Horror vintage: Arsenico e Vecchi Merletti

L’autunno è arrivato a la Tenger è precipitata da un mese e mezzo in un tunnel di malanni e ospedali, ma la cicciopelosi non mi impedirà di scrivere per il blog. Perché il motto della Fortezza è Accanirsi Sempre.

Conto tenuto del periodo (e della difficoltà di mettere insieme un articolo storico decente), oggi  parleremo di uno dei film più belli di sempre: Arsenic and Old Lace, tradotto in italiano con Arsenico e Vecchi Merletti.

Un po’ di storia

La Seconda Guerra Mondiale sta riducendo l’Europa a un colossale mattatoio, gli americani entrano in guerra e migliaia di uomini e donne vengono risucchiati nel mastodontico sforzo bellico.

Tra costoro c’è anche il quarantaquattrenne Frank Capra. Il nostro si è arruolato dopo l’attacco a Pearl Harbour ed è impegnato in una serie di film di propaganda nota come Why we fight. Capra era già un mostro sacro di Hollywood a questo punto, con successi come It Happened at Night (1934), Mister Smith Goes to Washington (1939) o Meet John Doe (1941).

Si tratta di film importanti, con forte messaggio morale e investimento.

Capra era un fervente patriota, ma anche un uomo d’affari, e nel  ‘41 decide di ritagliare il tempo anche per una commediola facile e leggera, qualcosa con cui fare un po’ di quattrini veloci per mantenere la famiglia durante il suo servizio militare.

Opta per una commedia che sta sbancando a Broadway, Arsenic and Old Lace.

La pièce nasce dalla penna di Joseph Kesselring, figlio di immigrati come Capra. Nel ’35 Kesselring era già riuscito a piazzare una commedia a Broadway con There’s Wisdom in Women (1935), ma è Arsenic and Old Lace a garantirgli un vero successo.

Partita come dramma su una vecchia assassina che avvelena i propri pensionanti per soldi, la storia viene rimaneggiata per diventare una strepitosa commedia noir.

La pièce sbanca tra il 1941 e 1944, con 1444 spettacoli a Broadway e 1337 a Londra. Il successo attira l’attenzione dei fratelli Warner, che ne comprano i diritti. Gli scaltri produttori Howard Lindsay e Russel Crouse però pongono come condizione che nessun motion picture fosse rilasciato finché lo settacolo era à l’affiche.

Capra era più che deciso a essere il regista dietro l’adattazione cinematografica della pièce, ma la clausola sul rilascio rallentato era un problema. Capra avrebbe dovuto convincere Jack Warner a investire in un film che sarebbe poi finito in congelatore per anni!

Il nostro però non si scoraggia: l’adattamento è facile e la storia esilarante, è un’occasione troppo ghiotta per passarla.

Capra procede con tattica. Per cominciare si accaparra i servizi delle straordinarie attrici Jean Adair e Josephine Hull (lei potreste averla vista in Harvey (1950), un’altra commedia spassosissima). Poi riesce ad assicurarsi lo straordinario Cary Grant come attore protagonista, la cui sola presenza garantisce un successo di pubblico. Infine il nostro fa fare alla zitta una previsione di spesa. Filmando in una sola location e limitando i tempi di realizzazione a quattro settimane, Capra sperava di tagliare sul budget e investire tutto sugli attori, i veri pezzi forti del film.

Stando a The Lost One: A Life of Peter Lorre, l’incontro tra Capra e Jack Warner andò come segue:

“Non tirarmi dalla finestra finché non mi hai ascoltato.”

“Che diavolo c’è?”

“Volgio fare Arsenico e Vecchi Merletti.”

“Da quale finestra vuoi essere tirato?”

“No, no, ho tutto pronto. Ho il cast, la star, il set, il budget, tutto è pronto!”

“Lo sai che non posso fare il film.”

“Hai me per far il film. Che è un bene. E ho tutto pronto e ti farò un film della Madonna e questo è un bene!”

“Oh, figlio di puttana, hai tutto pronto, potresti cominciare domani, vero?”

“Sì, posso!”

Al cast di fenomeni viene aggiunto Peter Lorre nel ruolo di Dottor Einstein. Alcuni lo riconosceranno come l’antagonista in M (1931) o lo smerciatore di esseri umani in Casablanca (1942). Lorre, che in questi film e in quello di Capra brilla nel ruolo di tedesco viscido, era un ebreo ungherese esule in America e aveva già lavorato con Coppola quando questi era al soldo della Columbia.

I nostri filmano dal 20 ottobre al 16 dicembre 1941. Capra lascia briglia sciolta ai suoi attori, senza accanirsi sull’attinenza al copione. Dopotutto era un cast col botto e tutti si scatenarono sul set ridotto che avevano a disposizione. In definitiva, la realizzazione finì con un giorno di ritardo, ma più di 99.000$ al di sotto del budget previsto di 1.220.000$.

Come da accordo, la prima dovette aspettare fino al 1944, proprio nel clou infernale della realizzazione della serie Why We Fight.

La brevità del progetto e il suo rilascio tardivo, nonché l’assenza dei tipici temi affrontati da Capra, portò i critici a snobbare il film. In realtà Arsenic and Old Lace ha più livelli di lettura, come spesso i film di Capra. Ad ogni modo fu un successo di popolo e si avverò lucrativo per tutti (tranne che per Capra stesso).

Ed ebbe un successo grandioso perché il film è assolutamente delizioso.

Il Film

Mortimer con zia Abby e zia Martha

Mortimer Brewster (Cary Grant) è uno critico teatrale che rinuncia alla propria carriera di “attivista antimatrimoniale” per convolare a nozze con Elaine, la figlia del pastore vicino di casa. Prima di fuggire in viaggio di nozze, i due piccioncini saltano su un taxi e passano da casa. Mentre Elaine corre a fare le valige, Mortimer ne approfitta per salutare le due adorabili ziette che lo hanno allevato dopo la morte dei genitori.

Capiamo presto che Mortimer, rimasto orfano in tenera età, è stato rallevato con amorevole cura da Abby e Martha, due sorelle rimaste zitelle e due vecchine dolci come lo zucchero. Le “signorine”, come pretendono di essere chiamate, sono persone un po’ all’antica, molto devote e molto impegnate in opere di bene. Aiutare i bisognosi è la loro grande vocazione. Tra le loro varie iniziative, c’è quella di prendere uomini in difficoltà come affittuari, per un prezzo simbolico, di modo da offrir loro un tetto e un riparo.  Le due si prendono anche cura di Teddy, il fratello picchiatello di Mortimer, un matto pittoresco ma innocuo, convinto di essere Teodoro Roosvelt.

Il presidente Teddy

Le nostre sono deliziate dalla notizia delle nozze di Mortimer e organizzano un impromptu té con torta. Mentre sono in cucina, Mortimer approfitta della visita per cercare il suo ultimo manoscritto.

Il nostro fruga in giro, apre una cassapanca e trova un cadavere.

Oibò

Un uomo, morto mortissimo, nella cassa sotto la finestra.

Dopo il primo shock, Mortimer si dice che Teddy ha finalmente schiodato e fatto del male a qualcuno. Con la morte nel cuore, informa le povere adorabili zie di questo fatto terribile. Teddy non può più stare in casa, è diventato pericoloso. Dovranno mandarlo al manicomio di Happy Dale.

Le zie lo rassicurano: non c’è di che preoccuparsi, Teddy non c’entra, il signore l’hanno ammazzato loro con un vino di sambuco avvelenato.

Due care signore mosse da carità cristiana

In breve le ziette, sempre pronte a far del bene, attirano in casa loro uomini soli al mondo per porre fine alle loro sofferenze. I loro “ospiti” sono poi sepolti con rito cristiano in cantina, dove il picchiatello Teddy scava foss convinto di essere sul cantiere di Panama.

Uno sconvolto Mortimer si trova a dover accettare che le sue amatissime zie sono due assassine seriali (come gran parte della gente della famiglia, la cui storia Mortimer descrive come: “Hellzapoppin! scritto da Strindberg”) e che la follia fa parte del suo corredo genetico. Non solo, il nostro si trova davanti l’impossibile scelta di chiamare la polizia. Il tutto menre deve nascondere la terribile scoperta a una novella moglie sempre più spazientita.

Mortimer decide che, se riesce a far rinchiudere Teddy a Happy Dale, le zie saranno costrette a sospendere gli omicidi in quanto troppo deboli per occultare il cadavere.

Mentre architetta questo improbabile piano però, il terzo fratello torna a casa: Jonathan, un assassino e delinquente di carriera, che si trascina al seguito un chirurgo estetico alcolizzato (Lorre). Il nostro ha bisogno di occultare un cadavere (un altro!) e di farsi fare una nuova faccia dal suo complice.

E sicché da “mi fermo cinque minuti a salutare le zie, che abbiamo il treno!”, Mortimer si trova impantanato in casa con Roosvelt che suona la tromba, tre assassini seriali, un delinquente alcolizzato e una dozzina di cadaveri.

La situazione peggiora in un crescendo di ritmo e orrore, nella miglior tradizione della commedia anno ’40!

Immagine correlata

Una necessaria nota sulle chiavi di lettura

Come accennato, il film è stato snobbato come “semplice commedia” dai critici del tempo. Iiiiih, che schifo una storia raccontata bene e basta, no?

In realtà oltre che snob i critici furono anche densi come la melassa.

Come fa notare Gunter nel libro The Capra Touch, la commedia di Kesselring aveva un sottotono macabro e critico, che persiste nel film.

Sia Kesselring che Capra erano figli di immigrati e avevano sperimentato sulla propria pelle il “sogno americano”. Avevano sperimentato di prima mano la grande contraddizione tra la libertà, le promesse, le opportunità, e la violenza, lo sfruttamento e la discriminazione che si nascondevano appena sotto la superficie.

Come la propaganda americana, le adorabili ziette di Mortimer, la famiglia benestante, la bella casa accanto al pastore non sono che la crosta zuccherosa, la promessa allettante sotto cui si cela follia, violenza e sangue.

Il copione calca e porta al ridicolo e all’esilarante un grottesco e caricaturale senso di “libertà”. Quando Mortimer confronta le zie riguardo alla loro brutta abitudine di spacciare uomini vulnerabili, zia Abby ribatte con dolcezza: “Mortimer, noi non ti impediamo di fare ciò che ti piace. Non vedo perché tu dovresti interferire con noi”.

Quando il tuo nipote preferito ti dice che uccidere la gente non è carino

La satira tocca anche l’America stessa e la sua storia. La bella casa dei Brewster, famiglia storica e osservante, ha una cantina piena di cadaveri e ospita una famiglia di squilibrati assetati di sangue.

La pièce teatrale finisce su una nota macabra, sottintendendo che la contraddizione tra violenza e libertà insita nella società americana non avrà mai soluzione. Il film di Capra ha un finale molto più ottimista. Dopo aver preso atto delle contraddizioni e ipocrisie della famiglia Brewster (e della società americana in generale), dopo aver accettato che omicidio, violenza e sfruttamento fanno parte del pacchetto, lo spettatore è lasciato su una nota positiva di un futuro complicato ma non segnato per sempre dagli errori del passato. Che poi era ciò che lo spettatore voleva sentirsi dire, nel pieno di una Guerra Mondiale.

Il finale leggermente diverso cambia molto in fatto di tema, ma entrambi sono risoluzioni accettabili alla storia che viene presentata. In defiitiva, sia la pièce teatrale che il film sono eccellenti opere.

L’unico punto in cui la pièce teatrale fu certamente migliore del film?

Jonathan era recitato da Boris Karlof. E questa la capirete quando vedrete il film!

 

Trama Good_Grumpy
Attori Good_Grumpy
Ritmo Good_Grumpy
Regia Good_Grumpy
Sceneggiatura Good_Grumpy
Satira di costume Good_Grumpy
Le due ziette sono tra i migliori personaggi mai scritti Good_Grumpy

 

Al di là di dotte interpretazioni decostruite e filosofici dissensi su libertà e violenza, Arsenic and Old Lace ha un cast straordinario ed è da pisciarsi dal ridere.

Le due vecchiette assassine sono un mito assoluto e il mio personale modello. Da vecchia voglio essere uguale, dall’abito edoardino, alle torte fatte in casa, ai dodici cadaveri in cantina!

CARICAAAAAA!


Bibliografia

GUNTER Matthew, The Capra Touch: A Study of the Director’s Hollywood Classics and War Documentaries, 1934–1945, 2011

YOUNGKIN Stephen, The Lost One: A Life of Peter Lorre, 2005

Un articolo su Criterio Channel

Joseph Kesselring su Wikipedia

La pagina Wiki della pièce teatrale

La pagina Wiki di Capra

La pagina Wiki del film

 

Curiosità pseudostoriche e paranoia estemporanea: lo strano caso del signor Ciapanna

E’ l’autunno, qui a Lutezia piove e fa freddo ed è momento perfetto per arrotolarsi in una calda coperta con una tazza di cioccolata calda e leggere disagio al computer.

Questa storia mi è stata segnalata dall’utente Aristarchus in giugno. Purtroppo per mesi non mi sono potuta occupare del blog, quindi solo ora posso condividere questa piccola perla di delirio, trolling e/o demenza precoce!

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Il 22 marzo del 2014 usciva su Riviera Oggi questo articolo sulla morte di un fotografo noto per aver inventato un tipo di astuccio subacqueo e per aver fondato Fotografare, popolare rivista a tema fotografia.

E’ la sentita commemorazione di quello che pare un professionista competente del settore. Innocente, no?

No.

Questa non è una semplice commemorazione, è un esempio di maligno e indegno occultamento della realtà (senza dubbio per conto di loro!).

Quello che Riviera Oggi tace e cela con proditoria malizia è che il fotografo in questione, tale Cesco Ciapanna, è anche un personaggio di spicco del complottismo e revisionismo storico italiano. Che bizzarra dimenticanza, no?

Ma noi della Fortezza non ce ne staremo in silenzio mentre la voce di questo prode pensatore viene silenziata, mentre la sua fulgida eredità di enigmistica e numerologia viene sotterrata!

Qui potete leggere una commemorazione molto più sincera e sentita, che racconta come il Ciapanna non era solo un fotografo, ma una sorta di tuttologo determinato a svelare come gli affari dell’Intero Pianeta siano in realtà diretti a bacchetta da una cabbala di giudei massoni malvagi.

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Originale…

Il signor Ciapanna annovera diverse posizioni caricaturalmente tipiche dello scoppiato complottaro: il complotto mondiale, il finto allunaggio, l’idea che l’AIDS non sia una vera malattia ma una sorta di peste creata a tavolino dalle eminenze grigie per sterminare gente…

E io sono qui, a dirmi che i complottisti sono inguaribili ottimisti. A me pare che il sistema occidentale abbia selezionato classi dirigenti inette che si comportano con totale irresponsabilità senza considerare le conseguenze.

Per i complottari invece siamo nelle mani di gente che ha tutto sotto controllo. Beati loro.

C’è anche da dire che questi massorettilianinasuti cercano sempre di sterminare la popolazione e questa aumenta in modo esponenziale, ma bon, sono di certo io che non capisco.

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Tornando al signor Ciapanna, mi piacerebbe introdurlo usando le sue parole, ma la bio presente sul suo blog devolve presto in un totale delirio di anagrammi e fesserie assortite.

Gli onomanti degli anagrammi la diaspora = parola AIDS e la Valdesia = alleva AIDS avevano scelto i due scopritori del virus dell’AIDS in base a questo anagramma: Gallo o Montagnier = Golem asino Londra. Il Golem è la stessa puzza di donna. Il monumento di questa verità sta nel suo tempio a Praga = capra.

Ah, la “puzza di donna”! Perché nel delirante universo di complottismo e paranoia, la misoginia è il gadget che va sempre con tutto.

E ancora

Poi  ho avuto il pallino delle bibbie e, dopo –nta anni, ho scoperto che i libri Bibbia e I King portano la storia di quello che è successo negli ultimi due secoli, che comprende l’invenzione graduale di ciò che sarebbe esistito prima, invenzione che è cominciata con il buio Medio Evo, oggi scomparso.

AHA!

Quali testi scegliere per iniziare lo studio della Storia se non Bibbia e I King?

E lo sentite questo profumino appetitoso di revisionismo?

Ma con ordine!

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Stretta di mano massonica

Come potete constatare, dalla bio del blog non è chiaro se il signor Ciapanna fosse un burlone dal criptico senso dell’umorismo o un complottista scoppiato.

Sappiamo però che il nostro è preso relativamente sul serio sul forum Luogocomune.net.

Cos’è Luogocomune.net?

Nelle info del sito leggiamo:

Luogocomune è un sito aperto a tutti, e qui tutte le idee godono dello stesso diritto di asilo, indipendentemente dalla posizione politica o da pregiudizi altrui. Lo spazio di espressione è garantito a tutti: sta poi a ciascun utente difendere le proprie idee, all’interno delle noste regole e nel pieno rispetto delle idee altrui.

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Perché tutte le idee sono uguali e tutte le opinioni valgono uguale, no? Te pensi che la Storia sia una materia importante, io penso che dovremmo fucilare tutti quelli di nome Carlo, a ognuno le sue idee!

Il sito Luogocomune.net è di proprietà di Massimo Mazzucco, complottaro di spicco che offre spazio a gente perbene come negazionisti dell’11 Settembre o gentaglia che afferma di poter curare il cancro col bicarbonato. Ovviamente sul sito sono venduti i DVD del nostro, ed esiste l’opzione PayPal, nel caso uno avesse qualche spiccio d’avanzo.

Bref, il tempio del pensatore Ciapanna è ospitato nel sito di Acchiappacitrulli.

Sia chiaro: io non sono in principio contraria all’idea di sfilare un po’ di quattrini a chi è troppo stupido per tenerseli. Però evitiamo di andare a mettere le mani in tasca a gente che ha il cancro, no? Una diagnosi di cancro è spesso una condanna a morte che sprofonda la persona nel buio e nell’angoscia, il minimo sarebbe non approfittare della gente disperata.

Ma torniamo a noi!

Come ci si può aspettare, il signor Ciapanna aveva idee originali anche sulla Storia!

A differenza di Fomenko, che almeno basa la sua balorda teoria sulla meccanica celeste, il Ciapanna a quanto pare basa tutto su nomi e parole: giocando con anagrammi trova connessioni tra cose scollegate tra loro. E il fatto che ogni parola possa essere anagrammata in modi differenti è ovviamente trascurato.

Si tratta di un ragionamento talmente campato per aria che perfino gli utenti del forum Luogocomune sollevano qualche dubbio, a cui viene prontamente risposto:

Le teorie dei singoli vanno prese come parte dell’intelligenza collettiva, non vanno seguite o rifiutate in toto.

HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH Sì, e io sono re Nulji di Silla in sottana, prendete per buona questa cosa perché l’ho detta e ora è parte dell’”intelligenza collettiva”!

Se secondo Fomenko la Storia comincia nell’800, per il signor Ciapanna fino a 150 anni fa eravamo tutti contadini che campavano in armonia tra loro.

Contadini che campano in armonia tra loro.

Il signor Ciapanna non ha mai incontrato un contadino in vita sua. Nel nostro villaggio siamo 15, 3 famiglie, 2 delle quali non si parlano tra loro.

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Alla Warner Bros. conoscevano i contadini veri

E’ dura trovare fonti dirette, ovvero pezzi scritti direttamente da Ciapanna. Da quel che ho capito, molta della sua produzione compariva sulla rivista cartacea Fotografare. Certo, potrei comprarmi le riviste o i libri in questione, ma:

  1. il mio tempo è molto limitato
  2. Manfred von Richthofen die zweite è appena stato malato al pancino e la fattura del veterinario è stata una mazzata , sicché niente shopping per Tenger fino al mese prossimo.

Alcuni pezzi mi sono stati riportati dal buon Aristarchus o sono citati in Luogocomune.

In teoria questo non risponde agli standard minimi di ricerca della fonte richiesti nel mio campo, ma questo è un articolo per il lulz, quindi finché qualcuno non mi regala l’opera omnia di Ciapanna la mia posizione è chissenefotte!

Prendendo in buona fede le citazioni suddette, ci si rende presto conto che il Ciapanna non è leggibile. Parte da un’idea balorda ma espressa in frasi sensate e devolve in una specie di insalata verbale scollegata (“criptico” dicono i suoi fan, “clinicamente preoccupante” dico io).

Alcuni esempi: l’Italiano e l’arabo!

L’italiano si scriveva… in arabo?
È confermato nella Treccani che l’italiano volgare, diverso dal latino, si scriveva prima con i caratteri arabi, una lingua che non è nata per farci i vocabolari.

Lots to unpack here. L’italiano scritto con caratteri arabi: eh?! Forse Ciapanna intende gli arabismi, ovvero parole arabe assorbite in Italia e scritte in caratteri latini (ergo l’esatto contrario di ciò che ha appena descritto).

Ma poi che vuol dire che una lingua “non è fatta per il vocabolario”? Nessuna lingua è fatta per il vocabolario! I vocabolari sono fatti in funzione della lingua! E’ come dire “questo culo non è fatto per la carta igienica”!

Questo spiega l’esistenza di una letteratura colta in lingua italiana, dai cosiddetti Trecentisti fino all’Ottocento, mentre contemporaneamente non esistevano i vocabolari di volgare come lo conosciamo adesso. La lingua c’era, solo che si scriveva con l’alfabeto arabo. I poemi di Ariosto, del Tasso, le novelle di Boccaccio e soprattutto i cosiddetti Trecentisti non nascono dal nulla, ma seguono poeti che usavano la grafia araba per scrivere il loro italiano e l’italiano di quei tempi funzionava « a orecchio» perché l’arabo non scrive le vocali. Quando si dice «ci sono stati gli arabi in Sicilia» si pensa ad una occupazione straniera, ma è più semplice pensare che in Sicilia la gente usasse l’alfabeto arabo. La cancellazione di questo periodo della nostra cultura è stato semplificato sotto i simboli del Gran Saladino e di Federico II di Svevia.

Vedete cosa intendo con insalata verbale?

Non esistevano vocabolari di lingua volgare italiana, poiché l’italiano era scritto in arabo.

Eh?

Mi duole il cervello.

Prima di tutto: uno tra i primi dizionari conosciuti è il Kitab al-‘Ayn, dell’VIII° secolo che, guarda te i casi della vita, è proprio un dizionario di arabo!

E questo senza entrare nel merito della bizzarra accozzaglia tra la dominazione araba in Sicilia (IX°- inizi X° secolo) e il Saladino, che scorrazzava felice quasi tre secoli dopo (1174-1193).

Un altro nugget:

Roma, anno 1520— Nel programma del Vaticano, immortalato da Raffaello per incarico delle nuove autorità, la scienza moderna, che è la scienza delle misurazioni, è rappresentata da Euclide […] Standard di partenza per valutare il mondo, secondo il Vaticano di quattro secoli fa, era la stella di Davide, la stessa che oggi campeggia sulla bandiera dello stato di Israele. Questo significa semplicemente che l’incarico a Raffaello fu dato quando le due religioni erano ancora una religione sola, e credere oppure non credere che Gesù fosse davvero il Messia di cui parlava la Bibbia non era una condizione discriminante per chi viveva a Roma. Lo diventerà in seguito, quando Vaticano & Co. avranno abbastanza potere per imporlo in giro, e nella storia questa imposizione è nota come Pace di Augsburg, Augusta, nel 1555.

Tutto ovvio no? E quale ricercatore non scriverebbe “Vaticano & Co.”?

Nessuno perché non vuol dire nulla. Chi sono i “Co.”? “& Co.” chi? Gli illuminati massoni rettiliani? E perché dovrebbero aver preso le parti del Vaticano?

E ancora:

La Roma Imperiale è un’invenzione così come è un’invenzione tutto il passato guerresco degli Antichi Romani e di Annibale e dei suoi elefanti. Tutti i reperti a parte le illustrazioni murali indicano che si trattava e si tratta di popolazioni testarde ma tranquille, che non amavano né i viaggi propri né quelli altrui.

La cosa affascinante non tanto di Ciapanna quanto della gente che lo prende sul serio (e pare che esista davvero gente che lo prende sul serio) è che può semplicemente dire una minchiata ed è presa per buona. Un po’ come Fomenko.

Nella realtà è più probabile che la Civitas (come probabilmente si chiamava prima l’Urbe) avesse generato un modello di cultura che si era diffuso dovunque arrivassero le comunicazioni, e la cultura dell’Umbria era legata a quella dell’Urbe per via fluviale. Non bisogna dimenticare che Roma era una città portuale esattamente come Londra, fatte le debite proporzioni, ossia un porto fluviale.

Questo il paragrafo subito sotto quello del “la gente non viaggiava”.

Più passa il tempo più questo delirio fiorisce!

Sulla scoperta dell’America:

Nella storia l’anno 1492 è quello delle peggiori disgra-zie per gli indigeni d’America e oltre, simboleggiato dall’arrivo in .America di Cristoforo Colombo con la Ninia, che è il disordine demografico, la Pinta che è la droga, lecita e illecita, e la Santa Maria che è la forza militare (Mary = army e anche l’aeroporto di San José).
L’anno 1492. secondo lo storico Guicciardini (=qui giardini), e il più funesto nella storia d’italia perche in quell’anno Lorenzo il Magnifico morì e con lui morì l’indipendenza degli italiani. Ma le storie di Lorenzo il Magnifico escono dopo metà Ottocento da biblioteche che sono dichiaratamente (in celanese) false.

Voglio dire, da che parte cominciamo? E’ così stupido che mi colano le sinapsi dalle orecchie.

La caccia e il 492
In Italia la caccia in aperta campagna è il passatempo più sano che ci sia, specialmente se è praticata da chi ha buone gambe e cattiva mira. La caccia è stata segretamente condannata già nel 1953 mediante una legge numero 492 che si legge in un angolo nei manifesti dei cacciatori. È il D.P.R. 25-6-53/492 che esenta da bollo i manifesti dei cacciatori purché rechi-no la iettatura 492.
Adesso, visto il recente fallimento del referendum contro i cacciatori, gli stessi enti che dovrebbero rappresentare i loro interessi, propongono «finalmente una legge che serva a regolamentare caccia”, in forca lo-gica col fallito referendum, per ottenere comunque una ulteriore limitazione della libertà di andare in giro per la campagna con una doppietta in mano. E questo seguiteranno stolidamente a farlo finché
leggeranno la ci-fra 492 sui manifesti dei cacciatori.

Avete capito? Siccome alle popolazioni americane il 1492 ha portato sculo, allora il 492 (senza 1) è una cifra infausta per il Sor Nanni che con 2 diottrie vuole andare in giro per la campagna a impallinare fringuelli.

Oibò, ma mi pare ovvio!

Stando a Luca Rodaro, Ciapanna aveva cominciato a perdere il mirinvengo già dall”87, ma è con il numero 92 di Fotografare che il Buonsenso fa le valigie e parte per Pattaya.

Il 92 per Ciapanna ha un valore magico, perché i ciliati hanno 9 ciglia e 2 flagelli o qualcosa del genere. Non solo! Secondo lui il 92 contraddistingue coloro che sono al corrente del complotto mondiale, ma tacciono. Citando da una delle pubblicazioni che sono effettivamente riuscita a trovare, Le carte dell’AIDS, spiega:

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HAHAHAHAHAHAHAH Ah beh, cacchio, se lo dice la Cabbala!

Insomma, il 92 è una specie di asterisco messo da Dyo per segnalare a chiunque lo scopra che c’è un complotto giudaico massonico.

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Questa cosa mi ha per un istante lasciata perplessa: come membro del complotto mondiale, non riuscivo a individuare il 92 nella mia vita. Poi mi sono ricordata: è la mia taglia di petto! Vedete che tutto torna!

Ovviamente gli ebrei sono tipici esponenti del 92 e membri infidi e malvagi del complotto. Il delirio raggiunge picchi tali che una persona seria come Rabbi Toaff si prese la briga di invitare al boicottaggio di Fotografare. Farebbe ridere se non fosse che l’antisemitismo e il complottismo portano gente innocente a farsi ammazzare o menare per davvero.

Il boicottaggio dei giudei di Roma spinge Ciapanna a paragonarsi a Salman Rushdie.

Questo è un tipico meccanismo psicologico dei complottisti e dell’estrema destra in generale: la falsa equivalenza.

“Oh no, gli ebrei italiani non compreranno la mia rivista, sono perseguitato proprio come quello scrittore che ha effettivamente i sicari alle calcagna!”

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Tornando alle fantasiose teorie storiche: tutta la Storia è inventata!

Sì, di sana pianta.

Quando?

A metà del XIX° secolo. Tolkien e il suo worldbuilding possono andare a baldracche in tangenziale, qui c’è gente che si è inventata personaggi dai nomi assurdi come Tarassicodissa e Sumitomo!

Immagino la task force:

Scantinato semibuio, uomini in redingote scribacchiano su fogli alla luce di lampade a olio. Un rabbino ortodosso batte le mani.

-Forza forza, sbrighiamoci con queste Guerre Giugurtine e con la grammatica del Mapuche! Dai che domani è sabato e tocca stare al buio!

Uno alza una mano. Il rabbino accenna col mento.

-Sì?

-Sì, ecco, io sarei nella commissione Giappone…

-E?

-Vorrei metterci uno spin off dove il più potente esercito del paese, tipo migliaia e migliaia di uomini, sono messi in fuga da delle papere.

-Cosa?

-Papere!

-Ma perché?

-Perché lol.

-Massì, tanto già che stiamo a raccontar cazzate… Mettici però che sono 92 papere, così quelli più svegli colgono la citazione e rosicano!

-Rabbi, ma perché dovremmo mettere l’indizio che sono tutte cazzate con questa cosa del 92? Non bastano le amebe e gli spermatozoi? Non è controproducente?

Silenzio nella sala. Il rabbino fa un gesto. Il furbetto sfacciato viene acciuffato e trasformato in cibo per gatto (kosher).

Ma perché gli ebrei rettliani massoni del ’92 dovrebbero fare tutto ciò?

Come molte teorie de complotto, non c’è un perché e non c’è un fine.

Questa misteriosa lobby ha già il potere di disegnare stati, creare Storia e inventare lingue. Ergo sono già onnipotenti. Questo enorme lavoro di worldbuilding che scopo avrebbe?

Mistero.

Concludo con un’ultima chicca:

l’iliade è la storia dell’osso sacro il quale è sacro perché assiste alla messa,
il cavallo di Troia è il pene, gli Achei sono gli spermatozoi (da acheiros, senza mani- ).
A gamennone è agamos, senza nozze , mentre Menelao.., le mani.
Omero è il cieco, ossia non ha la luce. Anchise anchilosato e deve essere portato a spalla,
e Didone si chiama così perché a forza di star sola..

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E qui mi dico: Ciapanna è un Poe! Deve essere un Poe!

Posso constatare che certi complottari lo prendono assolutamente sul serio, ma non posso credere che chi ha scritto certa roba ci credesse.

Che fosse demenza o fine umorismo, resta comunque un dilettevole rabbit hole in cui tuffarsi!

MUSICA!

P.S. Mazzucco, padrone del forum su cui si parla di Ciapanna, ha collaborato a volte con Alan Altieri, l’autore di uno dei romanzi più detestati dalla Tenger.

Un caso? Io non credo! La mia teoria del complotto è che Altieri e Ciapanna fossero due invenzioni di Mazzucco, che a sua volta è un robot operato da tre nutrie! L’ho detto e ora è parte dell’intelligenza collettiva!

La Verità sul Grumpy Cat (Fate girare!!!)

Di solito non ho tempo né forze per sfornare un articolo la settimana, e ne ho ancor meno in questi giorni dacché m’è venuta la peste bubbonica e sto così male da non riuscire a leggere nemmeno banalissimi documenti amministrativi del XII°.

Tuttavia le circostanze mi costringono a trascinare la mia purulenta carcassa fuori dalle oubliettes della Fortezza.

In questi drammatici giorni un’infame, blasfema e immorale menzogna sta circolando. Non so ancora chi si celi dietro a questa mostruosa false flag, ma il suo scopo è palese e infame: distogliere la gente dalla retta via, confonderla e allontanarla dalla Verità.

Gira infatti voce da un paio di giorni che il Grumpy Cat, patrona protettrice del blog e delle Donne Crudeli (di cui yours truly è membro onorario e direttore generale della Friendzone in Europa), sia defunta.

E’ una volgare calunnia.

I gatti non muoiono, i gatti ritornano alla Navicella Madre!

Come accennato nella mia recensione del grandioso film Nuovo Ordine Mondiale, esiste una gerarchia ineluttabile a cui tutti gli umani sono sottoposti.

Per chi non ne fosse a conoscenza e ancora credesse alle favolette messe insieme dagli universitari e altri membri della casta, la Terra altro non è che un gigantesco esperimento.

Ogni avvenimento è orchestrato ad arte da una classe di alieni rettiliani. Costoro sono spesso camuffati da sionisti giudeomassoni illuminati, ma la loro vera natura traspare all’occhio più attento. Il che spiega perché la sottoscritta, che di ebreo ha solo il nonno, riceva saltuariamente pezzi di maiale marcio in giardino o minacce di morte su internet. Si vede che, anche dopo due generazioni di morfismo mimetico, zoccoli e coda di lucertola continuano a intravedersi.

Ma sto divagando.

I sionisti illuminati rosacroce massoni non sono che gli esecutori: le decisioni sono prese da una Commissione Terra creata ad hoc dall’Impero Intergalattico Felino.

Non mi credete?

Ah, già vedo la gente che rotea gli occhi, quelli che sbuffano, quelli che borbottano “minchia, ha davvero la febbre alta”.

Siete degli stolti. In realtà ha tutto molto senso.

Considerate una delle più comuni “teorie del complotto”: quella secondo cui gli Illuminati ebrei rettiliani avrebbero l’intenzione di diminuire la popolazione mondiale. Moltissimi movimenti sono legati da questa teoria: dagli anti-vaxxers agli sciachimisti.

Ora, qualche furbetto tra voi si sarà spesso sentito un genio scrivendo “ma la popolazione continua ad aumentare, come lo spiegate?”

Semplice: la tattica è pianificata da una Commissione di 15 gatti che camminano sulle tastiere. Duh!

Non è che ci voglia tanto, eh.

Vi siete mai chiesti perché gli aerei delle scie chimiche spargono metalli pesanti in bella vista, a portata di scoppiati arguti cittadini armati di telefonini invece che, che ne so, farlo durante la notte? Una scelta più che congruente se attribuita a gatti che si leccano le palle su delle tastiere.

E non voglio nemmeno reiterare come moltissimi personaggi fondamentali della Storia Umana, da Richelieu a Churchill, avessero dichiarati legami con uno o più gatti.

Questa immagine prova che Gesù era bianco-latte e che anche lui era al servizio della specie superiore

In breve: Tartare, nome di battaglia Grumpy, non è defunta, ma è tornata a far rapporto alla Navicella Madre.

La notizia non è meno devastante: la partenza del Colonnello Grumpy è stata un duro colpo per lo staff, in particolare per la sezione incaricata di bombardare gli USA col cannone HAARP (lo so perché ci lavora mio fratello).

La profondità e l’estrema complessità del pensiero felino rendono la loro strategia imperscrutabile per qualsiasi mortale del Multiverso. Possiamo solo immaginare che il Colonnello Grumpy sia tornato per fare rapporto direttamente all’autorità massima: l’Imperatore Kittoh deh Destroyah, annientatore di mondi.

Questa subitanea partenza, dopo solo 7 anni di servizio, non può che preannunciare una svolta drammatica dell’Esperimento Terra.

Ci aspettiamo da un momento all’altro direttive chiare per peggiorare la crisi climatica e minare la stabilità dell’Europa con atti di terrorismo fanatico tipo appendere striscioni antipatici ai balconi.

A mio modesto parere la partenza del colonnello a questa data non è casuale, ma è da imputarsi alle imminenti elezioni europee. Prevedendo una bassa affluenza e seguente vasta massa di piagnistei su come l'”Europa non riflette la gente”, è possibile che il colonnello abbia considerato che il continente Europa non costituisce più un investimento giustificato di tempo e risorse.

Quello, o ha visto l’Islanda all’Eurovision e ha deciso che meritiamo di morire tutti (non saprei darle torto).

E’ molto probabile che tutto il territorio a ovest degli Urali sarà vaporizzato nei prossimi mesi da una pioggia di cagherottoli fetenti ad alta velocità.

Vi pare ancora che siano cazzate?

Bah, se Lilin può avere un programma in TV e cagare frasi eccelse come “Putin non vuole una seconda Cecenia” (LOL, e un tumore al testicolo lo vuole? No? Ma dai!) io posso parlare di complotti felini su wordpress.

Esempio di venerazione approvato dalla lobby felina

Sempre restando in argomento, quanto appena raccontato ha più probabilità di essere reale che l’intero film “autobiografico” Educazione siberiana.

Ciò detto, andate a cospargervi la testa di cenere. Se Grumpy ci ha lasciati è anche a causa dei vostri peccati. Pentitevi, adorate il Felino, studiate la Storia e dedicate almeno 1h al giorno alla polemica su internet.

MUSICA!

Diavoli, Lindy Hop e orsi in monopattino: Hellzapoppin’!

Interno, bar.

Sono a bere con un gruppo di amici, gente con una vita e una famiglia che ha comunque deciso che bere un bicchiere con la Tenger fosse un buon investimento di tempo. Valli a capire.

Stiamo parlando di film. L’amico americano lancia il commento:

“Mi piacciono tantissimo i film vecchi!”
“Ah!- M’illumino. -Anche a me! Ma com’era bello e bravo Tony Curtis? Peraltro, ho rivisto di recente Bringing up Baby, lo conosci? Ho sempre avuto una cotta grandissima per Kat-

Mi fissa perplesso.

“Oh, scusa, intendevi ‘vecchi’! Io non ho particolare passione per la roba pre-anni ’30, però è vero che-

Stesso sguardo perplesso.

“Sei un fan di George Méliès?”

“Io intendevo gli anni ’80. 1980.”

“Ma mica sono vecchi!”

“Boh, 30-40 anni fa ormai.”

Oggi parliamo di film vecchi. E quando dico “vecchi” dico vecchi, gli anni ’80 erano pochissimo tempo fa, tipo boh, 10-15 anni fa al massimo!

Nella fattispecie, parliamo di film divertenti, di quello che è secondo me un momento d’oro nella commedia americana: gli anni ’40 e ’50.

Alcuni dei miei film preferiti sono stati girati in questo periodo: Some like it hot, How to marry a millionaire, Operation Petticoat, Arsenic and old lace

Oggi parliamo di un’altra perla del cinema in bianco e nero: Hellzapoppin’!

Oh yes

La storia dietro questo film comincia nel 1918, in un piccolo nightclub di Chicago, dove è prevista una serata vaudeville chiamata Mike Fritzol’s Frolics.

Il vaudeville è cabaret, scenette comiche inframezzate da canzoni popolari, pezzi musicali e sketch acrobatici. Molti dei più grandi artisti dello spettacolo cominciarono col vaudeville: Charlie Chaplin, Buster Keaton, Cary Grant…

Il genere ha avuto un’importanza immane nell’evoluzione del cinema: commedia acrobatica, ritmo e farsa fisica sono palesi in molti film dell’epoca d’oro.

Questa sera de1918, nel mazzo dei cabarettisti compare un duo sconosciuto: Harold Ogden Johnson e John Sigvard Olsen. I due tizi dai nomi vichinghi stanno cercando di riciclarsi dopo che il gruppo musicale che li aveva assunti si è sciolto.

I due spingono un pianoforte su scena davanti a una platea di gente poco convinta. Johnson si lancia in una frenetica sinfonia in ragtime, accompagnato dal violino di Olsen. La musica pimpante è inframezzata da boutades e insulti che i due si scambiano, mentre mettono insieme il testo improbabile di una canzone ridicola.

E’ un successo.

Il duo comico Ole&Chic ha debuttato sulla scena comica!

I roaring ’20 sono un buon periodo per Ole e Chic, e tra alti e bassi i nostri si costruiscono una rispettabile carriera che li porta, nel 1930, ad essere assunti come comici da niente meno che la Warner Bros!

I due norrenoamiericani compaiono in musicals come Gold Dust Gertie e Fifty million Frenchmen, ma il genere musical incappa in alcuni scogli e l’azienda decide di tagliare sulle canzoni e sui film musicali in generale.

A questo punto il duo è riuscito a inserirsi nel mondo dello showbiz: sono loro a lanciare sulla scena un altro celebre duo comico, Abbott e Castello (tradotti in Italia come Gianni e Pinotto, sigh).

Nel 1938, liberi dal contratto con la Warner Bros, Ole e Chic decidono di mettere insieme un nuovo spettacolo musicale. Nasce Hellzapoppin‘ (tradotto in Italia come Il cabaret dell’Inferno), la vendetta del musical!

Hellzapoppin’ al Winter Garden Theater di New York, 1938

Cos’era Helzapoppin’?

In un’atmosfera da circo, con fili del bucato tirati sopra la platea, la facciona di Hitler balena su uno schermo e urla con spiccato accento yiddish, seguito da Mussolini in blackface. Ole e Chic irrompono sul palco e lanciano incalzanti sketch comici fatti di scambi rapidi, insulti e buffonate acrobatiche, musica, balletto, animali ammaestrati!

Gli artisti si susseguono su scena, coinvolgono il pubblico, infliggono scherzi assurdi a colleghi in incognito seduti in platea o anche a spettatori paganti. Alla fine dello spettacolo, le ragazze del coro scendono dal palco per ballare con gli spettatori, le sedie sono spinte via per concludere in una colossale festa danzante con gli artisti.

Il copione cambia da spettacolo a spettacolo in una continua riscrittura che lo tenga sempre fresco, sempre attuale, sempre imprevedibile.

Hellzapoppin’ è un trionfo gargantuesco del vaudeville!

I critici arricciano il naso, ma è un assoluto successo di pubblico.

Helzapoppin‘ sarà lo show con la vita più lunga e il più alto numero di spettacoli del suo tempo, con un totale impressionante di 1.404 spettacoli!

Barto e Mann, due degli artisti di Hellzapoppin’ a Broadway

Lo spettacolo annoverava grandi artisti del vaudeville, come Barto e Mann, un duo di ballerini e acrobati che giocavano sul fatto che uno era uno scricciolo e l’altro un Marcantonio; il prestigiatore Theo Hardeen, fratello minore di Houdini; gli straordinati Harlem Congeroo Dancers (meglio noti poi come i Whitey’s Lindy Hoppers), e tantissimi altri.

Lo spettacolo piacque così tanto che una versione itinerante fu messa insieme e spedita a zonzo per gli Stati Uniti, ma non era finita lì: Hellzapoppin’ sarebbe diventato un film con la Universal Picture!

Manifesto del film

Ole e Chic adattano la follia prorompente dello spettacolo teatrale con l’aiuto dello sceneggiatore Nat Perrin, già affermata penna al servizio dei Fratelli Marx.

Del cast originale restano solo Ole, Chic e i Whitey’s Lindy Hoppers. In compenso saltano a bordo grandi artisti del grande schermo, come la ballerina e attrice comica Martha Raye, l’affermato Mischa Auer, o uno dei tre Marmittoni Shemp Howard.

Il nuovo medium presuppone un radicale cambiamento strutturale (non potendo più smollare blocchi di ghiaccio in grembo al pubblico o altre balordaggini simili), ma offre anche l’occasione di reinventare, e il duo ne approfitta per deridere Hollywood e i film del periodo.

Come dice il regista nel film (insistendo che un film deve avere una trama):

-This is Hollywood, we change everything.

Brace yourselves!

Il film comincia con quella che appare una banalissima scena musicale, con un coro di belle figliole che canta una sdolcinata canzone d’amore scendendo una scalinata.

I once had a vision of Heaven, and you were there

La sbrodolata melensa si trasforma però in strilli di terrore quando la scalinata che svanisce sotto i loro piedi, scaraventando tutti all’Inferno. Dopo i credits, che scorrono davanti a immagini di gente che precipita nell’abisso, un cartello ci spiega che ogni somiglianza tra Hellzapoppin‘ e un film è puramente casuale.

In una bolgia frenetica diavoli in mutande cantano “anything can happen and it probably will!” mentre acrobati e ballerini torturano dannati e inscatolano peccatori.

Un taxi arriva con un colpo di fulmine e scarica Chic e Ole assieme a polli, capre, pecore e bestie assortite.

Dopo qualche minuto di pura follia e metahumor, il tutto si rivela essere il palco di unu studio: Chic e Ole stanno realizzando il film di Hellzapoppin‘. Dopo un frenetico concatenarsi di gag surreali e il suicidio di uno dei cameramen, un furioso regista cerca di spiegare ai due che non possono continuare a snocciolare sketch folli come fanno a Broadway, che “in un film ci vuole una trama”.

-A story.- Ride Chic. -Crazy!

Anything can happen and it probably will!

Il film è costruito con cornici-nelle cornici e metahumor surreale: un tecnico sta proiettando il film di Hellzapoppin’ in un cinema, e nel film Chic e Ole stanno parlando di Hellzapoppin’ col regista, che spiega loro la storia che Hollywood vuole (“ci vuole una storia d’amore!”), e nella storia che Hollywod vuole si sta preparando uno spettacolo teatrale, e così via, un’infinita matrioska del “che cacchio sto guardando”.

Per citare uno scambio nel film:

-Look here my friend, we’re making a motion picture!

-That’s a matter of opinions.

Può sembrare una faccenda molto contorta, ma il ritmo del film è così frenetico e il tono così surreale ed esilarante, che ci si trova a seguire senza porsi troppe domande. E ne vale la pena!

Duckface before it was cool!

Se vogliamo proprio individuare la storia “principale”, al centro di tutto, si tratta di una parodia geniale delle peggio mattonate di Hollywood.

Kitty è una ragazza giovane, bellissima, ricchissima e talentuosissima. E’ corteggiata da Woody, pure ricchissimo e favorito dai genitori di lei. Ma dramma! Kitty è innamorata del drammaturgo squattrinato Jeff.

Kitty ha abbastanza soldi per tutti e due e abbastanza carattere da sfidare il volere dei genitori, ma Jeff rifiuta di fare la vita del mantenuto. Con l’aiuto di Kitty mette su uno spettacolo teatrale che spera di mostrare a un noto produttore di Hollywood.

Se il produttore gli compra lo spettacolo, Jeff sposerà Kitty, altrimenti fuggirà via, lasciando la nostra a sposare il suo caro amico Woody.

Jeff fa quindi appello a Chic e Ole per mettere insieme lo spettacolo, e segue una folle sarabanda di scherzi, canzoni, giochi di prestigio e personaggi caricaturali.

Signore e signori: a coat of arms!

E’ difficile descrivere davvero Hellzapippin’.

Per certi versi è una commedia tipicamente anni ’40, con il botta e risposta serrato, il dialogo velocissimo, gli intermezzi musicali.

La meta-ironia e la satira degli schemi tradizionali però lo rendono un film assolutamente unico che ha ispirato generazioni di commediografi a seguito.

Uno di quelli che di certo hanno pescato più di tutti dalla surreale comicità di Hellzapoppin’ è l’ottimo Mel Brooks. Il suo bellissimo The producers è sicuramente in debito con il film di Chic e Ole.

Un altro elemento comunissimo nel film (ed ereditato nelle pellicole di Mel Brooks) è il continuo rompere della “quarta parete”, il riconoscere che si tratta di un film. In diversi momenti gli attori si rivolgono all’operatore della prima cornice o direttamente al pubblico. Queste gag non sono semplici battute o strizzate d’occhio, ma sono sviluppate e sfruttate al loro massimo potenziale comico.

In un momento del film, ad esempio, il proiettore s’incanta, bloccando il film a cavallo tra due fotogrammi, sicché Chic si trova nel fotogramma di sopra mentre Ole e Woody sono incastrati in quello di sotto.

In un altro momento il secondo proiettore si avvia catapultando Chic e Ole in un film di indiani e cowboy. E così via.

I personaggi sono una compagine memorabile ed esilarante, dove Martha Raye brilla in particolar modo come la rozza ballerina Betty, una specie di ruspa umana determinatissima a violentare il principe Pepi, esule russo e truffatore che si guadagna la vita facendo il buffone per ricchi americani. Durante tutto il film Pepi sarà lo sventurato oggetto delle attenzioni di Betty, in una parodia del topos Hollywoodiano della giovane innocente assediata dallo straniero seduttore e predatore.

Il tutto è punteggiato da pezzi musicali nel miglior stile anni ’40, con uno straordinario spezzone dei Whitey’s Lindy Hoppers, in una rara celebrazione cinematografica di arte afroamericana.

E’ degno notare che tutti i ballerini appaiono in abiti da domestici per poi scatenarsi in un eccezionale numero musicale, probabilmente una frecciata al fatto che, al tempo, l’unico ruolo che un afroamericano poteva ottenere in un film era proprio quello di domestico, a prescindere dal talento della persona. Ricordiamo che negli anni ’40 (e anche dopo) solo il fatto di mettere nella stessa scena attori bianchi e neri era considerato risqué o proprio riprovevole (specie negli stati meridionali). Film come questo o Gone with the wind sono eccezioni, non la regola.

I Whitey’s Lindy Hoppers

Molte delle canzoni non hanno alcuno scopo nella storia (ma poi c’è davvero una storia?), ma sono pimpanti e orecchiabili: Watch the birdie mi resta in testa per ore ogni volta che riguardo questo film!

Non voglio elaborare oltre su tutte le buffonate presenti, perché non è proprio possibile rendergli giustizia in prosa e perché rovinerei le trovate comiche. Come dice la canzone principale: anything can happen and it probably will!

La trama nella trama nella trama nella trama che al mercato mio padre comprò

Good_Grumpy

L’energia dirompente e il ritmo incalzante

Good_Grumpy

Il surrealismo e la creatività

Good_Grumpy

Il cast

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La musica

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Lo stile vaudeville

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La satira delle smarmellate romantiche Hollywoodiane

Good_Grumpy

Hellzapoppin’ è un film spassosissimo che tutti dovrebbero conoscere. Ancora nel 1967 arrivò al secondo posto in un sondaggio fatto dalla Canadian Centennial Commission tra i critici cinematografici di 40 paesi per determinare le migliori commedie di sempre. Altri titoli erano Ninotchka, Shoulder arms e The Navigator.

E’ un trionfo del vaudeville, che invade e deride i tropismi e clichés del cinema.

Non vi spoilero la fine, ma sappiate che questa include invero un orso in monopattino, cani parlanti e uno sceneggiatore preso a rivoltellate.

Lo trovate su YouTube in lingua originale, ma esiste una versione doppiata in italiano, e doppiata piuttosto bene (nei limiti del possibile, si tratta pur sempre di commedia, il genere più difficile da tradurre e doppiare).

Dategli una chance!

MUSICA!


Bilbliografia

Il film completo

COBBETT Steinberg, Film facts, New York, Facts on Files Inc., 1980

La pagina wiki del film

La pagina wiki dello spettacolo teatrale

La pagina wiki di Olsen

La pagina wiki di Johnson

 

Le avventure di un Alpino astemio: “Bepo” Novello e la satira analcolica

Il cervello umano è un complesso organo sviluppato per risolvere problemi. E’ quello che fa in continuazione: risolve problemi.

Che capita però se nasci in un’agiata famiglia borghese e, tragedie permettendo, non hai problemi pressanti di cui occuparti?

Beh, il cervello se li crea.

Non c’è una ragione reale sul perché le norme sociali debbano essere così complicate, le ricorrenze così faticose, o le cene di famiglia così angosciose: è così e basta. L’inutilità gratuita del disagio che ne consegue è tragicomica.

Non sto tirando la pietra a nessuno, sia chiaro. Io stessa sono nata in una famiglia borghese (microscopica borghesia ora, grazie alla crisi economica), sono familiare con l’ambiente e so che è difficile sfuggirci.

Oggi vorrei parlare di un disegnatore che ha elevato il disagio borghese di tutti i giorni ad ARTE: Giuseppe Novello.

Novello nasce nel 1897 a Codogno. Suo zio è il pittore milanese Giorgio Belloni, un paesaggista affermato. Da ragazzo Novello visita spesso l’atelier dello zio e si appassiona di pittura. Il nostro decide: vuole fare il pittore come zio Giorgio!

E perché no dopotutto? Lo zio ha una buona carriera, il padre è un direttore di banca e la famiglia non ha certo urgenza di fondi.

Ma nessuno sfugge all’inutile disagio di cui sopra, e finito il Liceo Giuseppe è costretto baionette alle reni a cercarsi una carriera rispettabile.

Come tutti sappiamo, le femminucce devono sposarsi e sgravare tanti bambini. I maschietti invece hanno la vasta scelta tra 4 mestieri, gli unici esistenti sulla faccia della Terra: Avvocato, Dottore, Ingegnere e Architetto.

Il Novello finisce in facoltà di Legge. Ducunt volentes fata nolentes trahunt eccetera.

Ma il Novello non si rassegna: si laurea con una tesi sui diritti d’autore nelle Arti Figurative.

Frattanto che il Novello si dibatte tra le futili fisime della borghesia bene milanese, un Vero Problema si presenta: la Prima Guerra Mondiale.

Nel 1917 Novello viene arruolato e entra nel battaglio Tirano del 5° reggimento Alpini. Ha 20 anni precisi e sarà forse l’unico alpino astemio mai esistito.

No, sul serio.

Il tizio è un esperto in acque minerali. GIURO CHE NON STO SCHERZANDO!

Tornando a noi, non tutti quelli arruolati se la sono passata proprio malissimo durante la Guerra. La maggioranza sì, ma uno può sempre avere fortuna. Alla fine le guerre sono un po’ come catastrofi naturali: aleatorie. Chi se la passa bene, chi male, chi così così…

Giuseppe Novello si cucca prima la battaglia di Ortigara e poi la disfatta di Caporetto.

Ma esce dalla guerra con la pelle salva e tutti i pezzi del corpo più o meno intatti, quindi alla fine il nostro ha avuto molta più fortuna di decine di migliaia di giovanotti della sua età.

Tornato a casa il nostro abbandona ogni velleità di diventare avvocato e si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove aveva studiato anche lo zio pittore.

Riguardo alle sue scelte di carriera Novello commentò: “Sento tuttora questi miei clienti mancati che mi ringraziano per aver rinunciato alla toga per i pennelli: altrimenti sarebbero tutti in galera “.

Ad ogni modo, il nostro si diploma nel 1924 e inizia subito una promettente carriera di pittore.

Giuseppe non è solo un paesaggista: si diletta di caricature e satira, i suoi disegni compaiono dal 1925 nel quindicinale L’Alpino.

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Nel 1929 viene avvicinato da un altro ex-alpino, anche lui reduce di Caporetto: Paolo Monelli. Qualcuno degli habitués del blog avrà già sentito questo nome: il Monelli è l’autore de Le scarpe al sole (1921), sulla vita degli alpini sull’Altopiano di Asiago e la Valsugana. A differenza di Novello, Monelli era un interventista, e resterà una testolina per il resto della vita.

Restando in tema, Monelli propone al Novello di partecipare come umorista a una raccolta satirica pubblicata dall’editore Treves, e Novello accetta: nasce così La guerra è bella ma scomoda.

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Fun times

Sempre il Monelli introduce il Novello al circolo della Bagutta, una trattoria toscana dove facevano buca artisti e critici per parlare di libri ed arte davanti a un bicchiere di Chianti e un bel piatto di lampre (la più alta espressione artistica che Homo sapiens abbia mai raggiunto). Tra i baguttiani di spicco val la pena citare Adolfo Franci, nome che qualcuno ricorderà da Sciucià o Ladri di biciclette.

Qui il Monelli e compari avevano deciso (dopo non si sa bene quanti fiaschi di rosso di Greve) di creare un premio letterario di cui loro sarebbero stati giudici (ma ti pare?).

A chiosa, lo statuto del Premio Bagutta è riassumibile con “abbiamo bevuto come scimmie e abbiamo deciso che dall’anno prossimo daremo un premio all’opera presentataci che più ci garba!”

I Baguttiani reclamarono sempre indipendenza, tanto che il premio fu sospeso tra il ’37 e il ’46 per non subire pressioni dai fascisti. Onestamente non so quanto questa protestata indipendenza sia stata reale, visto che non si trattava proprio di antifascisti, anzi! Monelli era uno di quelli che s’ingollarono la panzana fascista con tutto il bicchiere, e uno dei laureati del premio Bagutta è quel pasticcio umano noto come Montanelli (che non so come mai insistiamo a prendere sul serio, ma bon). Ciò detto, tra i laureati compaiono anche Calvino, Primo Levi e altri, abbastanza da controbilanciare quella verruca pomposa che risponde al nome di Indro Montanelli.

[NOTA: se vi garba il Montanelli, cool, io adoro Ungaretti che certo non manca di scheletri nell’armadio. Ciò detto, il primo che dice “ma la storia di Roma era scritta bene” lo sculaccio con un battipanni storicamente accurato]

Tornando alla Bagutta, quale che fossero le tendenze politiche dei compari di bevute, resta un vivace e prominente circolo intellettuale del periodo, la cui produzione non dovrebbe essere giudicata solo dal clima politico. E parlando di clima politico, dal ’29 il Novello inizia a pubblicare su Il Guerin Meschino e La gazzetta del Popolo, due giornali storici finiti sotto il concone fascista.

Le vignette di Novello sono uno tra i rarissimi esempi di satira che sopravvisse durante tutto il Regime (perché se c’è una cosa per cui sono noti i fasci è il loro senso dell’umorismo). La ragione è semplice: sono vignette astemie. Sono satira di costume che prende in giro la sottocultura dell’alta borghesia del nord-Italia. Niente di politico, niente di davvero sensibile.

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Troviamo però una vena molto cinica in diversi disegni, non proprio in linea con la prosopopea nazionalista e pomposamente conformista del fascismo. Novello non è un coraggioso resistente come Bloch (martire a Parigi), non è un dichiarato antifascista o un idealista come Mucha (assassinato dalla Gestapo), ma non è nemmeno un leccaculo servo del potere come Pirandello.

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Politica a parte, durante il trentennio il Novello entra a far parte del mondo intellettuale, e con l’ex-commilitone Monelli si lanciano in una serie di progetti di ricerca importantissimi per la cultura italiana. Stiamo parlando di roba tipo la guida ai monumenti più brutti d’Italia o un viaggio gastronomico edito nel ’35 col titolo Il ghiottone errante. Nel frattempo, Novello pubblica vignette che deridono la borghesia bene, con la raccolta Il signore di buona famiglia.

Per alcuni, questo periodo rende Novello particolarmente poco potabile. E la cosa è più che comprensibile.

L’Italia è comandata da un bandito e un truffatorucolo improvvisatosi dittatore, la libertà d’espressione è annientata, i militari italiani compiono stragi atroci in Etiopia, il regime prepara il terreno alle leggi razziali, e Novello fa il dandy nei salotti intellettuali e va in tour gastronomico con quel pazzoide del Monelli. Se è vero che non tutti possono essere un Piero Gobetti o una Sophie Scholl, è anche vero che in certi contesti chi avalla è complice. E Novello, pur non mostrandosi un fascistone sbavante che va a pestare dissidenti, è senza dubbio complice della situazione.

Capisco come per alcuni questo renda Novello del tutto indigeribile.

In questo caso, io credo che l’autore presenti sufficiente interesse per essere degno di attenzione nonostante tutto (pur senza scordare il contesto).

In ogni caso Novello si trova presto a patire in prima persona dell’inettitudine criminale del regime, quando il Duce decide che entrare in guerra è proprio ciò che ci vuole.

Novello viene quindi richiamato al suo reggimento.

Si è cuccato Caporetto nella Prima Guerra Mondiale, quindi cosa gli riserva il Karma a questo giro?

La campagna di Russia.

Making History Russian Cat Timofei

Il valoroso gatto Timofei con un prigioniero tedesco da lui catturato durante la Grande Guerra Patriottica, di Alexander Zavaliy

Ora capitano, Novello si guadagna una medaglia d’argento alla battaglia di Nikolajevka.

Nella sfiga il nostro ha comunque fortuna: è uno dei pochi che riescono a tornare con tutte le appendici apposto.

Novello sarà stato lieto di tornare a casa, ma non aveva contato sul proprio governo: l’8 settembre del ’43 arriva, il battaglione di Novello è in Alto Adige quando l’esercito cessa di esistere. Nel giro di 24 ore, il nostro e alcuni compagni, sbandati e confusi, abbandonati dal loro re, vengono catturati da una banda di tedeschi incazzati come iene.

Novello viene deportato in Polonia, poi nel campo di concentramento di Wietzendorf, in Germania.

Siccome è un personaggio, qualche manina influente ci mette una buona parola, e gli viene proposto di tornare in Italia come membro della Repubblica Sociale.

Novello rifiuta.

Tra i compagni di prigionia, un tal Guareschi, maledetto reazionario baciapile che ci ha donato l’impareggiabile Don Camillo (le serie tv sono meglio delle novelle, fight me!).

Nel 1945 la sorella di Novello viene a sapere della sua morte.

Tra i vari omaggi, spicca quello del giornalista Silvio Negro: “la morte, quando è ingiusta, colpisce di regola i migliori

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PIU’ FORTE DELLA GIOIA: L’autore dell’ammiratissimo articolo “In morte di un amico lontano” riceve la smentita della triste notizia

Solo che, usando le parole di Novello stesso, “evidentemente e per fortuna non sono tra quella eletta schiera “.

Come fece notare Buzzati, “il redivivo che si gode i propri elogi funebri è abbastanza novelliano

Contro ogni aspettativa, il Novello sopravvive alla prigionia e, dopo la guerra, torna in Italia, dove diventa vignettista per a Stampa.

L’Italia del Piano Marshall è l’Italia della “conciliazione”, l’Italia vittima, l’Italia che dà pochi mesi di galera ad assassini di massa come Graziani. E’ l’Italia che vuole con ogni atomo passare ad altro e far finta che non sia successo niente.

E Novello con questa vigliaccheria piccolo-borghese (di cui lui stesso è colpevole) ci va a nozze. Nel 1950 esce la sua nuova raccolta Dunque dicevamo, che canzona proprio quest’attitudine ignava.

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La stanza fiorita

Seguono Steppa e Gabbia, sulla sua esperienza in Russia e in prigionia, e Sempre più difficile, entrambi del ’57. Dieci anni dopo esce Resti fra noi.

Ad ogni modo dal ’65 in poi il nostro si dedica soprattutto alla pittura.

Novello si campa il resto della vita come artista apprezzato, ricevendo anche la medaglia d’oro di benemerenza dal Comune di Milano nel 1985.

Muore tre anni dopo a Codogno, dov’è nato, alla veneranda età di 91 anni.

Non male per uno che ha subito il disastro di Caporetto, la campagna di Russia, i campi di concentramento in Germania e la compagnia del Monelli.

Novello è stato importante per la satira del costume. Le sue vignette sono una lente di ingrandimento su ciò che c’è di piccolo, meschino e petulante nell’italiano, e in particolare nel borghese italiano.

Tipo la famiglia ricca a teatro che finge di non vedere il parentado povero che saluta dal loggione. O la famiglia che si rallegra del fatto che il recente bombardamento ha distrutto il caseggiato dirimpetto, liberando la vista sul mare.

Ma non c’è superiorità arrogante nelle vignette di Novello. Novello stesso è un borghese, e quando parla della meschinità dell’uomo, parla della meschinità che si annida in tutti, lui per primo:

“All’umorista che se ne sta sulla torre d’avorio ad osservare, non ho mai creduto. Prima di mettermi di fronte agli altri mi sono sempre guardato allo specchio e ho cominciato a ridere di me stesso

Non tutte le vignette sono incisive e crudeli, ovviamente. Molte sono bonarie, un’ironia inoffensiva sulla famiglia in ambascia poiché Luigino rifiuta di fare “ciao ciao” con la manina al signor Commendatore.

A conti fatti, si tratta di satira, o è semplice ironia di un borghese sui borghesi?

In un’intervista al Tempo del 1957, Novello si esprime sul perché i suoi disegni sono così popolari.

Forse la tua popolarità” mi ha detto un caro amico “è dovuta al fatto che i tuoi disegni piacciono anche ai cretini”. Dove quell’anche salva egregiamente i miei estimatori e il mio amor proprio.

Novello aveva amici preziosi.

Ciò detto, l’auto-deprecazione è un chiaro strumento di difesa. Novello non è il Bill Mauldin italiano, e lo sa.

Quindi che valore ha, a oggi?

Quando la moglie è in vacanza, perché Novello è Novello anche quando dipinge

Le vignette di Novello sono uno specchio della sua carriera: Novello non prende rischi, a meno che non sia costretto a farlo. Quando vince il premio per il ritratto nel 1940, abbandona il genere. Non parte volontario in guerra ma va quando chiamato. Negli anni ’60, davanti a una modernità che lo perplime, molla la satira e si dedica alla pittura. E la sua pittura è come le sue vignette: ironica, ma inoffensiva.

Sappiamo che Novello poteva, quando voleva, essere un commentatore crudele e cinico. Allo stesso tempo, anche le più crude delle sue vignette, non condannano mai davvero la borghesia.

E’ uno sguardo cinico, ma bonario.

E’ all’altezza delle lodi sperticate che gli riservano alcuni?

Forse no, ma alcune sue vignette sono eccellenti, ed è un fatto.

Merita di essere dimenticato come lo snob borghese che sfotte senza esporsi?

Nemmeno, anche se certa roba che ha disegnato è davvero la camomilla della satira.

Le vignette di Novello sono l’acqua minerale della satira. Allo stesso tempo, se non ci fosse l’elefante nella stanza delle sue simpatie per il regime, nessuno metterebbe in dubbio la sua bravura e la deliziosa costruzione dello scherzo.

Citavo Ungaretti dianzi, ma non è l’unico esempio. Ci sono artisti le cui opere sono così straordinarie e innovative che è facile separare il loro operato dal resto della loro persona. Ungaretti, Picasso, Charlie Chaplin, Woody Allen… Sì, è vero, Chaplin aveva un debole per le bambine quattordicenni. Era un predatore con spiccate tendenze pedofile. Il fatto che fosse un attore e artista assolutamente straordinario non lo assolve da nessuno dei suoi crimini, ed è importante sia separare l’arte dall’artista che ricordare che, se fu grande in un certo campo, fu terribile nel resto.

Esiste anche il caso contrario: certuni sono così sopravvalutati che è molto difficile riconoscere l’interesse del loro lavoro al di là di una personalità davvero infetta: ho già nominato Indro Montanelli, ma un altro fenomeno che non so perché ce lo prendiamo ancora tanto sul serio è Rousseau, per esempio. In realtà sono uomini che hanno un valore, ma la loro persona era così odiosa e la loro opera celebrata in modo così esagerato e ingiustificato, che la reazione a pelle è di buttare l’intero autore nel tritarifiuti.

Novello a parer mio si situa tra i due. Non è stato all’altezza dei suoi tempi, ma non è stato né un criminale né un traditore di Salò. La sua satira annovera alcuni esempi straordinari, ma anche molta fuffa di colore locale. Offre un interessante spaccato d’epoca e uno sguardo spietato nella società borghese del nord.

Capisco chi non ne voglia nemmeno sentire parlare. Personalmente però trovo che, al di là di tutto, era un umorista di talento, e le colpe che gli si possono assegnare non sono tali da offuscare la sua arte.

Ne consiglio quindi la lettura, pur con tutti i caveat del caso.

MUSICA!


Bibliografia

Un eccellente articolo de Il Tascabile

La pagina wiki del Novello

MONELLI Paolo e NOVELLO Giuseppe, Il ghiottone errante, Slow food editore, 2016

MONELLI Paolo e NOVELLO Giuseppe, La guerra è bella ma scomoda, Treves, 1929

NOVELLO Giuseppe, Il signore di buona famiglia, Mondadori, 1934

La storia del gatto Timofei

Nuovo Ordine Mondiale, il film che il tuo psichiatra non vuole farti vedere!

Esiste una maledizione.

Dice: possa tu vivere in tempi interessanti. (cit.)

E ci stiamo vivendo, in tempi interessanti. Trogloditi con i codici nucleari, Mussolini in parrucca, secessionismo aleatorio, regressione economica, Lilin che fa il politologo… è chiaro ormai che la Democrazia occidentale ha deciso di farla finita in un’ultima gargantuesca seduta di asfissia erotica.

In tutto questo caos, è così difficile avere un’opinione informata e critica. E’ così difficile trovare qualcuno che si raccapezzi, che riesca a tener conto di tutti i fattori in gioco…

E nel buio della confusione, una luce: i Fratelli Ferrara!

Se non puoi smettere di farti i film, DIVENTA IL FILM

Dalla rutilante Napoli, i nostri Mihcael Bay in erba ci offrono una chiave per interpretare questi tempi sì interessanti: la chiave complottista!

Nuovo Ordine Mondiale è un film di denuncia, un’opera indipendente che rivendica un budget di 5 MILIONI DI EURO e che ha preso ben CINQUE ANNI di lavoro indefesso. Altro che quelle cagate di Soylent green, Citizen Kane o A clockwork orange!

Ma di quali complotti parliamo?

Ebbene signori, potete disdire i vostri abbonamenti a Le Monde Diplomatique, dar fuoco alla vostra laurea, arrotolare i vostri Journal of applied meteorology and climatology e ficcarveli nel culo (cercando di non godere troppo)!

Tutto è falso, tutto è un complotto!

E i “Ferrara Brothers” (sic!) hanno ragione! Il complotto esiste, ma non nelle modalità che credono loro. Nonostante questi grandi artisti si siano svegliati, la Verità (il Noumeno oggettivo!) ancora li elude. Ma non temete: tutto sarà rivelato a fine articolo!

Andiamo con ordine. Chi sono i Ferrara Braders?

Stando a un’intervista rilasciata a Vice, i nostri amici Fabio e Marco avrebbero cominciato come ufologi, per poi avvicinarsi alle teorie di complotto. Un percorso accademico di tutto riguardo, direi.

Resisi conto della terribile situazione in cui versa l’Umanità, manovrata a tavolino da malvagi oligarchi rettiliani, i nostri avrebbero investito i fondi privati della loro non meglio definita azienda in una “crociata” informativa, in un film che “scriverá un nuovo capitolo della storia” (sic!).

In altre parole, i due ufologi hanno squarciato il Velo di Maya per rivelare le natiche fruncolose dei cattivi Illuminati!

La faccenda è seria, tanto è vero che all’uscita del film i nostri hanno dovuto (dovuto!) munirsi di una scorta! Futile precauzione: il rischio è reale, ma la scorta è futile. Le menti dietro l’Ordine Mondiale non saranno fermate da dei gorilla con gli occhiali da sole (ma di questo parleremo dopo).

I nostri hanno anche un’accademia di recitazione, la Ciack (sic!) Academy! Uno dei due, Fabio, ci ha anche studiato. Ovvero, se non ho capito male, hanno fondato un’accademia, ci hanno studiato e ci si sono diplomati. Altro che autarchia!

Online non sono riuscita a trovare NULLA né sull’accademia né sull’azienda che ha fornito i 5 milioni. Ma quale azienda poi? La Ciack? Macina così tanti milioni? COME? QUANTI CAZZO DI WANNABE TROPPO IN GRANA CI SONO, IN ITALIA?

L’unica cosa che sono riuscita a scovare è un trailer per una serie poliziesca del 2009 in cui i nostri sparano a macchine vuote, e un trailer promozionale dell’accademia in cui si incoraggiano wannabe ad iscriversi mentre la camera riprende una scena di funerale. Simbolico?

In ogni caso, a credere alle pagine Faceboook, il film avrebbe ricevuto perfino riconoscimenti ufficiali. In una foto vediamo i due fratelli brandire un riconoscimento della Città di Napoli, la “star of merit”. Non sono riuscita a trovare nulla su questa presunta onorificenza, e la Stella al Merito (che esiste ed ha un nome italiano!) viene di solito conferita a lavoratori anziani, non proprio a giovani artisti rampanti. Magia di photoshop? Licenza narrativa? Per citare una battuta del film, “non lo sapremo mai”.

So many misteri, so poche answers…

Un altro premio menzionato di sfuggita sarebbe un “premio Industria Cinematografica”. Di nuovo, non riesco a confermarne l’esistenza, ma è di certo un problema mio!

Insomma, abbiamo un film sul complottismo, premi misteriosi e un budget altrettanto inspiegato. Come dire, i Ferrara sono i The producers della situazione, solo che a loro il trucchetto sembra riuscito!

Ad ogni modo, ci stiamo perdendo in chiacchiere, veniamo alla trama!

Let the Jew flow through you!

Siate grati per questo film: non è stato facile realizzarlo! Come spiegano i nostri creativi a Vice, il mondo italiano semplicemente non era pronto al genio.

[…] in Italia non esiste una cultura cinematografica, tecnica e organizzativa. Si lavora in modo molto approssimativo, e quindi noi, volendo fare un film che potesse rispettare gli standard internazionali di un certo cinema americano—perché comunque loro hanno il dominio tecnico—abbiamo avuto molti problemi.

Senti Coso, l’Italia è la patria di Brancaleone, immortale gloria cinematografica! Porta rispetto, per Giove e Putifarre!

Ci siamo ispirati a gente come Michael Bay, il regista di Armageddon. Anche se ultimamente anche lui è diventato un po’ commerciale.

PERCHE’ ARMAGEDDON NON E’ COMMERCIALE!

Ma veniamo a noi!

Il film comincia con un pupazzo vestito da pupazzo che ci spoilera tutto il complotto, perché la suspense è roba da n00bz. Peraltro, se ripeti “Nuovo Ordine Mondiale” 3 volte davanti a uno specchio appare George Soros che ti spruzza di scie chimiche!

Passiamo poi in una sala riunioni. Un tizio fa qualche patetico tentativo di parlare inglese, mentre un Ebreo Malvagio lo scruta arcigno (ha anche una Stella di Davide addosso, nel caso non avessimo inteso). Il finto yankee introduce uno sbarbino di nome Dottor Moloch (“Mister von Destruction” era già preso?). Questo convincentissimo cattivo ci spiega che la crisi economica, il cancro, il Cambiamento Climatico, Barbara d’Urso, la tassa sugli assorbenti e tutto ciò che di male esiste al mondo, è tutto  pianificato a tavolino. Perché? Per spaventare la gente e renderla quindi più controllabile.

E come ciliegina, abbiamo anche una stretta di mano massonica!

Insomma, gli ebrei rettiliani creano un’ondata di crimine che sommerge l’Italia, tanto da giustificare l’intervento dell’esercito per le strade.

Ci viene FINALMENTE presentato il nostro protagonista, il Commissario Torre, recitato dal produttore Mario Ferrara per la gioia di grandi e piccini!

Il commissario Torre ha un vasto reperterio di 3 espressioni. Faccia numero 1.

Torre è un ometto sulla sessantina, il fisico di mio zio Epifanio, il carisma di una patata bollita e le doti interpretative di Tommy Wiseau.

Torre è anche UN EROE: al muro sono appesi articoli di giornali con lui che arresta mafiosi, salva bambine in pericolo, sventa invasioni aliene e apre barattoli col tappo troppo stretto. E’ così tosto che lettere di encomio nazionale si materializzano spontaneamente sul pavimento della sua cucina e lui le deve accumulare nei cassetti. Sì, perché il nostro è UN EROE UMILE, non gli importa di essere celebrato.

Salvo quando appende al muro di casa articoli che lo celebrano, ovvio…

Torre comanda un commissariato pieno delle reclute più bellocce che la Patria può offrire, tra cui una focosa bruna sulla trentina che proprio non sa resistere al suo fascino virile. In una scena la bruna procace gli salta letteralmente addosso. Che ci volete fare, quando uno è troppo sexy, è troppo sexy.

Questi due hanno così poco feeling e intesa che la mattina dopo la scopata:

  • si rendono conto che stanno per avere un bambino
  • decidono di essere genitori insieme
  • lui fa “ora che ti ho ingravidata, ti metti a passar carte come voglio io, vero?”
  • lei risponde “ma anche no”
  • lui la manda affanculo e si separano in pessimi termini.

Dalla passione, alla procreazione, al divorzio, IN MENO DI CINQUE MINUTI. E’ proprio vero che la gente oggi va sempre di fretta…

Non abbiamo però tempo da perdere, perché dei kattyvy guidati da un tizio con del pongo sulla faccia attaccano un supermercato e prendono Bruna Incinta come ostaggio. Uno sbirro viene gravemente ferito e lasciato a sanguinare fuori, ma nessuno chiama un’ambulanza o lo soccorre, perché è solo una comparsa.

Hai qualcosa sulla guancia… no, quell’altra…

Perché questi figuri al soldo dei rettiliani attaccano un supermercato?

Non verrà mai spiegato. Suppongo avessero finito l’estratto di vaniglia per i russian teacakes.

Ad ogni modo Torre è un eroe col cazzo durissimo e decide di entrare nel supermercato, che magari la sua Faccia Feroce da Grumpy Cat barbuto basta a sottomettere i tre criminali armati. Purtroppo per lui, Pongo in Faccia è il boss del penultimo livello, quindi non può ancora essere sconfitto. In modo del tutto imprevedibile, il geniale piano “entro e gli dico di abbozzarla” non funziona. Shocking!

Questa scena ci offre perle di alto cinema, tipo la cassiera con le tette di fuori o massime di saggezza del tipo:

“Sai cosa placa la voglia di uccidere? Uccidere.”

I tizi sparano a Bruna Incinta (ma non a Torre, perché sennò finisce il film) e scappano su un furgone. Come in ogni film di serie Z che si rispetti, gli altri comprimari aspettano pazientemente che Pongo in Faccia abbia guardato torto il commissario, sia rimontato in macchina e abbia messo in moto. Poi sparano, ma non subito. Perché di nuovo, sennò finiva il film.

Faccia numero 2 (“Oh nooooooes…”)

Il furgone viene comunque rintracciato alla svelta e si scopra che, dopo aver fatto un salto al super per l’estratto di vaniglia, Pongo In Faccia ha massacrato tutti i ricercatori di un non meglio specificato laboratorio (lo chiamano “biotech company spa”, perché “laboratorio segreto internéscional” era già preso).

Il capo ricercatore di questo posto ha scoperto una pozione magica per stimolare la GHIANDOLA PINEALE (sì amici miei, c’è anche quella!) e far quindi diventare la gente super-longeva e super-intelligente. Pongo in Faccia l’ha spacciato per conto degli Ebrei Rettiliani.

Una ricercatrice però si è salvata, perché è giovane e figa e quel giorno lì era dall’estetista. I nostri si precipitano a salvarla fermando bus a caso e la trovano, ostaggio di due agenti segreti.

Pausa un secondo:

  • il laboratorio supersegreto non è protetto da niente;
  • è passata una giornata, ma Ricercatrice Figa scopre che il suo boss e tutti gli altri sono stati massacrati sbirciandolo su un giornale sul bus;
  • sul bus c’è anche un investigatore privato ingaggiato dal capo scienziato per scoprire chi complotta contro di lui, il tizio a quanto pare sa tutto e sa che la ragazza è in pericolo, ma non fa nulla per salvarla e pare essere lì solo per lo spettacolo;
  • gli agenti segreti portano gli occhiali neri in piena notte, perché sennò il complottaro medio non capisce che sono agenti segreti;
  • la tizia si è iniettata il siero magico, dovrebbe essere quindi sotto costante osservazione in un istituto apposito ma no, è a giro su un bus con un portatile pieno di materiale sensibilissimo. Perché è così che lavorano gli scienziati.

A prima vista questa scena sembra una scemenza scritta da una classe di bambini di 6 anni durante l’ora di buco, ma certamente il problema è mio. Vado a prendere a testate uno spigolo, magari mi si aprirà il Terzo Occhio della Conoscenza Cinematografica.

Insomma, la tizia viene salvata solo per essere rapita di nuovo. Nella sparatoria che ne segue abbiamo altri fiori all’occhiello, come tizi che camminano lentamente allo scoperto sparando dritti davanti a loro (tipo papere al luna park), Pongo in Faccia che uccide la gente e si lecca le labbra soddisfatto, gente che urla frasi a effetto prima di sparare. Perché i Ferrara Braderz hanno assoldato un consulente tattico (!) ma non hanno visto Il buono, il brutto e il cattivo: quando si spara, si spara, non si parla!

Non tutto è perduto però! Dopo altre scene da morte cerebrale, Torre e il suo fidanzatino riescono a rintracciare (non si sa bene come) il detective fancazzista di cui sopra e scoprire l’intera storia!

Il fluoro ci rende docili!

La crisi è creata a tavolino!

Lo HAARP spara uragani!

Lo yogurt rende froci!

Insomma, tutto è calcolato per ridurre la popolazione.

Popolazione che sta aumentando e ha ampiamente superato la capacità di carico del Pianeta. Quindi o gli Illuminati sono una manica di rincoglioniti che si cagano in mano prima di giocare allo schiaffo del soldato, o ‘sta roba del “vogliono ridurre la popolazione” è una stronzata cosmica con propulsione a curvatura.

Faccia numero 3, chiara citazione cinematografica, omaggio alla morte del personaggio di Gastone Moschin in Uova fatali

 

La tragica dipartita del Professor Pérsikov

Per raggiungere (oppure no) il loro diabolico scopo, i rettiliani pianificano di impiantare tutti con (indovina indovinello, quale idiozia sarà nel cestello?) il bio-chip.

Il piano è quello di smollare bidoni di roba verde nell’acqua potabile, fare ammalare tutti e convincerli a infilarsi ‘sta roba in corpo. I nostri prodi partono quindi all’attacco per impedire questo blasfemo piano.

Well, questo suscita alcune domande:

  • Se i rettiliani sono così potenti e così dappertutto, perché non possono impiantarci già coi chip a nostra insaputa? Potrebbero farlo dalla nascita, chippando via via i bambini che nascono, o approfittare di un qualsiasi intervento medico.
  • Perché i rettiliani vorrebbero ridurre la popolazione? Non potrebbero lanciare un business di schiavi umani verso Yuggoth, o qualcosa del genere?
  • Se questo complotto è mondiale, come sembra, si suppone che lo scarico di roba verde avverrà in diversi punti del mondo o d’Italia: come fanno i nostri a trovare (perché ovviamente li trovano) i bidoni?
  • Che scopo ha andare in tre a cercare i bidoni, se l’operazione è nazionale? Diciamo che arrivi, uccidi tutti e recuperi i bidoni: a 100 chilometri da lì altri cattivi con altri bidoni staranno avvelenando altra gente! Non ha senso e non ha utilità!

Ma sono domande stupide, perché finalmente capiamo qual è lo scopo reale di questo film: Mario Ferrara vuole una ripresa molto figa del suo cosplay di Metal Gear Solid. Non scherzo: la fine del film è Torre vestito da Solid Snake che ricrea il gameplay in un tripudio di stupidaggini da macho, trucchetti da film d’azione Disney (tiro il sassolino per attirare la sentinella!), poracciate che farebbero facepalmare Licia Troisi, inquadrature traballanti per nascondere la ripetitività disarmante delle coreografie e musica a palla.

KAPOW!

Peraltro, il tutto non si svolge in un grande depuratore, né in un impianto importante, no: i soldati cattivi (alcuni con le maschere antigas altri no) stanno scaricando la zuppa di piselli in un rigagnolo tipo fiumicello ameno. Perché vogliamo avvelenare la popolazione, ma prima bisogna sterminare quelle dannate nutrie!

Pongo in Faccia è di nuovo sul posto, perché questa gigantesca organizzazione segreta ha u budget limitato e il povero cristo deve occuparsi di tutto: uccidere ricercatori, fare la spesa, avvelenare i fiumi, interrogare prigionieri, pulire la sabbietta del gatto, riempire la dichiarazione dei redditi…

Segue una scena d’azione così poco convincente che a tratti i segmenti sembrano messi in repeat. Uno rischierebbe di addormentarsi (colpa del fluoro!), non fosse per i momenti salienti, tipo il poliziotto professionista che spara di traverso come un gangster mentecatto in un film americano, o Pongo in Faccia che si erge sopra il nostro eroe, brandisce un coltellaccio sopra la testa e urla “TU UCCIDERO’ TORRE, AAAAAAAAAAAAH”. Arte!

Oscar subito!

Nel duello finale abbiamo Solid Torre, un commissario tappetto e tombolotto sulla sessantina, contro Pongo in Faccia, un agente speciale della più potente organizzazione terrestre che ha la metà dei suoi anni e il doppio dei centimetri in altezza.

Un po’ come organizzare un incontro tra un chihuahua neuroleso e un megalodonte affamato.

Ma Solid Torre è il produttore e il padre degli sceneggiatori, quindi pesta Pongo in Faccia e lo uccide trafiggendolo con un coltello, chiaro simbolo fallico.

La vera e propria fine della storia non ve la racconto perché bisogna vederla per crederci. Immaginate di ritrovare una storia che avete scritto a 6 anni, in cui siete il protagonista nei panni di Batman, e invece di dargli fuoco decideste di farci un film e scritturare il padre di Stannis La Rochelle vestito da Rambo.

Una rappresentazione scientifica della fine del mondo

I Ferraras sono molto contenti della loro immane fatica. Nell’intervista a Vice spiegano:

Allora: non sono state riportate nel film cose che non siano successe realmente.

MA CERTO.

Anche l’ultimo attentato in Francia è finto quanto una sceneggiatura di serie B [dissero gli esperti in sceneggiatura di serie Z, NdTenger]. Il terrorista che si dimentica la carta d’identità in macchina: neanche uno sceneggiatore di basso livello penserebbe ad una cosa del genere.

MA OVVIO!

Giusto per la cronaca, se io voglio arrivare nel posto X senza farmi notare ed eseguire quindi un attacco suicida, ECCOME CHE MI PORTO DIETRO IL DOCUMENTO! Perché? Perché se mi fermano per un controllo a caso lungo la via e io non ho un documento identificativo, posso essere portata in centrale per ulteriori accertamenti, posso attirare l’attenzione, posso destare sospetti.

Se invece faccio vedere il documento, non c’è problema. E non c’è bisogno di leggersi lo SOE Manual del ’43, basta accendere il cervello. Ma hey, forse chi ha la ghiandola pineale sbloccata ha più difficoltà a organizzare le informazioni…

Matrix non l’ha mai capito realmente nessuno, perché è stato fatto in modo molto fantascientifico.

Se trovi Matrix troppo complesso e intellettuale, non preoccuparti, Nuovo Ordine Mondiale fa al caso tuo!

Ma tornando a noi, tutti i buchi della teoria dei Ferrara potrebbero portare qualcuno a credere che in realtà si tratti solo di panzane. Alcuni potrebbero perfino chiedersi se il film non sia un qualche dubbio maneggio per ripulire 5 milioni di euro (ma sbagliate, sono certa che i 5 milioni sono andati a pagare le 3 scene di Iacchetti e la preziosa consulenza del “military advisor” Benito Noviello).

Sbagliate tutti. La verità è che i Ferraras hanno ragione: c’è un complotto planetario.

Purtroppo si sono lasciati fregare dalla false flag della teoria del New World Order, anch’essa creata ad arte dai veri shōgun dell’ombra!

E oggi, per chi è riuscito ad arrivare fino in fondo, io rivelerò la verità.

Tutto è controllato dagli ebrei, che sono in realtà dei rettiliani travestiti (sotto il nasone nascondiamo un’antenna per comunicare con la navicella). Tuttavia, non sono i rettiliani a comandare! I rettiliani sono solo impiegati, mercenari incaricati di controllare l’Esperimento Terra per conto di terzi.

Questi terzi sono i veri signori della galassia.

Sono tra noi, costantemente, attenti osservatori che sorvegliano le cavie umane. Sono nelle nostre case, sono nelle nostre strade, sono sui nostri computer, passando continuamente sotto i nostri occhi e i nostri cervelli instupiditi dal fluoro. Controllano le nostre vite, intervengono sfacciatamente nelle elezioni dei grandi paesi, controllano l’inernet globale.

Chi sono?

I gattini.

Non mi credete? Pensate sia un caso che al fianco di ogni più grande figura storica e politica salti sempre fuori un gattino? Pensate che sia un caso che gli egiziani li venerassero come dei? Non mi credete? Ecco qualche esempio!

Mark Twain

Lenin

Churchill

Don Vito Corleone

John “Rat Faced Bastard” Oliver

I gattini sono membri di un impero intergalattico capitanato dal grande Kittoh deh Destroyah.

Quando l’Esperimento Terra sarà concluso, il pianeta sarà polverizzato e con esso la totalità della razza umana (o meglio “oomana”). Solo chi riconosce la superiorità incontestata della specie felina sarà risparmiato, e gli sarà concesso di vivere sulle navicelle come schiavo dei suoi padroni pelosini.

 
Guardate in faccia il vero Armageddon

Questa è la verità, e non ho timore di rivelarvela, perché tanto non c’è niente che potete fare. I gattini sono invincibili. I gattini sono incorruttibili. I gattini sono inevitabili.

Hail Kittoh, Holy Emperor of Kittehs!

MUSICA!

[EDIT: se non si fosse capito, questo film è ASSOLUTAMENTE CONSIGLIATO! C’è un sacco di trash bellissimo che non ho potuto nominare per ragioni di spazio! Il mio nuovo sogno erotico è una joint venture tra i Ferrara e Pietro Aliprandi! Voglio Torre a cavallo di un gattino alato che vola a salvare Re Precisamente dagli ebrei cattivi!]


L’intervista a Vice

Un articolo su International Business Time

Un articolo dello Hollywood reporter

La pagina Facebook del produttore

Catastrofi epiche: Gods of Egypt

Vi è mai capitato di andare a vedere un film noto per essere pessimo e di ritrovarvi, con incredula sorpresa, davanti a un prodotto più che dignitoso?

A me non è mai capitato.

Abbiate paura. Abbiate molta paura.

Questo film è un capolavoro assoluto e chi non la pensa così ha torto. E’ il Nirvana dell’orrido, il Santo Graal del trash!

E il fatto che in un film intitolato Gods of Egypt non ci sia nemmeno un attore egiziano non è che lo zucchero a velo su questa fenomenalenale torta di che cazzo sto guardando!

Immaginate che qualcuno abbia preso Lory del Santo (regista della celeberrima serie The Lady), le abbia dato 170 milioni di dollari e le abbia chiesto di realizzare i filmatini in Computer Grafica di un videogioco del 2004. Aggiungete Leonida di 300 e Jamie Lannister nei panni di Jamie Lannister. Metteteci Aladdin della Disney, ma togliete la scimmietta, così che il ladruncolo acrobata si ritrovi a parlare da solo come uno psicotico. Aggiungete una spolverata di humor anni ’80 stile episodio ciofeca di Friends. Dategli la trama di una puntata mediocre di Xena principessa guerriera.

Mixate tutto e… avrete comunque qualcosa di meglio di questo film.

Ammirate! Pensavate che Foodfight fosse il fondo del barile quanto a CG? SBAGLIAVATE!

La trama è quella del re leone: il fratello del re ammazza quest’ultimo ed esilia il nipote (legittimo erede). Costui deve ritrovare la propria forza per salvare il regno dal folle usurpatore, ma durante il suo viaggio scoprirà che il vero potere non viene da fuori, ma dal Quore. Jaimie Lannister salva tutti grazie al Potere dell’AmiciziaTM.

No, non sto scherzando.

In ciò ci sono sottotrame che da sole stordirebbero un elefante. Tipo Seth Butler che prende il potere con la stessa strategia di Lillard in In the name of the king di Uwe Ball, ovvero spaccia il sovrano durante la benedizione urbi et orbi e dice “bon, il tipo è morto, io sono il nuovo capoccia”.

Il primo provvedimento di Seth Butler, peraltro, consta nell’alzare la tariffa per l’ingresso al Paradiso.

No, non è per dire. L’ingresso al Paradiso si paga. In oro o altri beni. C’è una scena nell’Oltretomba, con la bilancia e tutto, dove i ricchi pagano ed entrano, e i poveri vengono distrutti.

Io mi chiedo, che contano di farci, gli dei, con i quattrini? Li investono? Li accumulano? Qual è il piano di sviluppo economico sul lungo periodo?

Seth ad esempio accumula oro in una piramide. Magari ci nuota dentro come un muscolacciuto e depilato Paperone. O magari vuole investire tutto in un’astronave (why does God need a starship? cit.)

Si capisce che parte almeno del malloppo è usata per costruire un’armatura. Ok, ma è una sola armatura. Una massa di oro pari al Titanic, tutta magicamente pigiata nella carrozzeria di un pandino? E se davvero avevi bisogno di tutto ‘sto oro, non potevi confiscarlo e basta? C’era bisogno di far girare la filiera dell’Oltretomba?

Insomma, tornando alla trama (termine usato qui nel senso più lato possibile), Seth Butler prende il potere con la stessa facilità con cui io prendo l’autobus, schiavizza tutti, frega la ragazza a Jamie Lannister (Hator la dea Vacca) ed esilia quest’ultimo. Dopodiché chiama John Murdoc e gli fa costruire una torre alta altissima. Visto come se l’è cavata nella città deglli Strangers, direi che Johnny è l’uomo giusto.

Tornando alle astronavi, Butler decide di andare a trovare suo padre, il dio Rah. Costui sta su una nave spaziale e non scende mai. La scena del loro incontro è pregnante, la luce è drammatica, le espressioni tese, tutto urla “sviluppo personaggi angst trauma!”

-Mi hai schiaffato in un deserto di merda dove non c’era un cazzo da fare a parte crossfit!- Si lagna Butler –Non mi hai mai voluto bene!

-Ma no che ti volevo bene.- Replica Rah –Vieni, guarda.

Un vermone cosmico della Madonna emerge dal buio. Rah gli tira una forchettata e il vermone se ne va.

-Vedi, questo vermone viene tutti i giorni per mangiare il mondo.- Spiega Rah. –E io tutti i giorni devo star qui su a fiocinarlo. E’ una vita di merda. Allora mi son detto, “ci vuole qualcuno che venga su a fare ‘sta vita di merda al posto mio”. Ti ho schiaffato nel deserto perché TU sei quello che intendo inchiodare qui in eterno, mentre tuo fratello se la spassa nella valle dei fiorellini. Vedi come ti voglio bene?

Seth acchiappa una seggiola e sfascia il vecchio di legnate. E fa bene.

Solo che Seth non ha fatto i conti con Aladdin!

Su terra il nostro ha una fidanzata con due tette gigantesche.

-Dobbiamo trovare il modo di rimettere al potere Jamie Lannister.- Fa lei. –Dovresti rischiare la vita per restituirgli gli occhi magici e quindi i poteri!

-Come fai a sapere che ha degli occhi magici a cui sono vincolati i poteri? Siamo due morti di fame, da dove ti viene ‘sta conoscienza sulla fisiologia divina?

-Ho due tettone giganti.

-Ok, vero. Però Jamie Lannister è un pirla, perché dovrei rischiar la pelle per lui?

-Ho due tettone giganti.

-Ok, vero.

I due rubano i piani segreti della piramide in cui sono gli occhi di Jamie (una roba che a confronto le trappole di Indiana Jones sembrano fedeli ricostruzioni storiche) e ne recuperano uno. Per vendetta, John Murdoc ammazza una delle tette. Dramma!

Insomma, Jamie, Aladdin e Hator si ritrovano in un avventuroso viaggio alla ricerca dell’altro occhio. Sì, perché in questo universo tutti gli dei hanno un pezzo di corpo magico da cui traggono tutto il loro potere, e se smonti i pezzi magici puoi fare una superarmatura spakkaculi fortissima.

Suona stupido da morire, e lo è. Ma a parte ciò, è realizzato malissimo. La natura degli dei non è mai spiegata, il che lascia lo spettatore perplesso davanti all’idea che tu li possa smontare e rimontare come pupazzetti lego. Vi ricordate come nel film del Signore degli Anelli (che peraltro a me nemmeno garba ‘sto granché) erano riusciti a rendere il carattere diverso di elfi, nani, hobbit e uomini così che, al di là delle apparenze, dal loro modo di parlare e pensare fossero chiare le differenze di razza e longevità?

Bene. Qui non c’è niente del genere.

Gli dei di questo film sono usciti dritti dal Jersey shore. L’unica differenza con gli umani è che sono più alti, e tendenzialmente più stupidi.

A sinistra, un personaggio divertente; a Destra, Jamie Lannister sogna la pensione.

Questo film è un DISASTRO. Nonostante sia una visione divertentissima e trash in modo delizioso, non riesco a immaginare a chi possa genuinamente piacere.  E’ stato fatto a pezzi dalla critica, e a ragione. Tutto trasuda schifo a livelli epici. Il tono, le scene, i personaggi, i dialoghi…

La cosa triste è che il regista si è sentito in dovere di andare su Facebook a lagnarsi di come i critici non capiscano la vera arte.

Un bello scivolone per Proyas. Come? Il suo nome non vi dice nulla?

E’ il regista di The Crow, e di Dark city.

Yup. La mente malvagia dietro questo armageddon cinematografico ci ha regalato un grandissimo cult e quello che dovrebbe essere un cult, Dark city, uno dei miei film preferiti in assoluto.

Iste mundus furibundus falsa prestat gaudia

Il cast  
La Computer Grafica  
La storia  
Aladdin  
Rah redivivo  
Ogni singolo dettaglio di questa boiata colossale
Il vermone  

 

Questo film è ancora più assurdo di Dungeons & Dragons. Trascende l’assurdo e diventa spettacolare!

Consigliatissimo anche per i non amanti di trash: è così stupido che chiunque può trovarci roba di cui ridere. E mal che vada, la ragazza di Aladdin ha delle tette grandi così.

E’ un film del’Asylum che ha un budget di 170 milioni di dollari! Chi non lo guarda è complice!

MUSICA!

Star Wars, la Forza s’è appena svegliata e le ci vuole un caffé

Il 2015 è finito, finalmente. E’ stato un anno molto grumpy, e ho alte aspettative per il 2016.

Quindi, perché non inaugurare tutto con una recensione mainstream e coatta su un argomento tanto di moda?

Sono andata a vedere Star Wars, the Force awakens.

Mi è piaciuto?

Mettiamola così. Dopo averlo visto, sono tornata a casa, ho preso il cofanetto dei prequel (quella roba che nessuno guarda mai ma che dobbiamo avere in casa che sennò poi mi tolgono la tessera da nerd) e ho chiesto scusa alla facciona tonda di Anakin.

Sì, è così brutto. Perché i prequel avranno anche tutti i difetti del mondo (tra cui il fatto che se ne faceva anche a meno, che hanno più buchi di Jean Reno alla fine di Leon, che i dialoghi romantici facevano vomitare arcobaleni e che Jar Jar), ma la storia aveva un senso. E anche alcune idee buone, stringi stringi. L’idea che l’Impero fosse un parto della Repubblica stessa (c’è crisi, c’è bisogno di un uomo forte!) era bella, per esempio.

Questo qui è un pattume rimasticato.

Jar Jar Abrams ha chiaramente cercato di mettere le basi di una nuova saga legandola in modo solido all’originale, la più amata. E di per sé, era una buona cosa. Peccato che non abbiano saputo farlo.

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La trama è quasi la stessa dello Star Wars del ’77, solo che per metà abbiamo la vecchia gang e per metà la nuova, che mima quasi tutti gli stessi ruoli (Rey come la giovane Padawan, Poe come il giovane Solo, Kylo Ren –d’ora in poi noto come il Frignetta– come il giovane Vader) e che dovrebbe riprendere la fiaccola della storia.

Ora, i personaggi dello Star Wars originale non saranno stati la cosa più originale del mondo (il giovane prescelto, il contrabbandiere canaglia ma di buon cuore, la principessa idealista e arrogante, ecc.) ma erano scritti bene. Avevano un carattere, potevamo capire le loro ragioni e i loro scopi.

Con questi? Eh… Ma andiamo con ordine!

Specifico subito che ho visto questo film in italiano, con quello che è, a mia esperienza, il doppiaggio peggiore del decennio. Non sentivo roba del genere da quando, appena sedicenne, mi strafacevo di film di Kurosawa in italiano. Dopo anni che guardo solo film in lingua originale (che signorina snob sarei, altrimenti?), il doppiaggio mi dà sempre fastidio. Ma per Giove e Putifarre, ‘sta roba era dolorosa!

Insomma, comincia la storia con un testo da morte cerebrale in cui si dice grosso modo:

“I ribelli avevano vinto la guerra, ma siccome Leia e soci sono una manica di mentecatti coi pollici nel culo, dopo solo 30 anni la Repubblica è ridotta come la Somalia, l’Impero c’è di nuovo ed è anche più potente di prima, Luke ha ragequittato e i Jedi continuano ad essere estinti.”

Wow.

Tutti sono alla ricerca di Luke, che si è dimostrato il peggior mentore del secolo ma che hey, la profezia diceva che avrebbe portato equilibrio, quindi ciccia. Luke non ha lasciato indirizzo, ma ha seminato pezzettini di mappa da tutte le parti perché sennò non si riempiono due ore di film.

Il nipote di R2D2, d’ora in poi Monopalla, va con NonSolo su NonTatooine a prendere la USB con la mappa. Purtroppo, il Frignetta sbarca, cattura Poe e uccide tutti. Sembra finita per Poe, ma uno Stormtrooper decide a caso di disertare e lo libera.

Ok, STOP.

Esaminiamo i problemi qui.

Il guaio non è l’idea dello Stormtrooper disertore.

Il guaio è che il personaggio è scritto malissimo. Per capire un personaggio dobbiamo vederlo nel suo ambiente prima del suo grande Cambiamento. Pensate a un altro film a caso, per esempio Romancing the stone (Alla ricerca della pietra verde). Non cominciamo con Joan nell’autobus nella jungla, cominciamo con lei che vive sola col gatto e di lavoro scrive orridi romanzi romantici d’avventura. Siccome sappiamo che è una donna abitudinaria e sedentaria, siamo interessati quando la vediamo costretta dalle circostanze a intraprendere un rocambolesco viaggio in mezzo a liane, serpenti e narcotrafficanti.

Cosa sappiamo di questo tizio? Poco, e quel poco non ha senso. E’ un trooper, inquadrato fin dalla tenera infanzia. Il processo è così severo e disumanizzante che il tizio non ha nemmeno un nome. Una roba che a confronto la propaganda nazista è semolino.

Sarebbe un’ottima fonte di conflitto! Un personaggio che per tutto il film lotta per liberarsi dalle catene ideologiche e psicologiche di questo terribile sistema!

Invece no. Coso diserta. Perché? Non ce lo diranno mai. Capiamo che ha avuto paura alla prima battaglia, che ha avuto remore a spacciare dei civili. Sappiamo anche che, fino a questa piccola scaramuccia, Coso qui aveva sempre obbedito senza problemi.

Ok, quindi non si era mai trovato in una condizione rischiosa o davanti a una scelta morale che testasse la sua lealtà. Più tardi scopriremo che il tizio era addirittura un addetto ai cessi.

Perché un bidello la cui competenza e lealtà non è mai stata testata è stato scelto per una missione importante come la cattura di Poe? Non si tratta di una battaglia, si tratta di un’operazione di precisione con effettivi ridotti e (si presume) scelti. Quindi?

Se non conosco le ragioni e il background del personaggio, come faccio ad affezionarmi?

Una storia migliore, in 4 vignette.

Insomma, Finn, il trooper, decide di disertare perché la guerra è brutta o qualche stronzata del genere (complimenti al programma disumanizzante del Primo Ordine, che non lascerà nessuna traccia sul carattere di Finn). Potrebbe scappare nel parapiglia o fingersi morto, ma siccome c’è rischio che il Primo Ordine lo insegua, Finn decide di scappare col prigioniero importante, così invece di una squadra (o magari nulla) è sicuro di avere alle calcagna una bella fetta della flotta. Finn è stupido, da questo punto di vista, ma non temete, non è il solo.

Finn e Poe restano separati e Finn si ritrova solo su Jakku, dove per la legge delle Coincidenze che Levati e il corollario del Quanto è Piccolo il Mondo, dopo una passeggiatina incontra Rey, bella fanciulla del deserto.

Rey è la Donna che Tutto Può. E’ tipo Wonderwoman, Nuvolari, Richthofen e Gesù tutto in uno.

Dovrebbe essere una meccanica che campa recuperando pezzi da rottami stellari, un’orfana sfruttata e malnutrita in un pianeta desertico e crudele.

Essere malnutriti e sfruttati in Pakistan…

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…e su Jakku

Rey sa parlare con un droide mai visto prima (vi ricordate quando Luke non capiva niente dei bip bop bum di R2D2? Luke era una pippa), sa parlare svariate lingue aliene, sa parlare il wookie nonostante 30 anni prima il wookie fosse una lingua rarissima.

Rey viene aggredita da due goons cattivi e li mena entrambi senza nemmeno spettinarsi.

Rey non ha mai pilotato niente di significativo, ma una volta posato il suo grazioso didietro su una nave atipica (e modificata) non solo riesce a farla decollare, ma si scatena in acrobazie aereonautiche che le nostre Frecce gliela leccano.

E lo so cosa diranno alcuno. He, ma anche Luke!

No.

Intanto non è che siccome il primo Star Wars è ora un mostro sacro allora non ha difetti.

E poi no.

Luke viene presentato come il rampollo di una famiglia benestante, gente non ricca sfondata ma nemmeno povera, che vive e lavora presso un grande porto interstellare. Luke stesso non è un semplice rottamaio, ma è in grado di manipolare, riparare e modificare dei droidi. Non è un salto troppo grande supporre che gli sia capitato di pilotare roba più grossa del suo macinino.

In secondo luogo Luke non si mette alla guida del Millennium Falcon! Manovra il cannone, e la sola roba che guida è un piccolo X-wing dotato di copilota, R2D2. Alla resa dei conti quello che Luke fa è mirare bene e infilare due colpi ben piazzati. Non si scatena in acrobazie stellari a bordo di veicoli mai usati prima.

Ma torniamo a Rey. Han Solo le mette in mano una pistola che lei non ha mai usato. Non sa nemmeno come usarla. Ma dalle mezzo secondo e la tipa dà le pappine a Simo Haya.

Mai preso una spada laser in mano, ma tiene testa al Frignetta.

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Ho ho ho, chi ha avuto l’idea della guardia laser?

E la forza? Vi ricordate come Luke debba allenarsi per lungo tempo?

Rey, senza mai averci provato prima, spacca il culo al Frignetta, il pupillo del nuovo Imperatore e uno capace di sbatacchiare la gente in giro (ma solo quando serve alla trama) e bloccare un colpo di folgoratore a mezz’aria (qualcosa che non abbiamo mai visto fare a nessun Jedi figo prima).

Ora, so cosa qualcuno sta per dire:

-Ma Tengy, ti lamenti sempre che non ci sono personaggi femminili forti, e ora che te ne danno uno rompi?

Non vorrei apparire come la Donna Che Chiede Troppo, ma oltre a un personaggio “forte” non è che noi fanciulle potremmo averne anche uno scritto bene? ‘Sta tizia totalizza Mary Sue a mani basse (ma non frigna troppo, il che è un punto a favore).

La storia segue a grandi linee roba già vista. I Cattivi hanno un’altra superpalla spakkapianeti, solo che questa è del tutto diversa dalla Morte Nera I e II perché questa è ancora più grande. Ma ha un punto debole che se colpito abbastanza provocherà l’esplosione dell’intera baracca. E Finn sa dove e come arrivarci perché lui puliva i cessi.

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Lo Starkiller è grande come un pianeta, conterà al minimo una cinquantina di milioni di impiegati. Ma ognuno di loro deve imparare a menadito i piani dell’intera palla. Perché dai, è credibile. Boh.

Intanto il Frignetta cattura Rey, perché lei ha visto la mappa del robot e ne hanno bisogno per completare il puzzle. Perché il Primo Ordine ha ricostruito il resto della roba basandosi su vecchi archivi. Perché la Repubblica non sia riuscita a fare la stessa cosa sarebbe stupido da spiegare.

Il Frignetta capisce che Rey è potente nella Forza, e quindi lascia a farle la guardia un singolo stormtrooper facilmente impressionabile.

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Il Frignetta, uno dei cattivi più deludenti della storia del Cinema

Insomma, i nostri riescono a scoppiare la palla e scappare (sorpresona), Han Solo muore perché costava troppo metterlo in Star Wars VIIIOld ideas strike back, il Frignetta si scatena in un’inutile duello con Rey e Finn e perde (peraltro, ho apprezzato il cazzotto sulla ferita come metodo di cura), i buoni si salvano e i cattivi fuggono.

Di ritorno alla base, sorpresa! R2D2, che era rimasto tra i piedi in standby da quando Luke era sparito, si riattiva. E vedi un po’ te i casi della vita, ha il resto della mappa! Perché in 30 anni nessuno ha pensato a controllare l’hard-disk del computer personale dello scomparso. Cristo…

Voler fare un elenco di tutte le cose stupide di questo film sarebbe impossibile. Ce ne sono a bizzeffe, saturano ogni singolo minuto di film. L’intera storia sembra rivolgere intorno al tema: “Leia e Han Solo sono pippe in tutto ciò che fanno”.

Hanno vinto la guerra, e 30 anni dopo la Repubblica è a catafascio, la guerra va male, sono divorziati, loro figlio è un serial killer e Han è tornato a fare il contrabbandiere indebitato. Ha anche la faccia di parlare del suo piccolo business come “quello che so fare meglio”. Coso, abbiamo visto due bande di creditori armati fino ai denti entrare senza colpo ferire nella tua nave. Mi sa che è chiaramente stabilito ormai che sei una ciofeca anche in quello.

L’unica scena genuinamente divertente è quella in cui il Fringetta sta avendo l’ennesima crisi di bizze, due stotmtroopers voltano l’angolo, capiscono l’antifona, si scambiano un’occhiata e voltano sui tacchi facendo finta di niente.

Insomma, un film esilarante per quanto è tirato via.

Due stormtroopers che se la filano  
Storia rimasticata…  
… ma arricchita con gustosissimi buchi di trama  
Zero cura nella sceneggiatura e nella caratterizzazione  
Finn è un buco di trama vagante  
Rey sa fare tutto anche se non ci ha mai provato  
Lo Starkiller è un coacervo di buchi di trama tale da inghiottire il sole  
Nessuno aveva nemmeno pensato a controllare la memoria di R2D2  
Il Frignetta  
Il nuovo Imperatore  
Come in Interstellar, l’unico personaggio memorabile è il robot  
Hai preso Brienne per fare Phasma, e la metti in due scenette di merda  
Luke deve essere il peggior maestro del secolo  

 

Insomma, è un pessimo, pessimo film. Lo ha detto anche Lucas, che ha definito vendere Star Wars
alla Disney l’equivante che vendere i propri figli agli schiavisti. C’era un’alternativa, sai Giorgino. Non vendere. E ora sappiamo cos’hai fatto dei tuoi figli naturali, mostro!

Comunque nessuno si mette contro la Disney (il cui amministratore delegato compare nel film nei panni dell’Ologramma di Snoke) e Giorgino si è dovuto rimangiare tutto.

Film consigliato solo per chi conta di andarlo a vedere a un orario di bassa frequenza e con un gruppo di amici trashomani. Perché se non si può ridere e commentare non ne vale la pena. E’ un’accozzaglia di roba talmente disperante che mi ha fatto seriamente rivalutare Star Wars Holiday Special.

Questo è tutto e che la Forza sia con voi!

MUSICA!

(E’ un appello a Hollywood, don’t waste your time always searching for those wasted years! Fatela finita col nuovo Star Wars, il nuovo Ghost Busters, il nuovo Star Trek e tutta la corte dei film zombies, dateci roba nuova, storie mai raccontate prima porca puttana!)

Valhalla rising: roba troppo profonda

Ho un sogno. Il sogno di vedere, un giorno, un film di vichinghi ben fatto. Un film dove non ti strappi gli occhi per i costumi a cazzo, non piangi per la scelta delle locations, non ti senti male davanti a tattiche di battaglia troppo cretine.

Esistono film del genere per altri periodi storici. Perché tutto quello che va dalla fine dell’Impero Romano alla Guerra dei Trent’anni deve essere trattato così a cazzo di cane? Non c’è una ragione logica!

Un giorno voglio sedermi davanti a un film di scandinavi incazzati senza dovermi prendere a schiaffi dall’inizio alla fine. Insomma, sto aspettando che qualcuno realizzi questo film (peccato solo per le corna, il resto è tutto storico).

Qualcuno mi ha consigliato la visione di Valhalla rising. Non la solita americanata alla Hiastory Channel, mi ha detto. E’ un regista danese, Nicolas Winding Refn, è un figo, davvero! E dopotutto le recensioni per questo film sono quasi tutte positive. Quindi perché no? Questa potrebbe essere la risposta a quel vuoto nel mio cuore. Potrebbe essere il bel film sui vichinghi che ho cercato per tutta la vita!

O forse no…

Dai primi secondi già capisco che non è il caso. Di botto, compare un testo su come all’inizio c’era solo l’uomo e la natura, e poi sono arrivati i cristiani a guastare la festa. Che già mi fa imbizzarrire un pochettino, dato che la frase è semplicemente stupida. L’ultima volta che l’essere umano è stato in contatto diretto e solitario con la natura, senza tutte quelle brutte cose chiamate “cultura” e “religione” e “morale” eccetera, è stato… no, non è mai stato. Ogni singola civilizzazione di Homo sapiens conosciuta è caratterizzata da suddette brutture. L’Uomo non vive con la Natura, non ci ha mai vissuto, vive con la visione che ha della Natura. Siamo animali culturali, è una caratteristica intrinseca della nostra specie.

Quindi raccattate le vostre massime neopagane su come “più prima era più meglio” e andate a farvi una passeggiata. L’unica cosa che cambia e che è davvero discriminante è il livello tecnologico, ovvero gli strumenti che le società hanno per fottere il proprio futuro.

Ma torniamo al film. Apriamo con un paesaggio di montagne scozzesi, truci uomini barbuti e il nostro protagonista chiuso in gabbiotto di legno.

Stringo i denti. Sono davanti a uno di quei film. Avete presente, no? Quei film che vogliono comunicare l’atmosfera cruda e cupa che regnava in questo periodo crudele della Storia.

E lo fanno annerendo le facce e le mani degli attori perché sì, la gente d’i ‘mmedioevo e gio’ava coi carbone tutte le mattine!

Niente urla “storicamente accurato” come facce annerite a caso…

No, sul serio, questa cosa mi dà un nervoso matto! Come vedere i tizi che tagliano le corde dei prigionieri invece di slegarle.

Qualcuno starà già dicendo “Oh Tengy, ma come mai scassi le gonadi con questi particolari?”

Perché i particolari sono importanti! I dettagli pratici sono ciò che dà profondità a un’ambientazione! Quando leggi in Historia mongolorum che i mongoli spulciavano i loro bambini e mangiavano il parassita tipo scimmie, sai che si trattava di gente abituata a fare la fame e sopportare prove fisiche ed emotive terrificanti. Non hai bisogno che qualcuno te lo dica.

Quando metti un attore con la faccia annerita, la mia domanda è : Perché? A che scopo? Cos’ha fatto questo tizio per essere così sudicio? Perché non si lava?

Per chi ha risposto “perché nel Medioevo la gente non si lavava”, FILA IN CAMERA TUA! Sei in punizione finché non cambio idea!


Tornando al film, diventa presto chiaro che non ci sta nemmeno provando a essere storico. O a seguire un senso logico normale. C’è un capo scandinavo di non si sa dove e non si sa quando che si diverte a organizzare incontri di lotta tra energumeni e scommettere soldi con un altro tizio.

Va bene, mi dico, magari questo film non vuole essere davvero un film storico, ma più un’esperienza, un viaggio psicologico tipo Il settimo sigillo di Bergman. I due film sembrano affini anche come contenuto: la fede, lo scopo nella vita, la morte, ecc…

Insomma, posso apprezzare un film anche se questo non sta raccontando una storia come le altre. Basta che mi stia raccontando qualcosa!

Mi armo di apertura mentale e pazienza, e vado avanti.

E all’inizio l’atmosfera è anche bella. I paesaggi sono spettacolari, gli angoli interessanti, la fotografia è splendida.

Solo che dopo 20 minuti uno comincia a chiedersi se ci sia altro, oltre all’atmosfera. E quando il primo evento della storia si manifesta, uno rimpiange che il film non sia solo 1h30 di silenzio e riprese da National Geographic.

Il ritmo di questo film è lentissimo. E lo dice una a cui i film dal ritmo lento piacciono. Ma qui 2/3 del tempo è occupato da facce truci che fissano il vuoto con aria intensa. O paesaggi. E ok, gran parte dei paesaggi sono anche belli, ma insomma, dopo un po’ è come guardare le diapositive di vacanze di zia Ludmilla.

Il protagonista di questa roba è un lottatore orbo da un occhio (come Odino! Get it?! E’ simbolico e significa roba!!!111!), tenuto al guinzaglio e usato per scazzottate e scommesse. Wow. Era dai tempi di Conan il Barbaro che non vedevo tanta fantasia.

Insomma, il nostro amico è muto, ma ha visioni (come Odino 2 il ritorno! Figo no?!). Mentre all’inizio questo sembra un fattore intrigante e interessante, presto ci rendiamo conto che le visioni non servono nessun particolare scopo. Vede che farà il bagno in un certo posto, e wow, fa il bagno in un certo posto! Vede che partirà per mare, e wow, parte per mare!

Non c’è nessuna reazione a seguito della visione (“ah, accadrà, che bello!” o “Oh no, devo fare in modo che non succeda!”). Lui le vede e dopo un po’ capitano. Più che visioni sono mini-spoilers.

Un bel giorno One-eye fa il bagno in un posto, e trova una punta di freccia. Una punta affilatissima, come prova sulla propria pelle (ciao, sono il tetano, piacere di conoscerti!). Con questa cosina riesce a tagliare il grosso collare di cuoio che ha addosso, liberarsi e tranciare la pancia di un uomo adulto (ovvero attraverso pelle, grasso e addominali).

Ok, qualcuno mi spiega il simbolo della freccia? Perché deve essere simbolico. Fisicamente è una stronzata completa, quindi o ha un senso simbolico o non ha senso e basta.

Il nostro e il bimbetto che si occupava di lui incontrano poi un gruppo di cristiani e insieme decidono di partire per Gerusalemme a fare i crociati! Yay!

A partire da questo momento comincia un profondo viaggio interiore ed esteriore, al cui traguardo troveremo la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto.

Ovvero 42.

Cominciamo con ordine. Intanto One-eye uccide il suo padrone e tutti i suoi uomini. E lo fa fuori campo, perché di certo la sua vendetta non è importante per la storia.

Dopo che questo Terminator delle Highlands ha finito, capita su dei… tizi con delle croci tatuate, che hanno appena ucciso gente non meglio specificata (pagani, si suppone), bruciato i loro corpi (con del napalm immagino, dato che non c’è un solo albero in vista) e preso le loro donne prigioniere. Le signore sono mostrate un paio di volte, legate nude nell’erba. Non si sa che fine fanno né che scopo abbiano nella faccenda se non “la produzione voleva tot secondi di tette”.

I nostri decidono di imbarcare One-eye e il suo marmocchio in una crociata gerusalemmita perché dai, chi non vuole un pagano violento e dalla dubbia lealtà che ha appena sterminato un piccolo clan scozzese? Non portarselo dietro sarebbe come non portare spacciatori al compleanno del cuginetto dodicenne!

Insomma, i nostri montano su una barchetta da otto rematori e partono per Aurocastro, ma finiscono in una bonaccia infernale correlata da nebbione. Potrebbero remare, ma sia mai che si sciupi la manicure, meglio svaccarsi da una parte e morire lentamente di sete.

Il tempo passa, i minuti di film filano via lenti come la corrente dell’Ankh. I vichinghi crociati (sì, vabé, soffro) decidono che si tratta di una maledizione. Chi potrà essere quello che porta sculo?

Hum…

Potrebbe essere il sinistro pagano orbo e muto, miscredente e peccatore.

O il fanciullo indifeso. Sì, deve essere il fanciullo!

Cercano di farlo fuori, ma One-eye interviene e l’ammutinamento si placa.

Passa altro tempo, e a un certo momento One-eye decide di bere l’acqua fuoribordo. Tanto morto, per morto…

E cos’è cosa non è, ma i nostri non sono più in mare! Sono in mezzo a un fiume e non se ne erano nemmeno accorti!

E mica un fiume a caso! Un fiume di quella che si capisce essere l’America del Nord.

Ma porco Giuda impestato, FILM!

Va bene, con calma…

Questi, andando alla deriva a cazzo di cane, hanno attraversato l’Oceano. Boh, sì, anche io l’altra volta mi sono addormentata sul regionale e sono finita a Ulan Bator. Per tornare non vi dico, c’era anche lo sciopero dei cammellieri!

In secondo luogo, bada te la fortuna: non solo hanno attraversato l’Atlantico senza una sola bufera e un mare piatto come l’olio, non solo non hanno beccato nessuno scoglio, ma sono anche capitati su un estuario proprio il giorno di Opposite Day, quando la corrente va verso monte!

E lo so, i grandi fiumi hanno una risalita di marea, bla bla bla, no! Questo non è il Missisipi, santi numi!

Ma va bene, è simbolico. Simboleggia che nei momenti bui della tua vita, quando ti sembra di stagnare e morire lentamente, non dovresti uccidere bambini. Se nei tuoi momenti peggiori riesci a resistere alla tentazione di sgozzare fanciulli e buttarli a mare, allora arriverai in un mondo disabitato dove selvaggi assatanati ti uccideranno.

Forse il messaggio è che dovresti uccidere il bambino…

Per alcuni commentatori, il bambino simboleggia il Cristo, ma la cosa rende tutto ancora più confuso. Sono i cristiani che vogliono spacciarlo. Ok, quindi perdono la fede, o ne travisano il messaggio… E One-eye lo salva. Quindi Odino salva Gesù quando qualcuno travisa il Vangelo? O tipo, se sei in dubbio sull’interpretazione dell’omelia, chiediti “che vorrebbe Odino in questa situazione?”. E’ questa? Perché “stupra, brucia e saccheggia” sembra essere la soluzione più probabile…

Boh, in ogni caso arrivano a una specie di sito funerario indiano, e il capoccia dei crociati decide che questi selvaggi avranno un assaggio di ciò che possono fare gli Uomini di Dio!

Oibò, che sarà mai? Lo abbiamo visto massacrare, rapire, bruciare… Peraltro, questi fanno il culo a bande armate scandinave, di certo della gente rimasta al neolitico dovrà penare per venire a capo di tali baldi guerrieri!

O forse no.

La prima cosa che il capoccia fa è così tosta, ma così tosta, ma così tosta che nemmeno Lilin ha osato descrivere cotale tostaggine nel suo romanzo fantasy!

Fa una croce con due pezzi di legno e la pianta in un pantano. Aaaaaaah!

E grosso modo basta.

Uno della banda sparisce, un altro si prende una freccia, e i nostri continuano a pacciugare in tondo nella mota come un branco di ippopotami narcolettici. Ma lo fanno in modo molto maschio e intenso, eh!

Insomma, dopo una sfilarata di primi piani e facce truci che guatano nel vuoto, il capoccia decide che è ora di andare a fare il mazzo ai selvaggi.

-Senti coso.- fa uno -Non abbiamo mangiato nulla da giorni, siamo quattro stronzi e un marmocchio, e siamo anche armati ammerda.

(Nella miglior tradizione del filmaccio pseudostorico, tutti hanno spade, nessuno ha elmi, e solo il capo ha qualcosa che forse vuole essere un’armatura, ma che nei fatti pare la casacca metal che mettevi a diciotto anni per andare al concerto dei Blind Guardian)

-Non temere!- fa il capoccia -Con questa pozione magica resisteremo ancora e sempre all’invasore!

-Ma siamo noi l’invasore.

-Bevi!

-Potrebbe trasformarmi in rospo o in cul di monaca!

-Smetti con le citazioni nerd! Potremmo andare avanti giorni con le citazioni nerd e nessuno le chiappa mai!

Insomma, bevono. E parte un montaggio che mi ha fatto rivalutare l’arte di Lory del Santo e del suo inverecondo The Lady.

Cioé… Boh?!

Uno va a giocare col fango, One-eye fa pile di sassi, un altro s’ingroppa un tizio a caso… Ridono, pacciugano, salutano il corteo di elefanti rosa, sono tristi e disperati…

E poi la botta passa. E niente, hanno il down e sono tutti di cattivo umore.

Va bene, tolto il fatto che lo spezzone è molto maschio e intenso, a che cosa è servito?

Ok, sarò onesta. In realtà questo lungo segmento mi ha spinta a pormi delle gravi domande sulla mia esistenza. Tipo “cosa stai facendo della tua vita?” o “perché non ti cerchi un hobby serio?” e “la conqui l’avrà ricomprato lo zucchero? O toccava a me?”

Forse è simbolico per dire che quando sei davanti a qualcosa di sconosciuto e mortale, prenderti una ciucca non è una buona idea. Wow, ci voleva von Nicolas qua, da sola non ci avrei mai pensato.

Bon, dopo questo intermezzo utilissimo, il disperso ritorna. I selvaggi l’hanno coperto d’argilla e gli hanno fatto i disegnini addosso. Perché si annoiavano. E adesso riesce a sentire One-eye!

Non lo so gente. L’idea che One-eye stesse parlando e che fossero gli altri e non poterlo sentire era anche bella, ma non ha un impatto sulla trama e non si sa che fine fa ‘sto tizio imburrato, quindi prendetelo come aneddoto.

Uno dei cristiani decide che si è rotto le scatole di stare in questo film e attacca One-eye, che ammazza lui e altri due di cui non sappiamo il nome, così, per compagnia. Poi spiega, tramite il bimbetto (che adesso ha un legame telepatico con lui, perché sì) che il grande piano è: fanculo, torniamo a casa.

No, siamo precisi.

Il grande piano è: attraversare a piedi colline infestate di selvaggi, raggiungere il mare, costruire una nuova barca e tornare a casa!

A parte il fatto che per tornare da qualche parte devi sapere dove ti trovi per cominciare, ma perché costruire un’altra barca? Perché la passeggiata? Non potete rimettere in acqua la barca su cui siete venuti?

Si vede di no. E’ simbolico. Vuol dire che se ti trovi in un posto di merda, la soluzione più semplice ed evidente è da evitare.

Tipo, hai un problema di droga? Potresti andare in comunità a spurgare, oppure potresti spurgare facendoti paracadutare sull’Himalaya da un pilota con una gamba di legno alla guida di uno Zero della Seconda Guerra Mondiale dopo esserti dipinto di viola cantando l’inno nazionale inglese.

Insomma, One-eye, il bimbetto e altri due vanno via. Il capoccia dei crociati no, perché lui è pazzo e vuole costruire la Nuova Gerusalemme. A me non pare pazzo, mi pare stia facendo stupidaggini a caso come il resto del gruppo, ma tant’è. Il capoccia viene infrecciato e muore.

Il mio stato d’animo a questo punto del film. E’ simbolico.

Dei due che hanno seguito One-eye, uno è ferito, si siede su un sasso e stira le zampe; l’altro ci ripensa e torna indietro, uscendo dal film.

One-eye e il bimbetto arrivano alla costa (evviva?), ma One-eye riconosce le rocce. Grazie alla vedenza sa che morirà su queste rocce!

E infatti degli indiani arrivano e lui si fa ammazzare su quelle rocce, senza nemmeno regalarci un’ultima scena d’azione.

Il bimbetto viene abbandonato sulla costa brulla e deserta, dove suppongo morirà di fame e di sete.

Fine della storia.

Sentite, sarò anche capra io che non capisco il genio, ma questo film non ha né capo né coda ed è così pretenzioso da far passare Donnie Darko per un lavoro umile e autoironico. Io non sono per nulla contraria a film psicologici o astratti o simbolici. Ma di questa roba francamente non so che fare. Ogni interpretazione che ho trovato in giro può anche filare, finché non la applichi alla totalità delle scene.

Secondo alcuni, la scelta finale di One-eye è dettata dal suo desiderio di proteggere il marmocchio.

Ahem. Eh?!

Va bene, diciamo che sia così… cosa lascia supporre a One-eye che la sua azione convinca i nemici a risparmiare il bimbetto? Che, glielo ha suggerito il regista? E il marmocchio appare per ultimo solo su una costa desolata, tra rocce e oceano. In quale pianeta un’immagine simile si traduce con “andrà tutto bene, easy-peasy lemon-sqeezy, fa una barca e torna a casa”? Almeno il film Ran si chiude su un’immagine di Buddha, che può lasciar supporre una possibilità di salvezza per il personaggio. Valhalla rising? Boh.

Per altri il film è un esercizio di stile, e questo lo posso anche capire. E’ bello da vedere. Le immagini, la luce, gli angoli sono molto gradevoli per l’occhio, almeno fino all’ultimo terzo. Ma a parte ciò, boh.

Per altri ancora “tutti possono interpretarlo, ognuno deve vederci qualcosa di suo”. Sì vabé, io domani rovescio il caffé sul muro, poi sta all’inquilino interpretare la mia arte.

Per altri simboleggia la fine della religione pagana e l’inizio di quella cristiana (ma se i cristiani muoiono tutti?). O il sacrificio di One-eye sarebbe da ricollegarsi a quello di Cristo. Solo che, secondo la dottrina, Cristo si è sacrificato per una ragione (purificare l’umanità). One-eye si sacrifica per…? Per far finire il film? Apprezzo, ma non è un granché come idea.

Per altri ancora si tratta di una critica del colonialismo o un qualche invito a tornare alle origini. Ok, non so che abbiano visto, ma i neolitici di questo film sono altrettanto brutali e superstiziosi dei nostri amici cristiani.

Forse il film vuol dire che gli uomini sono bigotti e violenti dappertutto? Va bene, ma c’era bisogno di un sub-plot di capetti scandinavi in guerra coi cristiani, scommesse e poppute schiave norrene per stabilire ciò?

Per altri infine è un film che solo pochi possono capire. Non una roba da plebei.

Ok, eletti della cinepresa, parlatemi come parlereste a una bambinetta scema. Spiegatemi questo film. Perché il “se non lo capisci è perché sei scemo” ha anche un po’ rotto il cazzo, scusate il francesismo.

A me è piaciuto un sacco The Babadook. Ad altri ha fatto schifo. Io posso spiegare (vedi commenti) le mie ragioni con un’interpretazione che si confà a la totalità del film. Non è la sola interpretazione possibile, beninteso, ma è coerente per l’intera storia.

Le succitate spiegazioni non chiarificano un sacco di aspetti di Valhalla rising.

Ma hey, il limite deve essere mio. Dopotutto è noto che io sono una grande appassionata di film Hollywoodiani! Non vivo senza, guarda!

E parlando di film Hollywoodiani, in questa intervista Refn afferma che:

-non si tratta di un film di vichinghi (che sono brutti e da plebei).

-cito “è concepito come un viaggio nello spazio, come se foste sul tetto di casa vostra guardando il cielo, osservando le stelle, una sera d’estate.” Ok. No. Cioé… no. Vai via.

-Uno dei suoi film preferiti, che ci tiene a citare, è Avatar. Quello dei puffi alti 2 metri, in 3D. E con questo mando un bacino a tutti i commentatori che “voi plebei guardate troppi filmacci burini di Hollywood”.

Secondo la mia sentenziosa opinione, questo film non vuol dire niente. E’ un esercizio di stile punto e basta. Usa per ragioni estetiche dei concetti spesso impiegati in discussioni e ragionamenti, e li mette uno di fila all’altro. Guerriero, Odino, cristiani brutty&kattyvy, viaggio, America, trogloditi assassini, religione…

Tutti concetti usati per parlare di cose serie, e buttati qui con la pala. Ma siccome lo stile è figo e il tono pretenzioso abbelva, la gente cerca di leggerci dentro chissà che cosa. Un po’ come quando cerchi di vedere facce nelle macchie di umido.

Il settimo sigillo è una storia surreale con un chiaro contenuto simbolico. Ma quello che capita ha comunque senso all’interno della storia! Le ragioni e le azioni dei personaggi sono logiche anche se poste in un quadro simbolico. Il cavaliere sta giocando a scacchi con la Morte, ma lo fa con uno scopo, e quando rovescia i pezzi lo fa per una ragione logica e precisa.

Dove sta il senso in questo film? Sono pochi e devono combattere molti. Quindi bevono una droga che non serve a un cazzo. E sorpresa, non serve a un cazzo.

I tizi sono bloccati dalla bonaccia ma non usano i remi.

Il capo dell’inizio vuole combattere i cristiani, quindi gestisce una bisca in mezzo al nulla.

E via così!

Se i personaggi fossero stati memorabili e ben caratterizzati, forse sarebbe stato diverso. Ma a parte One-eye, il bimbetto e forse il capoccia dei crociati, nessuno di loro si distingue. Sono così intercambiabili che fino alla fine non ero nemmeno sicura di quanti fossero. Non hanno nemmeno un nome!

Un’altra cosa: l’unica cosa che potrebbe davvero farmi imbizzarrire nell’ambientazione del Settimo sigillo è la pandemia di Peste Nera. La storia si svolge dopo una crociata, quindi al più tardi nel XIII°, mentre la grande epidemia è di circa un secolo dopo. E’ un grosso anacronismo. Ma per il resto la faccenda fila abbastanza, e i personaggi sono tanto interessanti da catturare la tua attenzione fino alla fine. La morte, il cavaliere, la famigliola…

Valhalla rising quando si ambienta? Si parla di cristiani che vengono a menare pagani in Scandinavia, il che lascia presupporre forse il X° secolo. Ma poi si parla di crociate e Gerusalemme, quindi roba posteriore al Concilio di Clermont (1095), un’epoca in cui la Scandinavia può ritenersi cristianizzata (almeno proforma) e i pogrom anti-pagani pressoché conclusi. Allo stesso tempo si capisce che la Groenlandia e l’America del nord non sono ancora state scoperte. Peccato che Erik il Rosso approdò in Groenlandia nel 985 e suo figlio Leif arrivò in Vinland pochi anni dopo (Leif morì nel 1020).

Quindi quando si ambienta questa storia? Perché parlare di “vichinghi crociati” può far fisiologicamente male al cervello!

Paesaggi  
Atmosfera  
Gore iniziale  
Quadro storico del tutto inesistente  
Trama fantasma  
Lentezza abominevole  
Facce truci in luogo di trama e personaggi  
Scene inutili  
Completa assenza di logica nell’intera faccenda  
Droga  
Costumi da cavarsi gli occhi con un cucchiaino  
La punta di freccia in titanio!  
Morti a caso di personaggi a caso  
Il finale  
Snobismo intellettuale de noartri (Ask me what it means! Ask me what it means!)  

Al di là di tutte le cazzate, io lo so cos’è questo film. E’ il prequel di Pathfinder. Tre hurrà per Refn.

Conclusione?

Guardate questo film.

Perché?

Perché mi sentirò meglio sapendo che ho arrecato questa sofferenza a qualcun altro. E’ sbagliato e moralmente deprecabile, ma è la verità.

Scherzi a parte, se vi è piaciuto questo film, bene per voi. Ma bon, io ho sofferto. E non poco.

Un casto bacio sulla fronte a chi indovina tutte le citazioni!

MUSICA!

Educazione siberiana: scemo più scemo in Siberia

Tempo fa sono capitata per caso su un film. Pareva una cupa storia in seno alla mafia russa, e mi son detta “perché no?” I film di cattiveria e degrado mi piacciono, e Goodfellas m’era garbato un sacco.

Dopo dieci minuti, piangevo dal ridere. Cristo, era peggio de Le porte dell’abisso! Ho sempre detto che al cinema italiano mancava un Totò va in Siberia!

Ma chi era il genio del male dietro questo capolavoro del comico involontario?

Oh, privyet Lilin…

Le origini del male


Chi è Nicolai Lilin?

Se siete necrocoprofagi come la sottoscritta, lo avete già per sentito dire. Lilin è uno di quei fenomeni che uno non può trattenersi dal contemplare con un misto di fascinazione, ilarità e dolore per la Madre Patria. Ahi serva Italia, di dolore ostello…

Arrivatoci dritto dalla Transnistria, Lilin è la faccia dell’Italia provinciale e boccalona, quella che non sa nulla di ciò che c’è di là dal poggio ed è pronta a bersi qualsiasi favola. E’ la faccia del nostro panorama culturale, dove cosa dici è indifferente e il tuo personaggio è tutto (ricordiamo che lo stesso romanzo ha un feedback diverso a seconda se è stato scritto da un ingegnere quarantenne o da una diciassettenne cieca). E’ infine la faccia del nostro giornalismo, senza fonti, con poche informazioni romanzate in salsa harmony/cazzoduresca (a seconda se si rivolge agli uteri o agli scroti).

Non mi credete?

Provate a leggere che razza di interviste rilascia. Tipo questa, che si apre in modo trionfale:

Nicolai Lilin è un lupo. Non un lupo qualsiasi, ma simile, in tutto e per tutto, al giovane esemplare di cui si racconta nel film di Educazione Siberiana. A differenza di detto canide però, nei venti minuti di conversazione telefonica concessi, la sensazione ricevuta è che l’autore, nato a Bender, Transnistria, 33 anni fa, non si sia accucciato placidamente innanzi ai blandimenti del sistema, ma piuttosto continui a digrignare i denti quale testimone delle storture della nostra società, – per niente addomesticato, – nonostante si aggiri ormai da quasi dieci anni nel nostro Paese.

Sto morendo dentro.

Il film è tratto da un romanzo, Educazione siberiana. Un romanzo “autobiografico”!

Peccato che nel tempo qualche lettore un minimo scafato abbia fiutato la boiata, e da allora Lilin abbia cambiato registro: da “ok, magari non tutto è successo proprio a me personalmente” a “no, ma dai, è un romanzo inventato, su”.

Insomma, Lilin sarebbe un Urca, popolo siberiano di “criminali onesti” (BWHAHAHAHAHAHAH, i criminali onesti cristiddio!) discendenti a loro volta da tizi chiamati “Efei”.

Ovvio, gli Efei non esistono, e ancor meno gli Urca. Come confermato da Lilin stesso:

Premessa: i criminali onesti siberiani scarseggiavano già al momento della mia nascita (nel 1980, nda), ora sono praticamente scomparsi, seppur nella mia famiglia si sia tramandata la tradizione. Nel mio romanzo mi sono divertito a trasporli nella storia recente.

“Criminali onesti”. Certo. Vivono in una terra magica tra la Contea e Midian, e sono i più assidui scrittori di Guide Galattiche per Autostoppisti.
Che della gente adulta si sia bevuta ‘sta cosa del criminale onesto mi toglie speranza nel domani.

Ma tenuto conto del personaggio, cosa ne è del film?

Il film

Rai Cinema. O tempora…

Partiamo subito con le cose positive, che si finisce alla svelta: la musica è per la maggior parte bella, anche perché quando si scommette sul folk è difficile prendere troppe cantonate.

Alcuni attori fanno un lavoro passabile. Vilius Tumalavicius nei panni di Gagarin, o Eleanor Tomlinson nei panni di Xenia, fanno quello che possono con il copione che hanno. Poi bon, non si posson far miracoli.

John Malkovich. Oh Johnny, tu sei un vero attore, che cazzo ci fai in questo film?
No, sono felice che lo abbiano arruolato, perché Malkovich nei panni del nonno mentore è una pura delizia. Tra battute da morte cerebrale e momenti in cui deve fare smorfie e faccine (“vi ar vulvs, grrrr bbrah blblblblb!”), ogni sua scena è una perla!

Direi che con le cose positive abbiamo finito! Veniamo al sodo.

Il film racconta la storia di Kolyma, l’alter-ego di Lilin, che cresce nella Contea degli hobbit siberiani, tra gente che parla con falsissimo accento russo, zingari vestiti con la collezione Autunno/Inverno 1943, neve e frasi a effetto.

Il nonno gli insegna tutte le regole del buon siberiano (che sono una meno pratica dell’altra ma hey, dopotutto chi sono io per giudicare gli hobbit?) e i sani valori della sua gente: rubare va bene, ma non bisogna rubare alla gente comune, solo a poliziotti, usurai e banchieri.

Non per essere fiscale, ma i soldi nelle banche appartengono alla gente comune, eh.

Peraltro, un buon Hobbit Sovietico deve rispettare tutte le creature viventi, tranne poliziotti, soldati e gestori di negozi di sport. Perché i gestori di negozi di sport? Non lo so, ma in una scena del tutto inutile Kolyma e i suoi ne aggrediscono e mutilano uno, così, per sfizio. Magari era ebreo (su questo torneremo più avanti).

L’altare di famiglia con un’icona della Vergine. La Vergine brandisce pistoloni ed è coperta di tatuaggi. Giuro che mi sono piegata sulla sedia dalle risate. Pliiiiis!

Questo capolavoro si apre con una scena di cani che corrono nella neve e una scritta secondo cui, sotto Stalin, molte comunità delinquenti siberiane sarebbero state deportate in Transnistria. Ammiro l’accortezza di Lilin che, a questo giro, evita ogni riferimento agli anni ’30. Dopotutto negli anni ’30 la Transnistria era in Romania e Stalin non poteva deportarci nessuno.

Però, direte voi, Stalin deportava la gente in Siberia, non dalla Siberia. Magari è stata una di quelle decisioni da Casual Friday.

“Sai Berija, oggi ho voglia di fare qualcosa di diverso dal solito… Ma cosa? Ah… No, aspetta, ce l’ho! Invece di straportare gente in Siberia, posso straportare gente dalla Siberia! Haha, dai, ganzata!”

I siberiani in questione non vengono chiusi in gulag o campi di lavoro, no. Sono lasciati liberi e senza supervisione, perché alla fin fine Stalin non era così cattivo, era solo una pippa in PR.

La prima avventura di Kolyma è un trionfo di trash. Il piano è di sdraiarsi in mezzo alla strada di notte in inverno per costringere i camion russi e fermarsi e permettere agli amichetti di rubare tutto da dietro. Nel mondo reale il camionista sarebbe stanco, i freni ciofeca, i pneumatici mediocri e finirebbe subito in frittata di marmocchio. Nel mondo reale, peraltro, i teloni sarebbero chiusi e gli amichetti del marmocchio in questione resterebbero con un pugno di mosche e frattaglie in mano.

Ovviamente nel magico mondo di Lilin tutto va liscio.

Per il resto, l’infanzia di Kolyma è un rosario di scene a caso, una dietro l’altra, volte a mostrare che i siberiani ce l’hanno un sacco duro. Più che altro mostrano come i russi siano una manica di schizofrenici affetti da ADHD. Deporti un migliaio di delinquenti, ma poi non li sorvegli. Ti fai rubare un centinaio di stivali, e mandi gli swat. Gli swat sono sconfitti da una banda di zingari scappati dal 1938 (ma fanno le faccine!).

L’Armata Rossa contro i temibili Urca

La risposta delle autorità a questo atto di gravissima insubordinazione?

A Mosca, Yuri Andropov.

“Hanno aggredito i nostri soldati?- tuona –Ora li Cecoslovacchizzo a sangue!”

“Capo!- fa il suo segretario –Vi ricordo che oggi ricorre Soviet Casual Friday!”

“Diavolo, è vero. Hum. Non facciamo niente allora!”

“Molto casual, capo, molto”.

Poco dopo, durante una zuffa, l’amico ciliegia del protagonista, Gagarin, di anni 10, sgraffia la gamba di un soldato con un coltellino.

“Uno sgraffio da parte di un bambino…- a Mosca Andropov si acciglia –Mi prendi per il culo? Che bisogno c’era di venirmelo a raccontare?”

“Lasciami spiagere, capo!- fa Kryuchkov, capo del KGB –E’ di nuovo Soviet Casual Friday!”

“Ah, è vero! Bene, hum… direi che per il marmocchio possiamo fare 12 anni di lavori forzati.”

No, non sto scherzando. 12 anni di lavori forzati. Vabé.

Russi che giocano a pallavvolo con un mattone. Ha più senso di questo film.

Gli anni passano, Gagarin torna per trovare che il degrado regna al villaggio: spacciatori, bande rivali, ebrei, uno schifo insomma. (Di nuovo, non sto scherzando, due ebrei ortodossi coronano la sfilata del degrado).

Gagarin è cambiato. La prigione ha spezzato il suo cuore: ora non crede più in niente e non vuole più seguire le regole mentecatte degli hobbit sovietici!

E c’ha anche ragione.

Un bel giorno Kolyma si prende una coltellata e viene portato di fretta da un dottore. Il tipo è arrivato da poco e ha portato con sé la figlia Xenia, tanto carina quanto ritardata. Perché, se hai una figlia handicappata mentale, un pericoloso ghetto post-sovietico è il posto ideale dove occuparsene. E siccome il dottore è tanto protettivo, la lascia da sola nella stanza di Kolyma, noto delinquente figlio di boss mafioso locale. Che dire, padre dell’anno.

Kolyma e Xenia fanno amicizia e sviluppano un forte affetto l’uno per l’altra.

Vi dirò: questa è l’unica parte vagamente interessante del film e l’unica che si azzarda a trattare un argomento complesso. Puoi innamorarti di una persona affetta da grave handicap mentale? Può lei ricambiarti? E se succede, come devi reagire?

E’ l’unico momento in cui il protagonista si trova nell’impossibilità di risolvere il dilemma, ovvero l’unico momento di storia vera. Perché cos’è una storia, alla fine?

Una storia avviene quando X si trova davanti a un ostacolo che non può superare. X deve crescere, evolvere, acquisire strumenti che prima non aveva, o essere distrutto. Può trattarsi del vestito per la festa o della Seconda Guerra Mondiale, ma il punto è lo stesso: il personaggio deve trovarsi davanti qualcosa di insormontabile e pertanto essere obbligato a cambiare o fallire.

In tutto il film, Kolyma non ha mai davvero paura, non è mai davvero nei guai, non si trova mai in una situazione da cui non c’è apparente via d’uscita. Perché Kolyma è un duro così duro che niente lo scompone!

Peccato che in questo modo Kolyma non possa mai essere coraggioso né eroico, perché non è mai spinto fuori dalla sua zona di comfort. Non è mai costretto a superare i propri limiti perché è già uno tostissimo col cazzo durissimo. Non c’è coraggio senza paura, non c’è forza senza debolezza.

Purtroppo, quando per incidente Koyma si trova in una situazione che non sa gestire, è prontamente salvato dalla trama e non deve più giostrare con scelte difficili. Altre scene a caso vengono a seppellire e uccidere l’unico plot un minimo vitale della pellicola.

In una scena surreale, Kolyma, diventato tatuatore, deve “leggere” il corpo di un tizio assassinato. Perché i siberiani si scrivono la roba addosso coi disegnini. Kolyma legge e sbotta “questo tizio è un informatore della polizia!”.

Oibò, e se l’era scritto addosso? Peggior. Spia. Di sempre.

Il fratello e cugino del morto di cui sopra

In un’altra scena Kolyma viene arrestato e interrogato. Kolyma non risponde, né sbatte le palpebre quando lo sbirro gli avvicina la sigaretta all’occhio (ho già detto che ce l’ha duro durissimo?). Visto che la minaccia non funziona, il poliziotto passa all’azione e…

…sbatte Kolyma in una specie di campo vacanze a tema.

No, non scherzo. Niente botte, torture, pizzicotti. La “prigione” è un capannone con uomini, donne e bambini, dove i detenuti possono avere di che cucinare, strumenti musicali, oggetti contundenti…

E io che avevo sentito dir tanto del male delle carceri sovietiche. Invece no, ecco, erano solo un po’ vintage nel decoro!

Che poi non è che ci sia ‘sto gran cambiamento rispetto a fuori. L’intero film pare ambientato negli anni ’40, o ’50 al massimo, quando il grosso della vicenda dovrebbe svolgersi nel 1995. A tratti non mi sarei sorpresa di vedere lampioni a gas per le strade. In una scena i nostri si appostano accanto alla giostra dei calcinculo per poter ascoltare “musica occidentale”.

Nel 1995.

Non fate veder loro un mangiacassette, i loro cervelli sovietici potrebbero esplodere.

Salvatores, pliiiiiis

Questo film è una parodia, buono per occidentali senza rudimenti di storia. Ricorda tanto quelle giapponeserie kitch confezionate ad hoc con geishe e samurai, volte a soddisfare il gusto per l’esotico di orde di gaijin ignoranti e otaku immaturi.

Solo con più neve e Malkovich che fa le faccine.

Nel climax finale, Kolyma viene tirato fuori di galera perché hanno fatto del male a Xenia (chi avrebbe mai detto che lasciarla andare in giro con una banda di noti delinquenti l’avrebbe messa in pericolo!). Kolyma e soci devono scoprire chi è stato e punirlo!

Il caso viene risolto in 30 secondi in una maniera così cretina ma così cretina che non ve la racconto: dovete guardare questo film e soffrire come ho sofferto io!

Questo disastro cinematografico si conclude con la fine più anti-climatica della Storia del cinema.

“Perché hai zompato a Xenia?”

“Boh, sai com’è, rompo tutto ciò che tocco”.

Wow. Un po’ come gli indonesiani che definiscono un pogrom da due milioni di morti “incidente”.

L’ultima scena è pure sublime. Xenia è ridotta malissimo, ora come mai ha bisogno di sostegno, aiuto, cure, affetto. E Kolyma cosa fa? L’abbandona. Del tutto. No, sul serio, auto-stoppa un autobus per gli anni novanta e tanti saluti. Applausi.

Pare evidente che il personaggio di Gagarin è pensato come contraltare a quello di Kolyma: mentre il secondo segue le regolette degli hobbit e diventa un eroe, quell’altro ha avuto un’infanzia tragica e senza nonni senili che fanno faccine, e finisce in tragedia. Peccato che ogni tentativo di farci provare simpatia o tristezza si concluda in fallimento.

Sentite anche voi questi violini strazianti?

Questo film è brutto nei dettagli. In un’intervista Lilin spiega che i coltelli nel film sono stati fatti da dei coltellari sardi speciali che pregano sulle lame.

Ok, ma Kolyma ne tronca uno semplicemente piantandolo in terra e dando uno strattone. Cari sardi, la prossima volta più tempra e meno preghiere, per cortesia!

La scomoda amicizia tra Kolyma e Xenia è l’unica cosa interessante. E non perché mi piacciano le storie d’amore, ma perché è l’unica che Kolyma non sa come affrontare. Ma prima che Kolyma possa crescere, vincere o fallire, Lilin lo soccorre tirandolo fuori dall’azione e ficcandolo in un posto in cui niente di davvero terribile può succedergli. Quando alla fine Kolyma torna nell’arena, il conflitto che lo vessava ha cessato di essere. Guarda te le botte di culo.

Il cazzodurismo galoppante è condito con grandi frasi a effetto, tipo:

“Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore possa amare”.

Oh, non preoccuparti Rasputin, posso amare un sacco di cose!

“Alcuni uomini la vita se la godono, altri la tollerano. Ma noi siberiani, Kolima, noi la vita la combattiamo.”

Con tutto il rispetto, mi sembra una filosofia molto stupida. Mi sembra qualcosa che il ragazzino emo-edgy-anticonformista della IV ginnasio avrebbe potuto dire.

Questo film (e i suoi congeneri) è l’equivalente sotto steroidi della Pimpa.

La Pimpa non ha una vera storia, è solo un cane carino e buffo che fa cose carine e buffe per 20 minuti e poi basta. Ecco, qui è uguale. Ci sono uomini tosti e duri che fanno roba tosta e dura per 1h30 e poi basta. Niente arco di trasformazione, niente da imparare, niente da temere, una storia inutile come la lista del bucato.

In conclusione

Malkovich che fa le faccine
La sceneggiatura
Gli hobbit siberiani
Le icone sacre con scarabocchi e pistole
L’ambientazione anacronistica
L’assenza di un conflitto apprezzabile
Cazzodurismo de noartri
L’accento russo
Le frasi a effetto
Il finale

 

Potrei andare avanti per ore con tutta la roba sbagliata, con tutte le scene cretine, ma non finirei più!

Insomma, questo film è in sé un capolavoro. E’ uno di quei film che vanno visti più volte, perché è impossibile assorbire tutte le bischerate in una visione sola! Vi consiglio però di vederlo in compagnia e con dell’alcol forte a portata, perché certe scene sono semplicemente troppo assurde per subirle da sobri e da soli!

Consigliatissimo per tutti gli amanti di becero trash!

Per chi invece volesse guardarsi un film passabile ambientato nella Russia sovietica, guardatevi Child 44. Ha mille problemi, tra cui un inutile accento russo, una trama che manca di focus, e cento buone occasioni sprecate, ma è sempre diecimila volte meglio di Educazione Siberiana. E non è autobiografico, yay!

MUSICA!