Curiosità pseudostoriche e paranoia estemporanea: lo strano caso del signor Ciapanna

E’ l’autunno, qui a Lutezia piove e fa freddo ed è momento perfetto per arrotolarsi in una calda coperta con una tazza di cioccolata calda e leggere disagio al computer.

Questa storia mi è stata segnalata dall’utente Aristarchus in giugno. Purtroppo per mesi non mi sono potuta occupare del blog, quindi solo ora posso condividere questa piccola perla di delirio, trolling e/o demenza precoce!

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Il 22 marzo del 2014 usciva su Riviera Oggi questo articolo sulla morte di un fotografo noto per aver inventato un tipo di astuccio subacqueo e per aver fondato Fotografare, popolare rivista a tema fotografia.

E’ la sentita commemorazione di quello che pare un professionista competente del settore. Innocente, no?

No.

Questa non è una semplice commemorazione, è un esempio di maligno e indegno occultamento della realtà (senza dubbio per conto di loro!).

Quello che Riviera Oggi tace e cela con proditoria malizia è che il fotografo in questione, tale Cesco Ciapanna, è anche un personaggio di spicco del complottismo e revisionismo storico italiano. Che bizzarra dimenticanza, no?

Ma noi della Fortezza non ce ne staremo in silenzio mentre la voce di questo prode pensatore viene silenziata, mentre la sua fulgida eredità di enigmistica e numerologia viene sotterrata!

Qui potete leggere una commemorazione molto più sincera e sentita, che racconta come il Ciapanna non era solo un fotografo, ma una sorta di tuttologo determinato a svelare come gli affari dell’Intero Pianeta siano in realtà diretti a bacchetta da una cabbala di giudei massoni malvagi.

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Originale…

Il signor Ciapanna annovera diverse posizioni caricaturalmente tipiche dello scoppiato complottaro: il complotto mondiale, il finto allunaggio, l’idea che l’AIDS non sia una vera malattia ma una sorta di peste creata a tavolino dalle eminenze grigie per sterminare gente…

E io sono qui, a dirmi che i complottisti sono inguaribili ottimisti. A me pare che il sistema occidentale abbia selezionato classi dirigenti inette che si comportano con totale irresponsabilità senza considerare le conseguenze.

Per i complottari invece siamo nelle mani di gente che ha tutto sotto controllo. Beati loro.

C’è anche da dire che questi massorettilianinasuti cercano sempre di sterminare la popolazione e questa aumenta in modo esponenziale, ma bon, sono di certo io che non capisco.

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Tornando al signor Ciapanna, mi piacerebbe introdurlo usando le sue parole, ma la bio presente sul suo blog devolve presto in un totale delirio di anagrammi e fesserie assortite.

Gli onomanti degli anagrammi la diaspora = parola AIDS e la Valdesia = alleva AIDS avevano scelto i due scopritori del virus dell’AIDS in base a questo anagramma: Gallo o Montagnier = Golem asino Londra. Il Golem è la stessa puzza di donna. Il monumento di questa verità sta nel suo tempio a Praga = capra.

Ah, la “puzza di donna”! Perché nel delirante universo di complottismo e paranoia, la misoginia è il gadget che va sempre con tutto.

E ancora

Poi  ho avuto il pallino delle bibbie e, dopo –nta anni, ho scoperto che i libri Bibbia e I King portano la storia di quello che è successo negli ultimi due secoli, che comprende l’invenzione graduale di ciò che sarebbe esistito prima, invenzione che è cominciata con il buio Medio Evo, oggi scomparso.

AHA!

Quali testi scegliere per iniziare lo studio della Storia se non Bibbia e I King?

E lo sentite questo profumino appetitoso di revisionismo?

Ma con ordine!

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Stretta di mano massonica

Come potete constatare, dalla bio del blog non è chiaro se il signor Ciapanna fosse un burlone dal criptico senso dell’umorismo o un complottista scoppiato.

Sappiamo però che il nostro è preso relativamente sul serio sul forum Luogocomune.net.

Cos’è Luogocomune.net?

Nelle info del sito leggiamo:

Luogocomune è un sito aperto a tutti, e qui tutte le idee godono dello stesso diritto di asilo, indipendentemente dalla posizione politica o da pregiudizi altrui. Lo spazio di espressione è garantito a tutti: sta poi a ciascun utente difendere le proprie idee, all’interno delle noste regole e nel pieno rispetto delle idee altrui.

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Perché tutte le idee sono uguali e tutte le opinioni valgono uguale, no? Te pensi che la Storia sia una materia importante, io penso che dovremmo fucilare tutti quelli di nome Carlo, a ognuno le sue idee!

Il sito Luogocomune.net è di proprietà di Massimo Mazzucco, complottaro di spicco che offre spazio a gente perbene come negazionisti dell’11 Settembre o gentaglia che afferma di poter curare il cancro col bicarbonato. Ovviamente sul sito sono venduti i DVD del nostro, ed esiste l’opzione PayPal, nel caso uno avesse qualche spiccio d’avanzo.

Bref, il tempio del pensatore Ciapanna è ospitato nel sito di Acchiappacitrulli.

Sia chiaro: io non sono in principio contraria all’idea di sfilare un po’ di quattrini a chi è troppo stupido per tenerseli. Però evitiamo di andare a mettere le mani in tasca a gente che ha il cancro, no? Una diagnosi di cancro è spesso una condanna a morte che sprofonda la persona nel buio e nell’angoscia, il minimo sarebbe non approfittare della gente disperata.

Ma torniamo a noi!

Come ci si può aspettare, il signor Ciapanna aveva idee originali anche sulla Storia!

A differenza di Fomenko, che almeno basa la sua balorda teoria sulla meccanica celeste, il Ciapanna a quanto pare basa tutto su nomi e parole: giocando con anagrammi trova connessioni tra cose scollegate tra loro. E il fatto che ogni parola possa essere anagrammata in modi differenti è ovviamente trascurato.

Si tratta di un ragionamento talmente campato per aria che perfino gli utenti del forum Luogocomune sollevano qualche dubbio, a cui viene prontamente risposto:

Le teorie dei singoli vanno prese come parte dell’intelligenza collettiva, non vanno seguite o rifiutate in toto.

HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH Sì, e io sono re Nulji di Silla in sottana, prendete per buona questa cosa perché l’ho detta e ora è parte dell’”intelligenza collettiva”!

Se secondo Fomenko la Storia comincia nell’800, per il signor Ciapanna fino a 150 anni fa eravamo tutti contadini che campavano in armonia tra loro.

Contadini che campano in armonia tra loro.

Il signor Ciapanna non ha mai incontrato un contadino in vita sua. Nel nostro villaggio siamo 15, 3 famiglie, 2 delle quali non si parlano tra loro.

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Alla Warner Bros. conoscevano i contadini veri

E’ dura trovare fonti dirette, ovvero pezzi scritti direttamente da Ciapanna. Da quel che ho capito, molta della sua produzione compariva sulla rivista cartacea Fotografare. Certo, potrei comprarmi le riviste o i libri in questione, ma:

  1. il mio tempo è molto limitato
  2. Manfred von Richthofen die zweite è appena stato malato al pancino e la fattura del veterinario è stata una mazzata , sicché niente shopping per Tenger fino al mese prossimo.

Alcuni pezzi mi sono stati riportati dal buon Aristarchus o sono citati in Luogocomune.

In teoria questo non risponde agli standard minimi di ricerca della fonte richiesti nel mio campo, ma questo è un articolo per il lulz, quindi finché qualcuno non mi regala l’opera omnia di Ciapanna la mia posizione è chissenefotte!

Prendendo in buona fede le citazioni suddette, ci si rende presto conto che il Ciapanna non è leggibile. Parte da un’idea balorda ma espressa in frasi sensate e devolve in una specie di insalata verbale scollegata (“criptico” dicono i suoi fan, “clinicamente preoccupante” dico io).

Alcuni esempi: l’Italiano e l’arabo!

L’italiano si scriveva… in arabo?
È confermato nella Treccani che l’italiano volgare, diverso dal latino, si scriveva prima con i caratteri arabi, una lingua che non è nata per farci i vocabolari.

Lots to unpack here. L’italiano scritto con caratteri arabi: eh?! Forse Ciapanna intende gli arabismi, ovvero parole arabe assorbite in Italia e scritte in caratteri latini (ergo l’esatto contrario di ciò che ha appena descritto).

Ma poi che vuol dire che una lingua “non è fatta per il vocabolario”? Nessuna lingua è fatta per il vocabolario! I vocabolari sono fatti in funzione della lingua! E’ come dire “questo culo non è fatto per la carta igienica”!

Questo spiega l’esistenza di una letteratura colta in lingua italiana, dai cosiddetti Trecentisti fino all’Ottocento, mentre contemporaneamente non esistevano i vocabolari di volgare come lo conosciamo adesso. La lingua c’era, solo che si scriveva con l’alfabeto arabo. I poemi di Ariosto, del Tasso, le novelle di Boccaccio e soprattutto i cosiddetti Trecentisti non nascono dal nulla, ma seguono poeti che usavano la grafia araba per scrivere il loro italiano e l’italiano di quei tempi funzionava « a orecchio» perché l’arabo non scrive le vocali. Quando si dice «ci sono stati gli arabi in Sicilia» si pensa ad una occupazione straniera, ma è più semplice pensare che in Sicilia la gente usasse l’alfabeto arabo. La cancellazione di questo periodo della nostra cultura è stato semplificato sotto i simboli del Gran Saladino e di Federico II di Svevia.

Vedete cosa intendo con insalata verbale?

Non esistevano vocabolari di lingua volgare italiana, poiché l’italiano era scritto in arabo.

Eh?

Mi duole il cervello.

Prima di tutto: uno tra i primi dizionari conosciuti è il Kitab al-‘Ayn, dell’VIII° secolo che, guarda te i casi della vita, è proprio un dizionario di arabo!

E questo senza entrare nel merito della bizzarra accozzaglia tra la dominazione araba in Sicilia (IX°- inizi X° secolo) e il Saladino, che scorrazzava felice quasi tre secoli dopo (1174-1193).

Un altro nugget:

Roma, anno 1520— Nel programma del Vaticano, immortalato da Raffaello per incarico delle nuove autorità, la scienza moderna, che è la scienza delle misurazioni, è rappresentata da Euclide […] Standard di partenza per valutare il mondo, secondo il Vaticano di quattro secoli fa, era la stella di Davide, la stessa che oggi campeggia sulla bandiera dello stato di Israele. Questo significa semplicemente che l’incarico a Raffaello fu dato quando le due religioni erano ancora una religione sola, e credere oppure non credere che Gesù fosse davvero il Messia di cui parlava la Bibbia non era una condizione discriminante per chi viveva a Roma. Lo diventerà in seguito, quando Vaticano & Co. avranno abbastanza potere per imporlo in giro, e nella storia questa imposizione è nota come Pace di Augsburg, Augusta, nel 1555.

Tutto ovvio no? E quale ricercatore non scriverebbe “Vaticano & Co.”?

Nessuno perché non vuol dire nulla. Chi sono i “Co.”? “& Co.” chi? Gli illuminati massoni rettiliani? E perché dovrebbero aver preso le parti del Vaticano?

E ancora:

La Roma Imperiale è un’invenzione così come è un’invenzione tutto il passato guerresco degli Antichi Romani e di Annibale e dei suoi elefanti. Tutti i reperti a parte le illustrazioni murali indicano che si trattava e si tratta di popolazioni testarde ma tranquille, che non amavano né i viaggi propri né quelli altrui.

La cosa affascinante non tanto di Ciapanna quanto della gente che lo prende sul serio (e pare che esista davvero gente che lo prende sul serio) è che può semplicemente dire una minchiata ed è presa per buona. Un po’ come Fomenko.

Nella realtà è più probabile che la Civitas (come probabilmente si chiamava prima l’Urbe) avesse generato un modello di cultura che si era diffuso dovunque arrivassero le comunicazioni, e la cultura dell’Umbria era legata a quella dell’Urbe per via fluviale. Non bisogna dimenticare che Roma era una città portuale esattamente come Londra, fatte le debite proporzioni, ossia un porto fluviale.

Questo il paragrafo subito sotto quello del “la gente non viaggiava”.

Più passa il tempo più questo delirio fiorisce!

Sulla scoperta dell’America:

Nella storia l’anno 1492 è quello delle peggiori disgra-zie per gli indigeni d’America e oltre, simboleggiato dall’arrivo in .America di Cristoforo Colombo con la Ninia, che è il disordine demografico, la Pinta che è la droga, lecita e illecita, e la Santa Maria che è la forza militare (Mary = army e anche l’aeroporto di San José).
L’anno 1492. secondo lo storico Guicciardini (=qui giardini), e il più funesto nella storia d’italia perche in quell’anno Lorenzo il Magnifico morì e con lui morì l’indipendenza degli italiani. Ma le storie di Lorenzo il Magnifico escono dopo metà Ottocento da biblioteche che sono dichiaratamente (in celanese) false.

Voglio dire, da che parte cominciamo? E’ così stupido che mi colano le sinapsi dalle orecchie.

La caccia e il 492
In Italia la caccia in aperta campagna è il passatempo più sano che ci sia, specialmente se è praticata da chi ha buone gambe e cattiva mira. La caccia è stata segretamente condannata già nel 1953 mediante una legge numero 492 che si legge in un angolo nei manifesti dei cacciatori. È il D.P.R. 25-6-53/492 che esenta da bollo i manifesti dei cacciatori purché rechi-no la iettatura 492.
Adesso, visto il recente fallimento del referendum contro i cacciatori, gli stessi enti che dovrebbero rappresentare i loro interessi, propongono «finalmente una legge che serva a regolamentare caccia”, in forca lo-gica col fallito referendum, per ottenere comunque una ulteriore limitazione della libertà di andare in giro per la campagna con una doppietta in mano. E questo seguiteranno stolidamente a farlo finché
leggeranno la ci-fra 492 sui manifesti dei cacciatori.

Avete capito? Siccome alle popolazioni americane il 1492 ha portato sculo, allora il 492 (senza 1) è una cifra infausta per il Sor Nanni che con 2 diottrie vuole andare in giro per la campagna a impallinare fringuelli.

Oibò, ma mi pare ovvio!

Stando a Luca Rodaro, Ciapanna aveva cominciato a perdere il mirinvengo già dall”87, ma è con il numero 92 di Fotografare che il Buonsenso fa le valigie e parte per Pattaya.

Il 92 per Ciapanna ha un valore magico, perché i ciliati hanno 9 ciglia e 2 flagelli o qualcosa del genere. Non solo! Secondo lui il 92 contraddistingue coloro che sono al corrente del complotto mondiale, ma tacciono. Citando da una delle pubblicazioni che sono effettivamente riuscita a trovare, Le carte dell’AIDS, spiega:

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HAHAHAHAHAHAHAH Ah beh, cacchio, se lo dice la Cabbala!

Insomma, il 92 è una specie di asterisco messo da Dyo per segnalare a chiunque lo scopra che c’è un complotto giudaico massonico.

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Questa cosa mi ha per un istante lasciata perplessa: come membro del complotto mondiale, non riuscivo a individuare il 92 nella mia vita. Poi mi sono ricordata: è la mia taglia di petto! Vedete che tutto torna!

Ovviamente gli ebrei sono tipici esponenti del 92 e membri infidi e malvagi del complotto. Il delirio raggiunge picchi tali che una persona seria come Rabbi Toaff si prese la briga di invitare al boicottaggio di Fotografare. Farebbe ridere se non fosse che l’antisemitismo e il complottismo portano gente innocente a farsi ammazzare o menare per davvero.

Il boicottaggio dei giudei di Roma spinge Ciapanna a paragonarsi a Salman Rushdie.

Questo è un tipico meccanismo psicologico dei complottisti e dell’estrema destra in generale: la falsa equivalenza.

“Oh no, gli ebrei italiani non compreranno la mia rivista, sono perseguitato proprio come quello scrittore che ha effettivamente i sicari alle calcagna!”

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Tornando alle fantasiose teorie storiche: tutta la Storia è inventata!

Sì, di sana pianta.

Quando?

A metà del XIX° secolo. Tolkien e il suo worldbuilding possono andare a baldracche in tangenziale, qui c’è gente che si è inventata personaggi dai nomi assurdi come Tarassicodissa e Sumitomo!

Immagino la task force:

Scantinato semibuio, uomini in redingote scribacchiano su fogli alla luce di lampade a olio. Un rabbino ortodosso batte le mani.

-Forza forza, sbrighiamoci con queste Guerre Giugurtine e con la grammatica del Mapuche! Dai che domani è sabato e tocca stare al buio!

Uno alza una mano. Il rabbino accenna col mento.

-Sì?

-Sì, ecco, io sarei nella commissione Giappone…

-E?

-Vorrei metterci uno spin off dove il più potente esercito del paese, tipo migliaia e migliaia di uomini, sono messi in fuga da delle papere.

-Cosa?

-Papere!

-Ma perché?

-Perché lol.

-Massì, tanto già che stiamo a raccontar cazzate… Mettici però che sono 92 papere, così quelli più svegli colgono la citazione e rosicano!

-Rabbi, ma perché dovremmo mettere l’indizio che sono tutte cazzate con questa cosa del 92? Non bastano le amebe e gli spermatozoi? Non è controproducente?

Silenzio nella sala. Il rabbino fa un gesto. Il furbetto sfacciato viene acciuffato e trasformato in cibo per gatto (kosher).

Ma perché gli ebrei rettliani massoni del ’92 dovrebbero fare tutto ciò?

Come molte teorie de complotto, non c’è un perché e non c’è un fine.

Questa misteriosa lobby ha già il potere di disegnare stati, creare Storia e inventare lingue. Ergo sono già onnipotenti. Questo enorme lavoro di worldbuilding che scopo avrebbe?

Mistero.

Concludo con un’ultima chicca:

l’iliade è la storia dell’osso sacro il quale è sacro perché assiste alla messa,
il cavallo di Troia è il pene, gli Achei sono gli spermatozoi (da acheiros, senza mani- ).
A gamennone è agamos, senza nozze , mentre Menelao.., le mani.
Omero è il cieco, ossia non ha la luce. Anchise anchilosato e deve essere portato a spalla,
e Didone si chiama così perché a forza di star sola..

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E qui mi dico: Ciapanna è un Poe! Deve essere un Poe!

Posso constatare che certi complottari lo prendono assolutamente sul serio, ma non posso credere che chi ha scritto certa roba ci credesse.

Che fosse demenza o fine umorismo, resta comunque un dilettevole rabbit hole in cui tuffarsi!

MUSICA!

P.S. Mazzucco, padrone del forum su cui si parla di Ciapanna, ha collaborato a volte con Alan Altieri, l’autore di uno dei romanzi più detestati dalla Tenger.

Un caso? Io non credo! La mia teoria del complotto è che Altieri e Ciapanna fossero due invenzioni di Mazzucco, che a sua volta è un robot operato da tre nutrie! L’ho detto e ora è parte dell’intelligenza collettiva!

Dello Stato: dotti bisticci su uova e galline

Sono passati mesi dal mio ultimo articolo. La ragione principale è una full immersion nella mia tesi dottorale, che dovrò ben finire un giorno o l’altro. Oh my, non vedo l’ora di raggiungere la crescente schiera di disoccupati ultraqualificati sotto i ponti di Parigi!

Per questo articolo, l’idea in principio era di scrivere una lungagnata mostruosa sullo stato di Yan o sul misterioso regno di Buyeo, dove i morti sono accompagnati da maschere di bronzo che urlano per sempre nel buio.

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Maschere mortuarie dal sito di Maoershan, National Museum of Korea, Seoul

Tutta roba molto figa, però mi sono resa conto che per una comprensione migliore era necessario un verboso e noioso preambolo sui termini impiegati dalla storiografia e dall’archeologia. Uno dei concetti che cicciano fuori sempre quando si parla di Buyeo (o anche di Wa) è quello di stato.

Quando una società primitiva si trasforma in Stato, perché, come?

Tutti impieghiamo il termine “stato”, di rado ci poniamo la questione del significato. Quindi oggi parleremo di questo: cosa chiamiamo stato? Come nasce e perché?

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Questions!

Lo stato: un appassionante dibattito sui termini

Prima d’impelagarci sulla natura dello stato è necessario introdurre prima il concetto di polity.

Polity viene definita da Yale Ferguson e Mansbach Richard come una qualsiasi entità politica o gruppo di persone aventi un’identità collettiva, che siano in grado di smuovere risorse e che siano organizzati in una qualche forma di gerarchia istituzionalizzata.

Spesso il termine polity viene impiegato per indicare gruppi umani organizzati senza sbilanciarsi troppo attribuendo loro caratteristiche anacronistiche o scorrette.

Anche il termine polity può però essere anacronistico, dacché presuppone un senso di identità collettiva. A che punto possiamo dire che un gruppo mostra segni di identità collettiva e cosa vuol dire “identità”?

Il principale problema quando si studiano gli esser umani è che non sono animali: non agiscono in base a condizioni oggettive, ma si comportano in buona parte sulla base di percezioni e sentimenti. E le percezioni e sentimenti non lasciano chiare tracce archeologiche.

Da un punto di vista meramente materiale, la razza umana è un continuum: possiamo riconoscere tratti etnici o culturali comuni, ma non possiamo identificare netti confini o usare detti tratti per isolare scientificamente una popolazione dall’altra. In altre parole, la realtà non è un Fantasy per adolescenti: le razze non esistono.

Quella che però esiste è l’identità. Esistono gruppi che si identificano come separati da altri. Questa distinzione non ha necessariamente base su dati oggettivi, ma ha effetti sulla realtà oggettiva, il che la rende reale.

In Storia si cerca di aggirare questo spinoso problema basandoci sul concetto di culture piuttosto che su quello di etnie.

Abbiamo “la gente della ceramica Mumun”, “quelli che fanno i tumuli a forma di buco di serratura” o “quelli che coltivano il riso in risaie allagate”. Il vantaggio è che ci possiamo basare su cose che la gente fa, che è il meglio che si possa sperare in contesti dove gli uomini non hanno lasciato documenti scritti in cui parlano della propria identità.

Ovvio, questo approccio porta con sé il suo ballino di problemi: una cultura archeologica è una convenzione diagnostica che riguarda particolari set di cultura materiale (come detto, il tipo di ceramica, o di arma, ecc.).

In archeologia occidentale c’è stata in passato la tendenza a dare per scontato che la gente all’origine di una determinata cultura archeologica in una determinata regione appartenesse anche a una determinata etnia.

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Ceramica Mumun, esempio di cultura archeologica coreana

In altre parole, se nella valle dell’Arno venivano trovati piselli di terracotta fabbricati nella stessa maniera e associati alla stessa forma di capanna di fango, si supponeva che la Gente dei Piselli fosse tutta della stessa etnia (il Popolo dei Glebani, per esempio).

Questo approccio cultura dei piselli = popolo dei piselli è ancora vero per certi archeologi cinesi. E si capisce: è comodo. Ho dei dati oggettivi che mi dicono che questa gente faceva la stessa roba (per lo meno in certi ambiti), magari i resti umani che ho si somigliano pure, ne deriva che sono la stessa gente!

E’ qui che la percezione e l’identità entrano in gioco.

Per restare in toscana, Fiorentini e Pisani hanno più o meno lo stesso aspetto, mangiano roba simile, costruiscono case simili e parlano lingue molto affini (ho sentito che ogni tanto si accoppiano pure tra di loro). Resta però il fatto inoppugnabile che Pisa merda.

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Scherzi a parte, non ha davvero importanza se ‘sta gente cucina, costruisce muore allo stesso modo: se si considerano di gruppi diversi questo avrà un effetto sulle loro azioni e sulla loro storia. Non solo: molti elementi culturali lasciano poche tracce archeologiche (musica, filosofia, credenze, dialetti, ecc).

Più etnie possono condividere la stessa cultura archeologica, o una sola etnia può manifestare numerose culture archeologiche. Insomma, questa corrispondenza cultura/etnia non può essere data per scontata.

Ma cosa si intende per etnia?

Nel 1969 Barth Fredrik propose che per delimitare un gruppo sociale l’accento non doveva essere messo sui tratti culturali, ma sugli ethnic boundaries, le delimitazioni etniche. Queste delimitazioni, questa identità etnica, sarebbe secondo Barth qualcosa che persiste attraverso diverse culture e sopravvive a fenomeni come le migrazioni.

La caratteristica dell’identità etnica è che non nasce da sé. Non esiste da sola: è qualcosa che viene sempre elaborato in funzione di qualcos’altro.

L’identità si costruisce in opposizione a qualcosa o a qualcuno. Si conviene che il nostro gruppo ha determinati attributi che gli altri non hanno (o hanno in modo diverso), e questo a prescindere dalla forma dei pitali o delle tombe.

Nel 1986 Smith Anthony ha offerto una definizione utile di etnia: si tratta di una comunità accomunata da un senso di unicità culturale e comunione storica:

A named human population with shared ancestry and myths, histories and cultures, having an association with a specific territory and a sense of solidarity. (The Ethnic Origins of Nations)

Una determinata popolazione umana che condivida ascendenze e miti, storie e culture, che abbia un’associazione con un territorio specifico e un senso di solidarietà.

Notare il miti e le storie: la narrativa è il modo con cui le società umane costruiscono il proprio mondo (o per lo meno la visione che ne hanno, che nella pratica è la stessa cosa).

Che conseguenze ci sono quindi per gli archeologi?

Gli esseri umani esprimono la propria identità attraverso la propria cultura materiale. Deve esserci un modo di raccattare indizi basandosi sui resti!

Dagli anni ’70 l’archeologia occidentale ha cercato di correggere il tiro individuando non tanto elementi culturali, ma insiemi significativi di elementi culturali e lo stile (stile inteso come la forma e non la sostanza di un oggetto) di detti elementi.

Lo stile diventa particolarmente riconoscibile quando si ha a che fare con società-stato, o per usare un anglicismo state-lever societies.

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Il tumulo attribuito all’Imperatore Nintoku. La forma, la taglia delle tombe e la ricchezza e qualità del corredo funerario sono indicatori molto usati per elaborare ipotesi sulla società Wa di prima dei Codici

Lo stato non è sempre stato un termine ben definito in Scienze Sociali.

Cohen ha individuato 3 tipi di definizione di stato, che optano per porre l’accento su 3 caratteristiche diverse:

  • Le definizioni basate sulla stratificazione sociale: mettono l’accento sulla correlazione tra l’emergere dello stato e la nascita di una società a classi stabili. Una stratificazione in classi presuppone che gruppi diversi godano di un diverso accesso alle risorse.
    Il primo ad articolare un discorso moderno sull’argomento è Rousseau, ma è il magico duo Marx-Engels ad avere l’impatto maggiore. Per quelli che sposano questo tipo di definizione, lo stato è il frutto di una società stratificata in cui la classe dirigente ottiene il controllo dei mezzi di produzione. Lo stato è elaborato per mantenere questo controllo e difendere i privilegi dell’élite.
    Fried Morton sposa questa posizione: per lui lo stato è un sistema di governo centralizzato che emerge inevitabilmente da un sistema di ineguaglianze istituzionalizzate in cui i capi hanno un accesso privilegiato alle risorse.

  • Le definizioni basate sulle strutture dello stato stesso: questo approccio si rifà a pensatori del XIX° come Herbert Spencer, Lewis Henry Morgan e Henry Maine. E’ stato ripreso a inizio XX° da gente come Hobhouse, Wheeler e Ginsburg, che definiscono lo stato come un sistema di relazioni di autorità gerarchiche in cui le unità politiche locali perdono autonomia e finiscono subordinate a un’autorità centrale.
    Cohen schiaffa nella stessa categoria le definizioni offerte da Wright e Johnson, che si focalizzano sul mezzi attraverso cui l’informazione è processata in uno stato. Adams invece mette l’accento su come l’energia è ottenuta e usata dal governo centrale. Per costoro le interazioni sociali sono transazioni o flussi di informazioni in cui strati più alti decidono e influenzano strati più bassi. Questo approccio è particolarmente usato dagli archeologi per trovare indicatori e poi catalogare le società sulla base di come trasferiscono informazioni o su come ottengono e distribuiscono l’energia.

  • Infine ci sono definizioni a posteriori che si concentrano su tratti diagnostici: quali sono gli elementi che accomunano i primi stati centralizzati? Il problema di questo approccio è che non si può ottenere un set standard di caratteristiche che sia applicabile a più di un pugno di società. Alcune fanno sacrifici umani altri no, alcuni chiedono totale fedeltà altri lasciano spazio alla semi-subordinazione, ecc.

Ma come si arriva allo stato?

In generale gli studiosi convengono che c’è una progressione da una società più semplice verso una società più complessa.

In antropologia occidentale, i modelli tassonomici principali sono quelli di Service e Fried.

Tra parentesi, questi due non erano d’accordo su un sacco di cose ma scrivevano comunque libri insieme. E’ uno spasso!

(Vabé, mi diverto male, ma se non mi divertivo male col cazzo che finivo in dottorato).

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Il modello di Service ipotizza un’evoluzione dalla banda, alla tribù, al chiefdom (il livello sopra quello puramente tribale, con un territorio controllato da un capo principale) e infine lo stato.

Per Fried, che riprende le teorie di Engels di lotta tra classi, si passa da un contesto primitivo con una società relativamente egalitaria e si procede verso società sempre più complesse: società a ranghi, società stratificata e società statale.

Personalmente non amo troppo il termine “egalitario” quando si parla di società umane, che sono sempre gerarchiche in una qualche misura. Quello che però si intende qui non è tanto che i Cromagnon fossero una democrazia, quanto che c’è una differenza sostanziale tra un anziano nel gruppo di cacciatori raccoglitori che funge da memoria storica del gruppo, e un re Yamato che può smuovere decine di migliaia di operai per costruire la sua tomba monumentale.

C’è anche da notare che la differenza tra una società complessa non statale e una statale non è netta.

Per Cohen il tratto che distingue lo stato da altri tipi di organizzazioni è la capacità della società statale di restare unita.

I non-stati tendono a spaccarsi in unità simili tra loro: una banda cresce fino a un certo punto, oltre il quale un gruppo decide di staccarsi e allontanarsi, costituendo una nuova banda simile alla prima. Stesso vale per le tribù e i chiefdoms. Lo stato è l’unica struttura che invece è costruita per resistere a questa tendenza centrifuga. Lo stato si può espandere senza dividersi, fagocitare altre polities, diventare eterogeneo e crescere senza i limiti stringenti di strutture meno complesse.

Questo perché lo stato ha la capacità di coordinare lo sforzo umano in azioni collettive di portata generale. Per ciò fare, lo stato evolve una classe dirigente o burocrazia governativa. I burocrati, come gerarchia ufficiale, fungono da collante tra i non-funzionari e il regime.

Nei chiefdoms la situazione è differente: anche loro possono avere funzionari e centri di organizzazione del potere, ma ogni nodo della rete è una replica dell’ufficio al centro del sistema. Quando la pressione è troppa, i nodi possono spezzarsi e sono già strutturati per essere repliche indipendenti capaci di eseguire funzioni governative.
Al contrario, negli stati antichi i funzionari al centro hanno funzioni uniche che non vengono svolte da nessun altro nel sistema. I centri di potere locali sono costruiti sul modello di quello centrale ma non ne sono una replica.

Byington cerca di offrire una definizione complessiva di stato: è una polity complessa, caratterizzata da una significativa stratificazione sociale, con almeno 2 classi (i governanti e i governati), un governo centralizzato con una burocrazia professionale, un corpus di leggi e un monopolio dell’uso legittimo della forza.

Ma viene prima la società stratificata, o la stratificazione è un effetto dello Stato?

Nasce prima l’uovo o la gallina?

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Nasce prima il Tuatara

Ci sono due modelli principali su come lo stato nasce: il modello di Service mette avanti l’integrazione e la cooperazione organizzata tra diverse parti della società; Fried d’altro canto mette avanti il conflitto, la lotta e la forza coercitiva dello stato.

Per chi spinge la teoria del conflitto, la centralizzazione deriva dalla competizione: gruppi lottano per il controllo di risorse limitate e alla fine uno dei contendenti vince stabilendo il controllo (almeno per un periodo) sulle risorse. Il punto è l’ineguale accesso alle risorse.

Per Fried l’ineguale accesso alle risorse è ESSENZIALE per la formazione di uno stato: un gruppo conquista l’accesso privilegiato a una risorsa e si trova quindi nella necessità di difendere detto accesso. La centralizzazione e il potere repressivo che mantiene la stratificazione sociale sono elaborati a questo scopo.

Fried distingue inoltre tra primary (pristine) states, ovvero stati che si sono spontaneamente evoluti, e secondary states, ovvero stati che si sono evoluti sotto l’influenza di stati vicini preesistenti.

Va da sé, i secondary states sono la forma più comune di state formation.

Service d’altro canto focalizza invece sull’aspetto di integrazione. Sì, lo stato ha conflitti, ma lo stato ha anche una capacità straordinaria di organizzare e coordinare grandi numeri di persone, spesso di diversi background etnici o ecologici. L’idea che lo stato sia tenuto insieme solo o soprattutto dalla minaccia della forza coercitiva da parte dell’autorità centrale è riduttiva: la gente in uno stato spesso supporta lo stato. Per Service quello che tiene insieme lo stato non è la violenza, ma la reciprocità e la legittimità.

Si può argomentare che non esiste legittimità senza una qualche forma di reciprocità, ma questo è un ginepraio per un altro articolo!

Da un punto di vista pratico, Service nota che un governo centralizzato offre protezione e sicurezza, strumenti per gestire le dispute, accesso a risorse in cambio di accettazione dell’autorità.

La principale opposizione tra Service e Fried sembra filosofica e porta sullo stato stesso, visto come un’entità benefica che richiede un prezzo per un vantaggio sociale generale (Service) o una struttura oppressiva nelle mani delle classi dirigenti volta a mantenere le classi subalterne nella loro condizione di sfruttamento (Fried).

Dall’alto della mia inesistente esperienza di ricercatrice io dico che entrambe sono vere. Ormai si considera che entrambi i punti di vista hanno limiti e meriti, e una posizione non esclude necessariamente l’altra.

Han Fei (?-233 a.C.), fondatore del Legismo e grande fan dell’uso della forza repressiva da parte dello Stato, perché gli uomini sono belve e solo uno Stato autocratico e severo può impedire ai glebani di sbranarsi tra di loro. Odiava la plebe e morì suicida.

Ma parliamo della storia, di come mai certe società diventano stati altre no.

Come per ogni fenomeno storico, è necessario un contesto che lo renda possibile, ed è necessaria l’interazione di un certo numero di fattori.

Fino agli anni ’70, il discorso accademico ha cercato di individuare i “fattori decisivi”, i prime movers all’origine della statalizzazione. Tradizionalmente questi si dividono in fattori sociali e fattori ambientali. Alcuni esempi di ipotetici prime movers possono essere l’aumento demografico, la circoscrizione di una società in un ambiente definito, una guerra di conquista, lo sviluppo di un complesso sistema di irrigazione, il commercio su lunga distanza, ecc.

Nel 1972 L’archeologo Flannery Kent intervenne nel dibattito su questo miracoloso “fattore catalizzante” criticando l’approccio semplicista alla questione e auspicando una visione più “multi-variabile” che tenesse conto di numerosi fattori contemporaneamente, inseriti in un contesto socio-ambientale.

L’intervento di Flannery fu preso sul serio e nel 1978 Cohen propose un nuovo modello che vede la formazione dello stato come un processo sistemico (ovvero avente un effetto su tutto il sistema/organizzazione) e multi-causale.

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Sta geremiade è quasi finita, tenete duro!

Come accennato prima, Fried ha introdotto la distinzione tra pristine states e secondary states. Nel 1992 Rhee Song Nai propone una nuova categoria, ovvero quella si stato autoctono.

Se il pristine state è un’evoluzione spontanea e il secondary state è l’effetto di una diretta influenza subita da parte di uno stato vicino, come spiegare la formazione di stati in regioni che non erano in diretto contatto con stati preesistenti?

Nella penisola coreana, ad esempio, possiamo constatare che polities si “statalizzano” sotto l’influenza di enti come la Cina dei Wei, pur non subendo una diretta minaccia o un contatto continuo.

Per Rhee, che parlava nello specifico del regno di Goguryeo, lo stato autoctono si forma sotto l’influenza di stati distanti. Alcuni dei fattori in gioco in questo caso sono il commercio su lunga distanza e la circoscrizione.

Il commercio è spesso un elemento importante nella nascita degli stati o nell’evoluzione delle società in generale: il commercio può introdurre una nuova tecnologia che stravolge del tutto le abitudini, può consolidare il potere dell’élite o può provocare uno slittamento del potere (per esempio la nascita di una prospera classe mercantile).

C’è un nesso tra la differenziazione organizzativa di una società e la sua abilità di mantenere reti di scambi commerciali: per esistere, il commercio necessita surplus, concentrazione dei beni, logistica, ecc.

Per quanto riguarda la circoscrizione, il termine indica un limite al territorio o all’accesso alle risorse. Se queste limitazioni portano a urti coi vicini, questo può incoraggiare il senso di identità di cui parlavamo a inizio articolo o anche a una centralizzazione dell’autorità (un’autorità centralizzata semplifica l’organizzazione della difesa).

Le pressioni esterne possono controbilanciare le tensioni interne a una società, spingerla a stratificarsi e statalizzarsi. Niente di meglio di un nemico per stimolare il senso di identità. Come dice Byington, the clear notion of “us” depends largely on a “them” to which draw contrast.

La pressione esterna, la scarsità di risorse, la necessità di organizzare e gestire strutture complesse come commercio o irrigazione sono tutti fattori capitali nella creazione di uno stato, pristine, secondary o autoctono. Nessuno di questi elementi è però sufficiente, preso da solo.

Come tutto ciò che riguarda le società umane, non esiste una formula matematica sempre applicabile.

Esistono mille tipi di autorità e strutture sociali, e le loro forme sono determinate da innumerevoli fattori (ambiente, storia, cultura, livello tecnologico, mezzi di produzione, ecc.). La natura delle società fa sì che di solito è impossibile determinare con certezza cosa sta influenzando cosa: se è il commercio a incoraggiare la stratificazione sociale e la specializzazione o se il commercio si sviluppa perché c’è stratificazione e specializzazione.

Personalmente trovo che la discussione sull’uovo e la gallina abbia un interesse relativo: questi fattori si influenzano l’un l’altro, evolvono e cambiano insieme.

A parer mio la costante che caratterizza ogni forma gerarchica umana non è tanto il potere coercitivo o l’accesso privilegiato a risorse strategiche (che, to be fair, sono spesso fattori), quanto la legittimità del potere politico.

Le società sono adattamenti evolutivi e hanno determinato la nostra sopravvivenza in un mondo dove quasi tutto cercava di ucciderci. Ma le società si basano principalmente su una serie di convenzioni. Anche il sentimento identitario, alla fine, non è che un accordo su un certo numero di convenzioni.

Il fatto che siano convenzioni non le rende meno importanti: una convenzione può essere inventata di sana pianta e basata sul nulla assoluto, ma il fatto che sia condivisa da un certo numero di individui fa sì che abbia un effetto, e quindi sia reale.

La legittimità è pure una convenzione, a mio modesto parere tra le più arcaiche e radicate nella nostra psiche.

La legittimità può essere costruita, manipolata o minata, ma nessuna classe dirigente ha mai avuto un controllo totale e duraturo su di essa. La legittimità del potere politico è la chiave di volta necessaria a tenere insieme e una qualsiasi gerarchia, e abbiamo numerosi esempi di classi dirigenti che, pur avendo il monopolio del potere coercitivo, non sono riuscite ad evitare lo sgretolamento della loro società. La legittimità è quella cosa che i cinesi chiamavano il Mandato del Cielo.

Ma questo è argomento per un altro verboso articolo!

Per ora mi limito a parlare di stato, che ritengo di aver punito a sufficienza i miei lettori (per ora!).

WE ARE BACK IN BUSINESS BITCHES!

MUSICA!


Bibliografia

BYINGTON Mark E., The Ancient State of Puyo in Northeast Asia, Harvard University Press, Cambridge, 2016, p.279-306

COHEN Ronald et SERVICE Elman R., Origins of the State : The Anthropology of Political Evolution, Institute for the Study of Human Issues, Philadelphia, 1978

WEBSTER David, “Warfare and the Evolution of a State: A Reconsideration”, in American Antiquity, vol.40, n° 4, Cambridge University Press, Cambridge, 1975, p.464-470

Letture aggiuntive

BARTH Fredrik, Ethnic Groups and Boundaries, 1969

FLANNERY Kent, “The Cultural Evolution of Civilization”, in Annual Review of Ecology and Systematics 3, 1972

FRIED Morton, The Evolution of Political Society: an Essay in Political Anthropology, 1967

RHEE Song Nai, “Secondary State Formation: The Case of Kuguryo State”, in Pacific Northeast Asia in Prehistory: Hunter-Fisher-Gatherers, Farmers, and Sociopolitical Elites, 1992

SERVICE Elman, Primitive Social Organization: An Evolutionary Perspective, 1962

VERMEULEN Hans e GOVERS Cora, The Anthropology of Ethnicity: Beyond “Ethnic Groups and Boundaries”, 2000