Oggi tanto per cambiare vorrei parlare della Corea.
Quando iniziai a studiare Storia Giapponese, la Corea era quel posto nei dintorni che i Giapponesi invadevano ogni qualche secolo.
In realtà la Storia coreana, in particolare per quel che riguarda il periodo preistorico e protostorico, è assolutamente indispensabile per capire le rocambolesche vicende dell’Arcipelago.
Il piccolo problema è che la Storia coreana non gode manco da lontano della stessa mole divulgativa dedicata alla Storia cinese o giapponese, per lo meno non in lingua occidentale. In lingua giapponese già si trova di più, ma, dati i rapporti un tantinello disfunzionali che corrono tra i due paesi, farsi un’idea della Storia coreana basandosi su ricercatori giapponesi è un pochettino… hum… problematico.
Non so di preciso perché, ma la Corea sembra un po’ la sorella zitella dell’Estremo Oriente.
Fortunatamente per noi esiste gente come Gina Barnes e Mark Byington!
Mappa delle moderne provincie sudcoreane
La preistoria coreana è un soggetto vastissimo (DUH!). Oggi voglio limitarmi a offrire un’infarinatura generale di riferimento e, per rendere il tutto un pochino più gustoso, concludere con un saporito bocconcino archeologico. Giusto per avere quel dettaglio concreto che piace tanto a noi storici dei materiali (Storia dei Materiali, una branca che suona avvincente come il cemento che asciuga ma che in realtà è molto peggio del cemento che asciuga).
Cominciamo con l’identificare un periodo: il Periodo Samhan, ovvero «dei tre Han». o «Proto-Tre Regni». Gli «Han» in questione non sono da confondersi con gli Han cinesi (漢): «Han» riferito alla Penisola coreana (韓) è un termine piuttosto vago usato per identificare tre polities, tre proto-stati che pendono forma da qualche parte tra il 300 a. C. e lo 0. Si tratta di grumi di polis legate tra loro da relazioni più o meno solide e gravitanti attorno ad alcuni centri più grandi e importanti.
I limiti del Periodo Samhan non fanno l’unanimità. Per Gina Barnes, questa fase si situa tra lo 0 e il III° secolo d. C., e corrisponde alla Tarda Età del Ferro. Per alcuni ricercatori coreani, il periodo comincia già dal 100 a. C., o dal 300 a. C., durante l’ultima fase dell’Età del Bronzo.
I sostenitori della tesi del 300 a. C. hanno dalla loroparte le fonti cinesi che, seppur posteriori, fanno riferimento alla situazione coreana del 300 a. C. parlando di «tre Han». Come vedremo, le foti cinesi sono state messe insieme secoli dopo questo periodo, quindi da sole provano poco. Tuttavia sono generalmente molto affidabili, e sembrano confermate da alcuni dati archeologici: a partire dal 300 a. C. si diffonde nella Penisola quella conosciuta come la Slender bronze dagger culture, un nuovo complesso culturale distinto dalla cultura dei dolmen precedente.
Questa innovazione sarebbe un inizio dell’incipiente processo di state formation che, secondo questa corrente storiografica, avrebbe portato alla nascita di Federazioni Han già nel II° a. C.
Secondo Lee Jaehyun, la Cultura del Bronzo coreana è divisibile in due categorie: una che segue lo stile della Slender bronze dagger culture tipica del Liaoning, e una in stile tipicamente coreano, entrambe esemplificate da forme distinte di daga.
Daga in bronzo in stile Liaoning, l’oggetto-emblema della Slender bronze dagger culture. Questo reperto è stato trovato nella contea di Buyeo, nella provincia di Chungcheon, è conservato nel National Museum of Korea in Seul.
Daga in bronzo in stile coreano, ritrovate nella contea di Hwasun nella provincia del Jeolla meridionale. Reperti conservati nel National Museum of Korea in Seul.
La daga in stile Liaoning ha un’inconfondibile forma a liuto ed è diffusa dal nordest della Cina alla penisola, ma ne troviamo pochi esempi in Corea, quasi sicuramente beni importati.
In blu i ritrovamenti di daga in bronzo in stile Liaoning, in rosso i ritrovamenti di daghe in bronzo in stile coreano
La Korean-style slender bronze dagger culture presenta numerosi aspetti originali, il che spinge Lee Jaehyun a supporre che si tratti in realtà di una cultura indipendente. E’ caratterizzata da oggetti rituali in bronzo, tra cui spiccano specchi e armi, ma anche sonagli e strumenti. Nella sua fase formativa, notiamo diverse caratteristiche in comune con la cultura del bronzo in stile Liaoning. La fase successiva, detta «di espansione», è caratterizzata da uno sviluppo di oggetti più originali, tra cui ferri di lancia e alabarde.
Tra la fine del II° secolo a. C. e il II° secolo d. C., questa cultura declina, mentre in parallelo si sviluppa la Cultura del Ferro. Gli specchi decorati in linee sottili e i sonagli diventano progressivamente più rari, mentre si favoriscono oggetti rituali in bronzo sotto forma di armi, come punte di lancia decorative.
La prima fase della Cultura del Ferro nel sud della Corea si sviluppa tra il IV° e il II° secolo a. C. e presenta molte similitudini con quella tipica del regno di Yan, da cui è stata probabilmente importata. In questa fase però la Cultura del Ferro resta molto limitata nelle regioni di Jeolla e Chungcheong.
Prego ammirare la mia padronanza di Paint
E’ con la seconda fase, alla fine del II° secolo a. C., che la produzione di ferro si diffonde nella penisola. Questa nuova ondata presenta caratteristiche smaccatamente Han (Han nel senso degli Han della Cina). E’ in questa fase che si situa la Tomba n.1 del cimitero di Daho-ri, che andremo a studiare!
La diffusione del ferro come materiale di prestigio/mezzo di scambio e lo sviluppo delle miniere nella regione dello Yeongnam favorirono una vasta rete commerciale che legava le polities sudcoreane con le Comanderie cinesi di Lelang e Daifang, con Mahan, con le regioni degli Ye orientali e le isole giapponesi. Quest’industria è la base della crescita economica che favorirà il maturare delle polities di Saro e Guya negli staterelli di Gyeongju e Gimhae, con cui il regno di Wa avrà strettissimi legami diplomatici e commerciali nel suo periodo di formazione.
I Tre Han e le due comanderie
Tornando ai Tre Han, si tratta di Mahan (futuro regno di Baekje), Byeonhan (futura Confederazione di Gaya) e Jinhan (futuro regno di Silla, ovvero gente cattivissima se diamo spago alle fonti giapponesi dell’VIII° secolo).
A noi interessa in particolare Byeonhan e la futura Gaya, una delle entità politiche più importanti nello sviluppo del regno di Yamato in Giappone, e una delle meno conosciute.
Il problema è che mentre abbiamo una qualche forma di documentazione indigena per entità come Baekje, Silla o Goguryeo, gli annali di Gaya non sono sopravvissuti in nessuna forma, e quindi le uniche fonti storiche riguardo questa sfuggente Confederazione e la sua Storia sono tutte fonti straniere compilate dai paesi vicini.
Purtroppo anche l’aspetto archeologico è problematico, e vale la pena parlarne prima di tuffarci nel bellissimo sport della violazione di tombe: i primi studi archeologici legati a Gaya o alle polities che la precedettero risalgono agli anni ’20 e furono portati avanti dai giapponesi.
Da buona potenza coloniale e nazionalista, il Giappone non era proprio mosso da un sincero desiderio di conoscenza (anche perché il sincero desiderio di conoscenza raramente si presta a confermare l’ideologia nazionalista, ideologia storicamente molto recente). Insomma, i giapponesi hanno scoperchiato un botto di tombe, fatto manbassa della roba più bella che c’era e se la sono portata via senza documentare i siti. E considerato il volume di bombe che si son buscati vent’anni dopo, de facto una quantità ragguardevole di patrimonio di Gaya è finito in fumo.
(C’è anche un lunghissimo dibattito se Gaya fosse o non fosse una colonia Wa, ma questa lattina di vermi l’apriremo un’altra volta).
I primi scavi condotti nel bacino del Nakdong dai Sudcoreani risalgono gli anni ’70, ma il grosso dei siti di Gaya, come Daho-ri e la Tomba n.1, sono documentati a partire dagli anni ’90. Purtroppo, con l’eccezione della regione di Gimhae, i dati archeologici per Periodo Samhan di Gaya sono relativamente pochi.
Ovviamente anche il dato archeologico va trattato con cautela: la maggioranza dei siti a nostra disposizione sono siti funerari. E l’arte funeraria è importantissima, sia chiaro, dato che spesso le pratiche mortuarie consistono in una sorta di ricostruzione essenziale dell’identità del morto (la sua appartenenza a una certa classe, clan, professione, ecc), ma la morte è solo uno degli aspetti della vita degli esseri umani. Alla fine, l’arte mortuaria è una storia che i vivi raccontano su loro stessi e sul defunto, e non abbiamo molti elementi da comparare a detta storia.
Concluso questo preambolo interessantissimo che, son certa, vi avrà tenuto col fiato sospeso, tuffiamoci nella parte divertente: violare tombe!
Tomba n.1 del cimitero di Daho-ri
Il sito archeologico di Daho-ri (茶戸里) si trova nella zona di Changwon, capoluogo della regione sudcoreana del Gyeongsang meridionale, ovvero la parte sudorientale della penisola coreana.
Vista aerea del sito di Daho-ri
Il sito è stato scavato tra il 1988 e il 1998 e oggi gode dello status ufficiale di Sito Nazionale Storico n.327. Non solo ha fornito un considerevole numero di artefatti, ma si tratta di un sito usato per un lasso di tempo considerevole: durante i 10 anni di scavi abbiamo trovato 69 tombe con sarcofago in legno, 4 con sarcofago a giara, e perfino una tomba con camera in pietra del Periodo di Gaya, il che significa un lasso di tempo che va dal II° secolo a. C. al VI° secolo d. C..
Daho-ri è a una decina di chilometri dal fiume Nakdong, un’importantissima arteria di scambi che scorre fino a Gimhae e Busan, il che lascia supporre che questa zona avesse contatti frequenti col resto della regione via il fiume.
Daho-ri stesso è nelle vicinanze di altri siti, tra cui insediamenti fortificati e cimiteri.
Purtroppo una delle prime cose rilevate all’inizio dello scavo nel 1988 è che il sito era stato saccheggiato. Ma è stato comunque possibile estrarre informazioni preziose.
Oggi voglio parlare in particolare di quella che è chiamata Tomba n.1.
La Tomba n.1 scoperchiata
Come buona parte del sito, la Tomba n.1 è stata trovata saccheggiata e stravolta, ma il sarcofago di legno era ancora in buono stato. Trattandosi di un mostro monossilo, probabilmente era troppo pesante e solido per i ladri. Sotto di esso abbiamo potuto recuperare un certo numero di oggetti funerari, a conferma che nascondere la roba sotto il letto è una grande idea.
Esistono due tipi di sarcofago in legno, in Corea: il sarcofago monossilo realizzato da un singolo tronco scavato, e il sarcofago di assi, una sorta di «bara», simile in stile ai sarcofaghi Han.
La maggioranza dei sarcofaghi in legno coreani sono a «bara». E’ possibile che i sarcofaghi monossili siano una forma più arcaica e che l’uso della «bara» sia invalso più tardi, a seguito dell’influenza delle Comanderie.
La Comanderia di Lelang, probabilmente la più importante nel traffico tra Byeonhan e gli Han cinesi, venne fondata nel 108 a. C., dopo che l’Imperatore Wu rase al suolo la polity di Gojoseon (Vecchia Joseon), polity situata nel nordovest della Penisola. Questa guerra avrebbe portato un afflusso notevole di esuli al sud, provocando un’evoluzione nella cultura e nei costumi funerari.
Le tombe con sarcofago in legno, dette mokkwanmyo (木館墓), cominciano a manifestarsi nel sito di Daho-ri nel I° secolo. Secondo Kim Daesik, dell’Università di Hongik, questa evoluzione nei costumi segna l’apparire di una classe dirigente (tombe di questo genere ovviamente necessitano un investimento non indifferente di risorse, tempo e lavoro) diversa da quella indigena precedente.
Poesse che il misterioso defunto della Tomba n.1 fosse un immigrato Gojoseon?
In realtà per le fonti cinesi la stretta relazione tra Gojoseo e gli staterelli coreani predata il I° secolo: il primo riferimento in tal senso viene da quello che è anche il primo testo a riferirsi alle polities della Penisola col termine «Han», il Sanguozhi (Storia dei Tre Regni). Il Sanguozhi, iniziato da Chen Shou del regno di Jin (233-297) e completato e annotato da Pei Songzhi del regno dei Song (372-451), è un testo importantissimo, nonostante sia stato completato secoli dopo i fatti narrati.
Nel libro, re Jun di Gojoseon avrebbe perso una guerra contro il generale Wei Man del regno di Yan (che gli succede sul trono di Gojoseon) e sarebbe quindi fuggito a sud, diventando «Re di Han».
Alcuni hanno situato questi fatti tra il 194 e il 180 a. C. Potrebbe darsi che il II° secolo sia il periodo in cui il termine Han riferito alla Corea entra in uso.
Altri hanno criticato questo approccio fiducioso alle fonti cinesi, notando che potrebbe benissimo trattarsi di un termine usato anacronisticamente.
Per altri ancora, si può iniziare a parlare di «Han» con l’apparizione archeologica di un nuovo indicatore culturale, la ceramica con bordo aggiunto (粘土帯土器), che ha origine nella penisola del Liaodong e si diffonde nel resto della Corea verso il 300 a. C.
Esempio di vaso degli inizi dell’Età del Ferro, ritrovato in Seo-gu, distretto di Incheon, conservato nel National Museum of Korea
Avvincenti discussioni filologiche a parte, già dal III° secolo a. C. il sud della Corea è caratterizzato da polities che intrattengono scambi regolari col Nord della Cina e Gojoseon. Byeonhan, la polity che interessa a noi, si sviluppa a partire dal II°-I° secolo a. C.
Quando parliamo di polities per Byeonhan, parliamo davvero di entità politiche di taglia ridotta: secondo Yi Hyunhae gli staterelli più grandi di Byeonhan contavano 2-3.000 famiglie, e quelli minori appena 6-700. Si trattava con ogni probabilità di costellazioni di città semi-indipendenti che agivano di concerto in materia di diplomazia e politica estera.
Dalla fine del II° sec a. C., spuntano cimiteri di gruppo attraverso tutta la provincia del Gyeongsang. Questo è accompagnato da una diffusione senza precedenti del sarcofago in legno e da un aumento sensibile degli artefatti nel corredo funebre. Compaiono tombe come la Tomba n.1, palesemente erette per capi. La varietà nella struttura e nel corredo suggerisce peraltro una certa diversità culturale in seno alla classe dirigente, il che presuppone una società più complessa e stratificata. Yi Hyunhae si accorda col dire che questo è dovuto a un massiccio influsso di migranti, i buona parte provenienti da Gojoseon.
Questo sembra confermato dal fatto che in Daho-ri continuiamo a trovare oggetti in continuità con il passato, come le ceramiche «non decorate» (Mumun) nere e marroni. Ma notiamo anche un influsso crescente di oggetti in metallo o in lacca simili in stile e in qualità a quelli fabbricati dagli artigiani di Gojoseon.
Secondo Kim Daesik, possiamo interpretare questi dati come segue:
- gente portatrice di conoscenze e tecniche nuove arriva e viene assimilata in una nuova classe dirigente (come direbbe uno degli spauracchi della “Destra Razionale”, Foucault, potere e sapere sono spesso strettamente correlati).
- Questo apporto tecnologico però non provoca stravolgimenti traumatici nella struttura sociale locale, che mantiene molta continuità col passato
- Ne deriva che le società agricole indigene erano stabili e sviluppate.
L’arrivo di gente nuova sembra riecheggiare nel mito fondatore di Gaya raccontato nel Samguk Yusa: Un uomo di nome Suro discende dal cielo sul picco del monte Kuji, e vi stabilisce il suo regno. I nove capi (kan, 干) della regione di Gimhae lo scelgono quindi come capo.
Per Kim, il mito suggerisce la fusione tra culture locali e una cultura straniera, aliena.
Spessissimo la classe dirigente è descritta come aliena o celeste in origine, questa interpretazione ha valore in quanto supportata da elementi archeologici.
Per quel che riguarda Daho-ri in particolare, troviamo 3 tipi di tomba con sarcofago, classificati in base alla taglia e alla profondità della fossa: le tombe grandi (con sarcofagi di 240-278 cm per 100-136 cm e una profondità di 120-205 cm), che spesso hanno una buca di taglia ridotta al centro del pavimento, poi sigillata dal sarcofago; le tombe piccole (160-200 cm per 55-64 cm e una profondità di 20-40 cm); e le tombe così così (200-270 cm per 80-125 cm e una profondità di 90-168 cm, sono di poco più piccole delle tombe di tipo 1 ma, come le tombe di tipo 3, sono sprovviste di buca supplementare).
Il sarcofago monossilo della Tomba n.1
La Tomba n.1 data del I° secolo a. C. La sua posizione in seno al cimitero non presenta particolarità degne di nota, ma dalla quantità e qualità del corredo funebre possiamo dedurre che si tratta della tomba di qualcuno relativamente importante.
La fossa ha una pianta rettangolare con gli angoli arrotondati e misura circa 278cm in lunghezza, 136 cm in larghezza e 205 cm in profondità, orientata lungo un asse sudest-nordovest. Presenta una buca realizzata al centro del pavimento, poi coperta dal sarcofago.
Il sarcofago stesso è imponente: ricavato scavando e aprendo in due un tronco di quercia di 350 anni, per un risultato che misura 240 cm per 85 cm, riempiendo di fatto quasi la totalità della fossa con la sua massa.
Il sarcofago è ancora più impressionante se si considera che le seghe da legno non erano ancora state inventate e che l’intera faccenda è stata realizzata con accette e fuoco.
La tecnica ricorda quella per realizzare le canoe monossili. Yi Young Hoon nota che la tradizione della canoa-sarcofago si ritrova anche nella tradizione funeraria del Sichuan del periodo dei Regni Combattenti (V°-III° secolo a. C.) e nella cultura Dong Son vietnmita (1.000 a. C. – 100 d. C.).
Parte del coperchio è stata rovinata dai ladri, ma all’interno abbiamo comunque trovato una daga laccata, una collana di perle di vetro, una coppa di legno e una lama di scure a testa piatta. Si tratta probabilmente degli effetti personali del morto, di cui purtroppo non ci resta niente.
Sotto il sarcofago, c’è la buca di cui sopra, che misura 65cm per 55 cm per una profondità di appena 12 cm. Qui abbiamo trovato asce con manico in legno ancora intatto (usate probabilmente per scavare la fossa, oggetti laccati tra cui una coppa a piede, fasci di spago, castagne e foglie. Abbiamo anche recuperato pezzi di una spessa corda, usata senza dubbio per calare il sarcofago nella fossa.
Nella buca secoondaria si trovava una cesta di bambù piena di oggetti: due daghe in bronzo laccate (che hanno permesso di ricostruire finalmente la daga bronzea coreana del periodo), una daga in ferro laccata, una daga in ferro con impugnatura in legno, due frammenti di daga in ferro, un coltello in ferro laccato con una guardia ad anello, una punta di lancia in bronzo e quattro punte di lancia in ferro.
Daga in bronzo con fodero, conservata al National Museum of Korea
La cesta conteneva anche strumenti, come cinque ferri di ascia in ferro colato e due falcetti con manico in legno, o ornamenti e oggetti di prestigio, come uno specchio decorato, una fibbia da cintura in bronzo, cinque anelli in bronzo di cui uno decorato con un motivo seghettato.
Abbiamo anche trovato delle monete wuzhu (che ritroviamo anche in altri siti contemporanei, siano essi sepolture o siti fortificati), una campanella di bronzo per cavalli e cinque pennelli di foggia particolare (dotati di setole a entrambe le estremità). La presenza dei pennelli è uno dei più antichi esempi di cultura della scrittura nella regione. I pennelli sono peraltro accompagnati da un coltello apposito la cui funzione era grattar via i caratteri errati dalle tavolette di legno (uno dei supporti di scrittura più comuni anche in Giappone, dove vengono chiamate mokkan).
La campana per cavalli e la fibbia in bronzo sono in chiaro stile Han, arrivati in Daho-ri senza dubbio a seguito di scambi con Lelang.
Specchio in bronzo decorato con motivi di stelle e nuvole stilizzate, conservato nel National Museum of Korea
Yi Young Hoon ipotizza che la cerimonia funeraria si svolgesse nelle tappe seguenti :
- Il cadavere e parte del corredo erano deposti nel sarcofago, che era quindi chiuso. Il sarcofago era trascinato per i «piedi» al luogo di inumazione, dove venivano realizzate la fossa e la buca della cesta.
- La cesta era deposta nella buca e il pavimento era ricoperto da contenitori quadrati e circolari contenenti offerte di cibo e bevande, insieme ad altri doni funerari come asce e mazze. Castagne erano quindi gettate nella fossa.
- Il sarcofago era calato nella buca e le corde erano tagliate.
- Uno strato di terra era zeppato tra il sarcofago e le pareti, e su di esso venivano poste altre offerte funerarie, probabilmente oggetti preziosi in ferro e in lacca.
- Altra terra era zeppata nella fossa, fino ad arrivare a livello del coperchio del sarcofago. A questo punto altri oggetti in lacca erano posti sul coperchio, il resto della fossa veniva riempito e la terra veniva accumulata fino a formare un basso tumulo.
Yi Young Hoon cita come esempio simile la Tomba n.11 sempre in Daho-ri, dove possiamo individuare almeno tra strati cerimoniali con offerte di punte di freccia, contenitori in lacca e un arco laccato trovati in differenti livelli.
E’ anche importante notare che gli oggetti laccati estratti dalla Tomba n.1 presentino una tecnica raffinata e nettamente diversa dal metodo di laccatura usato in Lelang. Il che mostra come l’industria della lacca fosse a questo punto non solo sviluppata, ma originale in questa regione.
I ferri d’ascia presenti nel canestro non erano adatti a essere montati su un manico e usati: si tratta in realtà più di una forma di lingotto, un’unità base di ferro. La Corea del Sud e in particolare questa zona, era un grosso produttore che esportava un volume considerevole di questi lingotti verso le Comanderie Han e le Isole Wa. I Wa in particolare erano dipendenti dalla produzione coreana, ma di questo riparleremo magari quando racconteremo della fine di Gaya.
Asce-lingotto estratte dalla Tomba n.1, conservate nel National Museum of Korea
E’ da notare che nei siti funerari di Chinhan e Byeonhan troviamo oggetti indigeni o oggetti cinesi, con poca roba importata da altri posti. Per fare un confronto, nella polity di Mahan gli oggetti di importazione Han sono molto più rari. Questo a dimostrazione che nel Periodo Samhan le Comanderie avevano legami diversi con le varie polities presenti nella penisola.
La sovrabbondanza di ferro lascia supporre che il morto della Tomba n.1 fosse coinvolto nel commercio del ferro con Lelang.
I cimiteri sono associati con centri di potere. Il numero di sepolture e la taglia di tombe, come anche la ricchezza dei corredi, lasciano presupporre che verso il I° secolo a. C. nei pressi di Daho-ri si trovasse un centro amministrativo ed economico di prima importanza.
Toh, qualcuno è arrivato a fine articolo!
E’ un fatto indiscutibile che la Corea sia servita da ponte tra il Continente e le Isole giapponesi, portando con il suo flusso di mercanti e immigrati tecniche, idee, materiali. Per ricercatori come Takesue Jun’ichi, i toraijin, gli immigrati coreani, furono fondamentali nella rivoluzione tecnica e culturale che segna la fine del periodo Jōmon e l’inizio del Periodo Yayoi. L’apparizione in siti archeologici giapponesi di daghe in bronzo coreane preannuncia l’incipiente processo di state-formation che portò all’emergere del Regno di Yamato e, eventualmente, alla nascita dell’Impero Giapponese.
E’ impossibile studiare la preistoria e la protostoria giapponese senza tener conto di ciò che succedeva sul Continente, e in particolar modo in Corea.
Sicché oggi ho voluto offrire un assaggio del complicato e affascinante mondo della preistoria sudcoreana.
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Pagina del National Museum of Korea