The Handmaid’s Tale: m’è garbato ma c’ho da ridire lo stesso

Nei mesi in cui sono stata fantasma, pare che un paio di persone abbiano effettivamente sentito la mancanza del blog.

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Eh, non me lo spiego nemmeno io, ma il mondo è bello perché è vario.

Quindi mi accingo a punire costoro con ciò che meritano: la mia indispensabile opinione su robe che passano in TV!

The Handmaid’s tale – la serie

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Un briciolo di contesto

The Handmaid’s tale, tradotto in italiano con La storia dell’ancella, è una serie uscita su Hulu, tratta dall’omonimo libro di Margaret Atwood.

Uscito nel 1985, The Handmaid’s tale è un romanzo distopico che esplora le conseguenze del potere volto a preservare se stesso . L’elemento portato alle estreme conseguenze qui è il potere patriarcale, in particolare il patriarcato di stampo fondamentalista cristiano.

In un futuro non troppo remoto, la fertilità degli esseri umani crolla. Un attentato terroristico spaccia la gran parte del parlamento statunitense e un gruppo fondamentalista chiamato Sons of Jacob prende il controllo del paese. Ribattezzati Gilead, gli Stati Uniti vengono trasformati in una dittatura puritana.

Le donne sono quelle che perdono più diritti sotto il nuovo regime: non possono più scegliere, divorziare, abortire, possedere beni o anche solo leggere. Le loro funzioni sono strettamente limitate. Le Wives sono le mogli dell’élite, amministrano le loro case e vestono in blu. Le Marthas sono domestiche e vestono in verde. Le Econowives vestono abiti a strisce colorate ed esercitano tutti i compiti muliebri per le classi subalterne, a cui sono assegnate come ricompensa.

Una branca a parte è dedicata alle donne fertili ma immorali (donne che sono state promiscue, divorziate o che hanno tenuto altri comportamenti poco biblici), che sono ridotte in schiavitù e costrette a concepire figli per l’élite. Queste sono le ancelle: vestono in rosso e sono assegnate alle famiglie dei Comandanti. Una volta al mese il marito stupra l’ancella in un balordo rituale in cui la moglie regge ferma la disgraziata.

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Nell’eventuale necessità di un atto sessuale, è necessario fare in modo che nessuno si diverta!

Una volta sgravato il pargolo, l’ancella lo allatta fino allo svezzamento e poi passa a una nuova famiglia. In tutto ciò, le ancelle prendono il nome del proprietario di turno (tipo Offred, impiegata da Fred Waterford, “of Fred”) e sono controllate e indottrinate da delle “zie” (Aunts), che vestono marrone e si preoccupano di applicare le draconiane leggi di Gilead.

Nel libro, un’ancella di nome Offred racconta via delle cassette la propria vita, com’era prima del colpo di stato, l’indottrinamento, e infine la sua esistenza in Gilead. Attraverso il punto di vista di Offred, possiamo esplorare le contraddizioni, l’ipocrisia e la crudeltà insita dell’ideologia patriarcale, come anche i metodi repressivi e propagandistici usati dai dirigenti per mantenere il controllo sulla popolazione.

La serie

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Parte del successo della serie è PROBABILMENTE legato al clima politico in America

La prima serie di The Handmaid’s tale ha aperto col botto nell’aprile del 2017 e ha ricevuto applausi pressoché universali, portandosi a casa un sacco di premi, tra cui diversi Emmys e un Golden Globe per miglior serie tv nella categoria drammatica.

Prova del famoso complotto nazifemminista volto a sterminare i maschi vincendo premi tv, ovviamente.

Anche il pubblico però sembra aver apprezzato, con un 95% Su Rotten Tomatoes.

Una serie acclamata dai critici, diretta in buona parte da donne e con sottotono femminista. Ma vi pare che non la guardavo?

Prima di cominciare è opportuno specificare: ho letto molto a proposito questo libro, ma non ho letto ancora il libro stesso, quindi il mio commento porta soprattutto sulla serie tv.

Serie tv su cui, ovviamente, ho da ridire.

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We are not amused

Il primo problema che ho con la serie (e col libro, di conserva) è la faccenda del calo della natalità.

All’interno del genere distopico, l’improvviso crollo della fertilità è ricorrente, ne sono un esempio storie come When she woke o The children of Men. L’idea che la razza umana appassisca lentamente è piuttosto attraente per la sottoscritta, ma al di là della sete di estinzione della Tenger, questo elemento è strutturalmente problematico qui.

L’infertilità generale è uno degli elementi decisivi nella genesi di Gilead (la sopravvivenza dell’Umanità è in gioco!) e nella vita dei personaggi (un personaggio commette un “reato” punibile con la morte, ma essendo una donna fertile viene risparmiata).

Ora, una distopia è un esercizio nel portare alle estreme conseguenze elementi reali. In altre parole, è un “avvertimento” contro cose che esistono. Per esempio, il pensiero unico e la sorveglianza capillare insiti nel regime comunista russo sono ciò che ha favorito l’ascesa e il mantenimento dello stalinismo, ed è pertanto normale che giochino un ruolo così prominente in 1984.

La misoginia e il patriarcato hanno molto poco a che vedere con un catastrofico calo delle nascite. Il trattare le donne come incubatrici che cucinano e stirano è una costante di tantissime culture, a prescindere dal numero di pargoli per famiglia.

E’ vero che il tasso di fertilità mondiale è calato. Ciononostante il problema principale di oggigiorno non è una carenza in gristiani. Con tutto il calo di natalità, abbiamo comunque un surplus di umani rispetto alle risorse (anche a causa di sfruttamento predatorio, Cambiamento Climatico, ecc.).

Una brutta persona potrebbe dire addirittura che il tasso di natalità ha raggiunto un livello ottimale, è la mortalità che è troppo scarsa, ma non divaghiamo.Risultati immagini per blackadder death meme

Un’altra celebre opera che studia gli effetti del potere assoluto sugli oppressi

Il punto è, oggi e ora misoginia e narrativa patriarcale sono reali, e sono quelli che la Atwood prende di mira nel suo libro. Però non dipendono da una scarsa fertilità.  Un esempio sono appunto gli Stati Uniti, in cui il tasso di natalità è rimasto pressoché stabile dal  1990 in poi  (e che quando la Atwood scrisse il libro era perfino in leggera rimonta). Nonostante ciò hanno un Presidente che pare l’incarnazione di una barzelletta sessista pronunciata in un singolo rutto in un bordello livornese. Nonostante ciò ci sono persone come Kevin Williams che sostengono che l’aborto dovrebbe essere punito con l’impiccagione.

E’ vero che la stagnazione demografica viene usata come scusa per spingere quella porcheria immonda della propaganda pro-life. Se la catastrofe demografica fosse stata una scusa usata dai Sons of Jecob, avrebbe potuto funzionare. Ma no, è reale, non nascono più figlioli.

In altre parole, una piaga di infertilità fulminante non è un elemento reale, non ha avuto un ruolo strutturale nell’evoluzione e mantenimento del patriarcato. Pare che sia inserita qui meramente come elemento scatenante per la trama.

Aggiungere un elemento alieno come questo inficia un po’ l’analisi sociale.

Da un punto di vista puramente narrativo, offre vantaggi e svantaggi.

Un vantaggio è che il regime oppressivo è una risposta a una minaccia reale e pressante. Può essere una risposta sbagliata, ma un qualche tipo di azione drastica è percepita come necessaria e urgente davanti a qualcosa che minaccia la specie.

Da un punto di vista speculativo, questo è problematico perché la misoginia non è una risposta a una catastrofe urgente, non è necessaria e non è nemmeno costruttiva. Gli evangelisti americani non vogliono vietare l’aborto per risolvere un qualche problema reale: lo vogliono vietare perché sono delle sottomerde (semplificando). Il loro “problema reale” non è che l’umanità è in pericolo, è che le donne possono scegliere cosa fare coi loro corpi (ovvove e vaccapviccio!).

Sul piano puramente narrativo, questo fa dei Sons of Jacob gente pazza e pericolosa, ma mossa da buone intenzioni che sono giustificate da un reale pericolo. Aumenta il conflitto (gli antagoniti non sono cattivi per il gusto della cattiveria).

Di contro, introduce un secondo problema, comune in questo genere di film, che a me piace chiamare “e quindi ora?”.

Prendiamo l’esempio di What happened to Monday?: c’è un problema di sovrappopolazione e il governo adotta SoluzioneBruttaRandom. La SoluzioneBruttaRandom è sbagliata e cattiva e viene nullificata dall’eroico sforzo dei protagonisti.

Ok, e quindi ora?

Il problema che ha portato all’adozione di SoluzioneBruttaRandom è ancora presente. Le opzioni sono due: o gli eroi propongono una SoluzioneBuonaRandom, o si stabilisce che l’estinzione di massa è la scelta più etica.

In The Handmaid’s tale c’è lo stesso problema. Sappiamo che solo Gilead ha imposto il sistema delle ancelle. Il Messico non si sa che fa, ma è detto chiaro che non sta funzionando. In Canada la gente sta meglio e non ci sono ancelle ma non è spiegato che cosa si siano inventati per ovviare alla denatalità.

Non sarebbe troppo male se non fosse che questo aspetto (fondamentale nella storia) non viene mai affrontato.

Ridurre la gente in schiavitù e stuprarla è sbagliato. Ok, e quindi ora?

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In una scena Offred affronta una diplomatica messicana, venuta per trattare un qualche tipo di “importazione di ancelle” verso il Messico. Offred fa notare il piccolissimo dettaglio che si tratta di schiavitù, stupro e repressione. L’ambasciatrice le risponde “eh sì, brutta cosa, ma da noi non nascono marmocchi da 6 anni e non sappiamo che altro fare”.

Ergo la soluzione del Canada per qualche ragione non è applicabile in Messico.

E quindi ora?

In un’altra scena Offred e il Comandante parlano del “prima e dopo Gilead”. Mentre il Comandante offre collaudati argomenti da evangelista scoppiato (le donne sono più felici ora che possono realizzare il loro “destino biologico” di uteri ambulanti, prima erano comunque oggettivizzate dal consumismo edonista, ecc.), il fatto che la razza umana sia sull’orlo dell’estinzione non viene nemmeno sfiorato.

La sterilità dilagante, ancorché verosimile, viene usata meramente per spingere la trama a pedate. Potrebbe arricchire il conflitto, ma no, come in What happened to Monday? restiamo a chiederci “ok, quello che fanno in Gilead è sbagliato, e quindi ora?”.

Il secondo punto che mi crea problema è la protagonista: June/Offred.

In buona parte ciò dipende dal tipo di romanzo da cui è tratta la serie.

L’interesse principale della letteratura distopica è la speculazione: si tratta (in teoria) dell’analisi di un meccanismo reale e di come questo può danneggiare l’umanità se lasciato senza controllo.

Il romanzo distopico pone l’accento sul contesto più che non sui personaggi. Il protagonista spesso è il più  normale possibile, perché lo scopo è esplorare l’effetto che il potere ha sull’essere umano qualsiasi.

Winston Smith è una persona normale che cerca di ribellarsi come può. Se fosse un genio del computer capace di hackerare i teleschermi e mandare in crush il Big Brother, il romanzo sarebbe del tutto differente. Sarebbe magari un romanzo d’azione, ma la sottile analisi dell’effetto della dittatura sulla persona qualsiasi sarebbe in buona parte persa.

Il film Running man è divertentissimo. Ma la fine analisi sociale finisce sullo sfondo quando The Governator in tony sgargiante corre in giro cazzottando gente e snocciolando battutacce di pessimo gusto.

Insomma, in un romanzo distopico, il protagonista è spesso poco attivo, qualcuno che cerca di sopravvivere ed opporsi con mezzi molto limitati.

Questo funziona bene in un romanzo, o in un film, ma in una serie di 10 puntate da un’ora?

Quelle puntate vanno riempite, e non possono essere riempite solo da gente che si fa pestare.

Offred è un personaggio spesso molto passivo.

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Ovviamente non succede

Intendiamoci: è verosimile che lo sia. La maggioranza della gente al suo posto lo sarebbe. Ma per un format di 10 ore, questo è un problema.

Nel libro, Offred registra i propri pensieri e la propria storia. Ciò è di per sé un atto rivoluzionario. E’ una donna che trova il modo di conservare la propria individualità in un mondo che le ha tolto i mezzi, la famiglia, il lavoro, la libertà e anche il nome. In un mondo che vuole annullarla come persona, Offred trova il modo di “preservarsi”, anche a rischio di brutali punizioni.

Nella serie, Offred non registra niente, abbiamo la sua voce narrante e basta. Questo la rende più passiva della sua controparte letteraria.

Aiuta il fatto che l’attrice che la interpreta è Elisabeth Moss, che è bravissima. Doppiamente bravissima, conto tenuto che recita la parte di una donna che, nel 99% dei casi, non può mostrare le proprie emozioni, deve abbassare al testa e inghiottire le parole.

Purtroppo resta il fatto che la nostra subisce per la stragrande maggioranza del tempo. Di nuovo: verosimile, ma non molto compelling per 10 ore di visione.

Ci sono momenti in cui la nostra fa cose. Ad esempio nasconde un pacchetto di lettere di ancelle per conto della resistenza. Purtroppo queste lettere giocano un ruolo molto marginale nella prima serie e un ruolo cretino e basta nella seconda. L’impressione è che ‘sto benedetto pacchetto sia stato tirato nella storia non per arricchire il contesto, l’analisi o la vicenda, ma per dare a Offred qualcosa da fare.

In un paio di casi la serie pare non rendersi nemmeno conto della passività di Offred.

C’è un cliché inaffondabile, che è quello del protagonista che marcia deciso verso la telecamera alla testa della squadra, di solito in slow motion. E’ un sotterfugio trito e ritrito ma a cui siamo affezionati, e che di solito viene usato dopo che il personaggio ha compiuto un qualche tipo di atto simbolico (magari ha fatto esplodere qualcosa).

Offred per qualche ragione si cucca due camminate in slow motion, nessuna delle due davvero giustificata.

Nel quarto episodio Offred scopre un messaggio lasciato dalla disgraziata prima di lei. Il messaggio la incoraggia a non arrendersi e ciò è inframezzato da flashbacks in cui le altre ancelle danno prova di solidarietà verso una June ferita e invalida. Tutto si conclude su note ottimiste, una camminata in slow mo e Offred che chiacchiera di come sono ancelle, e hanno una divisa, e non si faranno macinare dai padroni!

Ok, quindi questo episodio sprona Offred a prendere in pugno la situazione, magari convince le altre ancelle a scioperare, o ribellarsi, o assassinare tutti nel sonno in una catarsi di sangue e fuoco!

No, nell’episodio 5 Offred è punto e da capo.

Il messaggio che la rincuora ha senso se presentato per ciò che è: un piccolo gesto che aiuta questa disgraziata a sopportare la propria situazione ancora un po’.

Invece no, camminata lenta, note pimpanti di piano, mo’ ve se famo un culo così, e un niente di fatto.

La seconda volta è ancora peggiore. Senza troppi spoilers, nell’ultimo episodio Offred e le altre si trovano a dover lapidare una di loro. Una delle ancelle, Offglen, si oppone. E’ l’unica ad osare e viene brutalmente picchiata e trascinata via.

Ma questo sprona Offred, che lascia cadere il sasso e se ne va, seguita dalle altre, mentre Aunt Lydia urla che ci saranno conseguenze. Camminata in slow mo e passo coordinato, mo ve se famo il culo 2 il ritorno!

Cosa fanno?

Niente.

Ritornano ordinatamente ognuna a casa sua in attesa della mannaia, ma con la camminata tosta davanti alla telecamera che fa sempre figo.

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Non dico che non sia un atto di eccezionale coraggio rifiutarsi in una situazione del genere, ma boh, la camminata stile Deadpool mi pare molto fuori luogo. Anche contando che non è stata nemmeno Offred la prima a fronteggiare l’autorità. Offglen è stata la prima a rifiutarsi e l’unica a soffrire una punizione immediata. Dovrebbe essere lei a cuccarsi la camminata figa, no? Mah.

Offred resta un personaggio passabile, verso cui è facile provare empatia. La sua passività è verosimile e giustificata dal contesto. Uno però si chiede se non fosse meglio, per una serie a puntate, seguire un personaggio in una posizione diversa che sia quindi più attivo. Perché i personaggi attivi ed affascinanti certo non mancano, e sono uno dei grandi pregi di questa serie!

Prendiamo la prima Offglen/Emily: è un ex-professoressa universitaria, lesbica, sposata e con un figlio. Dopo aver perso la famiglia ed essere finita in schiavitù, Emily collabora con la resistenza. Allaccia una relazione con una Martha. Viene arrestata. Uccide un guardiano. Insomma, è una donna che non ha niente da perdere ed è disposta a qualsiasi cosa pur di resistere.

La seconda Offglen è contenta di essere un’ancella. Era poverissima prima di Gilead, e costretta a prostituirsi per miseria. Ora è mantenuta in una casa da gente che, tutto sommato, la tratta bene. Le basta, le va bene così. Ma quando le impongono di far del male a un’altra ancella si rifiuta, perché è comunque una persona empatica e di fegato.

Moira riesce a scappare dal centro di detenzione e indottrinamento, ma viene ricatturata e costretta a scegliere tra una vita di stenti in una colonia contaminata e una vita di stenti (ma con la droga) in un bordello.

La lista continua: ci sono un sacco di personaggi ganzi nella serie, tutta gente che si trova ad agire più di Offred.

Serena Joy (interpretata da Yvonne Stahovski), la moglie di Waterford e uno degli antagonisti principali, è il mio personaggio preferito in assoluto.

Nel libro, Serena è una donna in là con gli anni, afflitta dall’artrite e infelice nel suo ruolo marginale. Nella serie Serena è più giovane e più reattiva. Si scopre che lei è il vero cervello dietro al marito, che prima del ribaltone Serena ha giocato un ruolo cardinale nell’organizzazione del colpo di stato.

E’ una donna che ha costruito con determinazione, intelligenza e metodo il nuovo sistema… e ci si trova ora intrappolata. E’ una versione tragica di Phyllis Schlafy, una fervente fondamentalista antifemminista che riuscì a frenare il progresso dei pari diritti con grande efficacia.

Il patriarcato è sempre stato protetto e perpetrato grazie a donne come Serena Joy o Phyllis Schlafy, donne che hanno interiorizzato la misoginia inerente del sistema e che lavorano attivamente alla sua conservazione in cambio di potere e status. Non vogliono emancipazione per sé stesse, vogliono controllo sul prossimo, e lo possono ottenere attraverso il sistema patriarcale. Serena orchestra gran parte della congiura, partecipa alla costruzione di Gilead, ma alla fine suo marito la mette da parte.

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Serena è anche una fonte inesauribile di reaction pics. 50 sfumature di disappunto.

Potrei andare avanti a parlare della serie: come storia distopica, offre di conserva un sacco di spunti di discussione.

In generale, ha delle cose che non mi sono piaciute, ma nell’insieme gli elementi positivi (o quantomeno interessanti) superano quelli su cui ho da ridire.

Plotpoint dell’infertilità subitanea
Format poco consono al tipo di storia
Elementi come il razzismo sono del tutto assenti nel worldbuilding
Camminate in slow mo
Recitazione
Una compagine di personaggi secondari interessanti e ben fatti
Atmosfera
Antagonisti ben delineati e non appiattiti a macchiette
Sceneggiatura
Serena Joy

 

Per certi versi il romanzo è un mostro sacro, e la serie è di certo degna di interesse. Nonostante l’abbia menata fin qui su tutte le cose che non mi garbano, molte altre mi son piaciute. Non è per tutti (non è una storia d’azione, la protagonista non ha un vero e proprio arco, ecc.), ma invito a tentare per lo meno la prima puntata.

E la seconda serie?

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No.

La prima si conclude dove si conclude anche il romanzo, quindi con la seconda serie gli sceneggiatori hanno dovuto inventarsi tutto da zero senza le idee della Atwood.

E niente, secondo me l’esperimento è un fiasco.

L’ho vista a pezzi e bocconi e ho lasciato perdere. Immaginate tutte le cose che non mi son piaciute nella prima, aggiuingete più scene di violenza più morbose e meno motivate, e buchi di trama estemporanei (che nella prima serie, vivaddio, non c’erano).

Non dico che sia tutta da buttare: ci sono belle trovate, momenti notevoli, e un arco interessante nel personaggio di Serena Joy. Ma nell’insieme non mi è garbata abbastanza da finirla e pertanto non la consiglio.

Ora scusatemi, devo andare a scrivere una fanfiction dove Serena Joy, Ramsay Bolton e Standartenführer Hans Landa conquistano il mondo con il loro esercito di zombie sovietici a cavallo di tirannosauri.

MUSICA!


Letture aggiuntive

La pagina wiki del libro

La pagina wiki delle serie

Qualcuno fa notare che la seconda serie non è all’altezza

Una critica alla prima serie

Un altro lungo e ponderoso articolo sulle implicazioni femministe delle serie

32 thoughts on “The Handmaid’s Tale: m’è garbato ma c’ho da ridire lo stesso

  1. Però io non capisco per qual motivo si dia per scontato, e si inventino pure storie al riguardo, che l’uso della donna come oggetto, come macchina da riproduzione, sia prerogativa delle società patriarcali, specie se fondamentaliste. Anche nel matriarcato la donna era vista in modo molto meccanico, come macchina da sesso o da riproduzione. Vedi per esempio le veneri preistoriche, in cui la donna è raffigurata senza testa e senza gambe, in pratica come un mucchietto di grasso attorno alla gnocca. Oppure le società decisamente matriarcali esistenti in natura, come quelle delle api, dove la regina non è altro che una macchina per la riproduzione. E sono le apette femmine che la crescono e la nutrono e la sfruttano. Mica i maschi, che nell’alveare manco ci mettono piede. Io credo che l’idea che il patriarcato sia negativo è una costruzione ideologica fondata su una ricostruzione dei fatti molto erronea. Semmai è negativo l’esercizio assoluto e dispotico del potere, ma allora le categorie di matriarcato e patriarcato non c’entrano nulla. Grazie, ciao.

    • Well, intanto dipende da cosa si intende per “società matriarcale”.
      Il senso più stretto di “patriarcato” indica una società in cui i maschi più anziani (i “padri”) detengono l’autorità domestica, pubblica e politica (IE decidono loro e la loro autorità dipende in buona parte dal fatto che sono maschi anziani). Nelle società patriarcali, le donne sono percepite non come persone a pieno titolo, ma come attori funzionali al patriarca. Un esempio di retaggio patriarcale è quando qualcuno, per difendere una donna, dice “è una madre!” o “è una figlia!”, implicando che tu non devi rispettarla perché è una persona, ma perché costei gioca un ruolo nella vita di un uomo (suo padre, suo figlio, ecc.).
      Questo NON significa assolutamente che le donne non avessero ruoli anche importanti nelle società patriarcali (ad esempio il culto delle vestali a Roma era una cosa serissima e fondamentale). Il punto è che le donne non sono percepite come pari e non sono eguali da un punto di vista culturale, economico, sociale e politico alle loro controparti maschili.
      Onestamente non conosco una sola società in cui i ruoli fossero invertiti. Anche nelle società “arcaiche” di mia conoscienza (tipo i papuasi) le donne erano più vicine ad animali domestici che a “esseri umani”: cose da rubare, ingravidare, ecc. Quanto alle veneri preistoriche, in base a cosa dici che sono opere di una società matriarcale? Sei hai effettivamente informazioni su una società matriarcale (ergo in cui l’autorità domestica, pubblica e politica è monopolio delle femmine più anziane), manda! 😀
      Quanto alle api, io ci andrei MOLTO piano ad appioppar loro, in questo contesto, il concetto di “matriarcale”. Oserei dire che proprio non ci ha niente a che fare. “Matriarcale” viene usato dagli umani per “tradurre” il fenomeno in termini più comprensibili per loro (non potendo vedere le cose dal punto di vista dello sciame, per ovvie ragioni neurologiche). Equiparare la società “matriarcale” delle api alla società umana non ha senso e si rischia di cadere in un farlocco determinismo pseudo-scientista (è “naturale” che le donne siano trattate in un certo modo). Ancorché forme di patriarcato siano diffusissime (oserei dire universali), le manifestazioni pratiche di queste strutture sono molto variate: l’essere umano è un animale culturale e la cultura gioca un ruolo importantissimo nella sua visione di mondo.
      Quanto al fatto che il patriarcato sia “buono” o “cattivo”, la definizione è abbastanza chiara: si tratta di un monopolio da parte degli uomini (in particolare quelli più anziani) dell’autorità domestica, pubblica e politica. Il tuo argomento sembra essere “ma è naturale che sia così”, al che io rispondo “forse” e “e ar popolo?” 😀 Lo stupro è naturale. Il genocidio è naturale. Il cannibalismo è naturale. Un sacco di cose sono naturali, ma io ritengo che la nostra società stia meglio senza.
      Per quel che riguarda il patriarcato, ci sono ovviamente ragioni contingenti, storiche, sociali e culturali che spiegano lo straordinario successo di questo tipo di sistema. A mio parere ora come ora questa sovrastruttura provoca più dolore che altro. A mio parere ora come ora sarebbe benefico per la società avere un sistema in cui una persona viene considerata in quanto tale e non etichettata in base al suo sesso/colore/chi ama scopare/ecc.

  2. L’ipotesi che l’europa del neolitico fosse matriarcale viene dalla pregevole opera di Marija Gimbutas. I resti della cultura matriarcale neolitica sono rimasti per molto tempo dopo l’arrivo degli indoariani, per esempio nelle dinastie reali, in Egitto, a Troia, pressi o mitici Feaci (cioè gli antichi sardi), e forse anche presso gli Ittiti (ma non sono sicura, dovrei approfondire), dove il titolo di re non si trasmetteva di padre in figlio, ma per tramite del sangue materno (il re altro non era che il marito della regina). Anche nella “favoletta” di Ulisse in fin dei conti è la regina Penelope a detenere il potere, e a fare del procio che (eventualmente) sceglierà il re. Pertanto anche gli antichi greci, che sembrano essere i padri fondatori/diffusori del becero patriarcato, riconoscevano alla donna un ruolo MOLTO importante. E gli antichi romani anche di più.

    Si potrebbe sostenere che quindi la loro società non fosse puramente patriarcale, e invece lo era. Il fatto è che la società patriarcale, quando non è un regime totalitario e uniformante e dispotico, concede potere anche alle donne. Solo che non si tratta di un potere appariscente, ma di qualcosa che agisce dietro le quinte. Idem accade per il matriarcato, dove la donna invece comanda esplicitamente, ma all’uomo è dato il potere di realizzare, con le sue prerogative maschili, le direttive della donna. Le manifestazioni storiche del matriarcato e del patriarcato dimostrano che queste diverse culture sono sistemi di divisione dei ruoli fra uomo e donna entrambi possibili, giusti e leciti. Non c’è un sistema più naturale dell’altro: vanno bene entrambi, se bene applicati, cioè …con sapienza.

    Per quanto riguarda le api, che siano matriarcali mi sembra innegabile: sono tutte femmine, la regina è una donna e i maschi vengono usati, al pari della regina, per breve tempo e a scopo riproduttivo. Quello che fa della loro società a mio parere un’agghiacciante distopia non è il fatto che siano “matriarcali”, quanto che… antropizzandole senza ritegno… vivano in un regime totalitario, livellante e dispotico. Ma d’altra parte non sono umani: sono insetti, cioè… demoni (aehm). Guai a chi ritenesse auspicabile applicare agli umani le regole sociali degli insetti!

    Molta “matriarcalità” è rimasta nella cultura del meridione d’italia, dove, nonostante la moda del patriarcato sia formalmente rispettata, sostanzialmente le donne sono regine in casa, e schiave fuori casa (non hanno alcuna libertà, fuori casa, ma dentro le mura domestiche comandano loro). In questo caso si dimostra che il matriarcato di per sè non consente affatto una maggiore libertà alle donne… anzi.. in alcune società in cui esso è presente, almeno in parte, sono le donne stesse ad essere le proprie peggiori nemiche, le più beceri rompiscatole, invidiose e limitatrici delle libertà delle donne stesse.

    A proposito di patriarcato e matriarcato, molto si può capire studiando i purana, laddove si raccontano le vicende di Shiva e Parvati (cultura matriarcale) e di Ram e Sita (cultura patriarcale). Da questo studio si evince che nessuno dei due regimi può e deve essere considerato negativo in sè, ma può esserlo una loro applicazione erronea (quale quella degli ultimi duemila anni della nostra cultura). Questo per ribadire che non considero affatto il patriarcato come un regime più naturale e giusto rispetto al matriarcato, ma che penso che duemila anni di scempio cristiano ci renda difficile capire bene come funzionano questi regimi.

    A proposito del matriarcato, visto che sei esperta di cose giapponesi, vorrei ricordarti il film “l’ultimo samurai”, in cui prima della battaglia topica la donna che ospita il samurai si occupa di vestirlo e agghindarlo con armi e vessilli. Questo gesto, che mi ha ricordato la cerimonia della sartiglia, è a mio parere un gesto “matriarcale”: la donna vestendo l’uomo, gli fornisce il “potere” quasi “sacro” di andare in battaglia e vincerla in suo nome e per suo conto. Mi chiedo se il giappone sia una società matriarcale o patriarcale…
    Ciao 😉

    • Come dice Davide, confondi “matriarcale” con altre cose.
      Il meridione è tutto fuorché tale, avere il presunto comando della casa (relativo a cose come cucinare e pulire per altro!) non rende minimamente la donna una pari all’uomo, all’opposto.
      Le da l’illusione di potere, lasciandola ad occuparsi di cose futili, mentre gli uomini detengono potere economico, politico e sociale.
      Una donna che si allontana dal “dominio” dei fornelli per dedicarsi alla carriera o non fa figli per studiare e fare ricerca o esempi simili, è malvista o comunque una anomalia.
      La donna non sceglie di mettersi ai fornelli, si accontenta e la società fa credere a tutti che quello sia un esempio di donna forte che tiene il comando, quando la maggior parte senza un marito non potrebbe neppure mantenersi.

      Detto ciò, non ho visto la serie ma ho letto il libro, e pensavo la stessa cosa della recensione. Nel libro la protagonista è statica, racconta e ricorda. Ed in un libro va bene, ma in una serie TV è la noia.
      Edo sequel inventati sono il male!

    • Come specificato nel mio commento precedente, non ho assolutamente detto che una società patriarcale nega il posto alle donne. Tutti hanno un ruolo da giocare in seno alla società patriarcale (uomini E donne), e tale ruolo è ristretto e definito in base al fatto che l’autorità è monopolio dei maschi anziani. E’ per esempio apparente che in molte culture la legittimità monarchica fosse legata alla figura della regina (tipo Elena nell’Iliade). Ciò non significa assolutamente che la donna fosse considerata alla pari della sua controparte maschile, o come persona, o che detenesse un qualche tipo di potere reale. La donna gioca, in quel particolare contesto, lo stesso ruolo che giocano i regalia (lo specchio, la spada e il gioiello nella Corte giapponese, per esempio). Non è importante in quanto persona o in quanto personalità politica, non le si chiede di scegliere o decidere, è importante in quanto simbolo vivente. E un simbolo vivente, per definizione, NON è una persona.
      Ogni sistema sociale e politico è frutto di circostanze storiche, contingenti e culturali. Discutere se il sistema sotto Pericle fosse “giusto” o “ingiusto” a parer mio non ha assolutamente senso e non è di quello che si parla qui. Peraltro, ogni sistema ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Per una persona essere inquadrata in una società patriarcale (quindi avere un ruolo predisposto) può essere un vantaggio. Per un’altra può essere terribilmente oppressivo a prescindere dalla “saggezza” con cui il sistema è applicato. Nella serie, per esempio, Offglen n.2 è contenta del nuovo sistema.
      Quello che a parer mio sarebbe da auspicare per il mondo di ora (e quindi senza tirare in ballo giudizi morali sul mondo di ieri) è che, nell’ideale, ognuno abbia le stesse carte da giocare, e scelga poi, in base alle proprie convinzioni, inclinazioni e capacità, cosa vuol fare nella vita (sia ciò diventare astronauta, fare la casalinga o qualsiasi altra cosa). Ovviamente COME questa parità è ottenuta è il vero problema pratico, ma si sta parlando in via puramente teorica.
      La becera invidia delle donne di cui parli deriva proprio da un’interiorizzazione del rigido sistema patriarcale: quando mia nonna sputava veleno sulle donnacce in carriera che non si sposavano e vivevano come “pubbliche concubine” (LOL), lo faceva perché trovava moralmente inammissibile che una femmina (il cui ruolo e comportamento sono chiaramente definiti) se ne infischiasse delle sacre regole e si comportasse “da maschio” (peché ovviamente quei comportamenti immorali per le donne erano perfettamente ok per gli uomini).
      In un contesto ideale in cui tu NON hai ruoli predisposti e rigidi, la scelta è sempre legittima. Oggigiorno se una decide di divorziare nessuno si strappa più le mutande dallo scandalo, per esempio.
      Quanto alle api: non sono matriarcali e la regina NON è una donna. SONO API. Il “matriarcato” delle api è il modo in cui NOI ESSERI UMANI percepiamo, traduciamo e comprendiamo il loro sistema. La “regina” non prende decisioni, le api operaie non hanno aspirazioni, i fuchi non hanno immaginazione, ecc. Non sono umani e tirarli in ballo in questo contesto secondo me non ha senso. Anche perché nessuno ha mai proposto di applicare il loro sistema alla società umana. Non funzionerebbe e sarebbe uno schifo a prescindere, dacché il problema resterebbe lo stesso: il fatto che il tuo ruolo nel mondo è deciso a prescindere, senza nessun riguardo per le tue inclinazioni o capacità.
      Quanto al matriarcato nel sud Italia, non sono proprio PER NIENTE D’ACCORDO 😀 Ho esperienza di prima mano di come veniva gestita una famiglia tradizionalista calabrese: il loro “matriarcato” è la società che Serena Joy difende. Le donne anziane NON avevano il monopolio del’autorità domestica, pubblica e politica. Avevano un ruolo da svolgere (amministrare la casa, cresce i figli, ecc.) ritagliato per loro dal patriarcato. Non erano “persone”, erano madri, mogli, ecc (ovvero sono definite dalla loro funzione e si nega loro un valore umano innato). Potevano magari esercitare un’influenza per vie traverse, ma se il capofamiglia decideva che la cosa X era da fare, la cosa X si faceva. Mia nonna mi insegnò peraltro una simpatica filastrocca il cui senso era: se tuo marito ti picchia, la colpa è tue e devi solo essergli grata (potrebbe farti di peggio, potrebbe -GLOM- divorziare!). E la famiglia di mia nonna NON era speciale, né composta da gente cattiva o violenta.
      Poi per carità, situazioni particolari sono sempre avvenute: Hojo Masako è stata “la motherfucking monaca shogun!”. Ciò non toglie che il sistema giapponese del periodo fosse strettamente patriarcale.
      Sul ruolo della mitologia, io pure inviterei alla prudenza. La mitologia gioca un ruolo importante nella filosofia, visione e cultura di una società. Ciò detto, Atena era la dea della Guerra e dell’Intelligenza, non che patrona ed eponima ella città, ma nell’Atene di Pericle le donne erano legalmente poco più che mobilia, creature senza potere politico che servivano a supportare gli uomini e assicurare loro una discendenza.

      Sull’Ultimo Samurai, cominciamo col dire che è un film PESSIMO CHE PIU’ PESSIMO SI MUORE 😀 Ma parliamo del gesto simbolico (che nella fattispecie è storico e verosimile): la tizia non ha voce in capitolo, non partecipa né al processo decisionale né all’organizzazione tattica. Nessuno le chiede la propria opinione politica sul nuovo regime, non hanno nessuna discussione sui pro e i contro della Restaurazione Meiji o del contesto internazionale. La sua funzione è allevare i pargoli e “vestire” l’uomo. Il suo ruolo è subalterno e di supporto: aiuta l’uomo a realizzare decisioni e piani in cui lei non ha avuto nessun voto.
      Dello stesso periodo abbiamo Nakano Takeko, una ragazza che combatté alla testa di altre donne combattenti. Nonstante fosse una persona eccezionale e una tosta che levati, non era una matriarca e viveva in una società patriarcale.
      Intendiamoci: siamo d’accordo che si tratta qui di semplificazioni. A seconda del contesto e del momento e della cultura tipi diversi di sovrastrutture sono state elaborate. Peraltro molto dipende anche da come inquadriamo il discorso e cosa si intende per “patriarcato” o “matriarcato”. Possiamo trovare esempi in cui, per esempio, la società è spiccatamente patriarcale ma in certe circostanze sono le donne ad esercitare un controllo sull’autorità domestica, pubblica e politica.
      Ci sono anche state società in cui donne e uomini erano quasi pari, come nella società Islandese del X°.

      Tornando alla tizia del film, il fatto che la donna eserciti una funzione simbolicamente importante non fa di lei una matriarca. In questo contesto non si parla di ruoli simbolici (che sono assolutamente importanti per comprendere una cultura e come le sovrastrutture di questa cultura si realizzano!) ma di esercizio pratico della propria autorità politica ed economica.

      Della Gimbutas ho sentito parlare ma non ho mai letto niente. Hai un testo in particolare che vorresti consigliare?

  3. @unome, quelli che tu esponi come esempi di potere matriarcale a me sembrano proprio l’opposto.
    Se prendiamo per buono il mito dei Proci, a me sembra che l’unico potere che Penelope ha sia quello di posticipare la scelta del pretendente. Certo, è lei a sceglierlo, ma il suo potere è in funzione al marito (presunto) morto e la sua importanza cessa nel momento in cui viene scelto il nuovo re (o torna il precedente, come nel nostro caso). Di fatto la povera Penelope non mi sembra diversa da spade, anelli o altri simboli che davano autorità ai sovrani. Mi sembra esagerato dire che i Greci riconoscevano potere alla donna basandosi su questo racconto: nella Grecia antica (tanto quella classica quanto quella ellenistica) le donne avevano ben poco potere, a meno di non essere in qualche modo legate al potere dominante. Vedi Olimpiade, moglie di Filippo di Macedonia, o Cleopatra, ultima discendente di una dinastia di sovrani immutata per quasi tre secoli.
    Stessa cosa per l’esempio de L’ultimo samurai. Al di là del fatto che è pur sempre un film (ma sulla sua verosimiglianza mi affido alla padrona di casa), una scena del genere mi fa pensare a un’amante che vuole trascorrere ancora qualche istante con il suo uomo. Lo facevano anche le nostre bisnonne durante la guerra.

    Non capisco l’esempio del Sud Italia, perché il fatto che le donne siano relegate in cucina è un’espressione tipica del patriarcato. La donna come cuoca, moglie, angelo del focolare. Dov’è il matriarcato in questo? Nel fatto che nessuno le tocchi i fornelli? Anche il suo presunto dominio in casa, come ci insegnano decenni di abusi e femminicidi, mi sembra molto dubbio.
    (Questo senza considerare che il Sud Italia è lungi dall’essere un’entità omogenea.)

    Ultimo appunto sulle veneri steatopigie: la testa e le braccia ce le hanno eccome, salvo un paio di casi in cui si sono frantumate. Ad ogni modo, non saprei dire se sono opera di società matriarcali: la più recente risale, mi sembra, a 30000 anni fa, mentre Gimbutas parlava delle società del Neolitico.

  4. Io ho letto il libro e poi guardato la serie (va detto che il libro lo lessi oltre 15 anni fa quindi i miei ricordi sono un po’ sfumati).
    Della serie ho molto apprezzato la narrazione del “come” si è arrivati alla situazione in cui si è: il fascismo non è un colpo di stato improvviso, il fascismo è qualcosa che piano piano si insinua finchè poi prende il potere, come bollire una rana.

    A me la teoria del “nascono pochi bambini -> usiamo le donne come incubatrici” ha convinto abbastanza, è la classica risposta stupida a un problema reale (tipo “chiudiamo i porti!!1!”).

    Quello che davvero non ho sopportato di questa serie sono le coincidenza, le stracazzo di coincidenze che mandano avanti la trama.
    L’ho mollata poco oltre metà dopo aver digerito il fatto che la protagonista trovasse “per caso” la sua amica al bordello, quando riceve dai messicani un messaggio del marito che è riuscito a scappare è stato troppo.

    I costumi sono molto belli.

    Se ti interessa l’ebbrezza di essere una Handmaid per il 2019 è previsto un larp sull’argomento.

    • La teoria dei pochi figli funziona bene a livello narrativo. E’ che inficia l’analisi sociale e domanda risposte che poi non dà.
      Tipo, noi chiudiamo i porti, ma alla domanda “e quindi ora?” dovremo rispondere comunque.

      Se ti interessa l’ebbrezza di essere una Handmaid per il 2019 è previsto un larp sull’argomento.

      Se non posso fare esplodere cose, non gioco.

  5. Guardai la prima serie per caso, tenendomi alla larga dal fenomeno mediatico da Wakanda femminisma OhNoQuestoPotrebbeSuccedereaTeDomattina!!!11!2. Apprezzai i toni cinematografici, cupi, lenti e insolitamente (per una serie TV) minimalisti. Mi ruppi le palle da qualche parte all’inizio della seconda stagione, all’ennessima camminata slow motion con la pioggia da bassa padana metafora dell’oppressione patriarcale che cancella la libertà delle ancelle e zzzzzzzz.

    A livello di sceneggiatura più si va avanti più i plothole diventano voragini, che forse avrebbero effettivamente fatto meglio a rimanere con lei che si ribella nello sgabuzzino.
    Il background politico fa sembrare Indipendence Day credibile: siccome abbiamo smerdato il pianeta, in un processo peraltro lento e assolutamente verificabile, nessuno sforna più marmocchi…indi è la prova che Grisù ce l’ha coi ricchioni. Al che nel corso di un paio d’anni o giù di lì una setta di invasati alla Scientology (ovviamente tutti o quasi maschi bianchi etero) infiltra tutte le istituzioni americane, disarma l’esercito più potente del mondo e prende il potere per portare indietro le lancette al tempo dei cappelloni puritani. Credibilissimo.

    Ma la cosa peggiore e che più ti danno i flashback, più cominci a tifare per i cattivi. Che saranno stronzi, e sicuramente avrebbero potuto organizzare la cosa in manierà più efficiente e con meno ciarpame biblico, ma almeno ci stanno provando a dare un futuro alla specie.

    Cioè, la sopravvivenza della razza umana dipende da te ancella, che in più vivi in un’epoca di guerra civile e decadenza economico sociale/internazionale dove la gente muore ammazzata o di fame. Te invece puoi vivere nel lusso (relativo) di una magione, hai il tuo benessere salvaguardato, vitto e alloggio gratis, tutto quello che ti si chiede è una volta a settimana dire due ave maria e aprire le gambe, senza manco scomodarti a toglierti il gonnellone. Non il massimo della vita dal punto di vista delle libertà personali, per carità, ma probabilmente meglio di quel che si becca il restante 99% della popolazione.

    • (ovviamente tutti o quasi maschi bianchi etero)

      Però Seran Joy gioca un ruolo decisivo nella faccenda, ed è un dettaglio che a me è piaciuto: senza l’appoggio di donne che hanno internalizzato certi dettami, la misoginia si estinguerebbe in una generazione o quasi.
      Sul fatto che tutto capita troppo alla svelta, sono incline a chiudere un occhio. Abbiamo esempi (vedi l’Afghanistan) dove effettivamente nel giro di pochi anni si è passati da una società dove potevi studiare e far carriera a una in cui sei un utero che cammina impacchettato come un involtino. Un esempio di cui si è parlato sul blog è Zarlasht, la moglie di Nikolai Bystrov, che è passata da ufficiale dell’esercito a sposina di un uomo che a stento conosceva a esule.
      Vero, questo è stato possibile perché gli elementi oppressivi erano già presenti nella cultura tribale (in modo più o meno tosto). Ma lo stesso si può dire del puritanesimo americano. Come citato nell’articolo, c’è chi va in pubblico a dire che le donne che abortiscono dovrebbero essere impiccate. Esistono campi vacanze per bambini in cui il ruolo dichiarato è di indottrinare i pargoli in un “esercito di Dio” (suona familiare?). Ogni anno escono film di propaganda dove le donne devono sottomettersi a Gesoo e tollerare mariti che le maltrattano (War room è un esempio, ma ce ne sono tanti). Insomma, è qualcosa che esiste, che è pervasivo e che è virulento.
      Peraltro, nella storia è importante che la protagonista possa aver avuto esperienza di un mondo diverso prima, in modo da poter fare un confronto. Quindi bon, chiudo un occhio sulla rapidità del ribaltone un po’ come lo chiudo per i nasi gialli del Messerschmitt in Dunkerque: tecnicamente non erano ancora tinti di giallo, ma si tratta di un dettaglio e lo scopo è comprensibile (permettere allo spettatore non esperto di distinguerli dagli Spitfire durante le scene di dogfight).
      Su certi allarmismi “potrebbe succedere domani!”, sono abbastanza d’accordo. Lo scopo della storia non è dire “portebbe succedere domani”, ma “queste sono le conseguenze se certi fattori non sono tenuti sotto controllo”. Peraltro questa reazione è anche stata criticata da numerose femministe (tipo la Glosswitch), per non parlare della seconda serie che si è attirata ciabattate da ogni parte (meritatissime).
      Concordo anche sul fatto che il plotpoint dell’infertilità sia una rivoltellata nel piede.
      Sulla questione che le ancelle se la cavino bene, cazzarola, abboiamo visto la stessa serie?
      Ti viene tolta la famiglia, il nome, la possibilità di compiere una qualsiasi scelta (perfono di LEGGERE, a me basterebbe questa per stecchirmi!), ti stuprano una volta al mese e sei costretta a partorire marmocchi che poi ti saranno tolti appena svezzati. A mio modesto parere se la scelta è tra l’estinzione e il costringere esseri umani a condizioni simili, l’estinzione sarebbe l’opzione di gran lunga più etica.
      La serie nota anche che non per tutte questa situazione è intollerabile, e che alcune preferiscono la loro nuova situazione alla miseria. Ma il punto non è quello. Il punto è che l’ideologia patriarcale vede le donne come uteri che camminano, e questo porta ad accumulare un sacco di imposizioni inutilmente crudeli (perché non possono leggere? Perché non possono mantenere un contatto coi loro bambini? Perché non possono essere ingravidate via inseminazione artificiale invece che via stupro? Le ragioni per questo non sono pratiche, sono ideologiche e spiegate nella storia).
      Purtroppo l’intero commentario è in parte inficiato dal “e quindi ora?”. Ok tutto, ma quindi ora?
      Sarebbe stato coraggioso dare una risposta, sia essa “troviamo un compromesso” o sia essa “estinguersi è la scelta più etica”.

  6. bello tutto il pippone dei commenti su cos’è matriarcale e patriarcale, varrebbe un post tutto suo e spero lo farai visto che puoi astrarti dal concetto di fanta-parità che permea i commenti, ma… torniamo al soggetto di questo.
    Che palle la distopia finta, no voglio di’ perché questo mondo reale non lo è già abbastanza?
    Che palle sti format dove le prime serie sono lente, poi magari fanno il botto e via verso l’infinito e oltre, oppure spariscono nel niente e perché? Ma perché alla fine no c’è trama e sono solo chiacchiere tra personaggi.
    Ok, forse sono accessivo? Sarà il caldo? 😀

      • Ah, GoT! La amo semplicemente per il fatto che nella serie 1 erano tutti scandalizzati da questa serie misogina che trattava le donne come pezzi di carne e nella serie 7 erano tutti scandalizzati da questa serie misandrica che trattava gli uomini come pezzi di carne. La parabola completa della frigna a sproposito ❤

      • Aggiungo che se Martin avesse tagliato un buon 50 – 60 % di ciò che ha scritto sui libri, ne sarebbe nata una storia fantasy notevole.

        Nuovo PS: un giorno qualcuno mi dovrà spiegare come si fanno le battaglie sul mare con navi del boh tardo Seicento? Non le so inquadrare bene, però senza armi da fuoco e/o maghi alla D&D che sparano palle di fuoco.
        Se ti devi speronare e abbordare, non fai le navi di Pirati dei Caraibi solo un po’ vecchie.

        Ok, oggi mi ha punto la tarantola.

      • Aggiungo che se Martin avesse tagliato un buon 50 – 60 % di ciò che ha scritto sui libri, ne sarebbe nata una storia fantasy notevole.

        Amen. Tutto sommato Martin mi piace sempre molto, ma DIO PRETE alle volte la sfrangia per pagine con roba superflua!

  7. E rieccomi più sveglio, qui a commentare questo lungo post e i vari commenti, e ora che son più attento e coeso col mio cervello di ieri notte che aggiungo? Niente, va bene tutto così, come è stato esposto. Ah, piuttosto, sì meglio l’estinzione che la perdita del libero arbitrio, della perdita di quell’altra roba che si chiama libertà e via discorrendo. A un certo punto di deve pure potere dire basta. La vera differenza tra decidere e dover fare quello che è giusto, spiegata da chi ti vuol dimostrare che c’è un bene superiore, passa da lettere scarlatte, campi di ricondizionamento, … insomma tutte cose belle.

    Ps.: odio profondamente odio i romanzi e le serie distopiche, la distopia mi ha scassato, è tutto un fiorire di fanta mondi dove, con scarse risorse, i ribelli si ribellano e poi alla fine vincono perché a capo di tutto e tutti non c’era un sistema che è stato accettato da una popolazione, magari manipolata, nossignore c’è Bruttonio Cattivoni al vertice ed è lui che viene sconfitto! Da chi? Dalla figlia minore del vecchio Presidente della Galassia Buonino de Buoninis che lo ha fatto sì per sete di giustizia, ma anche per pura vendetta (vendetta che è dei Buoni, perché di normale un buon regime totalitario non applica preferendo la repressione e altre forme di coercizione, controllo…).
    Quasi quasi rimpiango il periodo dove tutti scrivevano di vampiri adolescenti fighi con le fregole o i libri stile 50 sfumature di qualcosa! a questo periodo distopico.
    😀

    E spero di essermi capito.

    • Ci sono anche distopie scritte bene, tipo 1984 o Brave new world. Purtroppo è un genere molto difficile perché deve reggere non solo l’analisi sociale, politica ed economica, ma anche le necessità narrative.
      Comunque è un po’ che non vedo in giro un romanzo propriamente distopico. Sarò distratta? 😀

      • Hunger game non l’ho letto né visto. Spesso i libri delle giovani promesse sono banalissimi fantasy, non uno studio in dettaglio di fenomeni sociali (l’ideologia patriarcale in HMT, lo stalinismo in 1984, ecc.). Tipo, non mi sentirei di definire “distopico” un romanzo della Troisi :/

      • Consiglio, mi permetto, anche il gioco di Ender e seguiti, che dà il là a molti temi ripresi poi… Perfino nei films come L’uomo che fuggi dal futuro.

      • Il secondo della serie vale la pena di essere letto, non fosse per i premi che ha vinto… solo che non me lo ricordo più tanto bene. Dovrò rileggerlo anche io.

  8. ehm… dal basso della mia misera cultura in materia, vorrei dire che come distopia mi è piaciuta molto quella di Divergent.
    E comunque, per essere pesante, sottolineo che:
    – mi pare che nei fatti l’ideologia patriarcale veda le donne come simboli sacri (es. la madonna, ecc), mentre quella matriarcale, umana o insetta che sia, le vede come uteri che camminano. Da ciò discende senza tema di smentita che l’autore della sceneggiatura in oggetto era evidentemente ubriaco quando l’ha scritta
    – sempre senza tema di smentita è il fatto che sia stata penelope a scegliere il nuovo re di itaca. Dunque nel racconto, che rieccheggia antiche tradizioni, una donna esercita la libertà e l’enorme potere di decidere chi, quando cosa e come eserciterà la carica regale (neanche Ulisse è subito accettato, ma viene prima messo alla prova dalla regina)
    – a quanto pare decenni di indottrinamento al materialismo ateo offuscano la vista e ottundono i sensi, e impediscono di vedere il “sacro” dove c’è (la scena della vestizione nell’ultimo samurai) o inducono a negare qualunque valore al sacro perchè si ritiene che non abbia valore pratico. In verità, in verità vi dico, che basta un micron di sacro per governare trilioni di profani. Come diceva quel vecchio adagio: “la mano che tiene la culla è quella che governerà il mondo” (o qualcosa del genere)
    – la cultura del sud italia è passata al patriarcato assieme alla maggior parte del resto del mondo, tuttavia l’antico retaggio matriarcale si fa ancora sentire, e in modo più forte che al nord. La nord la donna (parlo delle nonne e bisnonne, oggi non è più così) doveva chiedere al marito anche se e quando cambiare le lenzuola in casa sua. Al sud, in Sardegna per esempio, era la donna a comandare in casa, e anche se e come spendere i soldi. Secondo molti la stessa mentalità mafiosa è una conseguenza del matriarcato: la giustizia matriarcale è basata sulla faida e sull’appartenenza ad un gruppo dove “ogni scarrafone è bello a mamma sua” (appunto, la “mamma”, anche se poi in ossequio al patriarcato la mamma è un padrino), mentre quella patriarcale, tipica del nord, si fonda su una giustizia astratta, super partes, dove il padre condanna il figlio anche se è suo figlio, se ha trasgredito le leggi
    – le veneri senza braccia o senza gambe di cui parlavo erano quelle cicladi, risalenti al neolitico. (in verità non sono così ferrata in archeologia)
    – nelle società patriarcali anche gli uomini hanno un ruolo rigidamente predeterminato in base alla loro funzione (sono qualificati dal lavoro che fanno, dall’essere clienti o amici di quel tale, o suoi vassalli, eccetera). Quindi non è il patriacrato il problema, semmai la rigidità dell’organizzazione sociale
    – che ne pensate di zootropolis, dove un bradipo viene messo a lavorare nell’amministrazione e coltiva l’hobby delle macchine da corsa? Pensate che fare ciò che si voglia sia sempre e in ogni caso un diritto, anche se poi magari non si ha alcuna reale attitudine per la mansione ambìta? Non pensate che prima di tutto sia importante scoprire chi si è, e nel fare questo sia fondamentale osservare come madre natura ci ha fatti, anche osservando chi siano e cosa facciano o abbiano fatto i nostri avi (quindi se si è uomini, fare gli uomini, se si è donne, fare le donne, se si è babbei, fare i babbei, eccetera?)
    – nell’antica Atene forse le donne erano un po’ mortificate, ma mi pare che a Sparta invece fossero libere e rispettate quanto i maschi (es. Cinisca, che partecipò e vinse addirittura i giochi olimpici)
    Scherzi a parte, mi piace molto questo blog, e mi piacerebbe un prossimo post sulla condizione delle donne nell’antico Giappone!! 😉

    • -L’ideologia patriarcale vede donne e maschi giovani come mezzi per perpetrare sé stessa: produrre altri maschi anziani che monopolizzino il potere. La Madonna, guarda te i casi della vita, è una Madre. Maria Maddalena si redime quando smette di battere e diventa una casta serva del Messia (la promiscuità femminile è contraria all’ideologia patriarcale in quanto nega al maschio l’esclusiva del corpo e dell’utero).
      Di nuovo, io non conosco società che siano state propriamente matriarcali (ovvero dove il potere è monopolio delle donne anziane). Ci sono ragioni contingenti e storiche per il fatto che la stragrande maggioranza delle società umane siano state più o meno intrise di ideologia patriarcale. Queste fantomatiche “società matriarcali che vedono le donne come uteri” non ho idea di quali siano o di che strutture si valessero. Se hai bibliografia in merito, condividi pure, altrimenti si chiacchiera per sentito dire.
      Che poi il ruolo della donna di Madre e Angelo del Focolare sia anche sacralizzato e riverito non cambia: la donna è lì per accudire uomini. E di nuovo, tirare in ballo la mitologia è sempre delicato (vedi l’esempio di Atene). La religione gioca spesso come strumento di propaganda: puoi rispettare le leggi patriarcale ed essere Santa o rifiutarle ed essere Dannata.
      -La sceneggiatura della serie si basa sul libro della Atwood, che era consulente per la produzione televisiva. La Atwood ha studiato in dettaglio la storia e l’evoluzione del puritanesimo americano e si può quindi dire che parlava di ciò che conosceva.
      -Penelope può scegliere quale dei Proci sposare, ma è chiaramente inteso che, una volta la scelta fatta, sarà il marito a detenere il potere. D’altro canto lei può scegliere quale, ma è comunque costretta a scegliere un marito. Non può governare da sola (lei non è che il “vascello” della legittimità regale), non può scegliere di aspettare ancora, non può scegliere di mettere su una spedizione di ricerca, e non può nemmeno davvero proteggere suo figlio (che difatti scampa di poco ai Proci). Di nuovo: nessuno nega che la donna abbia un ruolo da giocare in una società patriarcale, anche importante. Si dice che tale ruolo è sempre in funzione del mantenimento del patriarcato: produrre eredi maschi, proteggere eredi maschi, legittimare l’autorità dei maschi anziani. Non è una persona a pieno titolo, ha una libertà di scelta limitata e può muoversi solo all’interno di schemi decisi dai maschi anziani per lei (tipo cambiare le lenzuola, YAY!).
      A chiosa, sempre parlando di “matriarcato” del sud Italia, mia mamma era primogenita e fu data in semi-adozione ad un’amica di famiglia incapace di avere figli. Perché mia nonna decise di affidare a un’altra donna quella che era al tempo la sua unica progenie? Perché era femmina e non contava davvero. Mio zio è un idiota comprovato e mia zia è una donna di testa, ma le decisioni le prende lui perché è “l’uomo di casa” (ma mia zia può cucinare, eh!). Potrei continuare con gli esempi. E di nuovo: la gente della mia famiglia non è né cattiva, né ignorante, né particolarmente indietro come modo di pensare.
      -Sull’indottrinamento ateo, scusami ma LOL. Non mi considero atea e non nego affatto l’importanza del sacro. Nella fattispecie però NON HA NESSUNA RILEVANZA. Non mi interessa per nulla se dio esiste o meno, mi interessa l’effetto pratico che la religione ha sulle società umane. E la religione è SEMPRE un prodotto culturale, a prescindere dall’esistenza o meno di [inserire nome di divinità qui]. Quella cosa delle mani e delle culle è dimostrabilemnte falsa. Le donne hanno allevato bambini e cullato culle e svezzato svezzanti DA SEMPRE. E solo di recente (in termini storici “l’altroieri”!) hanno avuto il diritto di votare, il diritto di divorziare, il diritto di scegliere, ecc.
      In Afghanistant negli anni ’70 (quindi prima dell’avvento dei talebani e prima dell’invasione russa) mio padre si vide offrire (non ricorda la tribù del tizio, avevano tende all’araba, magari erano un qualche sottogruppo Pashtun) “quattro donne” in cambio del suo fucile. Rifiutò (anche perché non avrebbe saputo come dichiararle alla dogana… “e queste quattro?” “Oh, souvenirs, guardi, ho la ricevuta!”). La sua guida lo congratulò per non essersi fatto fregare: quel fucile da caccia valeva BEN PIU’ di quattro donne! (I Pashtun oltre a essere dei pazzoidi tirano anche sul prezzo!)
      Eppure sono le donne a baloccarsi culle e pargoli. I musulmani hanno un’intera mitologia di figure femminili e nel Corano c’è perfino scritto che “il paradiso è ai piedi di tua madre”. Seguendo il tuo ragionamento, le donne dovrebbero essere potentissime nella società nomadi Afghane, e invece valgono meno dei cavalli (letteralmente), e in certi casi meno dei cani (a loro discolpa, i levrieri afghani sono cani bellissimi).
      Se tu personalmente ti trovi realizzata nel tuo ruolo sacrale di Angelo del Focolare, OTTIMO! Senza traccia di ironia, benissimo. Sarò l’ultima persona a dire che la casalinga non è un vero mestiere (è importantissimo e, a chiosa, uno dei lavori più tosti là fuori!).
      Il punto è che ognuna deve scegliere liberamente. Non va bene dire a una che è da donnetta casaechiesa volersi sposare e far la mamma in casa. Non va bene dire a una che sbaglia se vuol far carriera nell’esercito. Non va bene dire a un uomo che voler fare il ballerino è devirilizzante. Ecc. Dal mio punto di vista, in un mondo ideale, ognuno sceglie in base alle proprie capacità e inclinazioni. E sempre dal mio punto di vista, essere mamma o vestale o che altro avrà PIU’ SIGNIFICATO e PIU’ VALORE se saranno cose che le persone hanno scelto in assoluta libertà, e non per pressioni sociali o condizionamenti culturali.
      -Di nuovo, di quando sarebbe “l’antico retaggio matriarcale del sud”? La prima colonia di cui si abbiano notizie un pochettino sicure sono i greci, non propriamente dei femministi. Quanto a “la donna comanda in casa”, come detto su, la donna può esercitare le proprie scelte solo nei confini decisi per lei dai maschi anziani. Se il padre di famiglia decideva di trasferirsi, la donna raccattava tutte le sue belle lenzuola e si trasferiva. Se il padre di famiglia l’abbandonava, la donna raccattava tutte le sue belle lenzuola e finiva in miseria. Se il marito la picchiava, la donna poteva comunque decidere quando cambiare le lenzuola (evviva!)
      -Di nuovo, sulle veneri preistoriche, che io sappia non abbiamo nessuna prova certa di che tipo di società le abbia prodotte. Ci sono delle teorie, ma elaborare sui pochi dati archeologici è sempre un casino (una delle ragioni per cui nel saggio Were all warriors males? non si offrono risposte definitive). Se dici che la Gimbutas ne parla in un saggio, cita pure l’opera, la leggerò volentieri nonappena avrò tempo 😉
      -Su Zootropolis, non l’ho visto. Per il resto, rimando a quanto scritto su: in un sistema ideale, la gente evolve in base alle proprie propensioni e capacità. Io ho la scoliosi, non sarò mai paracadutista. Sculo, ma ok. Se mi vieni a dire che studiare storia militare non mi si addice perché sono femmina (true story), ok un cazzo, sei un imbecille. A me piace la storia militare e sono bravina nel mio settore (o “molto soddisfacente”, come hanno certificato 3 professori al mio ultimo consiglio di dottorato). E io non avrei mai potuto scoprire le mie capacità in storia militare se la mia famiglia mi avesse condizionata a fare cose più da femminuccia, o a concentrarmi sul metter su famiglia (una cosa per cui non ho inclinazione).
      Peraltro, “come madre natura ci ha fatti” non ha senso se si parla di individui e ha poco senso se si parla di società. E’ vero che il patrircato è il sistema predominante nella Storia, ma i modi in cui esso si manifesta sono stati diversissimi, e così anche i ruoli che la gente ha giocato. Ci sono state società patriarcali in cui le donne potevano fare il militare. Ci sono state società patriarcali in cui gli uomini avevano storia d’amore di norma con altri uomini. Ecc.
      Un conto è il sesso biologico e il dimorfismo sessuale (che sono fatti oggettivi), un altro è come queste due caratteristiche si manifestano, e questo è del tutto culturale. In certe società gli uomini piangono, in altre no. In certe società le donne hanno tanti mariti, in altre i mariti hanno tante mogli. In certe società i bambini sono allevati dai genitori, in altre no. In alcune l’aborto è permesso, in altre no. In certe società addirittura te potevi nascere donna e poi essere “promossa” a uomo.
      Di nuovo, se te ti riconosci e ti senti realizzata nel ruolo tradizionale e patriarcale dell’Angelo del Focolare, splendido. Io non vengo a dire a te che devi protestare in topless per il diritto all’aborto, te non venire a dire a me che dovreo “fare la donna” (qualunque cosa significhi) 😀
      -In Atene le donne non erano “un po’ mortificate”, le donne non erano persone. Un po’ come in Afghanistan oggigiorno. Quanto a Sparta, sì, pare che le donne avessero uno status meno tremendo di quello delle ateniesi (ancorché non paritario), ma di nuovo abbiamo pochissimi documenti certi. A meno che non siano state fatte nuove ricerche (ci sta, non è il mio campo), gli Spartani li conosciamo soprattutto via ciò che gli Ateniesi raccontavano di loro (ergo non proprio un punto di vista oggettivo 😀 ).
      Sulla condizione della donna in Giappone c’è un interessantissimo libro (se leggi il francese): Femmes galantes et femmes artistes dans le Japon ancien della Pigeot.
      Live long and prosper ^_^

  9. grazie del suggerimento..

    comunque…


    … penelope ha aspettato dieci anni per scegliere il suo re, e aspettare ancora sarebbe stato dannoso per il suo paese. ha verosimilmente dovuto decidere per ragioni di stato, non perchè oppressa dai patriarchi. il fatto che non potesser regnare da sola è valido anche per gli uomini: quasi mai re e regine, salvo poche eccezioni, regnano da celibi.
    il figlio di penelope non è detto fosse così importante, perchè non si sa bene come funzionassero a quel tempo (in quel mito) i sistemi di trasmissione del potere, se per via ereditaria o cosa.
    purtroppo quando si vuole dimostrare una tesi, si chiude gli occhi su molte variabili che spiegano le scelte e si punta il dito solo su ciò che è in linea con i nostri preconcetti.
    tutte le società umane tendono a voler conservate sè stesse e usano gli individui a tale scopo, siano essi maschi o femmine. non è che il matriarcato in questo sia migliore del patriarcato. ed è per questa ragione che a me personalmente stanno sulle scatole i “socialismi” (anche quelli di destra, anche quelli che prevedono un re, o un’aristocrazia) che mettono sempre al primo posto la società e considerano l’individuo non esistente se non all’interno delle funzioni e degli scopi da essa predefiniti.
    è il “socialismo” il male, non il suo essere patriarcale.. o matriarcale.
    è il “socialismo” a negare libertà all’individuo, e a irregimentare la gente secondo schemi spesso iniqui.
    è il “socialismo” che fa dire ai tuoi avi che non puoi fare la militaressa se sei donna (eccetera), non il patriarcato.
    è il “socialismo” che pretende di avere l’esclusiva del potere e di plasmare la mentalità e l’ideologia dominante, e di omologare la gente secondo un modello unico valido per tutti.
    è il “socialismo” a dare tutta questa importanza al POTERE (sulle masse, sulla ricchezza, sulla composizione sociale, eccetera), mentre ciò che è importante potrebbe essere qualcos’altro (per me, per esempio, è la conoscenza).
    se il tuo obiettivo è il potere, interpreti ogni cosa coma se fosse volta alla ricerca del potere. ma forse non tutti hanno la tua stessa ambizione.

    inoltre non bisogna confondere il sacro con la religione. il sacro è qualcosa che ha a che fare con i valori, con l’essenza delle cose, con la conoscenza di come funziona il mondo. la religione, invece, ha a che fare con il potere. il sacro è dell’individuo, la religione è della società. il comunismo, per esempio, è una religione e il suo principale nemico è il senso sacro insito in ogni singola persona, che si premura di distruggere propagandando modelli di comportamento volgari, abietti e dissacranti (tipo quelli che vediamo nelle serie tv, come quella in oggetto)

    non capisco perchè neghi storicità al matriarcato. forse non ci sono prove scritte e firmate dai suoi protagonisti (hai voglia), ma oltre alle ricerche della gimbutas ne trovi traccia nella letteratura greca, nelle opere teatrali collegate all’evoluzione del sistema giuridico, o nei numerosi miti e reperti archeologici riferiti, per esempio, alle tradizioni matriarcali di uccidere ogni anno, o in caso di carestia, il re-maschio, marito della regina.

    quanto alla libertà del singolo di scegliere chi e cosa essere sono pienamente d’accordo con te. solo che io non vedo nel patriacrato (o in questo fantomatico matriarcato) un reale ostacolo. l’ostacolo è la gente che vole avere POTERE sugli altri, e usa (userebbe) qualsiasi organizzazione sociale per piegare gli altri alla propria visione del mondo.
    l’unico limite alla libertà del singolo è data dalla natura, cioè dalla propria natura. ma non tutti sanno ascoltarla o comprenderla (ecco perchè per me è più importante la conoscenza rispetto al potere). la maggior parte delle gente si fa irregimentare dai “socialismi”, cioè dai condizionamenti sociali, che per taluni, specie coloro che tengono particolarmente al PoTeRe, sembrano essere indispensabili. e quindi siccome non vedono il proprio errore, puntano il dito laddove non c’è la fonte dell’errore, ma solo una sua incoscapevole (in altre parole non è il patriacrato o il matriacrato il problema, ma l’eccessiva, squilibrata predominanza delle istanze sociali e delle smanie di potere delle gente, rispetto a quelle individuali)

    • No, Penelope è costretta a scegliere non perché è necessario, ma perché l’ancella la tradisce e il trucco della tela viene scoperto. Lei non teneva i Proci in attesa perché poteva, li teneva in attesa con un trucco che aggirava il potere patriarcale a cui lei è soggetta. Non lo dico io, lo dice Omero. Penelope non può regnare da sola, o scegliere di cercare il proprio marito, o proteggere suo figlio (e sì, la trasmissione del potere è ereditaria presso gli Achei, tanto è vero che i Danai prendono cura di uccidere tutti i figli maschi di Priamo mentre le femmine se le spartiscono come schiave, visto che SOLO LA REGINA ha un valore di legittimità che la separa dagli animali domestici).

      tutte le società umane tendono a voler conservate sè stesse e usano gli individui a tale scopo, siano essi maschi o femmine. non è che il matriarcato in questo sia migliore del patriarcato.

      Nessuno sta facendo un discorso se il patriarcato abbia “ragione” o “torto” a perpetrare i propri schemi: è un dato di fatto che lo fa, ed è un dato di fatto che in questo contesto le donne sono strumenti volti al mantenimento del patriarcato e non attori indipendenti capaci di vera autodeterminazione. E basta. Voler far finta che le donne in realtà possano autodeterminarsi in un regime patriarcale perché possono scegliere dove fare la spesa, mi pare un attimino fuori luogo.
      Quanto al matriarcato, io ancora aspetto un esempio di società matriarcale propriamente detta. Per ora non mi hai dato nessunriferimento bibliografico preciso e mi hai nominato le api, due cose che purtroppo non tengono in una discussione seria. Te dici che gli esempi abbondano, ma non citi una sola opera o un solo esempio pratico che risponda alla definzione data (ovvero il potere privato, pubblico e politico monopolizzato dalle femmine anziane”).
      Hai citato esempi in cui le donne potevano prendere decisioni nel quadro ad esse riservato dal patriarcato (tipo le matrone che possono scegliere quando cambiare le lenzuola, che bon, vabé, non posso scegliere se divorziare ma cariddio ‘sto letto lo rifò con le lenzuola a fantasia di coniglietti!). Non dico che il matriarcato non sia mai esistito, dico che in 15 anni di studio non ho MAI trovato una società in cui il potere privato, pubblico e politico fosse il monopolio delle donne anziane. Te mi citi le veneri preistoriche (di cui abbiamo 0 dati certi) e la Gimbutas (non si sa bene cosa della Gimbutas). E boh, io continuo a non vedere un esempio pratico di società cherisponda alla definizione. Magari se mi dici COSA della Gimbutas, si può guardare.
      I tuoi esempi peraltro sono fallaci. Dire che il matriarcato esisteva in Calabria perché in casa comandavano le donne è un po’ come dire che l’antisemitismo non esisteva perché nel Ghetto eri libero di essere giudeo. Senza contare il fatto che la realtà offre numerosissimi esempi pratici (da me citati nel commento precedente) di donne che, pur monopolizzando le culle e la primissima educazione del pargolo, non avevano nessun controllo sul proprio destino ed erano trattate come oggetti di proprietà (alla stregua dei cavalli o dei cani, solo peggio). Quindi l’idea che “se controlli i bambini controlli il mondo” è oggettivamente fallace: non controlli niente se hai interiorizzato certi dettami culturali che poi ricrei nei tuoi figli (il famoso “le donne sono tutte puttane” che certe madri insegnano ai loro bambinelli).
      Quanto al potere, è una questione pratica. Se io posso studiare, ma poi non ho nessun potere nel processo decisionale, il mio sapere è inutile. Se io sono formalmente libera di studiare, ma poi non ci sono borse di studio (IE, io manco di potere economico) il risultato pratico è lo stesso che mettere per legge “i poracci devono restare analfabeti”.
      Quanto al sacro, ripeto, è una percezione culturale. Per l’operaio sovietico ateo che si spaccava la schiena in miniera, la Madre Russia era sacra, i valori del socialismo erano sacri. Per il soldato prussiano nelle trincee di Verdun la Patria Germania era sacra. Ovvio, né l’ideale socialista né la Germania hanno un qualsvoglia valore a prescindere. Ce lo hanno in un determinato contesto e tale valore viene definito dalla società e dagli individui che vi vivono.
      Quanto al fatto che l’unico limite alla tua libertà sia dato dall’individuo e dalle sue inclinazioni, temo che sia una visione molto idealistica e molto poco realistica. Una mia conoscente fa saldature. E’ brava. Non riesce a trovare facilmente lavoro perché è percepito come un mestiere da uomini mentre lei è una ragazzina alta un metro e un barattolo. La sua difficoltà nel trovare lavoro deriva da un assunto culturale (esistono lavori da uomini e lavori da donne). Io cercavo lavoro al salone dell’edilizia. Io ho lavorato in edilizia da quando avevo 14 anni, ma non hanno preso sul serio le mie competenze perché, tra le altre cose, “non ho il fisico del ruolo” e (cito) “ti vedo più per un salone del gioiello o della moda” (BTW, io non so assolutamente un cazzo di gioielleria e d’abitudine mi vesto entrando in un cassetto e uscendo da quell’altro). Questi ostacoli saranno anche minori di quelli incontrati da una ragazza indiana nel Kerala rurale, ma restano barriere (soffitti di vetro) che non derivano da fatti oggettivi (la tizia che conosco è oggettivamente brava a saldare, io ho oggettivamente esperienza di isolanti e impianti elettrici), ma da assunti culturali retaggio di un precedente sistema patriarcale.
      Peraltro te la prendi con chi si fa condizionare da assunti sociali, quando tu stessa dici che “le donne dovrebbero fare le donne, gli uomini gli uomini” (che strettamente parlando non vuol dire niente, come detto nel mio commento precedente).
      Intendiamoci, non ti voglio dare torto per forza e non è mia intenzione insultare la tua cultura o le tue idee. Il punto è che o si ha un’opinione sui fatti, o si ha un’opinione sul sentito dire.
      Sul fatto che le regole sociali siano sempre potenzialmente oppressive a prescindere dall’ideologia, siamo anche d’accordo. Però per non essere oppressi da dette regole sociali e culturali (che assorbiamo sin dall’nfanzia in modo subliminale o meno) dobbiamo prenderne cosceza e riconoscerle. L’idea che la dona si realizzi solo in quanto madre, ad esempio, è un retaggio patriarcale (la donna è una persona, si realizza in mille modi diversi esattamente come l’uomo).
      Essendo il patriarcato un sistema diffusissimo e virtualmente universale (per ovvie ragioni storiche e contingenti ormai desuete), è il retaggio di questa popolarissima struttura a influenzare la cultura oggigiorno e quindi a mettere ostacoli al raggiungimento di una parità reale. Fine. Se poi in Nonsodovia settentrionale hanno il matriarcato e opprimono gli uomini, allora vuol dire che in Nonsodovia settentrionale dovranno studiare come l’ideologia matriarcale permea la loro società e porvi dei limiti. Io personalmente faccio i conti con l’ideologia patriarcale perché è quella che ho tra le palle nella mia vita di tutti i giorni.
      Quanto ai refusi, sarò l’ultima persona sulla terra a scassarla sui refusi, che io me ne esco con perle come “bisognia rubinare il riparetto” (true story).

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