono goliardico della voce narrante, e nell’insieme il libro riesce a trovare un buon equilibrio tra la caricatura e la storia d’azione.

Giuseppe Basile è soldato nella compagnia meccanizata dei Pulcini Sanguinari. I nostri pilotano i Manzetti, robottoni bipedi a vapore armati di lanciafiamme.

Interpretazione di Manzetti

Sul lato austriaco, il nemico naturale del Manzetti è il Kreb, un mec dotato di calotta in vetro rinforzato e due tentacoli muniti di tenaglia.

Sia chiaro, l’ucronia del Ferrara non vuole essere un “what if” verosimile né hard sci-fi: sia il Manzetti che il Kreb che l’intera faccenda non sono realistici né fingono di esserlo. Soldati a Vapore necessita una buona Sospensione Volontaria dell’Incredulità. Nel contesto del libro, però, le macchine sono narrativamente ben pensate e ben descritte.

E con “ben descritte” intendo ritratte in azione e senza spiegoni: sono mostrate senza essere raccontate. A differenza di certi Nomi Noti della narrativa italiana, il Ferrara è abbastanza sgamato dal non scivolare in ridicoli sotterfugi come sbrodolamenti a caso o dialoghi forzatissimi dove due personaggi che conoscono già l’argomento decidono di descriverselo a vicenda per il beneficio del lettore.

“Buongiorno Basile, il tuo Manzetti a vapore sembra in buono stato!”
“Invero lo è, sia nelle due braccia che nei due piedi. Sapevi che ha un lanciafiamme?”
“Perdincibacco sì! Lascia che ti riassuma come si usa!”

Ecco, niente del genere.

Manzetti e Krebs non sono le uniche mostruosità meccaniche presenti nella storia. Insomma, la tecnologia può essere poco verosimile in assoluto, ma all’interno del libro è trattata in modo coerente e dettagliato.

Questo, che di per sé è un pregio, ha le sue conseguenze. Ma andiamo con ordine.

Jakub Rozalski dimostra come i robot giganti migliorano qualsiasi immagine

Stazionato sul Mincio, il protagonista Giuseppe Basile è un pilota di Manzetti. Non ci appare particolarmente intriso di spirito patriottico risorgimentale, ma non è nemmeno un cinico disincantato. Basile combatte la sua guerra onestamente, senza esporsi troppo ma senza fare il paraculo.

Il personaggio è ben costruito. Basile è una brava persona, non un pazzoide sanguinario. Allo stesso tempo non prova empatia per il nemico e compie con totale nonchalance azioni atroci, come bruciare vivo un pilota di Kreb intrappolato, o schiacciare un ferito sotto i piedoni del mec.

Questi non sono gli unici passaggi di violenza grafica del libro: in più punti c’è gente cotta al vapore, schiacciata, mitragliata e quant’altro.

Spesso però tali scene non sembrano truculente come dovrebbero, sembrano quasi normali. E questo perché, per Basile, lo sono. Il personaggio è ormai abituato a quel livello di brutalità e racconta le proprie disavventure con uno spiccato tono autoironico.

Ma veniamo alla trama!

Il nostro Basile si sta facendo la sua brava guerra in santa pace, quando un bel giorno lui e i suoi si vedono affibbiare una missione notturna: devono attaccare un convoglio austriaco di camion carichi di reclute e rifornimenti.

La missione si preannuncia facile e la scorta al convoglio minima.

Ovviamente la scorta non è minima e la missione non è facile. Basile riesce a stento a riportare le penne al campo, dove ha un’altra brutta sorpresa: dal convoglio è stato ritirato un pezzo meccanico per un robottone austriaco.

Problema: il pezzo meccanico in questione è quattro volte più grosso e complesso di quello che è ragionevole aspettarsi. Gli austriaci stanno architettando qualcosa, qualcosa di grosso.

E così il nostro e i suoi compagni si trovano a dover attraversare le linee nemiche per trovare questo fantomatico mostro meccanizzato e demolirlo. Il nome in codice dell’ordigno: Crio.

Titanomachia, dal pennello di Joachim Anthonisz Wtewael (1566-1638)
Crio è uno della banda

Non voglio raccontare troppo di questo libro: è un romanzo che si legge alla svelta e sarebbe sciocco spoilerarlo.

Lo stile di Ferrara è scorrevole e divertente. Il punto di vista è ancorato nella testa del protagonista, che è un narratore a cui è facile affezionarsi.

Anche la tecnologia bizzarra è ben gestita. Questo però, come accennavo più su, ha conseguenze. In particolare, il “sapore” ottocentesco dell’ambientazione ne patisce.

In parte questo è inevitabile: nel 1848 buona parte delle armi leggere erano ancora ad avancarica, mentre il Ferrara descrive mitragliatrici e lanciafiamme, roba che starebbe molto meglio su un campo di battaglia del 1916, vapore o non vapore.

A parte il fronte sul Mincio e pochi altri elementi, è facile dimenticarsi che la vicenda si ambienta in un 1848 alternativo. Se spostassimo la faccenda duecento chilometri più in là, potremmo parlare di una versione steampunk di una delle trentordici battaglie sull’Isonzo, e la vicenda resterebbe più o meno immutata.

Questo non pone davvero problema a livello narrativo: la storia fila bene, i personaggi sono interessanti, la tecnologia a vapore è divertente.

Però sa un po’ di occasione persa. Forse con un’ambientazione più approfondita o dettagliata, si sarebbe potuto rendere in toni più vivi l’ottocento alternativo in cui avvengono i fatti.

Non si tratta però di un difetto vero e proprio, e quando lo lessi la prima volta manco ci feci caso. A distanza di cinque anni mi dico “avrei preferito”, ma non costituisce un problema strutturale.

In conclusione

Idea originale

I robottoni a vapore

La voce narrante

La grande battaglia contro Crio

L’elmo potorio

Soldati a Vapore è un romanzo divertente e scorrevole. Forse lo stile del Ferrara non ricalca del tutto la Tecnica Aurea propugnata dal Duca di Baionette, ma ha un buon ritmo e il tono sarcastico del protagonista lo rende una lettura gradevole.

Non è per tutti: i mec non sono spiegati, la scienza dietro questi trabiccoli non è esplorata e chi vuol fargli le pulci potrà probabilmente trovare diversi aspetti tecnici che non quadrano. Ciò detto, il romanzo non pretende di essere The Martian. E’ una storia di guerra con robottoni a vapore che si prendono a cazzotti. E in quanto tale è fatta bene.

Non è per puristi della hard sci-fi, ma per il resto della popolazione dico: dategli una possibilità!

Lo potete trovare su Amazon qui.

MUSICA!