E‘ Samhain, tempo di tornare ai’ccine e vedre quali novità si offrono!
E’ il 1887, Edith è la figlia di un ricco industriale americano. Sua madre, appena morta di malattia, le compare come spettro per metterla in guardia contro “Crimson Peak”. Quindici anni dopo, Edith è una giovane scrittrice di storie gotiche che sogna di pubblicare il suo primo romanzo!
Il manoscritto viene rifiutato, ma Edith si consola incontrando sir Thomas Sharpe. Sharpe è un baronetto inglese che ha ereditato una cava di argilla da mattoni. Ha ideato una macchina per accelerare l’estrazione e spera di ottenere i finanziamenti necessari a rilanciare l’azienda.
Edith resta affascinata da questo nobile spiantato europeo, circondato da un’aura di mistero e accompagnato da una sorella psicopatica. No, non è uno spoiler. Questo film è del tutto privo di qualsivoglia sorpresa. Ma andiamo con ordine.
La cosa positiva è che il film è molto bello da vedere. I colori, gli angoli, la fotografia, tutto è molto vivido. Gli attori fanno anche un buon lavoro. Con mia grande sorpresa, Mia Wasikowska (Alice nel paese delle meraviglie) recitava. Mi aspettavo il disastro, dopo averla vista nel film di Burton, e invece no, sembrava viva!
Ma per quanto recitazione e fotografia siano importanti, che ne è della sostanza?
Meh…
Il film è diretto da Guillermo del Toro, che sa di certo fare il suo lavoro. El laberinto del fauno è uno dei miei film preferiti, ho adorato Hellboy the Golden army (anche se il secondo tempo scadeva). El orfanato era un film molto di maniera, ma fatto molto bene.
Crimson Peak, per ora, è uno di quelli che mi son piaciuti meno. Ed è un peccato perché, come detto, le immagini e le riprese sono bellissime. Manca giusto la sostanza.
In Crimson Peak ritroviamo un tema molto caro a del Toro: gli esseri umani possono essere più spaventosi e pericolosi di qualsiasi mostro o fantasma. Il classico “i veri mostri siamo noi”. Se però questo funzionava bene nei tre film succitati, in Crimson Peak la faccenda cade piatta.
Prima di tutto, i fantasmi di Crimson Peak non servono a niente. Sono 100% superflui, un po’ come le tette nei film d’azione. Il loro design anche mi ha convinta molto poco. Mentre i colori differenti erano un’idea interessante, il volerli fare mezzi scheletro mezzi marionetta è un’arma a doppio taglio: è fin troppo chiaro che del Toro sta cercando di renderli spaventosi. Il guaio è che se i tuoi sforzi sono troppo evidenti, non funziona più. Il cinema è illusione, lo spettatore è tanto più coinvolto quanto i trucchi del regista gli sfuggono.
Non so se si capisce, ma qui del Toro vuole farvi paura.
Se io m rendo conto “qui è del Toro che cerca di farmi paura”, smetto di averne, perché vedo la scena per quel che è: illusione. E’ un po’ come se qualcuno alzasse un cartello con scritto “abbi paura”.
Peraltro, i fantasmi non servono a nulla se non a realizzare jumpscares. Per chi non fosse familiare col termine, è quando un film cerca di farti sobbalzare sulla seggiola, di solito con un movimento brusco accompagnato da un suono molto forte. E’ l’equivalente cinematografico di “bu-bu SETTETE!”.
Ora, la paura data da un jumpscare è molto superficiale, e spesso non si tratta nemmeno di paura quanto di fastidio. Se il terrore del film si basa solo su quello, probabilmente il film è una patacca.
Non è proprio il caso qui, dacché del Toro riesce a creare comunque una certa atmosfera, ma gli spettri restano uno spreco e i jumpscares sono tutti gratuiti.
Se non ci fossero stati i fantasmi e la vicenda si fosse focalizzata solo sull’indagine, il thriller, il dramma psicologico, sarebbe stato un film molto migliore.
Purtroppo però Casper the Unfriendly Ghost non è l’unico problema. Questo film è prevedibile.
Edith ha sempre maniche a sbuffo, anche per dormire. Sembrano tipo ali di un angelo, GET IT?! Obvious symbolism is obvious.
Da quando incontriamo Thomas e sua sorella Lucille, sappiamo che Lucille è una psicopatica. Non è per niente sottile, la tizia ha sempre un manico di scopa nel culo e passa il tempo a lanciare sguardi omicidi in giro. Gee, mi chiedo se lei ed Edith andranno d’accordo…
Guarda che carina, sorride…
Il problema di avere una tizia chiaramente pericolosa nel film, è che toglie sorpresa e quindi tensione alla storia. Quando Lucille comincia a dare i numeri, siamo preparati. Sapevamo che stava per succedere. Se invece avessimo creduto Lucille una donna eccentrica ma di buon cuore, l’impatto di scoprirla una pessima persona sarebbe stato molto maggiore.
E poi c’è il problema che il film ha dei considerevoli buchi di trama.
Non sto dicendo “questa cosa di contorno non va bene”, no, almeno due punti chiave presentano una grave incongruenza e un altro non dico sia per forza un buco di trama, ma ci si avvicina molto.
Thomas e sua sorella girano l’America per raggranellare i soldi e mandare avanti l’impresa familiare. Veniamo a sapere che in realtà il loro piano è ogni volta sposare Thomas con un’ereditiera senza famiglia stretta, farsi dare l’intero patrimonio e poi spacciare la pollastra.
Tutto molto classico, non fosse che a inizio film Edith osserva che Thomas e sua sorella portano vestiti buoni ma consunti. Non sarebbe meglio, per due truffatori, di presentarsi con dei vestiti nuovi? Hanno già fatto fuori diverse ricche ereditiere, uno immagina che i soldi per ricomprare la giacca ci siano.
In secondo luogo, questi sono serial killers di ricche signore, ne ammazzano e derubano un certo numero nel giro di pochi anni, e riescono a restare poveri in canna. Sono i peggiori investitori d’Europa!
Ok, ma questo potrebbe essere giustificato col fatto che Thomas e Lucille sono stupidi. Non pare il caso, ma va bene, facciamo che sì.
Il primo buco di trama però non si può giustificare in questo senso: Lucille, una delicata signorina, ammazza il padre di Edith, un robusto industriale, spaccandogli la testa contro un lavandino.
No, non ci credo ma nemmeno se mi fa una dimostrazione live. Spaccare la testa a qualcuno non è facile, specie se questo qualcuno fa il doppio del tuo peso. Fosse stato un vecchino gracile passi, ma no, è un grosso tizio ben piantato.
In secondo luogo, il tizio viene ritrovato con metà del cranio sfondato e la conclusione è “sarà stato un incidente”.
Come no. E Trotsky si è suicidato con un’accetta.
Secondo grosso buco: Edith scopre la verità su suo marito perché ritrova il baule di una moglie precedente. Al che uno si chiede: perché questi diabolici fratelli dovrebbero conservare il baule col nome della tizia sopra? Quanto a livello di stupidità siamo ai punti con l’informatore di Educazione siberiana che si era tatuato il curriculum addosso…
Alla fine, la colpa più grave di questo film è che, stile e aspetto a parte, non ha niente di originale. La storia non ha nessuna sorpresa, niente di nuovo. Ogni scena è così telefonata che se avessi avuto un furbòfono con l’app giusta sono certa che Guillermo del Toro mi avrebbe contattata di persona per avvertirmi di cosa stava per capitare. Giusto per essere sicuri.
Immagini e colori | ![]() |
Gli attori | ![]() |
Un’atmosfera passabile | ![]() |
La storia vista e rivista | ![]() |
L’inutilità dei fantasmi | ![]() |
Una delle scene di sesso più involontariamente buffe che abbia mai visto (oibò caro, tiemmi ‘sta bracciata di gonnelloni, non mi trovo la passera!) | ![]() |
Mai una sorpresa | ![]() |
In definitiva ripeto: le immagini sono davvero belle da vedere. Può valer la pena di andarlo a vedere al cinema solo per quello. Ma non col biglietto a tariffa piena. Io non ci spenderei più di cinque euro, alla fine i pregi, che ci sono, non bastano a bilanciare i difetti.
15 anni nel futuro, la NASA è riuscita a mandare una missione su Marte, ma mentre il gruppo porta avanti la ricerca, viene sorpreso da una tempesta di sabbia. L’equipaggio riesce a tornare alla nave, ma uno di loro, Mark Watney, viene falciato dalla bufera. Convinti che Mark sia morto, gli altri decollano, abbandonando la missione.
Mark ovviamente è vivo e vegeto, ma si ritrova spiaggiato su Marte, senza la possibilità di comunicare con la NASA. Ha cibo nel piccolo Hab, ma solo per 300 giorni. La missione successiva è di lì a 4 anni, in un altro cratere al di là della portata del suo rover.
Ricapitolando: si trova su un pianeta dove niente cresce, dove l’aria non è respirabile, con viveri limitati e l’impossibilità di chiedere aiuto o comunicare. E’ l’unico essere vivente del pianeta.
Dopo un primo momento di sconforto, però, Mark decide di combattere. Scomponendo la situazione in problemi distinti, affronta la cosa con metodo, risolvendo un guaio alla volta.
Tra tentativi ed errori, Mark riesce a costituire un suolo, una piantagione, un rifornimento d’acqua, perché Mark è botanico e i botanici sono badass.
E intanto sulla Terra, le foto del satellite mostrano attività sul pianeta. Alla NASA si rendono conto che Mark Watney, dato per morto e seppellito in contumacia con tutta la pompa, è vivo. Lo hanno solo abbandonato a morte certa. Ops.
Un mondo di opportunità
Questo è a mani basse il miglior film che ho visto quest’anno.
La storia è tratta da un romanzo dallo stesso titolo, scritto da Andy Weir. Non l’ho letto (anche se, secondo questo articolo del Duca, sarebbe anche meglio del film), quindi mi limiterò a parlare della versione cinematografica.
Avevo dei dubbi mentre facevo la coda in biglietteria. Il regista è Ridley Scott, l’uomo che ci ha dato The duellists e Alien, ma anche Prometheus. Mentre i primi due sono tra i miei film preferiti, Prometheus è di certo il film di fantascienza più cretino che abbia mai subito (e includo capolavori del vomito come Doomsday machine o quella cagata galattica del film di Starship troopers).
Tuttavia, dietro consiglio del mio maestro in malvagità Sir Greenmold (lo stesso che mi ha diffidata dall’andare a vedere Interstellar), ho deciso di correre il rischio.
Devo dire che ho apprezzato ogni minuto di The Martian. Gli attori sono tutti bravi, a cominciare da Matt Damon che fa un ottimo lavoro. Il personaggio che interpreta è molto simpatico: è competente, intelligente e pieno di risorse, è ottimista e ironico. Allo stesso tempo commette errori, cade sul culo, si rialza e ritenta.
Il personaggio è tanto simpatico, che mi dispiaceva quando gli capitava qualcosa di brutto. Non volevo che le cose gli andassero male, facevo sinceramente il tifo per lui. E’ stata una sensazione stranissima, che non mi capitava da un sacco.
Mi sono letta un post di Lilin per ritrovare la mia naturale acredine.
Gli altri comprimari hanno meno spazio, ma emergono ben sfaccettati, credibili e interessanti.
In particolare ho apprezzato il comandante della missione, Melissa Lewis (interpretata da Jessica Chastaine): un militare competente, affidabile, capace di prendere difficili decisioni, preparata… e non la poverella vittima della propria emotività, ruolo che spesso i film appioppano alle femmine perché hey, sì, vi mettiamo in ruoli fighi, ma sappiamo come siete fatte voi donne.
Sì, Interstellar, sto parlando anche di te. Mi fa un sacco piacere vedere un film in cui il personaggio femminile somiglia più alla Cristoforetti e mano a Madame Bovary. Se non si fosse capito, questo cliché della donna sentimentale forte fuori ma fragile dentro HA ROTTO IL CAZZO.
Ho anche apprezzato molto il fatto che nel film non ci sia un “cattivo”. Sarebbe stato facile mettere come antagonista un burocrate meschino o un militare carogna che non vuole aiutare Mark per [ragioni]. E’ quello che hanno fatto in Avatar, dopotutto.
Qui no. Tutti sono animati da ottime intenzioni, sono gente competente e hanno ottime ragioni per fare ciò che fanno.
Da un punto di vista scientifico, ci sono delle imprecisioni, ma nell’insieme questo aspetto è curato come il resto del film. A differenza di Prometheus, a questo giro Scott ha collaborato con la NASA, e si nota. Anche se ci possono essere delle discrepanze tra la tecnologia reale e quella del film, il tutto resta molto verosimile.
Un problema che ho avuto io è stato nel design delle tute che usano su Marte, più simili a tute da motociclista che a equipaggiamenti pressurizzati.
Un’altra cosa che mi ha lasciato perplessa è la “manovra Ironman”, sulla cui verosimiglianza nutro fieri dubbi.
Sia chiaro che si tratta di pignolerie: non ci sono buchi di trama, la storia è avvincente, e non si scade mai nella technobabble (devi ricalibrare gli ionizzatori quantici a propulsione nucleare, Scotty!).
Nell’insieme il film mi è piaciuto un sacco. Compresa la colonna sonora, tanto kitch quanto bizzarra: tra le tante, Scott ci delizia con Waterloo degli Abba! Tutto avrei creduto tranne che sentire quella canzone in un film di questo genere.
Non voglio dilungarmi oltre sulla storia perché questo film vale assolutamente il prezzo del biglietto. Quindi salto direttamente alla tabella.
Alcuni dettagli tecnico-scientifici | ![]() |
I personaggi | ![]() |
La recitazione | ![]() |
Il fatto che non ci sia un “cattivo” banale | ![]() |
La verosimiglianza (niente technobabble!) | ![]() |
L’ironia | ![]() |
La musica kitch | ![]() |
Anche se il genere non è il vostro, provate. Questo film merita senza dubbio il tempo e i soldi di un’uscita al cinema.
Insomma, con The Martian possiamo assolvere Scott da Prometheus e Damon da Interstellar.
Yeah, it’s THAT good.
MUSICA! (Ridley Scott made me do it!)
Ok, ok, musica…