Come non si fa (2): la Battaglia dei Bastardi (Game of Thrones)

Prima che a qualcuno parta un embolo, lasciate che ve lo dica: a me Game of thrones piace, e l’ultima serie in particolare mi piace pure. Non solo, trovo che mediamente la serie sia migliore dei libri. Ad esempio, sono stata molto grata del fatto che gli sceneggiatori abbiano dato un senso alla gita campestre di Brienne e Pod, o che abbiano scorciato di brutto tutta la menata su quei mongoli a rotelle degli Ironborns.

Oggi però non voglio parlare della storia nel suo insieme, bensì voglio concentrarmi su una scena in particolare, la scena clou dell’ultima serie, la Battaglia dei Bastardi.

Trattandosi di un post puramente tecnico, cercherò di fare meno spoilers possibili, ma qualcuno ci potrebbe sempre scappare. Ergo siete avvisati.

Cominciamo con gli aspetti positivi di questa scena:

-Sul lato visivo, c’è poco da dire. La fotografia è bella, il ritmo è buono, la musica anche. E’ una scena divertente da vedere, a differenza di quell’altra merda stellare in Vikings.

-Certi spunti erano ben trovati. Mi fa piacere che finalmente si comincino a vedere degli sforzi per far apparire le battaglie più verosimili (manovre, trucchi, movimenti coordinati, etc.) e meno burine.

Cosa intendo per “burine”? Intendo quando due gruppi incasinati si corrono addosso a cazzo di cane con musica epica e scatenano un mischione molto virile di gente che mena a caso facendo facce molto maschie e scuotendo le villose barbe. L’ultima battaglia del film del Signore degli Anelli, per intendersi. Le scene così le odio.

Nel caso in esame c’è chiaramente il tentativo di mostrare dei professionisti coordinati, e ciò è bene.

Purtroppo però restano dei problemi.

Partiamo dalla situazione: Gianni Neve deve scannarsi con Ramsay. Ramsay è spalleggiato dagli Umbers e di Karstarks, due delle maggiori case del Nord, e vanta più del doppio degli effettivi rispetto a Gianni.

La notte prima dello scontro, Gianni e Capitan Cipolla convengono che devono indurre Ramsay a inseguirli e scavare trincee laterali per proteggere i fianchi.

Primo problema: scavare una trincea è un lungo lavoro, e un lavoro faticoso. Gianni SA da giorni che la lotta sarà impari, avrebbe dovuto adoperarsi almeno dalla mattina prima a scavare delle difese.

Secondo: le trincee sono, appunto, faticose e lunghe da fare. Probabilmente Gianni e i suoi farebbero prima e meglio a piantare in terra pali appuntiti, o legare legni aguzzi tra loro per creare dei proto-cavalli di frisia. E’ più rapido, il legno non manca, e probabilmente costa molta meno fatica.

Ad ogni modo tutto ciò si risolve in nulla perché troviamo subito il problema numero tre.

Dove sono ‘ste trincee?

Peraltro, visto che il grosso dell’esercito di Gianni è fatto di wildlings, forse sarebbe stato meglio tentare di attirare Ramsay in una zona boscosa, più che non sfidarsi su un pratino più o meno pianeggiante. Questo però non è un difetto stricto sensu, in quanto nessuno dei tizi coinvolti è un tattico collaudato. Plus, esigenze di tempo, e ok.

Veniamo a quello che però è un problema: l’equipaggiamento.

Pochissimi portano l’elmo. E non dico i wildlings, ma anche i cattivi. L’elmo è il pezzo di armatura che qualcuno si procura prima di tutto. Perché in tv la gente deve sempre andare in giro a pera con la capoccia scoperta?

Plus, com’è che nell’esercito di Gianni quasi nessuno porta uno scudo? Uno scudo non è roba particolarmente complicata da fare, è utilissima, e richiede poco o punto metallo.

E parlando di pochissimo sforzo e metallo: qualcuno poteva dare una cazzo di clava al gigante?

E’ una bestia di quindici metri che spacca la gente in due e spappola cavalli a cazzotti, e non serve quasi a nulla! Non ha nemmeno un effetto psicologico sui nemici!

Nel cerchio rosso, il personaggio più sprecato della serie

Ci voleva tanto a tirare giù un abete e metterglielo in mano? E’ come andare in battaglia con un Merkava senza munizioni! Ok, va bene, puoi spiaccicarci qualcuno passandoci sopra coi cingoli, ma non stai davvero approfittando delle potenzialità di questo gioiellino!

Ma torniamo alla tattica.

I nostri sono schierati. Da una parte Gianni, che ha soprattutto fanteria, un po’ di arcieri e un po’ di cavalieri, dall’atra Bolton, che ha il doppio della gente. Entrambi hanno piazzato gli arcieri in prima fila.

Ok, è una scelta difendibile. Io li avrei messi dietro, ma hey, va bene anche così.

Storia a parte, ci troviamo all’inizio con un Gianni Neve da solo, al centro del campo di battaglia, a tiro delle frecce Bolton. Siccome ormai è lì, Gianni decidere di caricare i Boltons da solo.

Ora, vi parrà strano, ma questa scena non mi pare del tutto folle. Gli arcieri Bolton stanno tirando a campana, e Gianni è esposto. Ha due scelte: ritirarsi, o avanzare, dacché le due scelte lo tolgono dalla “fascia bersaglio” dei dardi.

Peraltro, è realistico il fatto che la carica duri poco, ed è verosimile che Gianni riesca a saltare di sella prima di restare incastrato sotto il cavallo.

Il problema in questo frangente non è tanto Gianni, quanto la sua cavalleria.

In primis, prima lo lasciano correre avanti allo scoperto e solo dopo si svegliano “oh cazzo, già, è il comandante, ‘ndiamo a ripigliaccelo!”. Meh.

Quello che però ha di buono questo passaggio è che i cavalieri cavalcano lancia in resta e “lunghi”, con staffe basse, come facevano, con ogni probabilità, i catafratti europei. Un bel dettaglio. Anche contando che, nell’urto della lancia, il cavaliere deve spingere avanti il bacino stendendo le gambe, per scaricare la botta sulle spalle del cavallo e non sui suoi lombi (le zampe anteriori del cavallo sono quelle che portano meglio il peso e le botte).

A sinistra, un fotogramma del film. A destra, miniatura sul romanzo di Yvain o Il cavaliere del leone, Chrétien de Troyes (XIII° secolo). Notare, a destra, i piedi spinti avanti rispetto al centro di gravità del cavaliere.

Tornando a noi, la cavalleria Bolton carica.

Perché?

La cavalleria Snow sta entrando nella portata degli arcieri. A meno che la portata dei tuoi archi non sia 20m scarsi, non sarebbe meglio scompaginarli un po’ prima di buttare le tue truppe d’élite nel gioco?

Nevermind, le due cavallerie si schiantano l’una contro l’altra, e Gianni Neve nel mezzo sblocca la Modalità Eroe e diventa invulnerabile.

No, sul serio, la battaglia è figa e tutto, ma Giovanni Neve che passeggia in giro mentre il resto del mondo lo schiva in automatico proprio non si può vedere. C’è perfino un momento in cui si ferma per diversi secondi di sguardo intenso!

Comunque, mentre Gianni se ne va in giro invulnerabile a cavalli e tizi, i Boltons decidono di tirare altre frecce.

Su un mischione?

Perché?

Ok che Ramsay è tanto kattyvo, ma falciare i propri cavalieri è da fessi e basta!

Un cavaliere è un guerriero d’élite. E’ estremamente costoso, al punto che interi sistemi politico-economici sono stati costruiti attorno ad esso, per rendere possibile il suo addestramento ed equipaggiamento. Basti pensare che in epoca feudale l’indennizzo da versare al signore per la morte di un suo féal era moltiplicato nel caso il tizio fosse stato un guerriero montato.

Non solo: Gianni Neve ha, bene o male, lasciato entrare un putiferio di wildlings. I Boltons avranno bisogno di uomini per dar loro la caccia e controllare il Nord. Perché dovrebbero sterminarsi la cavalleria da soli?

Dico sterminarsi perché, a un certo punto, i cavalli spariscono. Quindi i fatti sono due: o i cavalieri di Gianni e di Ramsay si sono annientati vicendevolmente (nonostante quelli di Ramsay fossero il doppio in numero e, si suppone, meglio nutriti e riposati), o Ramsay è riuscito a spacciare tutti i suoi guerrieri migliori a botte di “esigenza di trama”.

E parlando del campo, questa è la situazione:

Il cavaliere sulla sinistra funge da riferimento: ‘sti mucchi sono alti il doppio di un uomo a cavallo!

Ora, ok che avete tritato mille cavalieri e spicci, ma ‘sti mucchi da dove escono?

I mucchi di cadaveri hanno di solito 2 origini: gente che muore contro un ostacolo architettonico; qualcuno che sposta i cadaveri. Non è la prima, visto che siamo in pianura, e non è la seconda visto che nessuno ha l’agio di farlo.

Ne deduco che sia andata così.

Anyway, Ramsay, tutto felice del fatto che ora l’intero Nord non ha più un solo cavaliere nell’esercito, manda la fanteria: i suoi e gli Umbers, che dovrebbero essere a cavallo ma sono a piedi perché boh, sticazzi.

Gli Umbers caricano e spariscono. No, davvero.

Con Umbers…

Senza Umbers…

Errore di editing, son sicura, ma comunque…

Quando ricompaiono, scalano i mucchi di morti e scendono nella fossa insieme ai wildlings. Buonsenso vorrebbe restassero sulla cresta per ributtare sotto chiunque cerchi di scappare. Ma no, il capoccia degli Umbers deve scendere nel merdaio e ritrovarsi così pigiato che tra lui e Thormund parte un match di testata nel muso.

Frattanto, i fanti dei Boltons accerchiano per benino Gianni e i suoi, che li lasciano fare perché…

Boh. Perché dargli fastidio sarebbe stato scortese.

Accerchiati i dodo, i Boltons iniziano la fiera dello spiedino. E niente da dire qui, la manovra è bella e fatta bene, e visualmente è molto carina. Però, giusto per fiscaleggiare, direi che le lance sono tenute troppo in avanti.

Niente impedirebbe ai wildcosi di agguantarle e sfasciare la linea. Niente a parte la buona creanza, ovviamente.

Devo dire però che la prima linea con la spada è molto caruccia, offre scenette memorabili.

Knock knock… oh shit…

Ho sinceramente apprezzato la parte in cui Gianni Neve viene pesticciato nella merda e nel sangue. E’ realistica e ben fatta. Un po’ lunghetta, magari, e la musica struggente stona con il realismo crudo del momento, ma hey, bella comunque.

Quello che invece mi ha fatto cascare le braccia è l’arrivo dei rinforzi.

Tre osservazioni e poi giuro smetto di scassare le palle:

  • Per arrivare a Winterfell, i cavalieri del Vale devono aver attraversato un territorio molto vasto. Vista la celerità con cui arrivano dopo l’appello di Sansa, si suppone che abbiano usato la King’s Road, che se s’impelagavano per bozzi e grottoni ciao. Insomma, c’è un esercito di diverse centinaia di cavalieri in armi che avanza sulla via maestra, com’è che non c’è stato un solo fesso che li ha visti ed ha avvertito Ramsay?
  • I cavalieri del Vale arrivano a battaglia iniziata (quasi finita) e attaccano subito. Si suppone che siano arrivati in un rush di marce forzate per fare in tempo. I loro cavalli dovrebbero essere esausti, i loro uomini stanchi. Sembra poco probabile che possano passare sopra una fanteria perfettamente organizzata (e notevolmente lenta di reazione! Secondo me Ramsay ha pochi sergenti…) manco fossero una schiacciasassi sui marshmellows. Sarebbe stato meglio, a parer mio, se la vittoria dei rinforzi fosse da attribuire più a un effetto psicologico (panico e fuga della fanteria), ma tant’è…
  • Tanti complimenti a Sansa che prima sfrangia la minchia a Gianni “non hai chiesto il mio parere per i piani di battaglia”, e poi se ne esce “oh sì, avevo 1000 cavalieri di scorta nascosti nel culo, non te l’ho detto perché ci tenevo a farti una sorpresa!”. Se Gianni avesse saputo che i rinforzi stavano per arrivare, forse, forse avrebbe potuto organizzarsi diversamente. E forse quella piaga di tuo fratello Rikon sarebbe ancora in vita. Ma bon, era un personaggio marginale in ogni caso.

 

E poi well, c’è la fine, con Ramsay rimasto praticamente solo dopo aver tirato il suo intero esercito nel tritacarne. Non che non sia mai successo nella Storia, ma bon, m’è parso un pochettino cliché.

E questo è quanto. Sì, la battaglia è uno spasso da guardare! Sì, rispetto alla media delle battaglie in tv è comunque buona. Però ecco… secondo me c’è ancora del margine.

Parlando di clichés, m’importa ‘n cazzo se l’ha già detto in diecimila, ma Lyanna Mormont spakka!

MUSICA!

Archeologia sperimentale e stupidaggini estemporanee

Bentornati in questo luogo di pena e tedio.

La Santa Pasqua si appropinqua e molti di voi si staranno preparando a grandi spanciate. Io, per festeggiare questo giorno di giubilo e rinascita, ho deciso di lamentarmi e pestare i piedi sul lavoro altrui. Perché le stagioni vanno e vengono, i Messia nascono e muoiono, ma la polemica è FOREVAH!

Per festeggiare, Jokke con orecchie da coniglietto rosa batuffolose

Vorrei parlare oggi di “archeologia sperimentale”.

So che non è un termine che garba a tutti. Nello specifico, si tratta di cercare di riprodurre e testare ipotesi archeologiche. In altre parole, si tratta di ricreare con mezzi d’epoca un dato artefatto per sottoporlo a varie prove.

Un esempio può essere l’esperienza che Timothy Dawson racconta nel suo interessante Armour never wearies: scale and lamellar armour in the West from the Bronze Age to the XIX° Century. Ricostruendo uno dei modelli, provò a seguire il disegno ufficiale ipotizzato dalla storiografia al momento, in cui le cinghie che passavano sopra le spalle erano perpendicolari all’armatura. Questo sistema si avverò doloroso e poco pratico. Dawson cambiò l’angolo delle cinghie ottenendo un risultato molto migliore.

Un altro esempio sono le varie spedizioni oceaniche di Thor Heyerdahl, un norvegese pazzo che per provare le sue bizzarre teorie era pronto a remare attraverso il Pacifico su zatteroni assurdi messi a punto dopo lunghi e complicati studi comparativi.

Il Kon-Tiki

Su un piano più prossimo all’hobby, l’idea di base è simile a quella dalla ricostituzione storica, e nei cassi migliori la ricostituzione seria e l’archeologia sperimentale possono sovrapporsi. Il problema è quando a pasticciare con esperienze del genere ci si mettono dilettanti e casinisti.

Reenacting, you’re doing it wrong

Sia chiaro, questo genere di “ricreazione e verifica” del passato NON otterrà MAI risultati scientificamente inoppugnabili. Nel migliore dei casi possibili, ci sarà sempre un margine aleatorio di speculazione.

Per certi versi questo dipende dalla scarsità dei reperti di base o di fonti precise. In altri casi, certe esperienze o certi oggetti non possono essere ripetuti. Certi materiali non si trovano più, o sono vietati.

Quando poi ci si avventura sul pericoloso terreno delle performances di armi o animali, allora lì la faccenda si complica ancora di più.

Alcuni conosceranno la serie Deadliest warrior. E’ molto divertente, ma spero sia superfluo dire che i risultati sono rilevanti come l’opinione dei Marcianò sui fenomeni atmosferici qualsiasi cosa. Senza entrare nel merito delle armi, il problema principale sono gli uomini: gli esseri umani non sono tutti uguali. Poniamo caso io voglia studiare il peso dell’equipaggiamento degli opliti tra il 480 e il 323 a.C. Chiamo un mazzo di atleti, gli faccio provare le varie ricostruzioni di armature e ne osservo le performances.

Il mio esperimento è falsato di partenza. Un atleta, anche qualcuno che pratica sport marziali, ha una resistenza al dolore e alla fatica risibili rispetto a un buon guerriero professionista del V° secolo a.C. Tanto per cominciare abbiamo perso la selezione naturale: nella mia famiglia, nessuno di noi sarebbe sopravvissuto alle Forche Caudine della vita senza vaccini e medicina moderna. Io in primis, se anche fossi sopravvissuta a nefrite e malnutrizione, senza osteopati e dentisti mi troverei a mangiare zuppa con la gobba, a 27 anni.

[EDIT: Come mi è stato fatto notare, in questo paragrafo mischio due cose, le prestazioni del militare professionista e del tapino medio (soggetto alla selezione). Ci tengo a correggere quindi il tiro.]

Spesso questo ragionamento attraversa la testa dello storiografo dilettante o del suo amico romanzaro. Costoro però ne traggono spesso le conclusioni sbagliate: se le cose stanno così, allora in altre epoche il numero di donne ventisettenni gobbe e senza denti doveva esser altissimo!

Non è affatto detto. Può essere che sì, ma è molto più facile che no, dato che chi è debole muore o comunque non si riproduce in una società preindustriale.

La classe sociale, il posto e il periodo storico poi contano moltissimo sulla salute e resistenza degli individui. In certi posti a certi momenti la denutrizione cronica può essere tanto grave da rendere interi gruppi rachitici, in altri casi ciò non avviene. I fattori in gioco sono moltissimi, tra cui variabili climatiche, sociali, ambientali, tecnologiche, demografiche, ecc.

E non mi addentro nemmeno troppo sulle diverse reazioni chimiche e fisiologiche. Un lottatore sul ring può avere l’adrenalina a 1000, ma non sarà mai come trovarsi nel fango fino al ginocchio, in mezzo ai corpi smembrati di quelli che erano i tuoi compagni, con i timpani esplosi e un crucco che fa capolino nella buca, baionetta in pugno.

In certi casi l’odierna necessità di non mettere a rischio (o non uccidere) i soggetti rende una rievocazione accurata impossibile. Quando a Rochefort hanno ricostruito l’Ermione, non hanno potuto rifarla identica alla nave di Lafayette pur sapendo al centimetro com’era costruita l’originale, e questo per ragioni di sicurezza. Problemi simili sono stati incontrati sul cantiere di Guédelon nella manipolazione di calce e nella costruzione di ponteggi et similia.

Guédelon, costruito da 0 con metodi d’epoca (nel limite del possibile)

Con gli animali è uguale se non peggio. In un esperimento del 1990 della rete giapponese NHK si caricò un cavallo col peso di un guerriero in armatura completa e si constatò che la bestia si stancava subito. E grazie al cazzo. Un cavallo da guerra, come il guerriero, è stato selezionato e da subito addestrato per una funzione specifica. Pretendere di misurare le performances di un destriero da battaglia con un ronzino da passeggio è come voler testare il rendimento del T-15 con un pandino.

Perché tutta questa lunga tirata?

Per colpa di questa gente qui.

Qualcuno a Vice ha pensato che sarebbe stata una buona idea scrivere un articolo sull’igiene medievale. E sono lieta che lo abbiano fatto, perché ci offre l’occasione di discutere su come NON si conducono certi studi.

Cominciamo con ordine.

Stando a quanto affermano Hollywood, i libri di storia, e le credenze comuni, il Medioevo è stato un periodo segnato dalla sporcizia, in cui si andava in giro coperti di pulci e melma e la classe sociale delle persone poteva essere definita dall’odore che emanavano.

Primo: “Hollywood” e “libri di storia” non dovrebbero mai essere usati nella stessa frase. MAI.

Secondo: “le credenze comuni”, ah, quelle idee corrette e accurate dacché frutto del nostro fenomenale sistema educativo. Le stesse credenza comuni che vogliono che prima di Cristoforo Colombo la gente credesse nella Terra Piatta o che le crociate siano state una guerra di civiltà tra Oriente e Occidente.

Se credete a una sola delle summenzionate, no, non sono corrette. Ma chi sono io per discutere.

Terzo: Medioevo. Non c’è niente di meglio per mandare a fanculo qualsiasi credibilità o verosimiglianza, “medioevo”.

Mi sanguina il cuore all’idea che sia ancora necessario specificarlo, nel 2015, ma visto che ci siamo: “medioevo” è un termine completamente privo di qualsivoglia sostanza, che ci trasciniamo dietro come scomoda eredità da un passato in cui studio e ricerca non erano sviluppati come oggigiorno.

“Medioevo”, cito dalla Treccani, è

Età intermedia tra l’antica e la moderna. Secondo l’accezione più diffusa è il periodo compreso fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e la scoperta dell’America (1492).

Sono 1016 anni. Imperi sono nati, paesi sono spariti, popoli interi si sono spostati, aggregati, sterminati a vicenda. Lingue sono scomparse, culti sono apparsi, dei sono stati dimenticati. Trattare questo lunghissimo e affollatissimo periodo come un’entità unica secondo la logica “scatolone dei calzini spaiati” è ridicolo.

Sono tutte stronzate. Lo so perché ho passato le ultime due settimane seguendo un regime igienico premoderno ea parte sgommate sulle mutande, piaghe inspiegabili, quintali di forfora e smegma, e un probabile Fuoco di Sant’Antonio, è andato tutto bene. Ora vi racconto.

Ma anche no, tientelo per te.

“Regime premoderno”. Mi ricorda quando mio fratello giurato se ne uscì con “Non ricordo che periodo era, ma c’avevino i cavalle e le spade, era i’mmedioevo”. E mio fratello giurato stava scherzando.

Quale regime premoderno? Di dove? Stiamo parlando dei Franchi di Carlo Magno, degli islandesi della fine del landnàm, degli infami bizantini sul cantiere di Haya Sofia? E di che classe sociale? In che contesto?

Bello anche come l’autore sembri ignorare del tutto le differenze di fisiologia o abitudini alimentari che corono tra un milanese di oggi e… oh, più o meno chiunque altro non viva ora in Europa Occidentale. Perché sì, quello che mangi cambia il tuo odore. Dove abiti cambia il tuo odore e la rapidità con cui ti sporchi.

Sì, mi rendo conto che accanto a perle come “regime premoderno” questi siano dettagli, ma sapete com’è, sono cagacazzi.

Thomas Morton ha contribuito a Vice con pezzi di reale interesse, tipo il documentario sui rapimenti di ragazze in Kirghizistan, che per quanto possa essere discutibile porta all’attenzione di tutti un problema reale. Il perché si sia buttato a scrivere ‘sta boiata infame proprio non lo so.

Ho indossato gli stessi vestiti per tutti e 14 i giorni. Ho optato per un completo totalmente bianco, in modo che la sporcizia potesse lasciare segni evidenti. Inoltre, pensavo che avrebbe dato all’impresa un taglio avventuriero alla Fitzcarraldo, ma solo ora che la cosa è finita sono in grado di confermarlo.

Bravo. In base a cosa abbiamo stabilito questi 14 giorni?

Il mistero si fa fitto, le ragioni e il senso di questo articolo sempre più fumosi, e siamo solo all’inizio.

Peraltro, fotte poco di che colore fosse l’abito: di che materiale è? Perché il materiale più usato per gli abiti di tutti i giorni presso il popolo minuto è spesso stato la lana. Ora, nella mia personale esperienza, laddove sintetico e cotone iniziano a puzzare alla svelta se a contatto col sudore, la lana ha un odore molto meno forte. Può darsi che questo dipenda dalla mia fisiologia personale, ma altri conoscenti dediti a lunghe passeggiate in montagna mi hanno confermato esperienze simili. E se “io e gli amici miei” vi sembra ridicolo come bacino di studi, well, siamo sempre più numerosi che “Thomas Morton” e basta.

Non sono esattamente un “maniaco” dell’igiene personale, quindi diciamo che per i primi tre giorni il vero cambiamento è avvenuto solo per ciò che ha a che vedere con l’urinare. All’inizio avevo pensato che avrei potuto fare i miei bisogni all’aperto, una cosa alla quale sono perfettamente allenato dopo le innumerevoli sbornie notturne. Ma poi mi sono reso conto che fare pipì in strada, sobrio, alle 10 di mattina, non sarebbe stato il massimo. Così ho optato per un vaso da camera.

Ah, allora stiamo parlando di città. No, perché il vaso da camera non è mai stato usato dalla popolazione rurale, che fino alla rivoluzione industriale costituiva la stragrande maggioranza della gente.

I vasi da camera sono un’invenzione geniale per pisciare, quasi come la vescica. Ci sono state un paio di cosette a cui ho dovuto abituarmi, come tenere il vaso vicino all’inguine invece di cercare di centrarlo, e non iniziare con un flusso continuo. Ma dopo aver asciugato per un paio di volte per terra con le maniche, praticamente l’intero appartamento è diventato il mio cesso.

“Con le maniche” perché l’intera faccenda non era abbastanza ridicola, e poi di certo farà un sacco ridere gli alunni della 3°E delle Scuole Medie Ugo Guidi.

L’unico problema era come svuotare la tazza. Rovesciarla direttamente dalla finestra non sarebbe stato accettabile, dato che vivo proprio sopra il mio padrone di casa (inoltre, la pratica è stata definita illegale fin dal 500 d.C., grazie al decreto romano su effusum vel deiectum). La maggior parte delle mattine quindi depositavo i liquidi in un tombino tra due macchine o, se mi sentivo un po’ più civile, in quello sul retro del caseggiato. Mi ci sono voluti tre giorni per capire come riuscirci senza schizzarmi i pantaloni.

Aha, quindi ci siamo documentati! O forse anche no, perché tutta questa baracconata non ha senso. Complimenti però per aver imparato a versare liquido in un tombino.

Dopo due giorni di trascuratezza, la placca sulle mie gengive ha iniziato a diventare da gialla a color ocra, e la quantità di resti di cibo incastonato tra i denti è aumentata in modo esponenziale. La mia ragazza ha decretato che il mio alito stava a metà tra puzzo di immondizia e feci umane.

Perché mai tu abbia dovuto trascurare i denti quando in diversi posti in diverse epoche sono stati elaborati diversi modi di pulirli, lo sai solo te. Peraltro, vista l’assoluta inutilità intellettuale di questo esperimento, io non capisco perché la tua ragazza abbia sopportato tutto ciò.

Il siwak è uno strano bastoncino che il Profeta Muhammad amava così tanto che avrebbe anche potuto sposarlo.
Non è altro che un semplicissimo antenato dello spazzolino, eppure negli Hadith viene citato ogni tre per due e gli esportatori continuano a descriverlo come uno strumento che “rinforza chi lo usa,” “allontana i cattivi pensieri” ed è “la cura per ogni male, eccetto la morte.”

Dopo averlo utilizzato un paio di volte ho imparato che il sapore del siwak si avvicina molto all’odore delle pastiglie per igienizzare il WC. Successivamente, seguendo un’antica ricetta egiziana, ho sminuzzato in una ciotola zoccoli di bue, pomice, gusci d’uovo, mirra e ho mischiato tutto insieme con un po’ di sputo fino ad ottenere un impasto granuloso. Sembrava di pulirsi i denti con la sabbia, ma indovinate un po’? È praticamente come un moderno dentifricio, solo senza il fluoro.

Stuzzicadenti, mele, erbe, risciacqui, tutta roba da sempre usata per l’igiene dentale in Europa. Ma sono troppo mainstream, andiamo a mangiare rami esotici. L’antica ricetta egiziana invece fa un sacco ridere il club di calcetto del Liceo Giosué Carducci, perché questo è un articolo per tutte le età!

Sono un po’ stitico, quindi per i primi tre giorni ho avuto un Medioevo piuttosto spensierato. Successivamente sono—ahimè—stato costretto a rompere il sigillo e lasciare un ricordino. Ed è stato terribile perché, come ho subito scoperto, liberarsi della puzza è praticamente impossibile.
Almeno, cagare nel vaso è stato molto più facile di quel che pensassi. L’unica cosa che bisogna essere certi di fare è rannicchiarsi nel punto giusto, liberarsi della propria dignità per un paio di secondi, e lasciare che cada lentamente. Vi sembrerà illogico, ma penso sia utile avere un po’ di pipì sul fondo del vaso—non così tanta che possa schizzare fuori, ma abbastanza perché non rimangano residui marroni sui bordi. Ho considerato questa scoperta alla pari dell’invenzione dei moderni impianti idraulici, visto che ha trasformato l’intero processo da un terrificante travaglio di cinque-dieci minuti in un banale pit stop.

La cacca è sempre un sacco buffa! Peraltro, il signor Morton affronta qui un problema che in altri contesti e in altri tempi non avrebbe avuto. In un mondo in cui la legna è il principale mezzo di riscaldamento e cottura, mettere della cenere sul fondo e sui bordi del cantero evita le fastidiose macchie marroni. Un cantero un po’ più grande che il vasino di Timmy il cuginetto può anche dimostrarsi più confortevole.

Quanto al lavare il tutto, il signore non ha a disposizione torrenti o pozzi, ma visto che chiaramente profitta del riscaldamento moderno, usare un po’ d’acqua corrente non mi pare uno strappo così terrificante alla regola. Dopotutto detta regola non ha né capo e né coda…

All’inizio di Gargantua e Pantagruel di Rabelais, il giovane Gargantua si ingegna per capire quale sia il “nettaculo” migliore al mondo, per poi scoprire che si tratta del collo di un papero ben piumato. La lista includeva lenzuola, un gatto marzolino, pelle di vitello,  una mascherina di velluto da damigella, diversi cuscini e un cappuccio da penitente.
Non ho potuto mettere le mani su nessuna di queste trovate, ma ho cercato di sostituire la maglietta con le lenzuola del letto. Passarsi tra le chiappe un tessuto soffice è una delle sensazioni più lussuoriose sulla terra, ma solo finché hai il culo pulito. Dopodiché si rimane bloccati, indecisi se buttare il panno incrostato di merda nel vaso da notte o cercare di ripulirlo pisciandoci sopra, come piaceva fare ai Romani. Avevo già svuotato la vescica e non mi andava di conservare la maglietta nella doccia per dopo, quindi ho spostato il mio stronzo caldo per farle un po’ di posto nel vaso. Non è stato divertente.

Avrebbe potuto regalare la maglietta alla Croce Verde, ma non faceva ridere.

Per pulirmi ho fatto ricorso alla vecchia tecnica della frutta. Come primo tentativo, ho utilizzato un paio di banane sbucciate. Il mio primo istinto è stato quello di tenere la buccia dall’esterno e usare la polpa interna per pulirmi. Pivello. La sensazione era simile a quella provocata da una salvietta rinfrescante, ma alla fine mi sono ritrovato con uno spesso strato di banana attaccato ai resti delle feci. Inizialmente soddisfatto del risultato mi sono tirato su i pantaloni, ma quando mi sono seduto, qualche ora dopo, sembrava che l’interno delle mie mutande fosse stato immerso in una glassa da pasticceria.
Con le bucce d’arancia è andata un po’ meglio, anche se dopo essere rimaste per un’intera notte in mezzo agli escrementi hanno impestato il vaso di un fetore insuperabile. Quello che ho imparato è che le dimensioni della frutta non hanno importanza. La buccia di un pompelmo, ad esempio, potrebbe farvi evitare di ritrovarvi le dita marrone cioccolata, ma in ogni caso, se non portate un’intera cesta di frutta, rischiate comunque di andare in giro coi tarzanelli tra le chiappe. Ma magari è una cosa che succede solo a me.

In città oggigiorno trovare materiali “storicamente passabili” per nettarsi la risegola è impossibile. Ma tenuto conto del fatto che ha usato le banane, a questo punto poteva anche fare un’eccezione per della banale carta da culo: non è tanto più impossibile. Ciò detto, magari sbaglio io e l’esperimento è da riferirsi esclusivamente al regno di Gerusalemme sotto il savio controllo di Baldovino IV°: loro le banane credo che le avessero. Ma da quelle parti avevano anche il sapone, figurati te!

Al quarto giorno puzzavo come una capra. Niente di incredibile, ma era un odore abbastanza forte da far esclamare a chiunque mi si sedesse vicino: “Chi sta fumando erba?”, ogni volta che l’aria del ventilatore sulla scrivania del mio collega girava verso la mia ascella. Mentre gli uomini del Medioevo non davano grande importanza alla puzza, nell’Antico Egitto ci si deodorava con palline di farina d’avena. Visto che a quei tempi costruivano piramidi e non orribili chiese, ho deciso di adottare il loro stesso metodo.
Ho cucinato un po’ di porridge, l’ho fatto raffreddare e me lo sono passato sotto l’ascella. Dopo un po’ di secondi la melma di avena si è solidificata in una patina simile a colla, che è riuscita a coprire l’odore per ben due giorni. Peccato che la stessa si sia fusa con la mia pelle come fosse cemento.

Io non so che dire. Tutto ciò sta diventando triste. Ha sempre meno senso e diventa sempre di più la commedia avvilente di chi si spiaccica da solo la torta in faccia. Cioè, perché?

Per chi fosse interessato, non ho idea di che diavolo combinassero gli egiziani col porridge, ma facendo grandi generalizzazioni, di solito anche i contadini si lavavano almeno una volta la settimana, per andare a messa (con acqua fredda). Ovviamente in città i poveri avevano molte più difficoltà nel restar puliti, ma esistevano i bagni pubblici. Aquisgrana era una città termale. Parigi non lo era, ma i bagni esistevano, a periodi ne annoverava diverse decine.

“Ok Tengi, ma oggigiorno non ci sono più e lui non voleva rompere il “regime preindustriale”, sai com’è…”

Sie, sticazzi, ha cucinato il porridge su un fornello moderno. Ma si sa, poi non faceva ridere.

Mentre stendevo il secondo strato di porridge, qualche giorno dopo, ho notato che la mia maglietta era ricoperta di piccole macchioline di sangue. Mentre cercavo di capirne la causa, ho anche intravisto un’enorme vescica piena di pus poco sopra il gomito. Quasi nessuno le ha apprezzate, eppure io le portavo fiero, considerandole un misto tra stigmate e un tipico segno di bellezza medievale.

Vai da un dermatologo. No sul serio. Un’enorme vescica piena di pus per un po’ di sudore rappreso non è normale.

Il metodo romano di pisciare sui vestiti per pulirli è sufficientemente folle da funzionare (specialmente sapendo che l’urina contiene tracce di ammoniaca). Ho provato questo metodo sulla manica della camicia, ma per quanto strofinassi e risciacquassi, non sono riuscito a levare l’odore di urina. Immagino che ai romani non dispiacesse granché.

O forse il metodo romano non si limitava a pisciare su qualcosa. Di nuovo: il materiale principe del bucato all’antica è la cenere, e lo è rimasto in certe zone rurali d’Europa e d’Italia fino a mica tanti decenni fa. Ma di nuovo, pisciarsi a dosso fa un sacco ridere!

Arrivata la seconda settimana, i miei capelli sembravano quelli di Ally Sheedy in The Breakfast Club (ma privati della sua grazia), quindi ho deciso di ricorrere a qualche vecchio stratagemma.
Anticipando di 3000 anni lo stile dei loro discendenti, gli israeliti inventarono un semplice gel volumizzante per capelli fatto di cenere e olio di pino. Dopo aver sfregato il prodotto in piccole quantità sul mio cuoio capelluto, sembrava che mi fosse esplosa una bomba in mano come in un cartone animato. Inoltre, emanavo un odore molto simile a quello del cibo per criceti. Poco dopo ho scoperto che le leccate di mucca che avevo dato ai miei capelli con quella roba erano permanenti.

Un vagoo lucore di senso, fategli ciao che non tornerà più. In effetti olio e cenere sono stati spesso usati per tener puliti i capelli, assieme all’uso diligente di pettini . I capelli oliati non saranno fashonable, ma sono poco vulnerabili ai parassiti.

Dopo avere passato una settimana cagando pochissimo, ho deciso che era l’ora, come direbbero in Inghilterra, di “prendermi cura del mio didietro”. Nell’Antica Roma si usava una spugna bagnata in acqua salata e posta sull’estremità di un bastoncino.
Ricordate di conservare una parte della spugna asciutta per la passata finale.

Ma no, perché, con le banane andavi benissimo.

Banane

All’ottavo giorno la frase “Chi sta fumando erba?” era diventata “Chi sta friggendo merda di cane?”. Stavo continuando a spalmare il porridge sotto le ascelle, ma alla seconda passata l’odore di avena aveva iniziato a mischiarsi a quello di sterco, anziché limitarsi a coprirlo.

Ma la puzza delle ascelle non era neppure lontanamente paragonabile allo strato di sego che ricopriva le mie palle e che aveva reso la zona all’attaccatura del pene di un bel colore grigio. Risultato, ogni volta che mi sedevo su una sedia, il mio naso si trovava ad aspirare una fetida nuvola di formaggio d’uccello.

Pur di scrivere un articolo storico interessante buffo un casino che fa tanto ridere, questo ed altro!
Io non so come i suoi coinquilini abbiano tollerato questa farsa. Spero che il signor Morton sia stato pagato bene e che abbia spartito il malloppo coi suoi compagni di sventura.

Dato che le pratiche in uso ai tempi delle piramidi erano risultate fallimentare, ho deciso di andare avanti di un centinaio d’anni, fino alla Grecia Antica. Ispirandomi liberamente alla ricetta di un farmacista del primo secolo, Pedanius Dioscorides, ho creato un profumo con mirra e radici di alcuni fiori uniti a olio d’oliva bollente. Dopo essermi cosparso l’unguento su tutto il corpo (eccetto le palle—a quel punto erano veramente troppo sudicie per poterci aggiungere anche quello) ero pronto per uscire. Non sono un esperto di profumi, ma sembravo uscito direttamente da una fumeria. Probabilmente, la sostanza conteneva il ferormone che quei furbacchioni dei greci utilizzavano per accalappiare gli altri uomini, dato che nessuna ragazza è riuscita a parlarmi per più di 20 secondi per volta.

Oibò, ma il farmacista in questione non era un tizio dell’Asia Minore che esercitava a Roma nel primo secolo d.C.? “Grecia Antica” ma di che? Dopo Meleagro è solo decadenza moderna!

Peraltro, tutti, nel Medioevo, seguivano le ricette di un farmacista romano morto 5 secoli prima.

Alla mezzanotte del quindicesimo giorno—a causa dell’insistenza di ogni persona che conosco—mi sono infilato nella vasca da bagno e ho osservato le due settimane di duro lavoro scivolare lentamente dal mio corpo in rivoli marroni. Tutto sommato, credo di aver completato la missione. Purtroppo, l’unico odore che non sono riuscito a combattere è stato quello penetrante e acido del pregiudizio. Magari un bel giorno anche il resto del mondo riscoprirà il piacere delle antiche usanze, ma per il momento credo sia meglio unirmi alla massa e tornare a pulirmi il culo con la carta igienica.

Non c’entra niente. Ma sarà l’unica cosa che ricorderete alla fine di questo articolo.

Io non ho parole.

Sul serio, la prima volta che ho letto ‘sta monnezza non sapevo cosa dire. Non fa ridere, non ha senso, non trasmette nessuna informazione degna di nota, il metodo è inesistente e alla fine si chiude con un glorioso “ahah, gli antichi erano sudici”.

Morton, ti sei occupato di storie vere, checcazzo. Che senso ha tutto ciò?

Basandoci su questo articolo, gli antichi potevano essere sudici, o puliti, o cloni biomeccanici costruiti dai Rettiliani: nulla di quanto scritto finora ha una qualsivoglia rilevanza o valore. Sono solo azioni senza particolare nesso o rigore, eseguite senza particolare scopo o metodo.

L’articolo ha un tono spiritoso, e va bene. Ma se voleva essere un pezzo umoristico, non si poteva scegliere qualcosa di veramente divertente? Perché qualcuno che non si lava per 15 giorni può essere buffo, ma perché non complicare la sfida a questo punto?

Signor Morton, se il suo scopo è farci ridere con cacca e puzza, perché non alza un po’ la posta? 15 giorni senza carta igienica chiuso in una stanza con due puzzole antipatiche! Oppure perché non trasportare direttamente il ring in una stalla: quindici giorni di convivenza con le mucche! Le mucche fanno un sacco di cacca, le occasioni comiche sono infinite!

Ovviamente se lo fa voglio una percentuale di eventuali guadagni.

Quanto a colui che ancora sta leggendo: è Pasqua, che ci fai ancora qui? Vai a rubare le uova ai vicini!

Io me ne torno nel mio antro di cattiveria inutile e antipatia.

MUSICA! (qualcosa un po’ più midi per l’occasione)
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Archeologia sperimentale

Come non si fa (1): Vikings

Fear the Daibanana!

Il Capodanno è finito. L’ho passato in famiglia, con parenti che ci hanno assolutamente tenuto a vedere il documentario sui cercopitechi urlatori, altresì chiamato “quellammerda con Gigi d’Alessio”. La badante di mia nonna ha anche cercato di portarmi via la bottiglia dopo appena un paio di bicchieri. Non ho nemmeno potuto far esplodere qualcosa, e il disperato tentativo di accendere le girandole al chiuso ha avuto le ali tarpate quando quelle porcherie sono bruciate quietamente per terra senza schizzare per aria.

Niente musica, niente sbronza, niente ustioni. Bah.

La ricaduta positiva è che, con queste premesse, il 2015 si preannuncia ancora più Grumpy del 2014.

Ergo, come meglio festeggiare se non inaugurando una nuova rubrica?

COME NON SI FA, una piccola guida a tutto quello che fa schifo nelle vostre scene preferite (perché guastare la festa è la mia vocazione).

Il primo esempio: la prima battaglia della serie Vikings, che, se avete letto questo articolo ricorderete, non mi ha fatto proprio una bella impressione.

Il contesto

La battaglia è presa dall’Episodio 4 della Prima stagione. Al loro secondo raid, i nostri saccheggiano un posto in Northumbria con una facilità che dire fa schifo è poco. Di ritorno alla spiaggia, però, i nostri trovano i guerrieri di re Aelle ad aspettarli.

And hilarity ensues.

La battaglia

Cominciamo, cosa non funziona con questa scena?

La tenuta dei vichinghi per cominciare (anche quella dei Northumbri, ma quella dei vichinghi fa davvero piangere i gattini). Come detto nell’articolo succitato, i costumi della banda sono decisamente brutti. E per sovrammercato, nessuno di loro pare portare una protezione decente: niente guanti, cuoio o panno imbottito, nulla. Pessima, pessima idea.

Ma limitiamoci agli aspetti tattici della faccenda!

Cominciamo con le forze in campo.

Per la squadra di casa, la Northumbria, abbiamo:

  • 3 cavalieri
  • 10 arcieri
  • 3 file da 10 lanceri
  • 10 con la spada nella prima linea.

53 uomini, o 50 se togliamo gli aristocratici a cavallo.

Per la squadra ospite, Norrenia, abbiamo:

  • 24 scudi
  • 6 lance
  • 2 archi.

Ovvero, compreso Floki sono 27 più un prigioniero.

I Northumbri sono quasi il doppio e meglio armati. Non dovrebbe esserci partita. Ma Ragnar può contare sull’Abilità SonoIlProgagonista e sul potere Pessima Sceneggiatura, quindi siamo tranquilli.

Difatti le trovate Ma Che Cazzo cominciano ancora prima del pestaggio.

  • D’acchito.

Il gruppo Northumbro è schierato in assetto di guerra esattamente davanti l’imbocco del sentiero, tagliando la via alla nave. Questo può voler dire solo due cose: si aspettano che i vichinghi arrivino da quel sentiero e non vogliono lasciarli scappare.

E il primo problema c’è già, grosso come una casa.

I Northumbri hanno 3 vantaggi: il numero, la sorpresa e l’agio di scegliere il terreno. E in una combo spettacolare, non approfittano di nessuno di questi!

I vichinghi stanno avanzando su un sentiero profondamente incassato tra le dune, una posizione estremamente vulnerabile.

Ho una proposta per il comandante Northumbro: mandi due tapiri con le accette ad affondare la nave, poi apposti gli arcieri sul crinale delle dune con gli spadaccini per ricacciare giù a calci qualunque furbone cerchi di arrampicarsi, e quando i nemci rompono in fuga te li carichi e gli fai le chiappe a fettine.

E ho un consiglio per Ragnar: prima di tornare indietro per la stessa strada che hai fatto a venire, manda qualcuno a controllare se la via è libera. Potresti scoprire che è meglio fare un altro giro. Magari dar fuoco a qualcosa come diversivo, e tentare uno sfondamento quando il grosso dei Northumbri accorre da qualche altra parte. Questo, ovviamente, se il comandante Northumbro non è affetto da qualche tenia cerebrale e prova a crearti delle difficoltà…

  • What is it?

E’ la battuta di un vichingo alla vista dello schieramento Northumbro. E’ la majala di to’mae. Che vuoi che sia?

  • Fate con comodo

I Northumbri non attaccano subito, sarebbe scortese, poi rischi di fargli male. Prima trascinano nel mezzo i cadaveri dei due pirla lasciati alla nave, perché chi non vuole un morto su cui inciampare, prima di una carica? Poi lasciano il tempo ai vichinghi di fare le faccine, schierarsi, fare un bel muretto, e solo dopo si risolvono ad attaccare. Che gentili.

  • Colpa della crisi

Gli arcieri tirano una sola salva. Difatti, noterete, non hanno una faretra, hanno delle costosissime spade. Perché le frecce avevano l’IVA troppo alta, immagino. Peraltro gli archi svaniscono subito dopo. No, non li lasciano cadere, spariscono: non sono più utilizzati né sono per terra alla fine della scaramuccia.

Ma forse i 10 arcieri stavano sulle palle del capoccia, visto che hanno una sola freccia in dotazione e subito dopo si ritrovano a caricare in prima linea senza uno scudo.

  • Becchi d’assalto

Avete mai notato che nelle cariche dei film i tizi non tengono mai la linea?

  • Dagni di cornate!

Come detto sopra, i Northumbri sono molto più numerosi dei vichinghi. I vichinghi si sono sapientemente disposti su una singola linea, con nessuno a proteggere i fianchi e le terga. I Northumbri potrebbero tranquillamente girargli intorno e affettargli le chiappe. Tempo necessario: 2 minuti e 46 secondi.

Invece no, come un sol uomo i signori prendono a cornate gli scudi. Punfete, punfete, punfete, nota tattica del Moscone contro il Vetro. Ora, già che sono a scapocciarsi la prima linea così, perché fare il giro sarebbe poco galante, potrebbero sfilettare le zampe dei normanni. Difatti noterete che i nostri non le stanno proteggendo, anzi, tengono lo scudo fisso alla stessa altezza. Ragnar lo tiene addirittura a due mani, perché è tanto ‘omo che non ha nemmeno un’arma per due terzi della battaglia. Scalzargli le rotule dovrebbe essere questione di pochi secondi.

Invece no. Capocciate sugli scudi e via a andare, che i colpi su polpacci e polsi non fanno punto!

  • Quanti vichinghi ci vogliono per…

Tirare 2 frecce?

EDIT: ecco, per la gioia di grandi e piccini!

I vichinghi hanno due arcieri. Sono pochini, ma meglio di niente. Potrebbero tirare a campana sulle zucche dei Northumbri.

Non lo fanno.

Perché uno dei due si decida a tirare, Ragnar e Rollo devono scansarsi, aprire la linea perché questo mentecatto tiri in linea retta nel muso di un nemico. Botta di culo che non colpisce nessuno dei suoi (e la probabilità di incidente in un’azione del genere sono innumerevoli), e che i Northumbri non ne approfittano per spingere e spezzare in due lo schieramento vichingo. Bontà loro.

La seconda volta che gli arcieri si rendono utili, come potete vedere dalla gif (contribuzione del buon Dago), è quando salgono ognuno su uno scudo. Dopodiché due normanni per parte li tirano su, e questi tirano (altro tiro diretto) nel mucchio.

Riassumendo, ci vogliono 6 vichinghi per tirare 2 frecce, e i Northumbri sono così impediti che la prima linea può privarsi di 2 scudi e 4 uomini senza risentirne minimamente.

  • They see me Rollin’

I Northumbri sono seghe tali che Rollo può sfondare tutte le loro 4 linee stile panzer, acchiapparne uno per il cravattino e riportarselo dietro il muro di scudi. Il tutto senza subire nemmeno una gomitata nelle costole o un calcio negli stinchi.

  • Uno alla volta, uno alla volta, uno alla volta per carità (cit., ci sono melomani in sala?)

Dopo la passeggiatina di Rollo, il regista si rende conto che è meglio distogliere l’attenzione dalla tattica, e segue una serie di close-ups di vichinghi machones che con una botta sola azzerano i Punti Vita dei Northumbri, schizzi di sangue e faccine buffe. Dopo aver mostrato un po’ di scenette, i nostri decidono che forse è il caso di riformare la linea.

Ora, chiunque abbia letto un qualsiasi libro, libretto, depliant di storia militare un minimo ben fatto, sa che una volta che la linea è persa, è persa. Puoi recuperare ritirandoti e raggruppando i tuoi in un nuovo schieramento, ma non puoi fare e disfare la linea nel mezzo di una mischia indiavolata.

Questo nel mondo reale. Nel mondo di History Channel (mortacci loro) i Northumbri sono gente molto comprensiva, e lasciano che i nostri amici si risistemino. Che a dargli noia rischi di spettinarli.

 

Bilancio finale:

Perdite Northumbre, 50. Più il prigioniero che, in tutto il casino, non è riuscito a scappare (forse considerava maleducato andarsene senza salutare).

Perdite Vichinghe, 2, più i 2 pirla che avevano lasciato alla nave.

Hooray I guess…

Da un punto di vista puramente narrativo, la battaglia ha 2 grandissimi problemi.

Il primo, i Buoni hanno vinto senza meritarselo. All’inizio la sproporzione di forze è troppo colossale (2 a 1), e nello svolgimento i nemici si mostrano troppo deboli e stupidi per costituire una seria minaccia. Se i Northumbri avessero i neuroni sufficienti a trovarsi il culo con le mani, vincerebbero in un batter d’occhio. Perdono perché manovrano come dei ritardati. Ai Buoni basta star fermi e aspettare che quelli si impalino da soli, o quasi (ho già detto che Ragnar nemmeno ha un’arma in mano?).

Se è chiaro che i buoni vinceranno senza colpo ferire o quasi, la tensione crolla. Non abbiamo paura che Ragnar, o Rollo, o la Lagertha si faccian male. Sappiamo che non se ne faranno. Alla fine non siamo felici per loro, perché non c’è stato nessun investimento sullo scontro.

Il secondo, strettamente legato al primo, la vittoria costa troppo poco. 2 scalzi e gnudi contro 50 militari in armi. Questo ci dice che i Northumbri sono gente del tutto inadeguata, che saranno presenti solo per essere cattivi buffi e per farsi ammazzare da Rollo che è tanto figo.

Per chiunque racconti storie: mettiti nei panni del tuo antagonista. Più l’antagonista è intelligente e capace, più il tuo eroe avrà merito per essere riuscito a sconfiggerlo. Se per far vincere il tuo personaggio devi far commettere errori cretini all’antagonista, vuol dire che il tuo eroe è a sua volta un povero scemo. Perché a qualcuno dovrebbe interessare una gara di lancio della cacca tra due menomati mentali?

Un antgonista ritardato non fa risaltare l’eroe, lo schizza di merda e basta.

Ma Tengy, direte voi, la saga è tanto piaciuta!

Vero. Il punto è: volete raccontare una storia di buona qualità o no? Avete rispetto per i vostri personaggi o non ne avete?

Concludo con una lettura che ho già consigliato, ma che ri-consivlio: Decisive battles of the Western World, del caro Fuller.

E’ tutto per oggi. Vi auguro un 2015 ricco in bottino e saccheggio!

MUSICA! (Da notare che nel video, fatto con un cinquantesimo dei quattrii investiti in Vikings, i costumi sono molto migliori)