Sono sparita per mesi, me ne rendo conto. In tutta onestà, per un sacco di tempo il blog è stato l’ultimo dei miei pensieri.
Forse qualcuno si starà chiedendo “che fine ha fatto Cosa, la tizia della gente mortamale? Possibile che non abbia da sindacare su nulla?”
O forse no.
Ad ogni modo questo è quello che è successo.
Il 2019 è stato un anno tosto, ma a inizi settembre le cose avevano finalmente ingranato nel verso giusto.
Ho passato 15 magnifici giorni a inizio settembre: avevo ripreso la tesi, finito i lavori, trovato delle coinquiline, avevo perfino tempo per svagarmi un pochino, di tanto in tanto!
Una mattina faccio colazione con un mango, bevo il mio caffé, vado per uscire.
Mi fermo, ho un capogiro. Di colpo non sto per niente bene. Mi stendo a terra, tiro su le gambe, mi sembra di star per svenire. Poco dopo sono in bagno a vomitare mango e caffé.
Deve essere una gastroenterite, non è la prima volta che mi succede ma mai così a cattivo. Dopo un paio di giorni senza cibo e quasi senza acqua, mi rendo conto di aver bisogno di aiuto. E’ il finesettimana, il mio dottore non riceve. Finisco al Pronto Soccorso per la prima volta.
Da allora non sono più stata bene per mesi.
Si lancia un circolo vizioso: sto malissimo per una settimana-dieci giorni, inizio a stare meglio, credo di aver svolato l’angolo, ma dopo 4-5 giorni di sollievo mi sento male di nuovo.
All’inizio penso che sia una stupida gastroenterite, poi una sfortunata ricaduta, poi una sciagurata ricaduta, poi mi rendo conto che non può essere una gastroenterite.
Non dormo, non mi reggo in piedi, sono costretta a prendere antiemetici di solito prescritti per gente che fa la chemio. Finita la tesi, finito lo svago, le mie giornate sono centrate solo sul riuscire a mangiare e bere qualcosa. Non posso leggere o guardare un film, solo stare stesa, stringere i denti e combattere la nausea costante.
Inizio a fare analisi su analisi. Tutto va bene signorina, lei scoppia di buona salute! Intanto sto perdendo peso, non riesco più nemmeno a scendere in sala da pranzo. Per circa un mese sono praticamente confinata tra il letto e il bagno.
Torno una seconda volta al Pronto Soccorso, poi una terza. Mi dicono che non hanno ambulanze per me, non si trovano taxi, il solo tassista che riesco a chiamare arriva un’ora dopo e non mi porta nemmeno fino all’entrata. L’ultima volta all’ospedale ci sono andata a piedi.
Dopo un mese e mezzo di questo circo sono costretta a chiamare i miei genitori. Non li voglio allarmare, ma sto malissimo e non so perché, non so nemmeno se c’è una soluzione. Niente funziona, e niente accenna a migliorare. Non mi riconosco più allo specchio e quando vado in bagno evito di guardarmi.
Mia madre viene a occuparsi di me perché ormai sono un’invalida incapace di tutto. Le analisi continuano e continuano a non dare nessun risultato. Prelievi, tamponi, tubi cacciati in gola, nulla. Comincio a chiedermi se non sia un tumore al cervello.
In un momento dove sto un pochino meno peggio, mia madre mi convince a scendere in Italia, dove potrà occuparsi meglio di me.
Arrivo dai miei, e le cose sembrano migliorare. Forse sono in fondo al tunnel.
Il mio inguaribile ottimismo e la dura realtà della vita
Mi viene a trovare una cara amica, e mi sento male di nuovo. Ho una crisi di pianto davanti a lei. Sono due mesi ormai che sto una merda, non si sa cos’è e non c’è cura che funzioni. E’ questa la mia vita ora? Confinata a casa, incapace di studiare o lavorare o vedere gente? Ho perso quasi dieci chili, e non ero nemmeno grassa per cominciare. Quanto può durare? Ho paura di inghiottire anche solo un boccone. Ogni mattina da quando apro gli occhi è ansia costante e nausea.
E l’amica mi offre una via d’uscita. Mi passa il contatto di un medico, che mi fa ricoverare.
Mi ricontrollano da testa a piedi.
La buona notizia è che non ho il cancro.
L’ultima diagnosi in una lunga serie è che quella che è partita come un’infezione virale sia sfociata in un serio disturbo psicosomatico scatenato dall’ansia, aggravato dal burnout dell’anno del cazzo che è stato il 2019. E’ la terza volta che sento un medico parlare di burnout in cinque anni, e questo è il peggiore che mi sia mai capitato.
Mi prescrivono nuove medicine, e queste funzionano davvero!
Quando torno a casa, sotto Natale, sono un rottame. Sono depressa ed esausta, ma ora ho una cura che funziona.
Mi ci vuole tutto gennaio per ricominciare a mangiare in modo quasi normale. Intanto sono ridotta talmente una carcassa che il mio dottore mi prescrive un anno di interruzione per l’Università. Ottengo un anno di congedo, che la mia direttrice di studi interpreta come “quindi continui a venire in corso e a lavorare come prima, giusto?”
La tizia è tedesca, nel caso qualcuno avesse dei dubbi.
Sono stati mesi tosti. Anche dopo aver trovato le medicine e la terapia giuste, mi ci sono volute settimane per riuscire a mangiare e bere senza avere un attacco di ansia. Per un sacco di tempo mi sono sentita un’estranea nella mia pelle. Mi ricordavo di quello che facevo prima di ammalarmi e mi sembrava la vita di un’altra persona. Quando ho iniziato a uscire di nuovo senza paura di sentirmi male a metà strada, è stata una piccola conquista.
E poi è cominciata la pandemia.
Mi aspettavo di avere una ricaduta, ma niente. Sto incassando questa catastrofe sorprendentemente bene. E molto lo devo ai miei gatti, che sono sempre disponibili a fare un pisolino con me quando le cose vanno proprio male. Quindi sì, la luce in fondo al tunnel è un cazzo di treno. Ma per ora non mi sta venendo addosso, e finché dura dura.
Se in Francia e in Italia non esistesse un Servizio Sanitario Pubblico, non so in che condizioni sarei in questo momento. Ci sono stati momenti in cui hanno dovuto infilare un ago in vena perché non potevo bere. Senza il ricovero non avrei mai trovato una cura. Senza un Servizio Sanitario Pubblico, sarei ancora un’invalida che pesa sulla gobba dei suoi genitori.
Quando sento certa gente prendere sottogamba la situazione attuale, mi dico che son tutti buoni a sparar cazzate, finché non ti ritrovi col fiato corto e il cuore a mille al telefono con le Emergenze e ti senti dire “non ci sono ambulanze, crepa”. Il sistema era sovraccarico prima di questa epidemia, ora sarà messo molto peggio, non prendete rischi inutili.
Grazie a Chtulhu, io non solo ho potuto beneficiare della Sanità Pubblica, ma questo casino mi è cascato tra capo e collo prima che la peggior pandemia della Storia recente mandasse in crisi il sistema. Quindi tutto sommato mi è andata bene.
Ho avuto la fortuna di avere genitori molto dedicati, che hanno mollato tutto per venirmi ad aiutare, nonostante a 30 anni suonati dovrei essere in grado di cavarmela da sola. Ho avuto la fortuna di avere un fratello paziente che mi è stato virtualmente vicino nei momenti peggiori. Ho avuto la fortuna di avere buoni amici che hanno saputo darmi dritte giuste nel momento in cui più ne avevo bisogno. E ora che la pestilenza è arrivata, nonostante mi trovi nell’epicentro più infetto di Francia, ho la fortuna di abitare in una casa con un piccolo giardino, un privilegio che aiuta tantissimo a non dare di matto in questa situazione.
E ora?
Now we’re back, bitches!
Ora sto riprendendo a poco a poco peso, sto riprendendo poco a poco a fare sport (in casa #IoRestoACasa), sto continuando la mia tesi, anche se rallentata dal fatto che la biblioteca è chiusa.
L’idea di buscarmi il COVID-19 dopo essere appena emersa da un lungo periodo di malattia mi preoccupa, specie contando che nella nostra comune saffoanarchica autodeterminante siamo molto pigiate ed è difficile mantenere le distanze. Per un paio di settimane ho rinviato la riapertura del blog per pura ansia apotropaica. Ma la situazione non si risolverà presto, e non mi va di passare un anno e passa senza parlare di botte o fare le pulci a film e romanzi.
E poi non vi ho ancora parlato delle recenti reclute, Anita e Nyarlathotep!
A essere perfettamente onesta, il mio futuro non promette nulla di buono con l’incombente recessione. Ma la stragrande maggioranza della gente è messa come me o peggio. L’unica cosa da fare è essere prudenti, e cercare di vivere il più normalmente possibile.
Quindi da settimana prossima intendo ricominciare a scrivere, idealmente un articolo ogni due settimane. Quanto durerò a questo giro?
Come si dice qui nelle no-go zones parigine che assolutamente esistono per certo credeteci : inshAllah !
Manfred von Richthofen die zweite, unter-scheiße della Luftstreitkräfte, si dissocia dal photoshoot figo
A presto a chiunque continua a seguire questo blog. Mi raccomando lavatevi le mani, disinfettate la spesa e lasciate le scarpe fuori di casa!