Evangeline Wrayburn è un’archeologa necromante. In un mondo dove la necromanzia è stata elevata a scienza, Evangeline usa mummie e cadaveri rianimati per dissotterrare tombe e vestigia. Il suo sogno più grande è diventare un’archeologa di chiara fama, di dirigere uno scavo tutto suo.
E’ competente, è intelligente, è audace, ma ha un problema.
Ha le tette (poche, ma ci sono).
Evangeline vive in una società vittoriana dove avere le mestruazioni basta a squalificare un ricercatore. Evangeline però non si arrende. Nella sua sempiterna lotta impari contro il Soffitto di Cristallo, le capita finalmente l’occasione della vita: un posto sullo scavo di una colossale piramide sotterranea, la tomba monumentale di Orrhane il Macilento, re necromante sepolto con la sua sposa bambina, gli schiavi e centinaia di migliaia di soldati non morti.
Il sito si trova in un deserto infestato da tribù ostili e al confine tra paesi nemici. La missione archeologica ha poco tempo per scoprire tutti i segreti del re necromante prima che il paese vicino li scopra e attacchi per papparsi il ritrovamento.
Sangue del mio sangue è il secondo romanzo di Menconi che leggo. Come avevo già segnalato in questo articolo, Abaddon mi era piaciuto molto. In questo caso Menconi dichiara di aver voluto scrivere una protagonista femminista. Vi pare che una Feminazi Lesboislamica Rettiliana come la sottoscritta poteva farselo sfuggire?
Ovviamente no.
L’ambientazione
Menconi ambienta la storia in una società di stampo vittoriano dove la necromanzia è un’attività sviluppata e diffusa. La società è organizzata di conseguenza, con mummie usate come manodopera a basso consumo, teste volanti come animaletti domestici, un’estetica legata alla morte e alla rianimazione, ecc. Il risultato è un insieme ben bilanciato di elementi familiari e bizzarria macabra.
Come accennato nell’articolo precedente, la tecnica di Menconi è ottima. Nonostante l’ambientazione sia aliena alla nostra, dettagli concreti sono inseriti nel testo senza spiegoni: il quadro generale emerge in modo spontaneo e naturale attraverso il punto di vista della protagonista. Il dettaglio dà sostanza al mondo, e la coerenza interna favorisce la sospensione volontaria dell’incredulità.
La professione di Evangeline permette peraltro di dotare il mondo del romanzo di una Storia e di una mitologia. Nonostante la stranezza, alla fine del romanzo abbiamo l’impressione di conoscere relativamente bene questo universo. L’idea di una piramide rovesciata sotterranea può apparire bizzarra d’acchito, ma diventa presto familiare.
La narrazione permette anche di apprezzare le storture della società descritta: come accennato, si tratta di una società patriarcale estremamente sessista, ma anche razzista e omofoba, come è normale aspettarsi dal contesto.
L’attenzione a dettagli di questo tipo e la nonchalance con cui i personaggi internalizzano questi elementi danno rotondità e verosimiglianza all’ambientazione.
I negri viaggiano dietro!
(Citazione cinematografica per intenditori)
A tratti risalta fuori lo stile “videoludico”, come in Abaddon. Ad esempio, quando gli archeologi si trovano a dover superare un passaggio sorvegliato da dei mostri immortali. Evangeline riesce a trovare la combinazione necessaria a passare, e dopo aver “sbloccato” il passaggio la questione non si pone mai più, nonostante il pericolo resti e il trucco per passare richieda costante lavoro da parte di comprimari (e sia quindi vulnerabile all’errore umano).
Nell’insieme però questo tipo di ispirazione è molto meno presente che in Abaddon.
La storia
Evangeline è un’archeologa che usa la necromanzia (e quindi il controllo sulle mummie) nei propri scavi. Nonostante sia molto brava in ciò che fa, la sua carriera non riesce mai a decollare. Un po’ perché l’ambiente è difficile, un po’ perché nessuno la prende sul serio come donna archeologa.
Ho apprezzato moltissimo il modo in cui Menconi descrive le peripezie della protagonista e il muro di gomma su cui la nostra rimbalza in continuazione.
Nonostante Evangeline sia una lavoratrice indefessa e un’eccellente professionista, non riesce a sfuggire all’immagine che il mondo ha di lei: emotiva, debole, incompetente, vittima della propria natura.
La nostra si trova a giostrare conflitto da ogni lato: la famiglia non la sostiene, la professione è difficile, è indebitata fino agli occhi, lo scavo è in una zona pericolosa e le tensioni diplomatiche potrebbero risultare in una guerra da un giorno a quell’altro. In più, quasi nessuno la prende sul serio. A ogni occasione, Evangelina è sorpassata da gente meno competente, o lasciata da parte in barba alle regole.
Nonostante i continui ostacoli, la nostra riesce a imporsi nello scavo della gigantesca piramide sotterranea del re necromante Orrhane il Macilento, un tiranno pazzoide con una sposa bambina e una fine misteriosa.
Evangeline è attorniata da una variegata compagine di personaggi, soprattutto uomini. Uno scrittore pigro li avrebbe resi tutti tronfi incompetenti per far risaltare il genio ribelle della protagonista. Non con Menconi. Comprimari e antagonisti sono vari e memorabili, e le interazioni con Evangeline sono verosimili e credibili. C’è chi è misogino perché rozzo e ottuso, chi ha pregiudizi più o meno coscienti, chi antagonizza la protagonista per ambizione, chi per preconcetto bigotto, chi per motivi personali.
La prosa e la storia non si prendono troppo sul serio: Sangue del mio sangue vuole essere un racconto macabro e divertente, oltre che un romanzo di avventura. A tratti descrizioni e situazioni sfumano nel caricaturale e nel grottesco, con un tono molto più leggero e ironico rispetto ad Abaddon.
Verso l’ultimo terzo del libro, si sviluppa un interessante parallelismo tra Orrhane e Evangeline, e un interessante chiasmo. Orrhane è all’apice del potere, un re, un necromante con potere sulla vita e sulla morte. Evangeline non ha potere su niente, e anche la poca autorità che ufficialmente detiene le viene a stento riconosciuta.
Entrambi però sono ossessionati dall’immortalità. Orrhane non vuole morire, non vuole cessare di esistere. Evangeline vuole diventare una famosa archeologa, vuole essere conosciuta e riconosciuta.
Entrambi sono determinati, entrambi hanno pochi scrupoli. Orrhane praticava sacrifici umani, era pronto a consumare il sangue del suo sangue per ottenere ciò che voleva. E presto Evangeline si trova a dover compiere una simile scelta.
La vicenda nel suo insieme scorre bene e senza intoppi: non ci sono contraddizioni e buchi di trama.
Però c’è un punto che a parer mio pone problema. Non si tratta di un buco di trama, quanto di una dissolvenza molto conveniente.
Quando Evangeline decide di liberare Orrhane, il necromante è chiuso in una gabbia in una tenda sorvegliata da soldati cirani.
Evangeline entra senza problemi (cosa credibile nel contesto) e ravviva lo stregone.
Nella scena dopo, lo ha riportato nella piramide.
Come?
La gabbia sarà stata chiusa a chiave. Dove a preso la chiave?
E come lo ha tirato fuori dalla tenda? Orrhane è un albino, non proprio qualcuno che si mimetizza. Ma diciamo che l’ha nascosto in un cesto del bucato, di nuovo, come? C’erano cesti del bucato in giro?
I cirani di guardia non si sono insospettiti? Sono stati messi a guardia di un esemplare unico in uno scavo di importanza nazionale!
Insomma, ci sta che non abbia capito io, ma si tratta di un passaggio importante della trama e secondo me sarebbe stato necessario elaborare in qualche modo.
La protagonista
Al di là dell’ambientazione e della storia, il personaggio di Evangeline è, secondo me, uno dei punti di forza del libro.
Menconi dice di aver voluto scrivere un personaggio femminista. Non so quali siano le idee politiche del Menconi o cosa ne pensi delle femministe, ma a mio modesto parere il risultato è molto interessante.
Evangeline è un buon personaggio. E’ strutturato bene, è ricco, è simpatico.
Evangeline è una gran lavoratrice, è audace, è determinata, ed è competente nel suo campo. Per chi ha letto la mia OpinioneImperdibileTM su Star Wars 7, sa che ho un dente avvelenato per i personaggi femminili scritti a cazzo.
Rey è scritta a cazzo. Rey è bellissima nonostante il suo stile di vita. Rey è capace di pilotare il Millennium Falcon nonostante non ci abbia mai messo piede prima. Rey è capace di usare la forza contro un allievo sith nonostante non abbia avuto nessun addestramento. E così via.
Dov’è la fatica, dove sono i tentativi, dove sono gli sbagli madornali e le musate in terra?
Rey, seppur scritta mille volte meglio, ha lo stesso problema del protagonista di quella puttanata mostruosa di Educazione siberiana: se non c’è difficoltà il risultato non vale nulla, se non c’è debolezza non c’è forza, se non c’è paura non c’è coraggio.
Con Evangeline vediamo il lavoro, la fatica, la passione, la frustrazione, gli errori. Tutto ci viene mostrato.
Un altro tropismo comune quando qualcuno scrive a cazzo un personaggio femminile Forte e Indipendente è di renderlo anaffettivo e in generale acido e antipatico. Insomma, per evitare il cliché della ragazzina romantica, scriviamola come una sociopatica arrogante e sferzante.
Questo non è un problema legato solo ai personaggi femminili: il personaggio genio e arrogante strafottente è purtroppo un cancro diffuso. Nella realtà dei fatti, più uno conosce il proprio campo più è cosciente dei propri limiti e sarà quindi meno incline a tirarsela. Ma sto divagando.
Pratchett ha una vasta gamma di eccellenti personaggi femminili
Evangeline è un personaggio senza troppi scrupoli, pronto a manipolare e mentire per arrivare dove vuole, ma è anche una persona responsabile ed empatica. Vuole sinceramente bene ai suoi Marmaduke e Fester, vuole bene ai genitori ed è ferita dal loro rifiuto, si assume la responsabilità di proteggere i propri sottoposti. La sua sete di gloria la spinge a fare o considerare azioni anche drastiche, ma resta una brava persona.
E’ ambiziosa, ed è pronta a mettere a repentaglio la vita altrui, ma non costringe il prossimo a prendere rischi che non prenderebbe lei per prima.
E’ anche un personaggio ben ancorato nel proprio contesto. Evangeline è spesso esasperata dal sessismo pervasivo della società perché ciò ha un impatto diretto su di lei. Allo stesso tempo ha interiorizzato del tutto il razzismo e l’omofobia. E’ verosimile: molte persone hanno difficoltà a tener conto di ciò che non ha un impatto diretto sulla loro pellaccia. E’ la ragione per cui la narrativa è importante: riuscendo a far immergere il lettore nei panni di qualcun altro (il personaggio) puoi offrire un punto di vista nuovo che la persona non avrebbe mai preso in considerazione prima. Perché una persona si interessi di un problema occorre stabilire una connessione a livello emotivo, non solo intellettuale.
Il Menconi scansa anche uno dei cliché che personalmente odio di più in assoluto in tutto l’universo narrativo di tutta la Storia della Letteratura: Madame Bovary.
Vi avevo accennato nel mio rant su Interstellar. Non ci sono davvero parole nel vocabolario per descrivere a che punto odio e disprezzo il cliché della donna vittima del proprio lato emotivo. La donna che sì, magari è anche competente, intelligente, forte, quel che cacchio vi pare, ma è sentimentale, ma si innamora, e l’amore romantico diventa il suo unico movente.
Non una qualsiasi forma di amore, no eh. Amore romantico. Perché ogni donna aspetta il suo Principe Azzurro, la sua vita gira intorno a quello!
A mio modesto parere questo tipo di storia fa dei danni.
Sia chiaro: mi rendo conto che l’amore romantico fa parte dell’esperienza di molti. Non c’è niente di male di per sé nelle storie con amore romantico. Quello che odio è quest’idea che un personaggio femminile non può essere davvero completo senza un uomo al suo fianco. Che se non sperimenti quel tipo di amore allora non sei davvero una persona a tutto tondo, non hai vissuto appieno.
Spesso, se il personaggio femminile non è incline al romanticismo, è per via di chissà quali traumi strappalacrime. Perché, in realtà, sotto la sua scorza di donna forte e competente c’è sempre e comunque un povero piccolo coniglietto spaventato che vuole solo essere raccolto e amato.
Capite, non è diventata ingegnere aerospaziale perché le garba fare l’ingegnere aerospaziale, me per riempire il vuoto lasciatole nel cuoricino dal babbo defunto, o qualche altra trovata del genere.
E’ una roba fin troppo pervasiva e che a parer mio ha contribuito non poco a rendere infelici un sacco di persone. E’ una formula diseducativa e dannosa.
Non è il caso di Evangeline. Certo, Evangeline incassa molto trauma, anche affettivo, ma è una donna indipendente, autosufficiente e competente, una donna davvero indipendente, autosufficiente e competente.
C’è della tensione sessuale nella storia, e viene trattata per quello che è: semplice attrazione sessuale. Ed è così rinfrescante da vedere. Evangeline è cosciente di ciò che prova, non ci sono storie romantiche, non ne ha bisogno, è un personaggio già completo che fa il suo arco, impara la sua lezione e supera i propri difetti. E per una volta tanto il suo difetto non è “ti manca il fidanzatino”.
Come accennato prima, uno scrittore sciatto avrebbe fatto risaltare la tostaggine indipendente della protagonista mettendola in mezzo a una folla di uomini maschilisti e stupidi. Loro hanno torto, lei ha ragione.
E’ una paraculata: specie in una società tradizionalmente maschilista, una misoginia più o meno interiorizzata non è appannaggio solo degli stupidi né solo degli uomini.
Nel libro di Menconi gli uomini che circondano Evangeline sono variegati e ben costruiti. Spesso sono competenti e capaci: non la prendono sul serio per via di un pregiudizio dato per scontato. Evangeline, dal canto suo, abituata a non essere mai presa sul serio, finisce per comportarsi allo stesso modo: non sta a sentire perché loro non stanno a sentire, finisce per isolarsi e entrare nella stessa logica arrivista di chi le frega le idee senza darle credito. Così facendo, gli altri archeologi fanno casino, ma anche lei combina casino. I personaggi devono mettere da parte le loro posizioni e riconoscere l’umanità e le capacità l’uno dell’altro per poter lavorare insieme e progredire.
L’ambizione è una caratteristica importante di Evangeline, specie quando si trova davanti all’annosa domanda: cosa sei disposto a sacrificare per ottenere ciò che vuoi?
Spesso in questi casi l’ambizione viene trattata come il difetto: il problema della tizia è che è ambiziosa,vuole diventare famosa e questo di per sé è sbagliato. Deve solo rendersi conto che l’amore è più importante, rinunciare alla sua ossessione e gettarsi tra le braccia del Principe Filippo di turno. Ah, quanta sofferenza evitata se solo si fosse subito resa conto di cosa era più importante!
Non è il caso con Menconi. Nella storia il problema non è l’ambizione, ma l’eccesso, l’ossessione. Per usare le parole del libro:
La vita eterna non ha alcun valore se sei un mostro con la mente annebbiata
Occorre un equilibrio sul prezzo che si paga e cosa si acquista.
Non è una condanna dell’ambizione, né una celebrazione superomistica del personaggio pronto a tutto, ma una presa di posizione molto più equilibrata e sfumata.
Perché abbiamo bisogno di più storie così
Come ho detto in altri articoli in passato, la gente non vive “nel mondo”, vive in un’idea che ha di mondo.
Tale idea non è costituita da oggettivi studi scientifici, ma da storie.
Sì, magari sul Riscaldamento Climatico ti sei fatta un’idea leggendo la stampa specializzata, ma per il resto ti basi soprattutto su storie e favole. Se senti sempre raccontare fatterelli di ebrei che rubano, darai per scontato che gli ebrei rubano senza nemmeno pensarci troppo, e magari un giorno ti chiederai da dove veniva quell’idea senza riuscire a trovare una risposta esatta.
Se fin da bambina ti raccontano storie dove il lieto fine è un matrimonio e tanti bambini, si innesterà il preconcetto che lo scopo vero alla fine è maritarsi e sgravare pargoli per la Patria.
Se lo stupro in prigione viene sempre presentato come una cosa buffa, gli uomini che ne sono vittime saranno derisi invece che aiutati. La prima reazione sarà una risata. Non perché hai attentamente ponderato la cosa e deciso che gli uomini meritano lo stupro, ma perché da sempre il soggetto ti viene presentato come una battuta buffissima.
Lo abbiamo visto con i personaggi omosessuali: da inesistenti, a antagonisti pervertiti, a macchiette buffe che pensano solo a scopare, e finalmente negli ultimi anni si sta arrivando ad avere personaggi scritti meglio. L’opinione pubblica sugli omosessuali è evoluta di conseguenza: oggi la maggioranza degli europei ritiene che debbano avere gli stessi diritti degli altri mentre negli anni ’80 potevano crepare tutti di AIDS e se lo sarebbero meritato.
In altre parole, per evitare di avere una visione stereotipata e povera della realtà, occorre una narrativa che non sia stereotipata e povera.
La narrativa buona ha la capacità di parlare con la nostra parte emotiva, con il nocciolo più primitivo della nostra persona. Non per forza uno cambia le proprie idee dopo un libro o un film, ma uno può acquisire un punto di vista nuovo. Empatizzando con un personaggio posso capirlo e posso arricchire l’immagine che ho del mondo.
Abbiamo bisogno di personaggi originali, che rompano i clichés. Abbiamo bisogno di personaggi variegati e differenti, di personaggi complessi.
Per anni le donne sono state ritratte come principesse in pericolo. Quando questo cliché ha stancato, abbiamo provato il contrario: maschiacci diverse dalle “altre” (cretinette interessate solo alla moda), capaci di tutto in barba alla logica. La nuova formula non era meno misogina della prima, purtroppo, perché era altrettanto piatta e stereotipata.
Personaggi tridimensionali e variati non sono solo belli da leggere: sono positivi in generale. Un romanzo zeppo di clichés, di per sé e preso da solo, non è un problema, è banale e basta. Un romanzo capace di originalità, di per sé e preso da solo, è utile al progresso.
Concludiamo coi Grumpies!
La storia |
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L’ambientazione fantasiosa |
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La protagonista |
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Una dissolvenza troppo conveniente |
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La mitologia |
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I comprimari |
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I dettagli bizzarro-macabri |
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Sangue del mio sangue si trova su Amazon. Anche senza tutte le mie menate sull’importanza della narrativa per la società, la storia è divertente, il personaggio ben costruito e il Menconi scrive bene. Datci un’occhio.