Breve storia dei disordini in Mutsu

Bonsoir mesdames et messieurs!

Forse qualcuno di voi avrà sentito parlare degli emishi.

Hanno una discreta fama, anche se certuni se li sbagliano con gli Ainu (e no, per quando ne so non hanno assolutamente nulla a che fare). Il nome può essere tradotto con “barbaro dell’est”, e indica una popolazione che per più di quattro secoli tenne testa alle mire espansioniste della dinastia di Yamato. Oggi non parleremo di loro nello specifico, bensì più in generale dei conflitti che martellarono il loro territorio: il Tōhoku, con un focus particolare sulla provincia di Mutsu.

Yup, un altro articolo di roba militare, ditemi che non vi mancava!

Nell’VIII° secolo la dinastia imperiale poteva considerarsi ben impiantata ed avviata da almeno un secolo (le riforme e basi del governo furono ultimate con la conclusione dl Codice Taihō nel 704, come si accenna anche in questo articolo). Tutto il Giappone era occupato. Beh, tutto no. Un fazzoletto di terra con dentro un piccolo villaggio resisteva infatti all’assedio romano HAEM, ma il vasto Tōhoku, continuava a porre problema.

Lo abbiamo già accennato nell’articolo sull’esercito di Heian: il sistema centralizzato, le tasse, e un servizio militare inadatto alla realtà agricola del Pase, avevano e continuavano ad avere un impatto drammatico sulla gente della regione, meno densa che nelle provincie centrali. Non aiutava il fatto che la frontiera orientale fosse ancora in espansione: gli imperiali rosicavano con gran pena il territorio abitato da una popolazione di cavalieri rinomati e grandi arcieri, gli emishi per l’appunto.

EDIT: il nord-est de Giappone

In principio, la Corte tentò di arginarli arruolando locali e coloni in una guardia di frontiera fatta apposta, i chinpei. Pensate che bellezza, un corpo d’armata intero, tutto per loro! Manco a dirlo, i chinpei non riuscirono a mettere una pezza alla situazione.

Nella seconda e terza decade dell’VIII° secolo, la Corte decise di cambiare sistema, e creò il Chinjō, più tardi chiamato Chinjufu, governo militare locali finalizzato a pacificare la regione. Nel 724 quest’organo era già in funzione e la sua sfera d’influenza fu accresciuta nel 759. Nel 776, gli imperiali si sentivano abbastanza sicuri da lanciare una massiccia campagna di sottomissione.

Volete sapere com’è andata?

E’ andata che la campagna durò fino all’811. 35 anni di cazzotti fitti come grandine e una spesa immane. Ma almeno avrà esaurito questi barbari delle colline, no?

Non proprio. Ma per la Corte l’operazione fu ufficialmente un successo!

Sì, scene del genere succedevano anche sull’Arcipelago…

Nel 792, come accennato nell’articolo sull’evoluzione dell’esercito, il sistema delle milizie locali reclutate tra i coscritti (gundan) fu abolito in tutto il Pese, ma NON nella provincia di Mutsu. Questa zona combinava tre caratteristiche problematiche: era una regione di confine, era tarlata da guerra, brigantaggio, rivolte emishi, ed era anche, colmo di sculo, la prima fonte aurifera dell’Impero. Insomma, i coscritti del Chinjufu si trovarono in una situazione in cui non potevano vincere ma non potevano nemmeno perdere.

Per dare un’idea di a che punto la situazione non fosse pacificata, basta citare la grande rivolta del capo emishi Aterui, che dal 787 e per quindici anni continuò a imperversare.

Nell’801 fu finalmente nominato Seii tai shōgun (Generale in capo per la pacificazione dei barbari) tale Sakanoue no Tamuramaro. Ci tengo a sottolineare che il Seii tai shōgun di questo periodo non ha niente a che fare col generalissimo del periodo Muromachi e men che meno con quello dl periodo Edo. Si tratta di una carica militari temporanea.

Tamuramaro veniva da una famiglia dell’antica aristocrazia militare, e fu uno dei pochi a riuscire a imporre un qualche sembiante di pace. Nell’802 fece costruire la fortezza di Isawa e spinse per ridurre l’esercito di occupazione da un lato, assorbendo d’alto canto i capi fushū (emishi sottomessi alla Corte), che furono integrati nell’amministrazione locale. Un esempio tra tutti, gli Abe, clan emishi sottomessosi e assegnato alla magistratura distrettuale dall’878.

L’operazione di pacificazione fu ufficialmente dichiarata un successo e sospesa nell’811. Needless to say, la realtà è che la Corte aveva abilmente trasformato il “problema emishi” in un “problema fushū”, il che non migliorava un granché le condizioni della regione, che rimase turbolenta.

Manco a dirlo, nell’878 i fushū di Dewa si ribellarono di nuovo, e a questo giro il Governo dovette sbattere il muso sull’indebolimento del suo apparato militare, totalmente inadeguato contro migliaia di fushū incazzati. I disordini si diffusero anche in Mutsu, minacciando il regolare invio d’oro alla Capitale.

I sacrés ci-deavants si rimboccarono le maniche, per una volta, e crearono i kondei, un corpo d’armata “professionale” messo insieme grazie alle famiglie militarizzare di funzionari di distretto. Il nocciolo dei kondei: l’arciere pesante a cavallo!

Frenate l’entusiasmo. Se a Corte erano riusciti a indovinare il tipo di tecnologia vincente, i numeri rimasero comunque troppo deboli. Si tratta di un successo tattico, ma di una clamorosa batosta strategica.

Secondo Seki, i problemi costanti in questa regione e l’incidenza elevata di violenza armata avrebbero giocato un ruolo fondamentale nella nascita di una nuova classe di guerrieri professionisti.

Long story short, la grande rivolta dell’878 si calmò col tempo, tornando alla normale situazione di ordinaria follia. Per qualche decennio. Tra 935 e 940 scoppiò un bisticcio familiare che s’incarognì fino a passare alla Storia: i Disordini di Jōhei e Tengyō, culminati con la rivolta di Taira no Masakado. Il signore in questione è uno dei miei eroi preferiti e avrà un largo spazio su questo blog perché la sua storia è assolutamente appassionante! Ora però non è il momento di parlarne: la rivolta in questione non avvenne nello specifico in Mutsu o Dewa (l’epicentro fu la vicina regione del Bandō) ma coinvolse anche combattenti del Tōhoku. Di più, uno dei fratelli cadetti di Masakado, Masatane, era il genero dl vicegovernatore sovra-numerario di Mutsu. Dopo la morte (SPOILER?) dl ribelle, genero e suocero furono condannati e perseguitati dalla Corte.

Bisogna notare che in questo periodo il potere reale di un funzionario dipendeva soprattutto dalla sua rete di legami personali e dal potere privato che riusciva a esercitare tramite terre/uomini/alleati, più che non dalle risorse che la funzione gli garantiva. La funzione portava con sé un gran prestigio, ma senza network un uomo era ostaggio della situazione.

I vincitori di questi disordini, ovvero quel filibustiere di Fujiwara no Hidesato, Minamoto no Tsunemoto e quel gran figlio di baldracca di Taira no Sadamori, non solo godevano di legami locali e di funzioni ufficiali, ma potevano vantare un lignaggio risalente alla Corte (Tsunemoto e Sadamori potevano addirittura rivendicarsi discendenti di imperatori!). Costoro sono interessanti perché sono i fondatori di lignaggi Seiwa-Genji e Kanmu-Heike, i due clan che si scannarono nella Guerra di Genpei e che finirono per scalzare gli aristocratici nella seconda metà del XII° secolo.

Tornando a noi, costoro approfittarono della gloria della vittoria e del favore della corte per costruirsi basi locali e una rete di alleanze. Come abbiamo visto nell’articolo sull’evoluzione dell’esercito, il nuovo sistema militare e di controllo del territorio non si fondava più sui coscritti (anche se i loro servizi continuavano ad essere richiesti talvolta per ordinaria amministrazione), ma su bande private, gente legata da legami personali da uomo a uomo.

Una banda era costituita da un capo, accompagnato da jūrui, “followers”, uomini che gli erano fedeli e prossimi grazie a legami intimi e solidi. Una banda poteva essere molto piccola, un cavaliere con un paio di uomini a piedi, o contare anche più di cento persone. Ma un capo non doveva condurre una guerra vera (o anche proteggere il proprio territorio) solo col loro sostegno: il profitto o la paura potevano assicurargli l’appoggio di altre bande o altri uomini, banrui, “alleati”, con cui aveva legami moto più deboli. Per più informazioni sulle bande del X°, rimando a quest’altro articolo. Qui vi basti sapere, ormai il fenotipo del guerriero lealista, del ribelle, del brigante o dell’emishi insubordinato è praticamente identico: un arciere pesante a cavallo che predilige tattiche di guerriglia a battaglie campali.

Tornando alla provincia di Mutsu, la quiete rivenne in modo relativo, fino alla metà dell’XI° secolo. Era un po’ che in zona non capitava una qualche catastrofe nazionale, finché il governatore di Mutsu e il vicegovernatore del forte di Akita (in Dewa)non attaccarono briga con un grosso fushū di Mutsu, Abe no Yoritoki, guerriero alla testa di sei distretti.

Abe no Yoritoki, figuratevi un po’, rifiutava di pagare le tasse dovute sul vasto territorio che controllava. Il governatore di Mutsu e il vicegovernatore della fortezza di Akita lo attaccarono con (dice) diverse migliaia di muoni, e gli Abe gli ruppero clamorosamente le corna. Era già successo che un notabile locale riempisse di calci un governatore, e a volte era finita molto, molto male (vedi l’affare Masakado).

La Corte ebbe vento della cosa, e onde evitare che il casino degenerasse, nel 1051 spedirono tale Minamoto no Yoriyoshi come nuovo governatore della provincia. Yorioshi si era già distinto, vent’ani prima, assieme al padre Yorinobu, nella repressione della rivolta di Taira no Tadatsuna (non lontano da Mutsu, peraltro, ma che volete, nell’Est ci facevan buca i matti e gli irrequieti). Fu lui a stabilire una prima solida base in Sagami, futura piazzaforte dei Minamoto.

Nel caso di questo piccolo problema, Yoriyoshi mostrò buon piglio diplomatico, e sul momento l’operazione parve un successo: le acque si quietarono. Ma mai fidarsi delle acque chete: nel 1056 il calderone si scoperchiò di nuovo, con più entusiasmo di prima. Sadatō, figlio di Yoritoki, rilanciò le ostilità. Di nuovo la Corte spedì Yoriyoshi con la funzione di governatore di Mutsu, ma a questo giro non ci fu verso di mettere buoni gli Abe. La guerra durò per anni, finché, nel 1062 gli imperiali non riuscirono a tirare dalla loro parte i Kiyohara, un grosso clan di fushū di Dewa, che fecero il mazzo agli Abe.

Legend has it, Takenori, il capo di Kiyohara, si sarebbe presentato con un esercito di “10.000 uomini” (contro i 3.000 di Yoriyoshi). Per l’XI° secolo mi sembra una stima molto ottimista (all’apice della sua gloria Masakado avrebbe contato su un totale di circa 8.000 uomini, alleati compresi, dubito che qualcun altro possa aver fatto di meglio). Ad ogni modo dice che il vasto esercito di Takenori fosse diviso in sette parti, ognuna sotto la guida di un membro della famiglia, e questo è verosimile.

Un guerriero del X°

Yoriyoshi e Takenori assaltarono nel 1062 la fortezza di Kuriyagawa, fecero fuori Sadatō e spezzarono la groppa degli Abe. Non li sterminarono (non usava ancora all’epoca): i sopravvissuti furono deportati in Iyo e in Shikoku. Risalteranno fuori in forma smagliante durante il periodo “medievale”.

Da notare che ancora in questo conflitto (seconda metà dell’XI° secolo!) le truppe di leva e le truppe ufficiali, previste dai Codici e teoricamente ancora esistenti, servirono solo come supporto alle truppe private di Yoriyoshi e dei Kiyohara.

La carica di Yoriyoshi era scaduta al momento dell’ultimo showdown, il che faceva di lui un partecipante “privato”, cosa che non solo lo escludeva dalla ricompensa ufficiale me tecnicamente ne faceva un fuorilegge (ricordo che era illegale, in teoria, mobilitare più di 20 uomini senza un decreto imperiale). Tuttavia la Corte sapeva quando chiudere un occhio sulla forma, e lo ricompensarono comunque col Quarto Rango e il posto di governatore a Iyo. Suo figlio Yoshiie (sentito nominare, forse?) passò al Quinto Rango e divenne governatore di Dewa.

Ciononostante, i veri vincitori nel gioco furono a conti fatti i Kiyohara: Takenori ottenne i sei distretti prima appartenuti agli Abe, il Quinto Rango di Corte, e la funzione di chinjufu shōgun. Nessun fushū aveva mai conquistato tanto onore. Inoltre, con l’eredità degli Abe, il buon Takenori allungava i tentacoli sia nella provincia di Mutsu che in quella di Dewa. E se pensate che questa situazione non fosse una promessa di casino, siete degli inguaribili ottimisti.

Andiamo con ordine.

Takenori aveva un nipote, Sanehira, che divenne capo del clan. Sentendosi la situazione sdrucciolare, Sanehira cercò di serrare la presa sui propri parenti e vassalli, attizzando i calabroni. Un membro anziano, Kimiko no Hidetake, decise che non era invecchiato con un arco in pugno per farsi calpestare da un novellino, e si schierò apertamente contro di lui. Nel 1083 Sanehira mandò i suoi partigiani in Dewa per dare una lezione al parente serpente. Cattiva idea. Hidetake non era solo e Sanehira aveva due fratelli che non gli volevano bene: partita la spedizione, i due, Iehira e Kiyohira, lo attaccarono nella sua base di Mutsu.

Occorre aprire una parentesi per illuminare il casino che Takenori e suo figlio erano riusciti a combinare nella loro famiglia. Prendiamo Kiyohira. Non era davvero un ragazzo Kiyohara, ma il figlio di Fujiwara no Tsunekiyo, partigiano e genero di Abe no Yoritoki. Dopo la guerra, Takenori fece ammazzare Tsunekiyo e regalò la sua vedova e il bambino al proprio figlio Takesada, così, come bottino. Mai lasciare vivi gli eredi. Mai. Forse nella speranza di evitare possibili manie di vendetta, Takesada adottò Kiyohira e prese sua madre come sposa principale. Iehira nacque da questo matrimonio.

Abbiamo quindi tre figli del capofamiglia, e nessuno dei tre del tutto “fratello” con gli altri due! Un capolavoro! Sanehira e Iehira avevano lo stesso padre, ma non la stessa madre; Kiyohira e Iehira avevano la stessa madre ma non lo stesso padre.

Sotto assedio dei suoi due mezzi-quasi-circa-fratelli, Sanehira tenne botta fino all’arrivo di Minamoto no Yoshiie nel 1083, appuntato di fresco governatore di Mutsu. Yoshiie scrisse alla Corte per ottenere un ordine ufficiale contro Iehira, ma gli aristocratici non muovono mai le natiche se i convogli delle tasse arrivano: gli risposero che era una gatta di Kiyohara e se la pelassero tra di loro, dopotutto erano stati Takenori e Takesada a creare i presupposti. Sottolineo che tutti i Kiyohara pagavano regolarmente le tasse, quindi la faccenda non interessava il Governo (mi piace peraltro il casino selettivo di Kiyohara: dobbiamo mandare una banda a bruciare i loro raccolti, un’atra a difendere la nostra residenze, voglio rinforzi alla palizzata e oh, ma l’hai spedita la dichiarazione dei redditi?).

Yoshiie e Sanehira decisero, fuck it, e scesero in campo senza decreto. Sanehira partì per Dewa una seconda volta, e una seconda volta i fratellini cercarono di rosicchiargli la coda, ma a questo giro si trovarono le bande di Yoshiie tra i piedi. La situazione girava male, ma per la fortuna di tutti Sanehira ebbe la cortesia di schiattare di un malanno sulla via di Dewa e gli altri due si sottomisero a Yoshiie, perché finché si tratta d’infilare la testa di tuo fratello su una picca non ci sono problemi, ma Yoshiie era il governatore, il capo di una potente famiglia e di una vasta rete di alleanze, un detentore del Quinto Rango e un uomo ben ammanigliato alla Corte.

Yoshiie decise di esser salomonico e assegnò tre distretti a ogni fratello, scontentandoli entrambi in un combo fenomenale. Iehira era incazzato dacché, come figlio legittimo di Takesada, si considerava legittimo capo del clan. Kiyohira era adottato, ma in quanto nipote di Abe no Yoritoki si considerava probabilmente l’erede legittimo dei sei distretti appartenuti a suo nonno.

Fu il minore a muoversi per primo, perché come tutti sanno i minori sono infidi: attaccò la base del fratellastro e, per buona misura, fece fuori sua moglie e i suoi figli. Kiyohira si appellò a Yoshiie, che rispose.

Verso la fine del 1086 i guerrieri erano di nuovo in campo: Yoshiie assediò Iehira alla palizzata di Numa con “3000 guerrieri a cavallo”, ma dovette lasciar perdere a causa della neve. Poco male, zompò di nuovo sul suo bersaglio alla palizzata di Kanezawa, appoggiato da suo fratello minore Yoshimitsu che era venuto con dei compari apposta dalla Capitale per non perdersi la festa. Verso la fine del 1087 riuscirono finalmente a tagliare le unghie a Iehira, che finì morto ammazzato. La linea principale dei Kiyohara si era estinta.

Ma l’allegria della vittoria durò poco, dacché la Corte aveva una sorpresona in serbo per Yoshiie: avendo lui combattuto sì per punire un ribelle, ma senza un permesso ufficiale, non gli spettava nessuna ricompensa! Non solo: fu sollevato l’anno dopo come governatore e costretto a ripagare di tasca propria i fondi sottratti alle tasse per finanziare la guerra.

E non è finita. Yoshiie era alla testa di guerrieri, e i guerrieri non combattono per nulla. Furono le sue casse a fornire i fondi di che ricompensare i veterani.

Questa può apparire come una batosta economica di epiche proporzioni per Yoshiie, e lo fu. Ma per un altro verso i guerrieri che si erano battuti per lui furono molto ben impressionati dallo stoicismo e la galanteria con cui Yoshiie s’infilò le mani in tasca. Avrebbe potuto rimandarli a casa con un pugno di mosche, e ne avrebbe avuto ben donde, e invece si era salassato e aveva ricompensato i loro sforzi. Yoshiie perse soldi, ma guadagnò reputazione, e tra i guerrieri questa contava almeno quanto la ricchezza materiale.

Dal canto suo Kiyohira vinse il jackpot: non solo aveva eliminato due fastidiosi fratellastri, ma fu governatore di Mutsu e di Dewa, ereditò le terre degli Abe e dei Kiyohara, fu nominato chinjufu shōgun. Di venuto l’uomo più potente della regione, riprese il nome di suo padre giustiziato, Fujiwara. Vinse, in poche parole, su tutta la linea. Il sito di Hiraizumi, di cui parleremo magari un giorno, si sviluppò parecchio proprio sotto l’ala di Kiyohira e d suoi discendenti.

Le guerre del Tōhoku ebbero anche l’effetto di rinforzare le basi provinciali di Taira e Minamoto e, avendo dato linfa a entrambi, furono una delle radici del futuro conflitto tra i due clan. E non pensate che da quelle parti due guerroni a stretto giro di boa fossero bastati a sottomettere del tutto la regione: secondo Souyri, il Tōhoku restò de facto semi-indipendente fino in pieno XII° secolo! Gli Ōshū Fujiwara, fondati da Kiyohira, restarono i signori del posto fino a tutta la guerra di Genpei.

Finalmente, nel 1189, Minamoto no Yoritomo, altro marmocchio risparmiato a sproposito, li sconfisse in via definitiva e costrinse il Tōhoku, a calci nel culo, sotto la coppa del Bakufu di Kamakura. Ma questa è un’altra storia.

Se solo i Fujiwara del nord-est avessero avuto armigeri così bravi e prestanti ^_^

E come al solito, MUSICA

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BIBLIOGRAFIA

FRIDAY Karl, Hired Swords, Stanford University Press, 1992

FRIDAY Karl, Samurai, warfare ande the state, Routledge, New York, 2004

HALL John Whitney, Government and Local Power in Japan, 500 to 1700, Center for Japanese Studies University of Michigan, 1999, pag. 66-140

KAWAJIRI Akio, Taira Masakado no ran, Yoshikawa Kōbunkan, Tōkyō, 2007, p. 39-49

KITAYAMA Shigeo, Ōchi seiji shiron, Iwanami shōten, Tōkyō, 1970, p. 2-183

RIZŌ Takeuchi, “The rise of the warriors” dans HALL John Whitney, JENSEN Marius B., KANAI Madoka, TWITCHETT Denis, The Cambridge History of japan, vol.2, Cambridge University press, Cambridge, 1999, p.664-679

SEKI Yukihiko, Tōhoku no sōran to Ōshū kassen, Yoshikawa Kōbunkan, Tōkyō, 2006, p. 1-155

SOUYRI Pierre-François, The world turned upside down, Pimlico, Londra, 2002, p. 1-46

TURNBULL Stephen, Japanese Castles AD 250-1540, Fortress N.74, Osprey Publishing, Oxford, 2008

34 thoughts on “Breve storia dei disordini in Mutsu

  1. Brava Tengrrrrl, bell’articolo, complimenti (e, per la seconda volta, anche la canzone di coda è quantomeno accettabile ^_^ … che i tuoi gusti stiano finalmente migliorando O.o ? :-P)

    Pelresto, come dicevo, l’articolo è buono: ho qualche perplessità sul fatto che Emishi ed Ainu siano due gruppi etnici del tutto distinti (a quanto ne sapevo io, si trattava invece quantomeno di gruppi etnici affini, se non addirittura di tribù diverse di una stessa nazione, ma ammetto che non ho mai approfondito eccessivamente).

    Altra cosa: occhio all’italiano. Ci sono alcuni refusi, ed alcune espressioni non proprio corrette (scrivo da tablet, e non ho avuto la malizia di appuntarmele, mi spiace 😦 )

    • A me risulta che Emishi e Ainu non abbiano nulla a che vedere. Da un punto di vista etnico gli Ainu erano (erano: sono passati per 150 anni di asssimilazione forzata) più affini ai caucasici che ai giapponesi: erano bianchi, molto pelosi. Gli Emishi erano dello stesso ceppo etnico di giapponesi di Yamato (ed è stato ormai dimostrato che i giaps sono di oricine coreana, con loro buona pace).
      Inoltre la cultura non ha nulla a che fare. Gli Ainu usavano poco il metallo, costruivano in terra e che io sappia non sono mai stati un popolo di cavalieri.
      Gli Emishi forgiavano molto di più (avevano armature), erano un popolo tipicamente di arcieri a cavallo e costruivano roba molto più elaborata degli Ainu. Peraltro, la lingua che gli Emishi parlavano era diversa da quella degli Yamato, ma affine: potevano capirsi con un po’ di buona volontà. L’Ainu è totalmente diversa come grammatica e fonetica. Inoltre mentre con gli Ainu il culto dell’orso salta fuori in continuazione (un po’ come il Buddismo coi giaps), non ho mai trovato nessun accenno dl genere riferito agli Emishi.

      Ora, c’è da dire che sappiamo poco degli Ainu, dato che gli studi sono tutti recenti e la ricerca è ancora in pieno sviluppo, ma da quel poco che ho letto si tratta proprio di gente diversa.
      Poi eh, magari il giorno che faccio un mémoire sugli Emishi scopro che avevo torto, nel qual caso pubblicherò un articolo di rettifica 😀 Ma ora come ora sono pronta a scommettere che Emishi e Ainu sono etnie distinte.

      • A me risulta che Emishi e Ainu non abbiano nulla a che vedere. Da un punto di vista etnico gli Ainu erano (erano: sono passati per 150 anni di asssimilazione forzata) più affini ai caucasici che ai giapponesi: erano bianchi, molto pelosi. Gli Emishi erano dello stesso ceppo etnico di giapponesi di Yamato (ed è stato ormai dimostrato che i giaps sono di oricine coreana, con loro buona pace).

        Attenzione: gli Ainu hanno (o meglio avevano) l’aspetto più affini agli occidentali, ma (se non ricordo male) a livello di DNA tuttavia non hanno alcuna affinità con i caucasici .
        Da che ricordavo (ma correggimi se sbaglio 😛 ), secondo le teorie attualmente più accreditate il giappone sarebbe stato colonizzato in diverse ondate migratorie, a partire dall’ultima era glaciale, provenienti quasi tutte dalla Corea: gli Ainu non sono che il sostrato più antico di queste immigrazioni.

        Inoltre la cultura non ha nulla a che fare. Gli Ainu usavano poco il metallo, costruivano in terra e che io sappia non sono mai stati un popolo di cavalieri.
        Gli Emishi forgiavano molto di più (avevano armature), erano un popolo tipicamente di arcieri a cavallo e costruivano roba molto più elaborata degli Ainu.

        Le differenze cui fai cenno sono spiegabili molto semplicemente con due fattori: il relativo isolamento, geografico ma anche e soprattutto culturale, degli Ainu di Hokkaido (quelli che sono Ainu per antonomasia, insomma) e le differenti condizioni in cui si trovavano a vivere: L’hokkaido è alla stessa latidudine della nostra Toscana, ma climaticamente assomiglia molto di più all’Alaska: soprattutto però è una ridente isoletta nll’Arcipelago Giapponese, coperta di boschi e con più orsi che persone: non esattamente le condizioni ideali per sviluppare una cultura basata sugli arcieri a cavallo. Una delle cose che passano più spesso inosservate è che sviluppare e mantenere una classe guerriera è un enorme costo : un guerriero è un membro assolutamente improduttivo della società, che viene sottratto per gli anni (ANNI) necessari al suo addestramento a mansioni molto più utili alla sopravvivenza immediata. Gli Ainu di Hokkaido vivevano di un tipo di economia di caccia, pesca e raccolta integrata da una minima agricoltura (portata avanti quasi esclusivamente dalle donne), che era si adatta alle caratteristiche del territorio, che però risultava sostenibile proprio per la scarsissima densità demografica (i villaggi Ainu erano piccolissimi anche per gli standard dell’Arcipelago): di nuovo, non c’erano (più) le condizioni per mantenere e sviluppare una classe di guerrieri a cavallo.
        Inoltre, come osservava molto acutamente Dago, c’è la “questione del cavallo”: non si dice “mangiare come un cavallo” per niente, perché richiede un’elevatissima quantità di foraggio rispetto alla forza lavoro che esprime. Inoltre, come certo saprai, sono bestie fragili e delicate (oltre che incredibilmente stupide). Non era certo un investimento per un popolo che viveva su di un isola remota,, coperta pressoché interamente di foreste e lontana dai traffici, pressoché privo di nemici esterni (se non ricordo male l’invasione Giapponese è stata nel 1500) e spezzettato in unità demografiche piccolissime e dedite alla caccia e pesca.
        Le medesime ragioni spiegano altresì la scomparsa della metallurgia del ferro presso gli Ainu di Hokkaido: la scarsità e la difficoltà di reperire il minerale (che nell’arcipelago si trova solo sotto forma di sabbie ferrose), e la relativa inutilità dello stesso per un’economia fondata pressoché interamente sulla caccia e la raccolta hanno reso diseconomica la metallurgia, ammeso e non concesso che fra gli ultimi profughi in fuga dall’Honshu vi fosse qualcuno che l’aveva portata con se.

      • secondo le teorie attualmente più accreditate il giappone sarebbe stato colonizzato in diverse ondate migratorie, a partire dall’ultima era glaciale, provenienti quasi tutte dalla Corea: gli Ainu non sono che il sostrato più antico di queste immigrazioni.

        Yup. Still, etnicamente mi risulta fossero più affini ai caucasici che ai giaps, anche se entrambi sono passati dalla Corea per andare in Giappone (big surprise :D)

        richiede un’elevatissima quantità di foraggio rispetto alla forza lavoro che esprime

        Dipend dal cavallo. Il cavallo mongolo delle grandi migrazioni, per fare un esempio, era molto poco dispendioso e capace di nutrirsi da solo scavando sotto la neve, cosa che molti altri tipi di equini domestici non saprebbero fare (abbandonati nella neve alta senza cura dperirebbero rapidamente). Per quanto riguarda la loro fragilità e intelligenza di nuovo, dipende dalla razza. Il cavallo domestico è come la vacca: è stato selezionato in millenni in base alle funzioni e al posto, ergo varietà diverse avranno caratteri molto differenti (esattamente come li hanno diverse razze di mucche). Un cavallo da battaglia non è un cavallo da tiro che ha avuto un’educazione differente 😛
        Quanto al guerriero, la gente che viveva in Dewa non aveva condizioni climatiche molto divverse da Hokkaido, e anche loro erano quattro gatti in mezzo a boschi e orsi, still, erano eccellenti guerrieri. E ricordo che pensare al guerriero come “militare puro” nel periodo in questione è del tutto anacronistico, che si parli del Kinai, del Kanto, di Dewa o di Mitsu: i “samurai” dediti solo alla via delle armi praticamente NON ESISTONO ANCORA, salvo rarissime eccezioni. La stragrande maggioranza dei guerrieri di questo periodo sono anche contadini e cacciatori (quindi certo, costano molto cari alla comunità, ma meno di quanto corteranno in futuro i guerrieri “puri”).
        Riassumendo, tra Ainu ed Emishi, per quanto sappiamo, ci sono enormi differenze somatiche, una lingua che non ha assolutamente nulla a che fare (e di solito questo criterio è fondamentale nel ddiscrimine), un tipo di cultura diversa, un tipo di organizzazione familiare diversa, un’economia differente. Per quello che ne so io NO, NON SONO ASSOLUTAMENTE la stessa gente 😀
        Gli Emishi, as far es I know, fanno parte della stessa ondata di immigrazione giapponese, ma rifiutarono di sottomettersi al clan Yamato e continuarono a vivere in parallelo, elaborando un dialetto e una cultura differente da quella che si diffuse nelle regioni centrali dell’Impero. Le differenze tra loro e gli imperiali sono ridicole ripetto a quelle tra loro e gli Ainu.

      • Peraltro, la lingua che gli Emishi parlavano era diversa da quella degli Yamato, ma affine: potevano capirsi con un po’ di buona volontà. L’Ainu è totalmente diversa come grammatica e fonetica.Peraltro, la lingua che gli Emishi parlavano era diversa da quella degli Yamato, ma affine: potevano capirsi con un po’ di buona volontà. L’Ainu è totalmente diversa come grammatica e fonetica.

        Ti rispondo con un esempio pratico: a qualche chilometro da casa mia si parla il ladino (no, non latino : LADINO proprio, che è tutt’altra cosa). Ho diversi amici che lo parlano fra loro correntemente, e fino al X secolo d.C. anche il dialetto della mia Valle era facente parte della stessa famiglia linguistica: ebbene, quando parlano fra loro faccio fatica a capire una parola su quattro, ed è pressoché impossibile capire anche soltanto l’argomento della conversazione, specialmente se parlano in fretta ed in dialetto stretto. E nella stessa valle esistono due varianti dello stesso dialetto meno di 15 km di distanza .
        Pertanto, le differenze fonetiche e grammaticali fra l’Ainu e il Giapponese potrebbero volendo spiegarsi riconducendole ad un fenomeno di evoluzione divergente favorita dalle condizioni di relativo isolamento di Hokkaido 😛

        Inoltre il Giapponese discende dalla lingua degli Yamato, la classe dirigente: può ben essere che fra il popolo si parlasse invece una koinè più affine alla lingua degli Ainu, relitto dello strato più antico della popolazione (il che spiega perché con gli Emishi riuscissero a capirsi): in ogni caso, se non ricordo male, anche con gli Emishi gli Imperiali dovevano servirsi di interpreti .

      • Ripeto: per quanto ne so il giapponese e l’Ainu non sono dialetti differenti, sono LINGUE diverse che non hanno nulla a che vedere 😛 Un po’ come l’ebraico e la Langue d’Oil. Certo, gli ebrei del Marais vivevano a pochi metri dei francesi, ma erano gente differente (parlavano una lingua diversa, credevano cose diverse, avevano una coltura diversa, e fino a mica tanti decenni fa probabilmente anche tratti somatici diversi).
        Quanto alla lingua in Giappone, quando dico che tra Emishi e gente del Kinai non si capivano, mi riferisco a documenti storici: nei documenti (scritti dalla gente del Kinai) gli abitanti dell’Est parlano un dialetto barbarico quasi incomprensibile. Non sono sicura che fossero necessari interpreti, ma sono sicura che le difficoltà di comprensione erano reali, ma non insormontabili.

  2. >>(ed è stato ormai dimostrato che i giaps sono di oricine coreana, con loro buona pace).

    E’ con questa, saluti la tua borsa di studio offerta da una prestigiosa università giapponese ^_^

    >> erano un popolo tipicamente di arcieri a cavallo

    Da dove diavolo esce fuori un popolo di cavalieri, in un arcipelago??

    >> Ora, c’è da dire che sappiamo poco degli Ainu

    E se fossero loro la tribù perduta di Israele?? Noi di voyager pensiamo di sì!

    • >>Da dove diavolo esce fuori un popolo di cavalieri, in un arcipelago??
      Ma te l’ho detto, dalla Corea ^_^ E ora abbiamo anche la ragione del perché il governo Giappo non ci fa aprire il tumulo dll’Imperatore Jinmu: lo SANNO che dentro c’è un fottuto coreano! X°D

      >>E se fossero loro la tribù perduta di Israele?? Noi di voyager pensiamo di sì!
      Se fossero stati ebrei avrebbero schiavizzato e comandato i poveri Yamato per costringerli a far soldi per loro. Si sa che i giudi sono sempre i vincenti della Storia, no? ^_^

  3. >>Ma te l’ho detto, dalla Corea ^_^

    No, nel senso: mi sorprendeva alquanto che avessero potuto mantenersi come popolo di cavalieri controllando solo una piccola porzione di un arcipelago. Essere un popolo a cavallo normalmente ti permette di asfaltare i nemici (vedi turchi e mongoli), ma da quel che mi risulta richiede anche la disponibilità di altissime quantià di foraggio e quindi di grandi estensioni di pascoli.

    • Il Kanto aveva vasti pascoli. E considera che i giappi non erano numerosissimi. Souyri suppone che nel 1150 la popolazione complessiva dll’Impero fosse di 7 milioni (probabilmente meno), di cui gran parte concentrati nel Kinai. Quanto all’asfaltare i nemici, hanno ributtato gli Ainu in Hokkaido molto alla svelta, e poi hanno iniziato a scannarsi tra di loro 😀 Dopotutto erano gente della stessa etnia, ma le differenze culturali erano comunque notevoli (dalla lingua alle abitudini, i japs del Kinai erano tendenzialmente agricoltori, quelli dell’est tendevano più al’allevamento e gli Emishi erano di solito cacciatori, ovviamente generalizzando) e non tutti erano entusiasti all’idea di avere un Imperatore che imponesse tributi e blazelli. Peraltro, a esperienza mia i giapponesi si dimostrano per gran parte della loro storia un popolo particolarmente bellicoso.

  4. Quella per spatasciare contro le Dolomiti l’avvocato infingardo che ha espresso un si ignobile giudizio contro i nostri amici equini >..<

    • No, in effeti avete ragione. I cavalli non sono bestie incredibilmente stupide.
      I cavalli SONO bestie più che incredibilmente stupide
      E ve lo dice uno che viene da una famiglia di allevatori di cavalli .

      Srsly: io adoro i cavalli. Sono animali bellissimi: sono cresciuto con storie di cavalli e delle loro prodezze (mitica Roma, la cavalla del nonno Giovanni). Ma sono animali incredibilmente fragili, delicati e soprattutto decisamente poco intelligenti se paragonati ad altri membri della famiglia degli equini. Come ad esempio, believe it or not, gli asini .

      • Non metto in dubbio la tua expertise in quel tipo di cavallo, ma ripeto: come anche le vacche, non tutti i cavalli sono uguali 😀 E di supporre che il cavallo odierno da tiro, bistecca o passeggio sia identico a un cavallo, che ne so, dell’esercito polacco del ’39 per non andar lontani (grazie Reno 😀 ) è scorretto, per non parlare di figurarlo con un cavallo arabo del 1500 o un mongolo dl 1200 e via dicendo 😉
        Riguardo ai cavallli giapponesi, la mia futura tesi di PhD porterà proprio sugli animali domestici in guerra, quindi vi terrò aggiornati, per ora posso dire che facevano parte di doni di prestigio inviati da Michinaga in Cina e Corea. Quindi suppongo che dovessero averne di notevoli, o non avrebbero osato spedirli 😀

      • @Tengrrl:

        di supporre che il cavallo odierno da tiro, bistecca o passeggio sia identico a un cavallo, che ne so, dell’esercito polacco del ’39 per non andar lontani (grazie Reno 😀 ) è scorretto,

        i) il cavallo di cui parlo NON è quello odierno: il povero nonno è scomparso nel 2005, e le sue storie di cavalli risalgono alla sua giovinezza (la mitica Roma, per dire, era coeva dei destrieri di Krojanty). Inoltre ricordati DOVE vivo: vent’anni fa il campo di patate si arava ancora col cavallo e l’ultimo carrettiere del paese è morto (forse) cinque anni fa, e fino a dieci/quindici anni fa non era così infrequente vederlo girare per il paese.
        Ora: io capisco che sia scorretto equiparare il cavallo attuale medio (che, in buona sostanza, si riduce a un distributore ambulante di sterco) al cavallo del 1.500 d.C., ma questo perché il cavallo attuale è (nella maggior parte dei casi) equiparabile a un auto di lusso: niente più che un (costoso) status symbol.
        Tuttavia, da queste parti (e per quello che ho esperienza) il cavallo era quello che è stato per secoli: uno strumento di lavoro . Che si, non sarà perfettamente sovrapponibile al destriero con cui Guglielmo il Bastardo guidava i sui conroyes contro il muro di scudi di Aroldo, ma non gli va comunque molto lontano. Si trattava di Haflinger, a volte roani, di buona resistenza, frugali, ma comunque bestie costose in termini di mantenimento.
        ii)

        facevano parte di doni di prestigio inviati da Michinaga in Cina e Corea.

        mmm… ok, quindi? Mi sfugge il nesso, sorry 😦
        iii) tornando in topic: gli Ainu non avevano cavalli esattamente per lo stesso motivo per cui gli Emishi li avevano: come ho già scritto, gli Ainu vivevano nella loro isola “in culo agli orsi” (scusate, non ho resistito al bon mot XD), in buona sostanza isolati e pressoché privi di nemici esterni. Ma soprattutto vivevano in una società basata sulla caccia e sulla raccolta in un ambiente prevalentemente forestale,
        In un contesto del genere, allevare una bestia come il cavallo semplicemente non ha senso . Il cavallo non lo puoi mungere (si, ok, da latte, ma in proporzione del tutto insignificante rispetto ad una vacca), è un animale fragile , sia dal punto di vista digestivo (perché comunque sensibile a determinati alimenti e soggetto a indigestione, che per il cavallo è fatale ), lussazioni e storture degli arti e molto altro (se la cosa interessa posso approfondire). Soprattutto, richiede cure: stabulazione invernale (o comunque riparo) e soprattutto nutrimento quando il foraggio naturale non c’è .
        Il cavallo mongolo (nell’esempio citato da Tengrrrl) ben poteva trovare cibo autonomamente anche in pieno inverno, perché i nomadi non sono stupidi, e l’inverno migrano verso zone migliori, dove le precipitazioni nevose non sono così abbondanti da rendere irrepreibile il foraggio.
        Questo in un contesto come Hokkaido è pressoché impossibile: d’inverno sotto 3-4 metri di neve (ma anche solo un metro è proibitivo, e viste le caratteristiche dell’isoletta precipitazioni del genere non sono affatto infrequenti) per l’animale foraggiarsi in ,maniera autonoma diventa impossibile
        In una società agraria, l’investimento di allevare un cavallo è ricompensato dalla forza lavoro profusa nei lavori dei campi e/o forestali (tirare tronchi, svellere ceppi di alberi, dissodare ed arare campi): pertanto ha senso dedicare parte della superficie a colture foraggere (maggese o erba medica). Ma in una società come quella degli Ainu, basata sulla caccia e sulla raccolta in un contesto forestale, allevare un cavallo aveva la stessa utilità della bicicletta per un pesce.
        Allo stesso modo, era assurdo allevare cavalli per la guerra: in un terreno coperto da folta vegetazione, i vantaggi militari che potrebbe portare un cavallo sono azzerati dagli svantaggi che comporta (invito chiunque a farsi qualche chilometro di cross country in mezzo ai boschi in sella all’equino, per scoprire de visu quanto bello sia). Anche sotto il profilo venatorio, gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi: il cavallo è grosso come un orso, ma soprattutto altrettanto ingombrante e rumoroso.

      • Tuttavia, da queste parti (e per quello che ho esperienza) il cavallo era quello che è stato per secoli: uno strumento di lavoro . Che si, non sarà perfettamente sovrapponibile al destriero con cui Guglielmo il Bastardo guidava i sui conroyes contro il muro di scudi di Aroldo, ma non gli va comunque molto lontano.

        Stai scherzando? o.O Gli va lontano quando un furgoncino BMW e un T15!
        Sul serio, l’etologia degli animali domestici cambia ENORMEMENTE rispetto alla razza, perché NON sono animali selvatici, sono domestici e le loro caratteristiche sono state selezionate nei secoli per scopi precisi. Non solo il cavallo della tua valle sarà diverso dal cavallo usato nello stesso periodo per le stesse ragioni nella “mia” regione, ma pensare che sia grosso modo la stessa bestia che un destriero da guerra solo con un addestramento diverso è TOTALE SPECULAZIONE, peraltro contraddetta da numerosissimi altri esempi presi tra gli altri animali addomesticati. Prendi i cani o le vacche. Un cane da pastore non ha ASSOLUTAMENTE lo stesso carattere o caratteristiche di un cane da caccia o da difesa personale. Ugualmente, le vacche di certe razze lasceranno che le volpi mangino i vitellini appena nati, quelle di un’altra collaboreranno insieme contro i lupi. Sono bestie selezionate da popoli diversi in contesti diversi e a parte la fisiologia NON si somigliano.
        II) Indica che l’allevamento dei cavalli in Giappone era fiorente produceva esemplari pregiati che non sfiguravano come dono a un Imperatore.
        III) prima di stare in culo agli orsi, gli Ainu stavano molto probabilmente su Honshu. E sono stati ricacciati da un popolo più avanzato, dotato di miglior acciaio e cavalli. Lo stesso popolo che si rifiutò di piegarsi al dominio di un clan occidentale 😀
        BTW, “privi di nemici esterni” lo dici tu: il fatto che Hokkaido non sia stata colonizzata non vuol dire che non fosse soggetta a scorrerie. Quelle che erano pressoché privi di nemici esterni erano casomai certe regioni jappe, e sopperivano scannandosi tra di loro (a cavallo).
        Quanto al “cavallo non si può mungere”, ma anche sì XD Tuttora in Mongolia esistono gruppi la cui sussistenza esclusiva dipende dalla carne di cavallo e dalla mungitura di giumente semi-selvatiche. La vacca sarà più redditizia, ma non ne hanno, hanno cavalle e se la cavano. Quanto alla fragilità del cavallo, dipende ancora una volta dal tipo di cavallo e dalla selezione operata. Come per gli esseri umani, oggi se un individuo si ammala gli dai una medicina e lo curi (=i deboli sopravvivono e si riproducno), se antibiotici e disinfettanti non ce li hai, i deboli muoiono (=solo i più robusti e resistenti crescono e si riproducono). Come non si può nemmeno lontanamente comparare un atleta odierno con un guerriero antico (la soglia del dolore, la resistenza alla fatica, alla fame, al freddo, ecc. sono MOLTO diverse), non si può paragonare il cavallo odierno con uno antico senza essere coscienti che ci saranno di sicuro abissali differenze nell’etologia o addirittura nella fisiologia.
        Il cavallo mongolo trovava cibo sotto la neve con la neve “al petto” (cito a memoria da Piano Carpini), quindi 1m tranquillo. Quanto a “a Hokkaido faceva tot e tot di neve”, stai commettendo un altro errore: dare per scontato che nella storia il clima sia stato costante. Non lo è stato, specie non in Giappone. Ad esempio, verso il X° secolo siamo abbastanza sicuri che il clima fosse mediamente più caldo di ora. Prima e dopo è stato più o meno freddo, caldo, umido, secco, con neve, senza, ecc. Non puoi dare per scontato che siccome 100 anni fa in Hikkaido facevano 4m di neve, allora 1000 anni fa era uguale. Peraltro ripeto: nel nord di Mutsu e Dewa il clima è lo stesso, e allevano cavalli senza problemi.

        in un terreno coperto da folta vegetazione, i vantaggi militari che potrebbe portare un cavallo sono azzerati dagli svantaggi che comporta (invito chiunque a farsi qualche chilometro di cross country in mezzo ai boschi in sella all’equino, per scoprire de visu quanto bello sia). Anche sotto il profilo venatorio, gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi: il cavallo è grosso come un orso, ma soprattutto altrettanto ingombrante e rumoroso.

        2 cose:
        1- Anche Honshu era PER LA MAGGIOR PARTE ricoperto da folta vegetazione, e lo sarà fino al XV° secolo almeno. E d’altro canto, anche l’Europa lo era in periodo carolingio, il che non ha impedito ai Franchi di sviluppare una cavalleria di tutto riguardo 😛 Tornando al Giappone, se vogliamo guardare più nello specifico la piana del Kanto, non solo abbiamo una buona quantità di bosco, ma anche di pantani. Ricordo che OGGI i cavalli sono pasciuti su pratini appositi e basta, ma in un contesto preindustriale spesso le bestie sono sì tenute su un pascolo, ma anche pasciute su terreni “guasti” (boscaglia, brughiera, pantano, sterpaglia), ambienti che mai oggi definiremmo “pascoli”.
        2- Anche i cani fanno rumore durante la caccia, e il punto è proprio quello: snidare la bestia e costringerla a correre. Correrle dietro e stecchirla.

      • II – perché gli Emishi i cavalli li avevano

        Gli Emishi vivevano in un contesto relativamente simile a quello degli Ainu: perché loro erano cavalieri?
        I) perché loro i nemici esterni li avevano eccome: a differenza degli Ainu di Hokkaido, che sono evoluti nel loro “vaso chiuso” in relativa tranquillità, i loro parenti in Honshu i nemici esterni li avevano eccome, trovandosi sulla strada degli Yamato, una potenza limitrofa aggressiva ed espansionistica.
        II) Inoltre, risultavano allo stesso modo maggiormente permeabili all’influsso culturale e politico dei bellicosi vicini: in un contesto del genere, pertanto, la sussistenza di una “classe guerriera” (fatta più o meno di part-timers) non era un lusso (come lo sarebbe stato in Hokkaido) bensì una dura necessità: parimenti, aveva senso investire energie e risorse nell’allevamento dei cavalli, considerato che ciò dava loro un vantaggio sulle armate nemiche (più lente e meno manovrabili), che in caso contrario difficilmente avrebbero avuto.
        In ogni caso, questo è un guanto di sfida nei confronti della padrona di casa… riuscirà la “dolcissima (TM)” [cit.] a svelare l’arcano? Noi di Voyageursz pensiamo di si 😛 ^_^

      • Riassumo, Emishi e Ainu hanno di sicuro: drammatiche diffrenze somatiche, due lingue diverse, culture diverse, economie diverse, credenze diverse, religioni diverse, società diverse, architetture diverse,, tecniche diverse, mitologie diverse, ceppo etnico diverso. Le probabilità che si tratti della stessa gente sono quantomeno scarse, tanto è vero che nell’ABC del Giappone Antico impartito ai pivelli del primo anno è una delle prime cose che specificano (“Aino e Emishi non sono la stessa gente”).

        Degli emishi ne parlano più o meno TUTTI i saggi sul X° che ho letto finora (big surprise! XD ), ma prima di un articolo specifico intendo leggermi uno o due libri almeno specifici sull’argomento, e ciò non avverrà prima dell’autunno ù_ù Prometto che se mai troverò qualche prova che indichi che gli Ainu potessero avere qualcosa a che fare coi cavalieri del nord-est lo segnalerò, ma ripeto: a oggi tutte le prove di cui ho letto indicano il contrario 😀

      • @tengrrrl

        anche i cani fanno rumore durante la caccia, e il punto è proprio quello: snidare la bestia e costringerla a correre. Correrle dietro e stecchirla.

        Ahem… no. Tengy, questa è la caccia “sportiva”, che tanto piaceva ai nostri nobili così come agli amici xenofobi dagli occhi a mandorla. Ma (BIG SURPRISE) non è quello che si dice un metodo efficente per riempire il carniere.

        O meglio: lo è nel contesto di una “battuta collettiva”, dove si intende convogliare la selvaggina in una “camera della morte” (che sia il classico dirupo o un luogo prestabilito dove è infrattata una batteria di cacciatori). In caso contrario, l’idea di “correre dietro” al cervo per stecchirlo è semplicemente ridicola. O meglio, è “il nobile sport della caccia”, che ha un senso come addestramento militare, ma non se lo scopo è quello di aumentare le probabilità di tornare a casa con il carniere pieno.

        Pelresto: attendo speranzoso l’articolo promesso sugli Ainu (ti mando un paio di link via FB che spiegano la mia perseveranza nell’errore, per intanto 😛 )

        E comunque: si, “tu hai ragione e io ho torto” [cit.] XD XD 😛 😛 😛

      • Si parlava di caccia a cavallo, e la caccia a cavallo è collettiva 😛 Peraltro, sarà una mia impressione (non è corroborata da studi specifici, che io sappia), ma nei gruppi umani pre-industriali molto spesso la caccia è di gruppo a prescindere da come viene portata avanti o da quale sia la preda.
        Io ho promesso un articolo sugli Emishi, NON sugli Ainu ^_^ Ma se ritrovo il saggio che avevo letto anni fa (Tombent tombent le gouttes d’argent, se non ricordo male) potrei raccontare qualcosina 😀

      • confermo (con opportuni distinguo): la caccia è tendenzialmente collettiva (perché massimizza le possibilità di tornare a casa con qualcosa di più dei classici “du ciufoli”, come direbbe Big Z), ma dipende dalla stagione, dalle prede e dal significato dell’atto venatorio. Un orso (o un cinghiale) è una preda che solo un idiota caccerebbe da solo. Ma non è sempre così: per necessità familiare, per esempio, si può benissimo andare al cervo da soli, e anche in gruppo potrebbe essere molto più vantaggioso la posta rispetto alla battuta.

        io ho promesso un saggio sugli Emishi NON sugli Ainu

        Dai, Tengy, per favore tipregotipregotiprego

  5. Scriveva un generale francese alla fine degli anni ’30 (cito testuale):

    “Sarebbe un errore rinunciare al cavallo per il carro armato. Specie in una nazione come la Francia che alleva cavalli così belli. Bisogna salvare gli allevamenti di cavalli, altro che costruire carri armati!”

    Come non concordare!! ù___ù

  6. L’articolo è motlo bello (però ammetto candidamente che a metà ho inziato a perdere i nomi e a capire solo “tizio mena caio”).

    Pongo umile richiesta per futuro: qualche mappa aiuterebbe un sacco la comprensione.

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